Niccolò Palmeri
Calendario dello agricoltore siciliano

XVIII. articolo economico-agrario.

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XVIII.
articolo economico-agrario.

L’avvilimento strabocchevole in che son caduti in Sicilia i cereali, ramo finoggi il più esteso ed il più importante della nazionale agricoltura, ha sconcertato non solo il suo inveterato sistema agrario, ma ha prodotto ben’anche il fallimento della più parte degli agricoltori siciliani, ha sottratto dall’economia campestre capitali destinati alla riproduzione, ed ha finalmente ispirato lo scoraggiamento ne’ coltivatori, e portato quasi il discredito dell’arte coltivatrice di quei prodotti che tanto nome una volta procacciarono al nostro suolo. Circostanze, che non è in nostro potere il riparare, han ridotto il nostro paese nell’infelice alternativa, o di abbandonare la coltivazione di queste piante, e con essa la più estesa industria agraria, o di veder ristagnare i proprii prodotti, e dalla fonte della nostra ricchezza veder oggi emergerne la nostra povertà. La continuazione d’un tale stato di cose porterebbe inevitabilmente la rovina della Sicilia e la decadenza dell’agricoltura, che in un paese come il nostro, ove essa è la sorgente pressochè unica della prosperità generale, non potrebbe non produrre dei funesti risultati. Per arrestare quindi il decadimento ulteriore dell’arte coltivatrice, noi pensiamo che il più opportuno ed efficace mezzo sia quello di dirigerla nelle sue ulteriori specolazioni ed intraprese, e dilucidarla sopra i suoi veri interessi.

Convinti per fondate ragioni, che la Sicilia non può aspirare all’antica sua superiorità nel commercio dei cereali, noi abbiamo creduto poter giovare ai nostri agricoltori, scrivendo il presente articolo economico agrario, il di cui oggetto si è di mostrare, che nello stato attuale di cose, per restituire alla siciliana agricoltura quella floridezza ch’esigono i suoi interessi, bisogna, variando il presente sistema di cultura:

1.o Minorare la coltivazione de’ cereali nella proporzione poco presso dei bisogni del paese, limitandola insieme a quei terreni ove ne prospera a preferenza la cultura;

2.o Sostituire alla coltivazione delle granaglie quella di prodotti più ricchi e meno soggetti ad una universale concorrenza; prodotti dei quali le usanze ed i bisogni de’ tempi ne assicurino lo smercio; ed applicarsi insieme alla coltivazione di quelle altre piante, che potendo prodursi in paese, ritiriamo tuttora dall’estero, impiegando così parte della ricchezza nazionale a salariare la industria straniera in pregiudizio della nostra.

Che la coltivazione estesa de’ cereali, utile forse e vantaggiosa per l’innanzi alla Sicilia, oggi non più le convenga, da un breve confronto delle due epoche(18) noi potremo facilmente dedurlo. Nell’antica situazione commerciale della Sicilia la quantità significante di granaglie prodotte dal suo suolo, benchè superiore a’ bisogni del paese, pure era ben lontana dal nuocere alla produzione, ossia dall’avvilirla.

La Sicilia provvedeva regolarmente di grani, di biade e di legumi le piazze dell’Italia, della Francia, della Spagna e del Portogallo, ove n’era costante e vantaggioso lo smercio, e dalla qualità superiore de’ suoi prodotti assicurata la preferenza sul poco numero di concorrenti nel mercato generale. I prezzi quindi di questi articoli in paese erano meglio che ora sostenuti superiori all’attuale valor nominale e reale del genere, ed utili e vantaggiosi per il coltivatore. Oggi all’incontro noi vediamo i prezzi di questi articoli straordinariamente avviliti; il loro valore nominale inferiore assai a quello cui valevano una volta, malgrado la maggior copia di moneta circolante, la quale non può contrastarsi; il loro valore reale quindi, o sia il valore permutabile, considerabilmente minore. Dall’altra parte le piazze di consumo sottratte dalla nostra dipendenza commerciale, non facendo quasi alcuna ricerca de’ nostri grani, han fatto ristagnare nel paese la quantità di frumento eccedente i bisogni, ciò che ha prodotto, com’è naturale, il ribasso nei prezzi fino all’avvilimento. Suppongono taluni questo male passeggiero e figlio della scarsezza del denaro (col quale confondono la ricchezza), che credono esser per l’innanzi abbondato in Sicilia. Quanto a noi siam fermi nel parere che questo male esser non può passeggiero; che abbiam molti elementi per ricavare esser oggi maggiore la quantità della specie in circolazione che non era per l’innanzi, e che in conseguenza da ben altre ragioni se ne dee ripetere l’origine; che continuandosi nell’istesso sistema agrario i grani dovranno maggiormente avvilirsi, tranne il caso di una imprevista e precaria circostanza, e che nient’altro che la minorazione di questa cultura potrà nuovamente accreditare tra noi questo genere, e far convenire agli agricoltori una moderata riproduzione.

Tra le cause che a nostro credere debbono produrre il ristagno tra noi dei cereali, la più essenziale si è che i mercati delle piazze del mar nero possono provvedere di questo genere, e ne provvedono in fatto i paesi che ne abbisognano, per quantità immense a’ prezzi incomparabilmente minori. Sono incredibilmente bassi i prezzi de’ grani in Odessa, in Marianopoli, in Tangaroch etc. Basterà dire, che il loro prezzo ordinario si aggira tra li rubli 11 a 12 circa il cetwert, ossia a circa on. 1,6, a on. 1,8, la salma nostra, reso il genere al luogo della caricazione, con che condotto nelle piazze di ponente non costa che sotto le onze 2 salma, o poco più secondo le distanze. Quando dunque vi son de’ paesi, che possono provvedere di grani quelli che ne abbisognano a prezzi così bassi, pare che la Sicilia non possa più sostenere e vincere, per il ramo dei cereali, la concorrenza de’ mercati del Levante, ove questi articoli vendonsi a prezzi meschinissimi, e senza discapito di quei coltivatori, per un concorso di cause difficili ad esser riprodotte nel nostro paese; tra le quali la minor copia di moneta circolante, il sistema politico interiore, una fruttificazione più abbondante, e la facilità de’ trasporti per i fiumi navigabili, debbono principalmente contribuirvi.

Altre cause aggiunte a quella principale che abbiamo indicata han cambiato ancora a questo riguardo l’antica attitudine agraria della Sicilia. La qualità dei grani siciliani, una volta assai pregiati e graditi, oggi è riconosciuta inferiore a quella dei grani di Russia e di Polonia. Li nostri migliori grani di Termini non possono sostenere il confronto dei duri di Tangarock; quei di Girgenti e Licata sono inferiori alli belli di Odessa; oltrechè le qualità tenere sono più avidamente ricercate delle dure, che in assai maggior quantità delle prime si coltivano in Sicilia. La preferenza quindi ed il maggior prezzo sarà a favore de’ grani esteri, e non de’ nostrali.

Finalmente quasi tutti i governi di Europa, per proteggere l’agricoltura nazionale, hanno o proibito o soggettato a forti dazii la immessione dei grani esteri, circostanza non esistente nell’antico sistema, ed oggi altro insuperabile ostacolo al facile scolo della eccedenza dei nostri prodotti sui nostri bisogni.

Da quanto abbiam premesso è facile quindi riconoscere che le circostanze son cambiate, che non si può più pretendere agli antichi vantaggi in fatto di granaglie, e che l’eccedente quantità di questi generi, dovendo necessariamente ristagnare in paese, per non poter vincere la concorrenza straniera, dovrà produrre ancora l’avvilimento nel genere istesso, annullare quasi il suo valor permutabile, e spargere i semi della miseria generale.

Il mezzo quindi più efficace ad impedire tra noi l’avvilimento e l’abbandono dell’agricoltura, appoggiata principalmente alla coltivazione dei cereali, pare che sia quello di minorarne la cultura, praticandola solo in que’ terreni ove queste piante largamente fruttificano, e variando il sistema agrario attuale, applicarsi alla coltivazione di altre piante che si reputano oggi dare più ricchi prodotti. Tale coltivazione farebbe naturalmente restringere quella de’ cereali, che si proporzionerebbe ben tosto a’ bisogni della Sicilia; il loro prezzo non potrebbe avvilirsi, perchè la produzione sarebbe pareggiata alla consumazione, ed il coltivatore incoraggito alla riproduzione.

La coltivazione poi delle granaglie limitata a que’ terreni che quasi la reclamano, darebbe un prodotto comparativamente più abbondante e più regolare, con che si preverrebbero quelle strepitose alternative e salti nei prezzi, li quali a parer nostro hanno singolarmente contribuito al fallimento degli agricoltori. Ch’ignora che una pianta robusta, cresciuta in un suolo ferace, ha poco da temere delle contrarietà delle stagioni? e che all’incontro, ove il suolo ne sdegna la coltura, poco produce senza il fortunato concorso del tempo e delle meteore propizie alla lieta vegetazione? La introduzione delle buone macchine agrarie, la conveniente preparazione del terreno, la benintesa successione delle produzioni, possono, è vero, influire sulla bontà del raccolto dei grani, ma la fertilità del luogo è il più sicuro presagio dell’abbondanza del prodotto, ed è per queste ragioni che dovrebbe la coltivazione dei cereali, non più praticarsi indistintamente in tutti i terreni, ma restringersi solamente a quelli da’ quali può costantemente attendersi una raccolta abbondante.

Finalmente, se più che nella quantità dei prodotti la ricchezza consiste nel loro valor permutabile, la coltura di piante più pregevoli, ossia di maggior valore del grano, non farebbe che accrescere la ricchezza nazionale. La variazione di coltura che proponghiamo non sarebbe dunque che utilissima alla Sicilia, i di cui capitali potrebbero accrescersi tanto da applicarne parte allo stabilimento delle più importanti manifatture, la di cui materia prima prodotta in paese ci metterebbe in grado o di vincere la concorrenza straniera, o di rivalizzare con successo.

Un altro non indifferente vantaggio noi vediamo ancora nella coltivazione estesa di varie produzioni in vece dei cereali, ed esso è l’aumento che ne seguirebbe della rendita annua de’ lavoranti, perchè mettendoli in grado di produrre di più, maggiore sarebbe la loro ricchezza, maggiore la consumazione produttiva ed improduttiva, ciò che influirebbe grandemente sull’accrescimento della pubblica e privata ricchezza.

Nella varietà delle produzioni si appresterebbe agli operai un lavoro costante, che nella coltura dei cereali regolarmente manca per una parte dell’anno; e quindi la loro sussistenza per l’intero anno, che al presente gravitar suole sulla loro rendita di parte dell’anno, nel continuato lavoro non avrebbe più luogo, risultandone invece un aumento di rendita.

Vi sarà forse chi crede che i terreni di Sicilia siano poco adatti ad altro genere di coltura, e feracissimi solo in granaglie, e non convenire ch’essa non debba esser più come una volta il granajo degli altri paesi.

Noi non ci occuperemo a confutar seriamente queste poco fondate teorie. Un paese così esteso come il nostro, ed ove troviamo tanta diversità di climi, ha ed aver dee terreni adatti a tutti i prodotti, della stessa guisa come ne ha di quelli veramente eccellenti per la coltivazione dei cereali. Non si dovrebbe poi ignorare che la tanto decantata feracità del nostro suolo non rende in grani, che 8 a 10 per uno nella generalità; finalmente gli agricoltori non coltivano che per il loro guadagno; quindi quella pianta che loro un prodotto netto maggiore è quella appunto che essi più apprezzano ed alle altre preferiscono.

Passando ora alla enumerazione delle piante che potrebbero utilmente sostituirsi alle cereali, noi non intendiamo primieramente limitare alle medesime la industria agraria della Sicilia.

Più grande è il numero delle produzioni, maggiore sarà la sua ricchezza e prosperità, ove esse avranno un valore superiore a quello de’ cereali. Aggiungiamo soltanto che insieme alla coltivazione estesa delle piante da sostituire a’ grani, pensar dovrebbero i Siciliani a migliorarne la coltura, e ad ottenere il massimo prodotto colla minore spesa possibile, perchè la miglior qualità ed il più basso prezzo potranno solo nel mercato generale assicurarci la preferenza.

Cotone. — Tra le più ricche ed utili piante proprie de’ climi meridionali, la prima, delle quali dee raccomandarsi la coltura, si è il cotone. La Sicilia abbonda di terreni fertili, sciolti e di calda esposizione, nei quali prospera questa pianta, particolarmente nella costa meridionale, ove dovrebbe a preferenza coltivarsi. Lo smercio del suo prodotto è a sufficienza assicurato dall’immenso consumo che fan di questo genere le manifatture della Germania, della Francia, e dell’Inghilterra, essendo in Europa grandissimo l’uso de’ tessuti di tale articolo. La sola piazza di Liverpool nel 1820 ha consumato per uso delle sue fabbriche la sorprendente quantità di 470 mila balle: ed è da osservare, che sebbene la immissione di questo genere in quell’anno fu assai superiore a quella degli anni precedenti, la consumazione ne fu essa pure accresciuta ed ingrandita. Quanto alla concorrenza straniera, la Sicilia non avrebbe in questo prodotto a temerla tanto da esserne superata. La eccellente qualità dei suoi cotoni è preferita a quelle del Levante, e gareggia con quelle della Luigiana e delle altre provincie d’America. Essa può inoltre offrire a prezzi non molto elevati questo prodotto, molto più se con industria più raffinata si giungerà a minorarne le spese di coltivazione; e finalmente la sua vicinanza coi paesi di consumo, minorando le spese di trasporto, le assicura la preferenza ed uno smercio pronto e sollecito.

Con tali vantaggi, considerando l’articolo dal lato agrario, il prodotto netto che offrir potrebbe questa pianta al coltivatore, entrar non può in confronto con quello del grano; esso sarà senza dubbio assai più considerabile. È ben vero che il cotone fruttifica abbondantemente colla irrigazione, ma non si dee ignorare che in un terreno favorevole alla sua riproduzione, e coltivandosi a regola d’arte e colle convenienti concimazioni, anche senza il vantaggio dell’irrigazione se ne ottiene un sufficiente prodotto; dall’altra parte poi, quante terre ancora non potrebbero rendersi irrigabili in Sicilia colla introduzione delle opportune macchine idrauliche? La moltiplicazione de’ terreni irrigabili sarebbe per noi interessantissima, potendo alla nostra latitudine accrescere immensamente la produzione di alcune doviziose piante, ed in ispecie del cotone, la di cui estesa coltivazione sarebbe per il nostro paese una fonte di ricchezza non indifferente.

L’abbondanza poi di questa pianta, considerata dal lato economico, come materia prima dei tessuti diversi di questo genere, potrà dare occasione allo stabilimento delle manifatture almeno più comuni di tal articolo, nelle quali potremmo vincere la concorrenza degli altri paesi, giacchè il costo di esse sarebbe per noi considerabilmente minore.

Sommacco. — Un’altra delle più preziose piante, proprie del nostro clima, della quale converrebbe estenderne la coltura, si è appunto il sommacco. L’utilità ed il profitto dato da questa pianta ne ha fatto finora a sufficienza aumentare la coltura senza nuocere alli prezzi della sua polvere, ricercata con avidità dagli stranieri; sappiamo anzi che moltissime piantagioni se ne preparano in quest’anno, che da noi si desidera veder sempre più accrescersi e moltiplicarsi. Sebbene l’abbondanza della produzione dovrà influire sul ribasso dei prezzi, noi pensiamo che tale ribasso, senza nuocere ai vantaggi degli agricoltori, farà crescerne le domande dall’estero, e ne attiverà la consumazione, perchè il caro costo di questo genere ha trattenuto finora molti paesi da una maggior consumazione. Lo smercio di questo prodotto è ben assicurato dal consumo importantissimo delle fabbriche della Francia, dell’Inghilterra, e dell’Olanda, non solo per la manifattura dei cuojami, ma molto più per uso delle tintorie, per le fabbriche di cotonerie, di seterie, pei laneficii. Pochi concorrenti nel mercato generale potrà temere la Sicilia; essa potrà vincerli, e colla miglior qualità del genere, e col più moderato prezzo a che l’offrirà all’estero.

Nel commendare la coltivazione di questa pianta noi dobbiamo pure insistere perchè si dia alla sua foglia la molitura la più fina, e perchè non si permetta giammai, per avidità di guadagno, il miscuglio della sua polvere con sostanze straniere, che potrebbero screditare il genere nell’estero, e farne cessare le domande.

Seta. — La coltivazione de’ gelsi per l’economia de’ filugelli è un altro ramo lucroso e importantissimo d’industria agraria, cui dovrebbero ancora rivolgersi i Siciliani. Nessuno ignora che questa campestre economia è in vigore in Sicilia, ma non può frattanto negarsi, che essa dovrebbe grandemente estendersi, moltiplicando prontamente i gelsi, onde educare un maggior numero di bachi da seta, e fecondare in tal guisa un altro ramo di ricchezza nazionale.

Il consumo interno del paese, ed il consumo immenso che fa di questo genere l’Inghilterra, l’Italia, e sopratutto la Francia, potrebbe assicurare a sufficienza lo sfogo di questo prodotto; ma per vincere la concorrenza straniera bisognerebbe applicarsi a migliorarne la qualità che al presente è inferiore a quella delle sete d’Italia e dell’India, ed offrirle insieme a prezzo più mite.

Colla moltiplicazione dunque del prodotto di questo genere dovrebbero i Siciliani raffinare insieme la loro industria a questo riguardo, e produrre delle sete capaci di vincere per la qualità e per il prezzo le sete straniere, con che solamente potrebbe esserle assicurata la preferenza.

Soda — L’uso della soda fattizia, benchè avesse minorato le ricerche della soda naturale, pure questa non è assolutamente abbandonata, e se coll’intelligenza e coll’industria potesse da noi offrirsi a’ prezzi stessi della fattizia, noi potremmo ripigliare l’antico commercio attivissimo di questo prodotto. L’ingrandimento dunque della coltura di questo genere è principalmente appoggiato alla minoranza delle spese di produzione, ciò cui facilmente potrebbe pervenirsi colla introduzione principalmente delle buone macchine agrarie. La friabilità del terreno, ch’esige questa pianta, rende necessari, nell’imperfezione dei nostri aratri, sei o sette lavori pria d’affidar la semente alla terra. Chi non vede che coll’introduzione di buoni aratri, forniti di largo vomero e d’un orecchio, basterebbero tre o quattro arature, e si otterebbe un risparmio sensibile di spesa?(19) Chi negar potrebbe che coll’erpice o col cilindro si stritolerebbe meglio la terra, e si ricoprirebbe con maggior regolarità il seme e con maggior economia? Per assicurare alla Sicilia i vantaggi della coltivazione di questa pianta, bisogna attendere principalmente all’economia delle spese, mentre a prezzi discreti ne sarebbe facile e più attivo lo smercio. Quanto alla concorrenza che in questo prodotto si avrebbe dalla Spagna e dalla Sardegna, se al basso prezzo potrà la Sicilia accoppiare la buona qualità del suo prodotto, se non potrà vincere la concorrenza straniera, potrà almeno sostenerla.

Mandorlo — La propagazione di quest’albero utilissimo, che pochi paesi possono coltivare in Europa, e che quasi senza cura vegeta e fruttifica abbondantemente da noi, ci appresterebbe un altro non spregevole ramo di ricchezza. Il consumo del frutto di quest’albero è assai importante in Europa, e se con una più estesa coltura noi potremo offrirlo a prezzi più bassi degli altri paesi, il concorso straniero sarebbe vinto dalla nostra industria. Bisognerà frattanto, nella propagazione di questo albero, preferire le belle qualità, in specie quelle d’Avola, il di cui frutto grosso e saporito è con avidità ricercato all’estero.

Ulivo — Un altro albero importante ed utile, del quale suggeriamo la propagazione, si è l’ulivo. Molti paesi del mezzo d’Europa coltivano quest’albero, ma il consumo immenso d’olio che si fa dall’estero, così per uso delle fabbriche, come per la tavola, oltre l’interno nostro consumo, consiglia la coltura di quest’albero utilissimo. Si è sempre da’ nostri scrittori di cose agrarie raccomandato il miglioramento del nostro olio, e noi non ci stanchiamo di ripeterlo ancora, perchè il maggior prezzo di vendita dipende della miglior qualità del prodotto. È vero che la Francia comincia ad estrar degli olii da’ varii semi, ma i nostri olii di oliva, fabbricati con la maggior possibile attenzione ed industria, dovrebbero per l’uso della tavola esser ricercati a preferenza, e formar potrebbero un più interessante ramo di ricchezza nazionale. Nelle nuove piantagioni, che far si potrebbero di quest’albero, noi raccomandiamo la conveniente distanza degli alberi tra loro, anche per l’oggetto di rendere il terreno sottoposto suscettibile della coltura di altre piante annue, ciò che dee riputarsi di considerevole vantaggio.

Riso — Di questa pianta sanno per esperienza gli agricoltori quanto ne sia vantaggiosa e profittevole la coltivazione; in tutti quei siti adunque ove può aversi il vantaggio dell’irrigazione essa non dee perdersi di vista, essendone facile lo smercio per molti paesi di Europa.

ViteBenchè la vegetazione di questa pianta sia con preferenza di altri paesi più conveniente al nostro clima, e possa ancora essere utile l’accrescimento della sua coltivazione, noi desideriamo principalmente veder migliorato il suo prodotto, e sentire acquistare ai nostri vini quella rinomanza che hanno i vini francesi e spagnuoli, i quali veleggiano per tutti i mari, e sono ricercati da tutti i paesi. Crediamo che a questo oggetto possano essenzialmente contribuire la coltivazione delle migliori e più scelte qualità delle nostre uve, che ne’ vigneti sussistenti supplir potrebbesi coll’innesto, ed una maggior intelligenza ed industria nella manifattura dei vini, uniformandosi alli nuovi metodi di vinificazione detti per condensazione di Mad. Gervais. Finalmente la rinnovazione de’ vigneti col sotterramento della vite, metodo usato in Francia, merita tutta la considerazione degli agricoltori per rendere le vigne di lunghissima durata.

Lino — Un’altra pianta interessante e ricca si è il lino, che noi dovremmo assai più abbondantemente coltivare, così per l’uso del seme, come per la parte filamentosa di essa. In un paese, ove quest’articolo può coltivarsi con successo, riesce sorprendente che debba ritirarsi dall’estero, quando all’incontro noi potremmo offrirne abbondantemente agli stranieri. Dopo l’invenzione della macchina del signor Christian, colle aggiunte e modificazioni posteriori, la coltura di questa pianta non è più nociva all’umanità; e se di questa macchina ne sarà fatto uso in grande, o sarà messa in movimento da agenti naturali(20) noi non dubitiamo che il lino maciullato dalla medesima riuscirebbe di miglior qualità, e si otterebbe con maggior economia. L’abbondanza poi di questo articolo come materia prima delle manifatture di questo genere, delle quali si fa un considerevole consumo nel nostro paese, quando i capitali produttivi della Sicilia saranno accresciuti, potrebbe facilmente condurci alla introduzione delle fabbriche dei tessuti di quest’articolo, ciò che non sarebbe indifferente per la ricchezza e per il ben essere generale.

Lana — Anche l’articolo delle lane dovrebbe interessare l’industria agraria della Sicilia. Le nostre lane comuni non solo non sono punto pregiate nell’estero per la loro cattiva qualità, ma non lo sono nemmeno in Sicilia, la quale è costretta ritirare da fuori le lane per gli usi domestici. I piccoli saggi che debbonsi a pochi proprietarii intelligenti sulle lane barbaresche e su quelle dette merinos non sono da tenersi in considerazione come produzione nazionale. I loro esempii però dovrebbero trovare degli imitatori, e noi siamo persuasi che perfezionar si potrebbe da noi questo ramo d’industria agraria ove con un più esteso mantenimento di questi animali e con l’industria di scelte razze estere si migliorassero le razze indigene, ciò che senza prati artifiziali e senza gli appositi edifizii rurali sarà impossibile il conseguire.

Non sarà poi inutile lo accennare quanto prodigiosa sia tra noi la consumazione degli articoli diversi di legname, che per mancarne in paese ritiriamo dall’estero. L’economia forestale non dovrebbe perciò perdersi di vista, e potrebbe anch’essa contribuire all’accrescimento della ricchezza della Sicilia.

Son questi a nostro credere i principali oggetti ai quali i coltivatori siciliani rivolger potrebbero la loro attenzione e la loro industria, ora che l’antico sistema agrario è minacciato di totale rovina. Noi siamo persuasi che all’estrazione dei nostri generi cereali, sostituita quella degli oggetti sopra indicati, ne risulterebbe per la Sicilia una più considerabile pubblica e privata ricchezza, che ci metterebbe in grado di comprare un maggior numero di prodotti stranieri, ciò che sarebbe la vera misura della nostra maggiore prosperità. Vi sarebbero ancora delle produzioni importanti da potersi coltivare nel nostro clima, ma che complicate circostanze rendono altrove più utili che da noi. Tali sarebbero principalmente le canne da zucchero, pianta una volta comune in Sicilia, l’esportazione della quale era anche un ramo delle finanze dello Stato, ma che ora non sarebbe più conveniente coltivare, perchè i vantaggi grandissimi che ha l’America per questa coltura non possono esser vinti per adesso dalla nostra industria.

Finalmente non essendo a noi il metter parola sui mezzi, onde ottenere quanto di sopra si è suggerito, ci contentiamo che fossero bene accolti siffatti nostri pensieri, i quali servir potrebbero a sempre più confermare lo spirito patriottico che ci ha guidato nella pubblicazione degli stessi.

G. L.

 





18   Il confronto delle due epoche s’intende fatto tra quella che precedè le vicende politiche d’Europa, dei tempi del primo Napoleone, e lo stato della medesima presso al 1823.



19   Noi non possiamo secondare la opinione emessa d’alcuni eminenti scrittori siciliani intorno al nostro aratro, che vogliono supporre assai appropriato al nostro paese, e per la sua semplicità, e perchè più complicati aratri non possono mettersi in uso in un paese montuoso come il nostro. Se da noi sono dei luoghi montuosi, vi sono pure moltissimi siti piani e di lieve inclinazione, nelli quali potrebbero usarsi migliori aratri. Siamo per altro ben lontani dall’ammettere una servile imitazione degli aratri inglesi, dei quali solo dovrebbe imitarsi ciò che più ci converrebbe.



20   La macchina di Christian fatta venire da Parigi si è messa in movimento, con la corrente di acqua di questo Albergo Reale dei poveri; noi forse ne faremo conoscere in appresso al pubblico i risultati.



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