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II.
Disteso sull'erba, che gli copriva il volto, Pietro guardava davanti a sè le pecore che pascolavano. Il sole, che gli accarezzava il dorso, gli penetrava nel sangue con il suo tepore vivo; mentre l'erba, che gli premeva contro il petto, gli mandava su per la pelle tutta la freschezza delle sue linfe umide.
Ed egli si obliava così, guardando vivere l'erba, sotto il suo volto. Era tutto un piccolo mondo, là sotto. Una breve selva di steli eretti, di verdi colonne, lisce, rilucenti, a nodi, bitorzolute si ergeva davanti al suo volto.
Ogni tanto, una farfalla bianca – enorme – passava davanti a lui, fra quel colonnato verde, e metteva un fremito di terrore in tutto quel piccolo mondo.
E quel piccolo mondo che fremeva, si agitava, viveva così intensamente, teneva occupata per ore intere la mente di Pietro.
Giacchè egli si trovava come colui che ha ricevuto un colpo formidabile sulla nuca, che lo ha annichilito: dopo l'atroce dolore del primo istante, segue lo sbalordimento profondo che ha del sogno, che fa sembrare molto lontana la vita d'un giorno, la coscienza de' sentimenti di prima.
Dopo la dolorosa confusione seguìta al dramma che aveva spezzata per sempre la sua vita d'un giorno, egli si era come risvegliato da un sogno cupo e triste. Non era ancora bene uscito, del tutto, dal triste sogno penoso: aveva la vaga sensazione di essere come ritornato indietro nella sua vita, di essere ritornato nell'infanzia, ad una lontana e passata semplicità d'idee e di azioni, che nel grandissimo abbattimento ch'era in tutto il suo essere aveva pure il suo lato di riposato, di tranquillo, di sereno quasi.
Così il malato che ha veduta vicina la morte ritorna, nella convalescenza malinconica, alla sua vita passata e quasi ritorna fanciullo nella grande debolezza del corpo affranto e della mente smarrita.
*
Egli, al domani di quella terribile sera di tenebre, di pioggia e di sgomento in cui era capitato alla capanna dei pastori, aveva confusamente spiegato il suo stato al vecchio Giovanni, che attentamente aveva ascoltato il racconto rotto e anelante di colui, che aveva dato come nuovo nome Pietro. Costui aveva cercato di far ben comprendere al vecchio pastore ciò che nella sua vita era trascorso, tutto l'orrore di quel passato che inesorabile si era abbassato sopra di lui, che del suo essere privilegiato nel mondo aveva fatto un cadavere fuggente....
E il vecchio Giovanni pareva avere compreso.
Mentre Pietro parlava, egli non aveva mai mosso la sua forte testa bianca, ed il suo volto colmo di rughe settantenni e di salute di vecchio patriarca, non aveva avuto un fremito di disgusto nè di orrore al racconto del triste suo ospite.
Egli aveva detto semplicemente, quando questi aveva finito di parlare:
– Tu resterai con noi.
E aveva anche soggiunto:
– Tu sarai mio figlio, come gli altri tutti che in questa nostra capanna vivono con me.
E Pietro, baciandogli la mano, aveva risposto:
– Grazie.
E poi, a bassa voce, egli aveva ancora soggiunto:
– ....padre mio.
*
Così era incominciata per lui la vita nuova.
Vita semplice: la vita dei primi uomini, la vita della Natura, la vita della campagna e della innocenza rurale, la vita della pastorizia e della grande pace dei campi, la vita pura della quiete e della poesia infinita dei prati, pieni di erbe in fiore e di pecore pascenti.
Tutto quello che già era stato in lui un giorno, s'era spezzato, annichilito e distrutto: la sua vita d'un giorno era veramente morta. Egli era ormai un altro essere: un essere primitivo, un fanciullo di trent'anni che doveva ricominciare a vivere.
E qualcosa veramente doveva essersi spezzato nel suo essere interiore: qualcosa si era distrutto, affievolito nella sua mente. Egli ora rivedeva, come in sogno, ma infinitamente lontana, la sua vita d'un giorno. E, nuova creatura nascente, egli apriva gli occhi alla luce e vedeva cose nuove, mai vedute per l'innanzi.
Così è che in quella sua nuova esistenza egli provava strani stupori per piccoli fenomeni naturali che gli giungevano nuovi del tutto, sui quali mai la sua mente si era fermata, nell'affannosa e complicata sua vita trascorsa. Ogni filo di erba serbava per lui delle sorprese profonde. Ogni raggio di sole gli procurava meraviglie e sgomenti strani. Un olezzo improvviso di cespuglio selvatico, un'ombra, una voce del bosco, un fremito del prato gli davano violente sensazioni di cose passate e lontane, di cose nuove, di cose ignote: e lo tenevano fermo per delle ore, sotto il dolce tepore del sole che gli accarezzava il dorso, disteso sull'erba, mentre il serpollo e i mentastri schiacciati da' suoi gomiti gli mettevano intorno alla persona il loro olezzo giovane e selvaggio.
Davanti a lui, intanto, le pecore, povere creature ignare e semplici, pascevano tranquillamente quell'erba vergine e sana, della quale parevan le figlie naturali, della quale portavan l'aroma nei candidi riccioli de' timidi dorsi vellosi.
*
Nella grande quiete del prato risuonò lontano e velato un noto richiamo. Era la campana dei pastori che chiamava a raccolta le gregge per rientrare insieme alle Capanne.
Pietro si alzò, prese il suo bastone e dette la voce alle pecore. Esse avevano già sentito il noto suono del consueto richiamo prima ancora del loro pastore, e, docili e avvezze, si eran già riunite davanti a lui, addossandosi l'una all'altra. E volgevano la testa al pastore, quasi ad attendere i suoi comandi.
Il grosso mastino, compagno di Pietro, si mise alla testa del gregge e, fissi gli occhi intelligenti in quelli del pastore, aspettava da lui il comando di avviarsi. Pietro si mise alla coda, con il suo grosso bastone sulle spalle, e mandò una voce al cane: e il gregge si mosse.
Scendeva sui prati il tramonto. Le erbe si facevano scure: in alto il cielo era già bruno, ma all'orizzonte ardeva ancora delle ultime fiamme. Un palpito di sangue correva ancora di cirro in cirro fino alle montagne lontane: e n'erano tutte vermiglie e accese. Ma quel fuoco ardente s'andava rapidamente offuscando: e in breve anche le montagne lontane furon grigie e brune come, in alto, tutto il cielo ormai.
Pietro camminava molto adagio, aspirando la quietissima brezza della sera. Il prato non era più che un grande tappeto oscuro, tagliato all'orizzonte dalla fascia sanguigna ancora di quel lembo di cielo. La voce della lontana campana dei pastori si diffondeva sul prato lenta e velata: ma Pietro distingueva bene, ora, piccole macchie grigie sullo sfondo ardente dell'orizzonte, le greggi lontane di Silvio che si avviavano lentamente alle Capanne.
Veniva l'aria della sera profumata dei mille aromi delle erbe, che si erano lungamente pasciute di sole durante la bella giornata serena. I mentastri, i serpolli, le salvie selvatiche, le frasinelle resinose univan i loro effluvii agresti in un solo e grande effluvio, ch'era l'alito fresco del prato.
Le pecore alzavano il muso bianco aspirando l'odore del prato che si preparava a dormire. Alcune si fermavano tratto tratto, quasi lasciassero a malincuore la prateria ove avevano trascorso tutto il giorno tra il verde e il sole. Altre, a capo basso, procedevano stanche, il muso a terra, strappando qua e là qualche ultimo ciuffo d'erba de' più alti che arrivava loro a vellicar le narici.
Pietro procedeva innanzi, come in sogno, preso anche lui dalla grande quiete del momento. Egli sentiva invadere tutto il suo essere dalla grande pace di vita che lo circondava. Egli si sentiva vivere della vita naturale di quegli animali e di quelle erbe. Era anche lui una di quelle creature là, semplici e naturali.
Con esse divideva le sensazioni misteriose, il fascino profondo di quel grande momento di riposo della Natura, che posava stanca, sotto il cielo grigio, dopo l'intenso vitale lavoro della giornata di sole. Anche lui si era nutrito di sole, lungo il giorno, come quelle erbe che olezzavano nel buio, come quelle pecore ch'egli conduceva e che procedevano stanche, ben pasciute e avide di riposo.
Per la prima volta in sua vita tutto il suo corpo era compenetrato dalla grande voluttà della vita puramente animale e vegetativa: della vita primitiva, della vita vera perchè semplice e naturale.
*
Silvio, con il suo gregge, si era fermato in mezzo alla prateria ad aspettarlo.
Pietro lo scorse – forte macchia nera sugli ultimi bagliori dell'orizzonte – fermo in mezzo alle sue pecore, che lo attendeva, appoggiato al bastone.
Era un forte ragazzone bruno, poderoso e mite, dal dorso erculeo e dal volto di fanciullo. I suoi occhi chiari avevano la profonda placidezza dei prati tranquilli pieni di erba verde, che il vento fa ondeggiar lievemente come steli di seta; le sue braccia brune, quasi nere dai polsi in giù, eran bianche in alto e muscolose come i tronchi d'albero ch'esse recavan alla Capanna dal bosco, nelle serate d'inverno, quando il vento spazza la prateria e le pecore dormono ben rincantucciate nella paglia dell'ovile e sul focolare scoppiettano i ceppi ardenti e fumosi.
Da tutta la figura il giovane pastore spirava la placidezza e la forza. Era lui, certamente, il vero figlio del prato e, come questo, tranquillo e fiducioso nelle ineluttabili vicende della Natura, che mai avrebbe fatto mancare erba e linfe al prato, nè latte e lana al pastore.
Pietro si pose al suo fianco: le due greggi si unirono e, in silenzio, i due pastori ripresero il cammino.
Ad un tratto passò sulla prateria, tutta oramai nell'ombra, il lontano scampanìo dell'Angelus. Veniva da una delle lontane chiesette, perdute nella bruma del tramonto, sui monti dell'orizzonte.
Silvio si fermò e si tolse il cappello. Chinò la testa e si fece il segno della fede. Poi si inginocchiò. La preghiera della sera passava sopra la sua testa, portata dalla brezza leggera con l'odore dei boschi, con quel suono lontano e velato delle campane perdute nell'ombra.... E le sue labbra si muovevano nella pia orazione.
Tutto il gregge s'era anche arrestato, e molte pecore, immote, tenevano il muso a terra, quasi orassero come il loro pastore.
Pietro guardava in silenzio il giovane.
Poichè egli non sapeva pregare.
*
Ripresero in silenzio il cammino. Gli ultimi bagliori dell'orizzonte erano svaniti, la notte era calata sulla prateria. Essa ora si perdeva, nera ed uguale, all'orizzonte. In alto il cielo era vivido di stelle. Le pecore tacite proseguivano perdute nell'ombra, nascoste fra le alte erbe che lucevan qua e là per subiti bagliori vivi: le lucciole. Le piccole fiaccole animate passavano or alte, or basse, pulsando luce, portate come da un soffio invisibile: qualcuna s'intricava tra i riccioli vellosi del dorso d'una pecora e rimaneva sovr'essa illuminandone a palpiti le candide lane.
Il prato seguitava ad effondere vieppiù acuto il suo alito fragrante: i mentastri, i serpolli, le salvie selvatiche, le nepinelle aromatiche, dormenti nell'ombra, donavan alla brezza della sera i loro aliti olezzanti.
E una sottile musica cominciò da' mille cantucci del prato, da' mille segreti rifugi fra gli steli dormenti delle erbe, fra le zolle perdute nelle ombre della notte. Mille piccole voci misteriose cominciarono a risvegliarsi qua e là, dapprima timide e incerte, poi vieppiù forti e ardite. Erano i grilli. I grilli del prato che ne cantavan la grande canzone.
La grande canzone del prato che cantavano i grilli: la grande innocenza dei campi, la vita pura delle erbe, gli amori semplici e intensi dei fiori e degli insetti, e la grande gioia di vita che tutta la terra fa fremere e agita.
I grilli cantavano nella notte e Pietro ascoltava la loro canzone.
Uno di essi egli ascoltò in particolar modo: uno che cantava più distinto e vicino. Forse un vecchio poeta o filosofo di grillo, che teneva sua cattedra in qualche cespuglio fiorito e che voleva cantar le lodi del sole di cui tutto il bel giorno s'era pasciuto.
Però qualche cosa aggiunse, il vecchio grillo, quella sera, nel suo canto, per Pietro: qualche cosa di nuovo e strano che colui si fermò ad ascoltare intento.... Poi, pensoso, riprese il suo cammino a fianco di Silvio.
*
Poi che le pecore furon tutte al sicuro, nel loro consueto riparo, Pietro e Silvio si avviarono alla Capanna ove la cena li attendeva.
La famiglia era radunata. Il vecchio Giovanni sedeva sotto la lampada, davanti al rustico desco e aveva davanti la sua tazza di latte. La vecchia Teresa era al fuoco intenta a rimestar la polenta nel grande paiuolo, lambito dalle lingue guizzanti delle fiamme dei fastelli che crepitavano allegramente. La giovane sposa di Antonio, il secondo figliuolo di Giovanni, era in un angolo, vicino al focolare, e dava la poppa al fantolino. I due ragazzetti, davanti alla loro scodella vuota ancora, attendevano impazienti la venuta dei due che ancor mancavano per cominciare la cena. Presso al focolare, accanto a Teresa, era il vecchio cane: esso guardava con il suo occhio grave la viva fiamma che serpeggiava guizzante, quasi vi vedesse qualcosa di vivo e strano che gli altri non potevano scorgere. L'altro cane, più giovane, si muoveva, fiutando qua e là nei cantucci della Capanna: divideva con i ragazzi l'impazienza per la cena che si faceva attendere, quella sera, un poco più del consueto.
Quando Silvio e Pietro entrarono, il vecchio Giovanni fe' un cenno ad uno dei ragazzi che corse a prendere il grosso vaso del latte, colmo, e lo recò sul desco. Allora Giovanni, con un'ampia mestola di legno, se ne colmò la tazza. Poi venne la vecchia Teresa, e dopo di lei la donna più giovane e quindi gli altri tutti. Ma Teresa, nel frattempo, aveva tolto dal fuoco il paiuolo: aveva versato la polenta sopra un ampio tagliere e, aiutata dalla giovane sposa, l'aveva recata sul desco davanti a Giovanni. Per aiutar la Teresa, la sposa aveva deposto a terra il bambino, e il vecchio cane gli si era andato a porre a lato, quasi a sostituire per un momento la madre nella difesa della piccola creatura. E il bimbo, con le manine incerte, andava cercandogli il ruvido pelo sul dorso.
La polenta fumava davanti al vecchio nonno e questi ne tagliò, con un bianco e fortissimo refe, varie fette che passarono tosto nelle scodelle colme di latte de' suoi figliuoli e nipoti.
Prima però ch'essi cominciassero la cena, il vecchio si alzò, un poco tremante per il grande numero degli anni, ma saldo ancora e forte, e fece il segno della croce. Poi disse:
– Signore, ti ringraziamo di questo nostro pane quotidiano che anche oggi ci hai concesso. Veglia su di noi, o Signore, sulle nostre anime, sopra questi nostri prati e queste bestie fedeli. Amen.
I figliuoli e i nipoti ascoltarono in silenzio la preghiera del vecchio, poi si segnarono divotamente.
Pietro chinò la testa anche lui, vinto dalla potenza di quella fede pura e semplice che si posava alata su quelle anime semplici e vere di figliuoli della Natura.
Così veniva dalla porta aperta il lene olezzo del prato nella tacita ora della sera.
*
Ardeva all'orizzonte un'alba di sangue e di fiamme. Gli alberi, su quell'incendio truce, parevano neri. Pietro guardava la tragica aurora di quel mattino, quando fra lui e il cielo si frappose un'ombra gigantesca.
Era un vecchio alto e scarno, coperto il dorso di una ruvida pelliccia, male allacciata sul petto da alcune rozze funicelle di cuoio. I gambali di pelle di capra vellosa lasciavano scorgere qua e là, fra le sdruciture delle toppe, le forme aride e ossute delle lunghe gambe. Aveva i piedi nudi e il capo scoperto irto di capelli grigi, qua e là bianchi del tutto, a chiazze, e di un bianco sporco quasi giallastro.
Questa bizzarra figura, che stava di mezzo fra il mendicante e il pastore, si fermò poco discosto da Pietro e lo fissò a lungo. Pareva osservarlo con curiosità unita a forte diffidenza. Del resto da tutto l'aspetto miserabile e strano del vecchio appariva la diffidenza. Sul suo volto ossuto, quasi contratto, ove si raccoglievano a nodi le rughe, si aprivano due occhi grifagni, pieni di strani lampi di fiera energia selvaggia e sospettosa.
Egli teneva fissi su Pietro quei grossi occhi dilatati, poi all'improvviso li volgeva furtivamente, quasi costrettovi da una forza misteriosa, intento a spiare tra gli alberi, quasi nella tema e nel sospetto di qualcosa o di qualcuno.... Poi li riportava ancora su Pietro, attento ed inquieto. Da quanto tempo era là? Da dove era egli uscito? Pietro non lo aveva veduto prima nè altrove.
Vedutosi scorto, il vecchio parve rimanere alquanto perplesso, poi si avvicinò a Pietro e borbottò:
– Mi date di che accendere la pipa?
– Mi dispiace.... non ho di che, giacchè io non fumo.
Il vecchio riprese a guardarlo, sempre sospettoso.
– Ah, voi non fumate?
Poi soggiunse:
– Voi siete dunque con.... quelli delle Capanne grandi?
– E ci siete venuto da poco....
Pietro, che o non intese o non volle rispondere, tacque.
Il vecchio parve comprendere: e non chiese altro.
Rimase alquanto in silenzio, poi disse:
– Ho anch'io, qua giù, poco lontana, la mia Capanna.
E, vedendo che Pietro non aggiungeva nulla, continuò:
– È laggiù, sotto il vecchio molino diroccato.... la dovete conoscere.
– No.
– Vi ho anch'io le mie capre....
– Siete pastore?
– Oh, poca roba.... per me e per Maria basta.
– Oh! è la mia ragazza.
– Avete una figlia?
E soggiunse, guardandolo:
– Non l'avete mai veduta?
– No.
– Anche lei batte sempre da queste parti con le sue capre. Ma se ce la colgo!... – e un cattivo lampo brillò ne' suoi occhi grifagni.
– Perchè?...
Il vecchio non volle rispondere.
– È un diavolo, – riprese poco dopo. – Somiglia a un'altra.... una zingara, quella. Ma lei, poi, oh!... lo vedete questo randello del bosco, eh?... Oh, ne sa già qualcosa, credetelo!
Pietro non credette di domandargli spiegazione su quanto andava dicendo.
Il vecchio pareva esaltato: i suoi occhi grifagni continuavan a mandare cattivi lampi; i ciuffi grigio-sporchi de' suoi capelli parevan più irti che mai. Pietro lo osservava in silenzio.
Poi il vecchio parve calmarsi: si appoggiò ad un tronco, poco discosto da Pietro, e così restò senza più parlare.
Ad un tratto si sentì un rameggio tra le fronde del bosco.
Il vecchio accennò con la mano a Pietro.
– Eccola là, guardatela.
Una strana creatura era sbucata di tra le fronde. Una fanciulla, anzi quasi una bambina: piccola, bruna, si può quasi dir nera nel volto e nelle gambe ignude sino al ginocchio. I capelli nerissimi, liberi, senza impaccio nè freno di legame alcuno, corti e selvaggi, le coprivano la fronte fin sugli occhi e il collo. Dietro a lei venivan alcune caprette brune, ed essa aveva in mano un lungo virgulto spinoso.
Si fermò un momento, tra le rame, a considerare il nuovo pastore col quale parlava suo padre, e saettò il lampo selvaggio de' suoi occhi nerissimi sopra i due.
Era davvero una piccola zingara, come aveva detto il vecchio; forse, meglio ancora, una bizzarra bestiola selvaggia, sorella naturale del bosco, degli arbusti e delle erbe del prato.
Dette un colpo del suo virgulto sulle frasche che le sbarravano il passo, poi scomparve di nuovo con le sue capre tra le rame e le fronde che le si rinchiusero dietro.
– Come vi chiamate? – chiese Pietro.
Il vecchio lo fissò e sorrise.
– Ah, volete sapere di me?... dovete chiederne a coloro laggiù, delle Capanne grandi.... Vedrete se mi conoscono quelli là!... Dite un po' loro che avete parlato con il vecchio Arcangelo....
Il vecchio s'alzò, e, senza neppure dar l'addio a Pietro, s'imbucò nella selva, dalla parte ov'era scomparsa la figlia.
La sera di quel giorno Pietro, nella Capanna, parlò alla famiglia del vecchio Arcangelo.
A quel nome i giovani alzarono il capo, sorpresi e sgomenti insieme, come se a quel nome fosser legate memorie tristi od orribili.
Le donne fecero il segno della fede.
– Dio ha posato la sua mano sopra quell'uomo.
– Non chiedere altro di lui, Pietro, tu che cerchi la pace. Tu mi devi comprendere.
Pietro non domandò altro. Però osservò che una nube di tristezza era discesa sopra tutta la famiglia dopo le sue parole.
E comprese che qualche triste legame doveva esistere fra quel vecchio e quelle semplici creature che lo avevano accolto nel loro seno.
*
Ma Pietro rivide, suo malgrado, parecchie volte il vecchio Arcangelo.
Nel fitto del bosco, mentre tutto intorno taceva, nella luminosa quiete del mattino, quando le pecore riposavano sotto le fresche ombrie degli alti arbusti, egli se lo vedeva sorgere all'improvviso vicino, alto, sempre più scarno e miserabile ne' suoi cenci cadenti, ne' capelli al vento.... Pietro dovette convincersi che il vecchio qualche volta veniva a cercarlo. Quando finalmente lo scorgeva, una specie di sorriso si formava su quel povero vecchio viso contratto, più che dalla vecchiaia e dalla miseria, da qualche segreto terrore dell'animo.
Vicino a Pietro spariva alquanto la selvatica diffidenza ch'era sempre in fondo al suo occhio inquieto di bestia del bosco.
Il vecchio Arcangelo parlava poco: anche perchè sapeva che Pietro amava poco il discorrere. Qualche volta però, eccitato per qualche occulta ragione, egli parlava a frasi rotte, e diceva cose, brani di fatti e di sentimenti che Pietro non poteva riuscir a coordinare, a riunire con un nesso comprensibile.
Qualche dramma doveva essere passato nella vita di quel vecchio cencioso. Pietro sentiva questo dramma: lo vedeva passare in quegli occhi mai fermi, che si accendevano a lampi, in quel vecchio corpo nervoso che fremeva, s'irrigidiva, sobbalzava all'improvviso; in quelle adunche mani che si contraevano come artigli.
Parlava spesso della figlia. E ne parlava con uno strano misto di tenerezza e di collera. Egli amava da padre quella bizzarra fanciulla, ma era con lei fieramente irritato: forse perchè temeva per essa.... L'amore della fiera selvaggia per i suoi piccini. Quando parlava della figliuola aveva sempre delle minaccie per qualcosa o qualcuno, vago, ignoto, lontano, nel passato.... E dopo la minaccia e la bestemmia, si fermava come atterrito: si guardava intorno, sgomento, tendeva l'orecchio quasi temesse che le sue parole fossero state udite da qualcuno che odiava e che temeva.
I suoi occhi, ove una fiamma di follìa ardeva, si aguzzavano verso le ombre del bosco come nell'attesa o nel terrore di vedere qualcuno, la giù; qualcuno che Pietro invano cercava comprendere se uomo o spettro.
*
Il sole in alto accendeva vivamente l'azzurro, e le farfalle s'eran fatte innumerevoli ormai, tra il verde colonnato degli steli d'erba. E la terra, sotto quel colonnato, s'era popolata d'una folla tumultuosa di creature vive ed inquiete. Tutta quella folla di bizzarre creature, formiche dalle piccole zampe mai ferme, bestiole strane, gravi, mostruose e multicolori, dai mille tentacoli sempre in azione, tutta quella folla vivace lavorava febbrilmente, tutta intenta al compimento di una grande opera comune.
Ora Pietro, sdraiato nell'erba, inerte in mezzo a tanto lavoro, stava guardando una grande e bellissima farfalla, bianca come la neve, rimasta imprigionata in un cespo di spine, vecchie, aride, bruciato dal sole o dai geli.
La povera farfalla bianca come la neve non poteva sfuggire. Le sue ali palpitanti si protendevano verso l'azzurro intenso del cielo che verso di lei sfolgorava, ma le spine aride e aguzze le chiudevano il passo, morte, fredde, ignare, ma inesorabili.
Così la sua anima. Passato lo sbalordimento dei primi giorni, dileguata la nebbia funerea che, forse per supremo aiuto, aveva tenuto offuscata alquanto la rimembranza atroce, Pietro leggeva ora limpidamente in tutta la sua vita passata.
La percorreva tutta; se la faceva scorrer dinanzi intera, dai giorni inquieti della fanciullezza agli anni turbolenti della sua appassionata giovinezza. La sua anima inquieta, avida, malata nel desiderio d'una gioia ignota di vita che lo consumava, slanciata verso quel lontano fulgore che le spine fredde, aride e inesorabili della vera vita che lo circondava le contendevano, era la farfalla schiava.
E l'anima prigioniera, nella sua follia, era caduta sino in fondo, sino alla colpa, sino al delitto....
Pietro si alzò, andò al cespuglio e, senza curarsi del dolore, pose le dita negli aguzzi spini e liberò la farfalla dalla sua prigione. La farfalla redenta, ebbra di gioia, alzò il volo nell'azzurro, e scomparve.
Pietro la seguì, finchè potè, con lo sguardo: poi abbassò gli occhi. E scorse allora che le sue dita, ferite dagli spini, eran tutte lorde di sangue.
Ricordò e rivide. Anche allora quelle mani, così, come ora.... Oh viveva ancora quel passato, dunque! Alzò la testa, violento.
Si fece ad un lato dove correva un'acqua cheta e silenziosa, in mezzo alle cannuccie nane e ai vinchi verdi. In quell'acqua pura e cheta lavò le sue mani lorde e si fermò sul margine ad ascoltar il limpido cammino di quell'acqua.
Così doveva correr d'ora innanzi la sua vita, ignota e oscura, cheta e semplice.... E come quell'acqua aveva lavato le sue mani dal sangue che le insozzava, avrebbe adunque un giorno la purezza della Natura lavato dalla sua anima il ricordo dell'odioso passato?
*
Che frescura divina tra quell'erba in fiore! Pietro se ne stava giacente per terra, bevendosi il sole, come una lucertola tra il verde de' suoi crepacci. Alcune grosse violaciocche gli venivan ad accarezzare il volto ed egli ne sentiva il sottil aroma di mandorla amara vellicargli i sensi. Davanti a lui si alzava un fitto antro di arbusti verdissimi che avevano fatta una muraglia impenetrabile al sole.
A un tratto, una testina arguta apparì tra quelle fronde. Era una capretta dal pelame nero e lucente. La bestiola guardava qua e là, poi alzò il musetto verso il luogo ov'era Pietro: forse la brezza, tra gli altri odori del bosco, gliene aveva rivelata la presenza. Dietro ad essa ne apparve un'altra più cauta e timida. Pietro le riconobbe: eran le capre di Silvio. Egli era dunque vicino. Mentre Pietro pensava da dove potesse il giovine pastore sbucare, due ombre immense comparvero davanti a lui, sempre giacente. Una era Silvio e l'altra.... Pietro la riconobbe subito. Era Maria, la figliuola del vecchio Arcangelo. La fanciulla teneva il braccio appoggiato su quello del giovane pastore. E non parlavano. Ella si era posta sopra i nerissimi capelli e incolti un fiore rosso, e la fiamma di quel fiore pareva arder di una luce calda tutto il suo volto intensamente bruno. Maria teneva gli occhi fissi nel volto del giovane. Anche Silvio la guardava in silenzio. Si fermarono un momento, alti, sempre immensi, sopra la testa di Pietro, che non si era mosso, nascosto fra le alte erbe in fiore. Essi – presi tutti dal loro momento felice – non potevano scorgerlo.
Poi si baciarono, così, nel verde, alti su di lui, macchie intense di colore e di vita sullo sfondo cupo del cielo che sfolgorava azzurro.
E proseguirono.... E sparirono fra gli arbusti che li nascosero tra le fronde amiche.
*
E Pietro fu testimone più volte degli amori dei due giovani pastori.
Era un'alba chiara; una luce bianca pioveva sugli alberi del bosco e sulle erbe del prato. Il piccolo ruscello scorreva quieto e raccolto. Maria, seduta sulla ripa erbosa, teneva i piccoli piedi bruni e nudi nell'acqua che correva limpida e cheta. Silvio, in piedi, dietro a lei, si chinò fin sulla sua testina nera e vi depose un bacio.
Un'altra volta il cielo era tutto acceso di fiamme e d'oro, pel tramonto. Le alte vette degli alberi eran purpuree. Una grande nuvola di sangue gigantesca e solitaria, correva in alto, nell'azzurro smorto del cielo, verso mezzanotte.
Sullo sfondo ardente dell'orizzonte le due figure parevano nere. La fanciulla aveva una grande rama nelle mani, anch'essa purpurea per i guizzi del sole morente. Ed anche le sue gote, i suoi capelli, tutta la sua personcina snella e ardita era baciata da' guizzi purpurei del sole.
E Silvio, alto, forte, pareva un giovane Iddio pastore vicino alla piccioletta Ninfa sua compagna.
Essi si amavano dunque liberamente: come tutto liberamente intorno ad essi si amava.
Ogni cantuccio del bosco celava un idillio.
La brezza che dal monte scendeva nel bosco, passando tra le fronde del bosco, soleva accarezzare con un fremito gl'infiniti misteriosi amanti, e scendendo nella valle recava con sè, palpito infinito sulle erbe del prato, per farvi vibrare altre creature, la canzone del grande naturale amore che là dentro aveva baciato.
E Silvio e Maria si amavano così, come tutto intorno a loro amava.
*
Era una mattinata grigia. La campagna era tutta presa dalla grande tristezza del cielo. Le erbe tacevano ed il prato si stendeva inerte e scolorito sotto la scialba luce che gli mandava il sole, che la nebbia nascondeva. Pietro era seduto a' piedi di un albero; e intorno a lui le sue pecore svogliate brucavano pigramente; la maggior parte di esse erano a terra, sdraiate. Ad un tratto passò lontano, sullo sfondo del bosco, la coppia ignara e felice: Silvio e Maria. Voltavano il dorso a lui e parean parlarsi animatamente. Poi si fermarono e si appoggiarono ad un tronco: la fanciulla posò la testa sulla spalla del giovane. Intorno era un grande silenzio. Tutto ad un tratto, dietro ai giovani, sorse un'apparizione paurosa. Il vecchio Arcangelo, livido in volto, contratto, armato di un enorme randello, si avvicinava frenando il passo, per non farsi udire, ai giovani. Era a pochi passi da loro e alzava in aria terribile il randello, fremente nelle sue ossute mani mal ferme dall'ira e dal furore....
Pietro allora gettò un grido che risuonò nel bosco silenzioso. I due giovani si voltarono: e solo allora scorsero il vecchio, orribile veramente a vedersi nel suo furore in quel momento, il quale, lasciando andare il colpo diretto alla testa di Silvio, gridava:
– Ti ci colgo, finalmente, infame!...
Ma Silvio era stato pronto a scansarsi e il bastone andò a colpire le alte erbe.
Allora il vecchio si volse a Maria che era rimasta immobile per la sorpresa e l'afferrò pei capelli. La scosse furiosamente tentando gettarla a terra: ma la fanciulla vigorosa si abbrancò alle scarne braccia del vecchio, tentando di fargli lasciare il pugno di capelli ch'egli andava miseramente scuotendo a tutta forza. Silvio allora si avvicinò al vecchio e con una stretta poderosa della sua mano di ferro l'obbligò a lasciare la presa.
Maria andò a cadere indietro, sull'erba.
Il giovane rimase ritto davanti al vecchio. Nel suo occhio limpido una fosca fiamma si era accesa.
– Vattene, vecchio, – borbottò egli fra i denti, – non ti basta l'altro, che....
– Anche tu, – urlò il vecchio, – anche tu.... in casa mia.... anche tu, come l'altro!...
E alzando il bastone sulla sua testa urlò:
– E muori anche tu, dunque, come quell'altro della tua razza infame!...
Ma Pietro, rapido come il baleno, era accorso. S'era gettato sul braccio, alzato a colpire, del vecchio e l'aveva stretto come in una morsa. La mano del vecchio irrigidita s'era aperta e il randello era caduto ai suoi piedi, vano. Arcangelo si voltò a guardarlo digrignando i denti, ma Pietro gli gridò imperioso, con una terribile voce e profonda che pareva d'un altro, di un essere misterioso e lontano:
– Non muoverti altro, vecchio!
Davanti ai suoi occhi un'altra visione, rapida e violenta, era passata: un'altra scena, come quella, aveva balenato. Ma allora, nessuna mano era piombata sopra il suo braccio a stringerglielo, a irrigidirglielo, a stritolarglielo, per arrestare il miserando delitto del quale era stato fattore!...
Silvio intanto aveva rialzato Maria e le aveva mormorato di allontanarsi.
E la fanciulla era sparita tra le fronde.
Poi si avvicinò al vecchio e, ritornato calmo e tranquillo, gli disse:
– Ringrazia Pietro, perchè a quest'ora tu saresti già a rendere conto di un altro delitto, che tu sai, e pel quale Dio ti aspetta!...
E sparì anche lui tra le fronde.
Arcangelo e Pietro rimasero soli, nel bosco.
*
La sera nella capanna, mentre tutti dormivano, Silvio mormorò all'orecchio di Pietro:
– Non per me, sapete? oh no! per Maria.
E ripetè, continuando:
– Oh, per me!... finirla, finirla, una volta, con quel vecchio maledetto!... Ma è suo padre! e voi mi capite.
– Ma perchè dunque.... così feroce, sempre, quel vecchio con Maria e con voi, Silvio?...
Il giovane pastore lo guardò. Un lampo passò ne' suoi occhi.
– Ah! voi non sapete! voi non sapete, Pietro! – E a bassa voce il giovane ripetè: – Voi non dovete sapere.... peccato!
Pietro ristette alquanto perplesso.
Ma non volle sapere.
– È dunque tanto contrario, quel vecchio, al vostro amore?
– Oh! fino alla morte!... – esclamò cupo il giovane pastore. – Lo avete veduto!
Pietro non disse nulla. Ma un'idea sorse in quel momento nel suo animo e con quell'idea una speranza.
*
Dacchè la calda stagione ora incominciata, Pietro con gli altri giovani pastori soleva recarsi a dormire sur un alto impalcato di legno, deposito della paglia, e all'aria aperta. Ora dunque una notte egli si sentì chiamare da basso, nell'ombra:
Porse l'orecchio. Era una voce di donna. Chiese sottovoce, per non turbare il sonno dei compagni che affondati nella paglia profondamente dormivano:
– Chi mi vuole?
– Sono io, Pietro, venite giù.... devo dirvi qualcosa.
Pietro riconobbe la voce di Maria.
Si calò sino a terra senza fare rumore e si trovò vicino alla figliuola del vecchio Arcangelo.
– Venite, – prese a dire in fretta la fanciulla, – venite da mio padre: egli ha bisogno di voi.... venite subito.
– È forse ammalato? Lo ha còlto qualcosa improvvisamente? – chiese Pietro perplesso.
– No, non è questo.... Ma venite, vi dirò poi.
Ella pareva inquieta. La fanciulla lo precedette, nella notte buia e paurosa.
Pietro mai era stato alla casa del vecchio Arcangelo, quindi proseguiva a fatica, pe' viottoli sconosciuti, inciampando ne' ciottoli, cercando il passo....
– Cos'ha dunque vostro padre e cosa vuole da me? – chiese infine Pietro.
Maria senza voltarsi, nel buio, rispose:
– Ha paura.
– Paura?... – domandò Pietro che non comprendeva.
– Sì, paura.... ma presto saprete tutto.
La via si faceva sempre più aspra. Erano entrati nel bosco. Un cane lontano e misterioso, abbaiava lugubremente: e Pietro ne provava un vago senso di molestia e di fastidio. Il viottolo ora scendeva verso il torrente che cominciava a far sentire la sua voce rotta e stridente nella notte.
– Egli non si fida che di voi, – riprese sottovoce la fanciulla, sempre procedendo spedita, quasi di corsa, come se i suoi piedi nudi non sentissero affatto le aguzze punte dei ciottoli di cui era irto il viottolo, famoso torrentaccio in tempo di pioggia.
Difatti Pietro ebbe l'impressione, nel buio, di una nera massa davanti a lui, sepolta fra le fronde che si sentivano agitare nell'aria buia.
Veniva ora impetuosa la voce del torrente che dovea scatenarsi là sotto, a pochi passi, sotto i ruderi del vecchio mulino.
Maria si chinò a raccattare qualcosa per terra che Pietro capì essere un sasso e con quello picchiò tre colpi ad una porta invisibile nel buio. Dopo un momento Pietro sentì la voce soffocata del vecchio Arcangelo borbottar dietro la porta invisibile:
– Sei tu, Maria?
– Aprite, sono io con Pietro, – rispose la figlia.
Allora si sentì un grande tramestìo come di ripari e di pesi smossi e tolti. La porta si aprì, una luce fioca apparve e illuminò la spettrale figura del vecchio. Maria entrò e Pietro si fece avanti. Il vecchio lo guardò a lungo, quasi a ben assicurarsi che fosse lui veramente, poi gli fece cenno di entrare presto e appena Pietro fu dentro il vecchio rinchiuse in fretta la porta e si diede a sbarrarla con un grosso tronco di albero e quindi a barricarla in basso con forti pietroni. Pietro guardava stupito.
Era una miserabile stanza dalle pareti sconnesse e scalcinate, dal tetto annerito. Il fuoco ardeva in un angolo, sotto il cadente cammino, e solo illuminava la miserabile catapecchia. Nessun mobile intorno, tranne un grosso cassone di legno tarlato, dei cenci appesi alle pareti, due o tre pentole di terra vicino al fuoco. In un angolo v'era un mucchio di paglia. Doveva essere quello il letto del vecchio e della sua figliuola.
Quando il vecchio Arcangelo ebbe terminata la sua opera intorno alla porta, e dopo averla tentata più volte parve sicuro che fosse ormai bene sbarrata, si avvicinò a Pietro.
Allora soltanto questi si accorse come il vecchio tremasse tutto. I suoi occhi grigi parevano volergli uscire dalle orbite per lo spavento: le sue mani parevano paralitiche.
– Grazie, sapete, Pietro? voi siete venuto.... – borbottò il vecchio sedendosi sopra una grossa pietra riquadra ch'era per terra.
Maria intanto s'era gittata a giacere sulla paglia e non si muoveva più e pareva dormisse.
– Grazie, Pietro, di essere venuto, – riprese il vecchio. – Voi non lo potete sapere, non è vero? il perchè v'ho mandato a chiamare. No, voi non lo sapete. Ma pure siete venuto subito, perchè siete buono, voi. Oh, voi siete buono: lo dicono tutti, quassù. E anch'io lo so, me ne sono accorto subito, fin dal primo momento. Anche quel giorno, nel bosco.... voi siete stato buono!
Il vecchio parlava a bassa voce quasi temesse di essere udito da qualcuno.
Ad un tratto sobbalzò, allibì, tese l'orecchio verso la porta e ascoltò intensamente. Non si udiva che il fruscìo delle fronde nella notte e la voce del torrente.
– Venite, venite qui.... presso a me, Pietro, – borbottò con un grande terrore nella voce rotta e rauca.
Pietro sempre più stupito e perplesso gli si accostò e venne a sedersi anche lui sopra un'altra pietra simile a quella sulla quale sedeva il vecchio, vicino a lui.
– Vi ho pregato di venire perchè ho paura, – borbottò il vecchio.
– Sì, paura. Paura di stare solo.... Oh, voi non sapete! – ripetè a bassa voce, con sempre crescente terrore nella voce.
– Sono parecchie sere che mi tormenta sempre, lo sapete?... dopo quella scena dell'altro giorno nel bosco, chè l'ho nominato!...
– Chi dunque, deve venire? – disse Pietro. – Silvio forse?...
– Ma no!... L'altro, deve venire, l'altro!...
– Chi altro mai, dunque?
– L'altro, Pietro, l'altro.... l'ucciso.
E Arcangelo si fermò tremando.
– L'ucciso?... – chiese Pietro fissando il vecchio atterrito.
– Oh sì, Pietro.... non lo sapete dunque? quello nel bosco, quella notte, che ho ammazzato d'un sol colpo, come un cane rabbioso... oh Dio mio!
Come un fremito era passato sopra la capanna. Sul tetto era scivolata, invisibile, come una mano potente e fulminea: alcune tegole smosse caddero. La voce del torrente urlò più lamentosa.
Arcangelo si strinse a Pietro.
– Avete sentito? è lui, è lui!...
Pietro lo sollevò, anche lui turbato.
– Calmatevi, dunque, è stato un colpo di vento, non avete udito?
Ma il vecchio tremava, batteva i denti, folle di terrore. Si stringeva a Pietro, come un bambino.
Questi si sentiva invadere da uno strano sentimento: un terrore vago ancora e ignoto, una curiosità dolorosa di sapere, di conoscere....
– Dite su, raccontate....
Intorno era silenzio, Maria sulla paglia, dormiva, indifferente.
– Non sapete proprio nulla, dunque? non v'hanno detto niente quelli là, quelli delle Capanne?...
– No, no, dite.
E il vecchio Arcangelo allora incominciò con voce rotta:
– L'ho ammazzato nel bosco, di notte.... col bastone.... un colpo solo.... nella testa. Lo stesso colpo dell'altro giorno.... su quell'altro che voi avete salvato! Il vecchio si fermò un poco ad ascoltare intorno.
– Andate avanti, – disse Pietro imperioso.
– Il bastone lo colse lì.... sulla testa.... Era notte, egli non mi poteva vedere.... e neppur lei....
– Lei?...
– Sì, quella cagna.... la madre di quella lì, che ora dorme.... di mia moglie, infine.... – sibilò il vecchio accennando Maria.
– Ah! – gridò Pietro con voce soffocata.
– Sì, erano insieme.... erano abbracciati, – e una fiamma d'odio passò fra il terrore de' suoi occhi. – Credevano che io non sapessi nulla... che io non mi fossi mai accorto di nulla.... che io dormissi in quel momento.... Oh, allora, io l'aveva un letto! Un letto grande, sapete. Vicino ad esso v'era la culla della Maria. Aveva tre anni, allora, quell'angioletto. E il diavolo, allora, non aveva potuto niente sopra di lei. Ora.... va in perdizione anco lei, come l'altra.... come la madre.
Pietro ascoltava trasognato, rabbrividendo.
– Dite, ancora, dite, – mormorò sordamente.
– Essa s'era levata di notte.... da vicino al mio fianco.... credeva che dormissi, avete capito?... ma io invece sapevo e vedevo tutto.... Essa discese dal letto.... Non guardò neppure la piccina che dormiva.... discese scalza, perchè non sentissi.... e uscì.
– Allora uscii anch'io, pian piano. Presi il mio bastone.... E li scorsi subito, insieme.... Erano a pochi passi dalla casa. Ed erano abbracciati. Li vedevo bene. Era notte fitta, ma io li vedevo. Non dissi nulla: non cacciai nessun grido, non feci una voce.... Menai giù.... forte, sicuro, un colpo.... un colpo solo! E il colpo non sbagliò, oh no, ve lo assicuro! Gli arrivò, così, dal cielo.... Non se l'aspettava!... Rotolò a terra, senza proferir parola, secco.
Arcangelo si fermò di nuovo. Tutto taceva. Maria dormiva profondamente: si udiva il suo respiro forte, nel sonno.
Fuori l'urlìo del torrente scrosciava.
– Poi.... rientrai in casa. La bambina si era svegliata. Essa strillava.... voleva la mamma. Ma non lo sapeva, la poveretta, che anche la cattiva mamma ormai....
– Ebbene?
– Anche la cattiva mamma ormai se la stava prendendo il diavolo.... Perchè quando ebbe veduto cadersi al fianco l'infame compagno, per quel colpo piombato dal cielo, così al buio, aveva creduto che venisse dal diavolo in persona.... Ed era corsa via, forsennata, nel bosco, senza voltarsi indietro.... Il mattino dopo la trovarono stecchita nel torrente....
– Annegata?
– E il morto.... come si chiamava il morto? – chiese Pietro.
– Ah, lui?... lui era uno della razza dei vostri padroni, quelli delle Capanne grandi.
– Ah!
– Sicuro. Era il primo figliuolo del vecchio Giovanni.... Capite voi dunque ora?
*
– Il morto non si è potuto più trovare. Durante la notte era sparito. Come?... io non l'ho saputo mai. Però esso è rimasto nel bosco.... Io solo lo so! Ed io lo sento sempre.
Si fermò ad ascoltare. Il vento rombava giù dal vecchio camino e copriva ora il mugghiare del torrente.
– Mi tormenta sempre, da quel giorno. Non mi ha lasciato mai un solo giorno in pace! Quando sono nel bosco mi chiama dal fitto degli alberi. Mi volto, lo cerco, guardo dappertutto, gli mostro il bastone – quello, è sempre ancora quello, sapete? e lui lo conosce! – e lo sento ridere, sghignazzare, piangere anche qualche volta.... Ma non lo posso veder mai! La notte poi....
Arcangelo si fece all'orecchio di Pietro:
– La notte poi lo sento girare intorno alla capanna.... Lo sento smuovere il tetto, fischiare giù per il camino: tocca e muove tutto finchè si viene a mettere vicino a me, dopo che il fuoco è spento, e mi si attacca all'orecchio e si lamenta sempre del sangue, del gran sangue che gli è sgorgato dalla testa, pel mio colpo....
– Questa sera poi mi ha fatto sapere che si farà vedere. Io ho tremato tutto il giorno. Poi, quando è calata la sera, ho sbarrata la porta e la finestrella. Vedete come tutto è ben assicurato?... Ma poi, quando ha cominciato a far notte.... non ho potuto più. Ho detto a Maria – perchè lei non ha paura! e dice che sono un vecchio pazzo, io! – ho detto a Maria: "Va a chiamare Pietro.... lassù, alle Capanne grandi.... Ho troppo paura a star solo, questa notte.... Ho bisogno di lui. In due saremo più forti, se quel dannato verrà...."
Il fuoco accennava a spegnersi. Pietro vi gettò una manata di sterpi che trovò intorno a sè. La fiamma divampò e tutto il misero abituro si rischiarò vivamente.
Il vecchio Arcangelo parve alquanto sollevato da quella luce allegra e alzò il capo, che aveva tenuto sempre fino allora come incassato tra le spalle, quasi volesse nascondervisi.
Anche Pietro si guardò intorno. Maria dormiva sempre tranquillamente. Le loro due sole ombre gigantesche ballavano bizzarramente sulle pareti.
Ad un tratto la casupola cominciò a fremere, a scricchiolare tutta. La bufera si risvegliava nel bosco. Gemevano gli alberi squassati dal vento. Le tegole del tetto cigolavano e sbattevano qua e là. Mille voci strane, fischi, gemiti, scoppi impetuosi, folate gelide, soverchiavano l'urlìo del torrente. La fiamma del focolare guizzava come se una bocca le soffiasse sopra. La porta, sebbene assicurata e sbarrata, pareva scossa da braccia umane, sembrava voler uscire dai vecchi cardini.
Il vecchio fu ripreso dal suo terrore. Si gettò quasi tutto addosso a Pietro e nascose la testa nel suo seno, come un folle ragazzo spaurito.
– Viene, viene! – borbottò con voce strozzata dalla paura.
Anche Pietro si sentiva vincere. Uno strano terrore sorgeva in lui. Le sue mani tremavano, mentre un cerchio di gelo lo stringeva alla nuca.
Ad un tratto come un rombo passò sulla casupola.
Maria, nel sonno, mandò un lungo gemito acuto.
La porta sbarrata fu spalancata d'uno schianto e la fiamma morente del focolare si allungò per terra come un serpente.
Contemporaneamente i due alzarono la testa, costretti da una forza irresistibile.
Arcangelo mandò un urlo e si lasciò cadere a terra, bocconi, chiudendosi gli occhi con le palme.
– È lui!
Pietro guardò. E si sentì agghiacciare il sangue.
Nella luce guizzante e morente del focolare, rapida visione sanguinosa, aveva veduto nella testa prona del vecchio Arcangelo, la testa dell'uomo che lui, lui Pietro, aveva ucciso, come quel vecchio, per gelosia.... quella testa, livida, spettrale, orribile a vedersi. Nel teschio caduto i due fori rossi vomitavan sangue nerastro. Così come allora, come quel giorno, quando....
*
Allorchè i due uomini riapersero gli occhi, un filo di sole, scialbo e giallastro, filtrava sin nella casupola, allagata e sozza di paglia fradicia e di foglie portate dalla bufera della notte.
Maria s'era levata da un pezzo e batteva già il bosco chissà da quante ore.
Pietro si alzò, si stropicciò gli occhi lividi, si scosse da dosso l'imbratto di paglia, di mota e d'acqua che lo bruttava da capo a piedi e cercò il vecchio Arcangelo.
Egli stava accoccolato davanti al focolare, cercando forse di attizzarne il fuoco, spento dalla bufera di vento e di acqua che liberamente era entrata dalla porta aperta e sgangherata.
Il vecchio volse verso di lui il suo volto terreo, da' capelli ispidi di pagliuzze e fango; gli occhi vitrei quasi sparivano nelle vuote occhiaie color del piombo: figura orribile a vedersi.
– Non importa, – disse Pietro con voce rauca, – usciamo: venite con me.
Il vecchio Arcangelo lo guardò senza capire, ma come attratto dalla sua voce imperiosa lo seguì. Uscirono.
Fuori, nel bosco, la bufera della notte aveva lasciate le sue traccie miserande. I sentieri erano spariti, tronchi spezzati chiudevano il passo, rame sfrondate, foglie sminuzzate, cumuli di terra, di fango, pietroni dirupati con l'acqua, dicevano il furore della bufera della notte. Il torrente ingrossato urlava vieppiù spumoso e ribollente.
Pietro si guardò intorno, con gli occhi torbidi. Il cielo aveva versato a torrenti nella notte sulla terra le sue lagrime di fuoco, sui delitti che nel seno di essa eran stati consumati, ed essa, la terra, sconvolta e macchiata di sangue ma impotente contro i delitti dei vermi che l'abitavano, s'era bevuta le lagrime del cielo e ne mostrava le traccie violente.
Pietro camminava diritto, superando gli ostacoli, testimoni della collera del cielo, ammassati davanti a lui. Il suo passo era sicuro e celere: come diretto ad una mèta fissa e stabilita nella sua mente. Già un'altra volta egli aveva progredito così, sicuro e calmo, sulla strada aperta dal cielo o dal destino davanti a lui: quando era fuggito, scacciato dal suo delitto, dalla vita e dagli uomini....
Il vecchio Arcangelo, curva la gigantesca persona, come un albero anche lui colpito dal fulmine, lo seguiva in silenzio, obbedendo, senza saperlo, al misterioso pensiero che guidava quell'uomo che camminava davanti a lui, risoluto, senza guardarsi intorno.
Anche lì dunque! anche lì, fra quegli alberi quieti, sopra quell'erba pura, fra quella Natura vergine ed innocente, anche lì dunque, la Colpa aveva stese le sue braccia livide!... Anche lì, dunque, in quell'aria serena, l'alito infame del Delitto era passato, insozzando, uccidendo, distruggendo.... Anche quella terra ignara, dalla quale egli aveva creduto poter bere la purezza e l'oblìo, nella quale egli aveva creduto trovare il lavacro per la sua anima inquieta e contaminata, nella quale egli aveva sognato poter aspirare l'oblìo delle fosche ombre del passato che s'agitavano nel suo cervello e nella sua anima, anch'essa, dunque, quella terra aveva bevuto il sangue!...
E Pietro ebbe un sorriso straziante.
Il vecchio Arcangelo!... Ecco ora dunque spiegata la misteriosa attrazione che egli aveva suscitata in quell'essere! La sua simpatia, la sua devozione.... quel non so che di misterioso che trascinava il vecchio a lui, altro non era dunque che la triste comunanza della colpa, il fatale legame del Delitto, che attrae e unisce gli assassini!... E Pietro sorrise ancora.
Il Delitto! la Colpa! il sangue versato!... sempre e ovunque!...
Il Delitto era intorno e ovunque: nell'aria ch'essi respiravano, tra le fronde di quegli arbusti così verdi, tra i fili di quell'erba in fiore, nel tepore di quell'aria calda e profumata, in que' dolci raggi di sole così luminosi....
Il Delitto era intorno e ovunque.
Anche il vecchio Arcangelo, come lui! Spariva la passione, il fremito terribile del momento, l'accecamento del dolore e dell'inganno; non rimaneva che il delitto, il delitto volgare, il sangue versato: l'uomo che uccide l'uomo....
A un tratto il vecchio Arcangelo posò una mano sulla spalla di Pietro e si fermò.
– Dove mi conducete? – chiese egli.
Pietro lo fissò con un cupo lampo nello sguardo.
– A riparare, – disse egli con voce ferma.
Il vecchio restò perplesso e immobile.
– Non mi capite dunque? – disse Pietro.
– No.
Allora Pietro gli urlò all'orecchio:
Il vecchio Arcangelo fece due passi indietro e rispose:
– Mai!
Pietro puntò su di lui i suoi occhi freddi ma tenaci e risoluti.
– Mai, mai, mai.... alle Capanne grandi!
– E perchè dunque? – disse Pietro.
– Perchè mai, capito?... mai mia figlia deve essere di colui.... del fratello di....
Allora Pietro si avvicinò al vecchio, gli prese come in una morsa una delle sue ossute mani, e a voce bassa, ma fulminandolo con lo sguardo che una fiamma potente ora animava, disse:
– Cosa dici dunque, vecchio?... Ripeti ciò che hai detto, se n'hai la coscienza! Tu puoi riparare. Tu devi adunque farlo. E tu lo farai!... Sono io, che come te ho ammazzato, che vigliaccamente ho ammazzato, sono io che non posso in alcun modo riparare!... Io non lo posso, capisci? Dio, che è giusto, ha voluto togliermene ogni mezzo!... Ma tu, fortunato, no. Tu, tanto meno di me colpito da Dio, tu lo puoi. Tu lo puoi, comprendi? – Il vecchio taceva.
– Oh, se anche a me Dio avesse voluto.... Ma Dio è stato più severo con me, forse perchè il mio delitto è stato ancora più atroce del tuo. E io piango, e tremo, e mi sento morire, vedi, o vecchio, in questo momento, perchè so che mai, mai, capisci? mai potrò riparare!... E tu lo puoi!..
E come il vecchio taceva sempre, Pietro finì:
– Vieni dunque alle Capanne grandi, vecchio, e non parlare altro!..
Il vecchio Arcangelo rimase immobile, trasognato, affascinato. Poi tremò tutto.
E si lasciò trascinare da Pietro.
*
La pace era quel giorno tra quegli uomini.
Pietro stava dietro una breve selvetta di alti arbusti fitti e verdissimi, che di poco lo separavano dal praticello ch'era davanti alla Capanna del vecchio Giovanni. E da là, da quel praticello, venivano, passando sulle cime dondolanti della selvetta, le voci allegre dei pastori, i canti, l'abbaiar festante dei cani, che partecipavano anch'essi alla grande gioia del momento. Al di là della selvetta, davanti alle Capanne grandi, si festeggiava la fanciulla che entrava a far parte della famiglia dei pastori: Maria, sposa di Silvio. La festa era grande: e con l'amore felice di quei due giovani si chiudeva anche con la pace e il perdono una cupa storia di peccato e di morte.
Il cielo in alto, sugli alberi verdi, sfolgorava di luce e la pace scendeva calma e radiosa, con i raggi del sole purissimo, sopra quelle anime in gioia. Le fronde, le erbe, i fiori della terra gioivano bevendosi quel sole benefico e quelle anime si alzavano grate verso la somma Luce che tanto tepore di perdono e di sole su loro faceva piovere.
In quel momento quelle anime di uomini eran degne della Terra che li sosteneva e li alimentava.
Pietro si sentiva tocco anche lui da un alito di quel tepore di pace. La sua anima si era aperta un momento alla grande gioia del Bene. Era per lui che ora quelle anime eran felici. Era stato Dio che lo aveva scelto come ministro di riconciliazione e di oblìo. Quella sua mano che aveva ucciso, che aveva versato il sangue, adesso era stata tanto avventurata di poter riunire la vecchia e callosa mano di Giovanni con quella scarna e tremante del vecchio Arcangelo – la mano giovane e forte di Silvio con la piccola bruna mano appassionata di Maria.
E la visione di morte e di sangue che intorno a quelle creature si aggirava, lontana ma insistente, si era dileguata: e per opera sua. Egli che aveva ucciso, aveva potuto ora ridare la vita: da quel cespo di giovinezza che con la rugiada del suo atto benefico egli aveva rinnovellato e ristorato, sarebbe zampillato un nuovo getto di vita, una nuova famiglia che avrebbe benedetto a lui, all'assassino che pur tuttavia, nel silenzioso abisso del suo cuore, sempre avrebbe pianto il delitto commesso, ma sarebbe stato benedetto come fattore di riconciliazione e di pace!...
E il Bene – finalmente – il Bene, il grande sogno dei Santi e dei Poeti, così facile ad amarsi e così difficile ad essere attuato, così adorato sugli altari dagli uomini e così ostacolato dai loro sensi, dal loro sangue, da tutto il loro essere; il Bene – somma luce di Dio e divino seme di amore e di pace – il Bene era venuto da lui, dal suo cuore inquieto e torbido, dal suo cervello turbato, dalle sue mani lorde di sangue!...
Al di là della selvetta le voci gioiose dei pastori si udivano.
– Pietro! Pietro! ov'è dunque Pietro?
Subito tante altre voci si unirono a quella:
Dal cielo azzurro il sole scendeva sempre più glorioso a baciare la terra e le sue creature. Un soffio di brezza gli portò l'aroma dei fiori e delle erbe dei prati.
E le voci cercanti squillavano:
Un'infinita giocondità era nel cielo, nell'aria calda e luminosa, nel bosco cheto, in tutta la Natura intorno a lui.
E lui cadendo a ginocchi sull'erba, si chinò a baciare la terra. E dalla sua anima volò a Dio la sua preghiera straziante.