Egisto Roggero
Le ombre del passato

MISS ETHEL.

VII.

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VII.

 

Quando riapersi gli occhi alla luce e alla vita l'attimo orrendo era finito.

Mi trovai sopra una branda di bordo, seminudo, circondato da uomini pietosi che spiavano il mio volto e i miei movimenti.

Respira, vive! – sentii gridare in francese intorno a me.

Mi guardai intorno smarrito.

La mia mente confusa e turbata, come all'uscire da un incubo pauroso, non percepiva, afferrava le idee e le immagini.

Tentai sollevarmi a sedere: ma due mani dolcemente ferme e insistenti mi forzarono a restare nella posizione nella quale io era stato sino a quel momento.

– Non movetevi, – sentii dirmi in francese da colui che mi tratteneva, – ancora un po' di riposo e sarete fuori di ogni pericolo.

Mi riabbandonai sulla branda e un profondo sonno calò sul mio povero essere affranto.

Quando mi risvegliai ero solo.

Mi alzai a sedere sulla branda e mi guardai intorno. Compresi subito di essere a bordo di un naviglio in moto.

In quel punto si aprì la porta della cabina e un vecchio marinaio apparve nel vano.

Allons, amico mio, – gridò egli allegramente, – ringraziate il sommo Iddio perchè in verità l'avete scappata bella.

– Ove mi trovo? – mormorai.

– Oh su terra, o meglio su tavolato francese, Dio grande! Siete a bordo del Saint-Martin, veliero francese, in rotta per New-York, al comando di quel buon uomo di papà Miguel, di Brest, per servirvi. Poichè io sono il padrone.

Grazie, amico mio, – dissi commosso al vecchio capitano, stendendogli le mani.

– Di che? – fece egli allegramente. – Incerti di chi vola sul mare! E a dirvela, se non era per questa mia vecchia carcassa.... il vostro piroscafo di ferro vi aveva già belli e spediti!...

In quel momento un morso mi punse al cuore.

Divenni orribilmente pallido.

– E gli altri.... e quelle due creature ch'erano con me?

– Le bimbe, volete dire? Oh, calmatevi, sono salve.

Mandai un sospiro di sollievo, e mi gettai di nuovo sulla vecchia callosa mano del buon papà Miguel.

Grazie, grazie, mio Dio, – mormorai.

– Oh ve l'abbiamo cavate da sotto che erano in un bello stato, davvero! Figuratevi, eravate avvinghiati l'uno a l'altro come delle vecchie gomene incatramate! Un bel gruppo davvero! E non vi lasciavano, sapete? Ce n'è voluto per disgropparvi! Una cosa mai veduta, parola di papà Miguel, che n'ha pur vedute tante con venticinque anni di navigazione (a vela, s'intende!) sulle spalle.

– E ora dove sono? e come stanno? – mormorai perplesso.

– Oh, stanno meglio di voi! sono di , con mia moglie! Perchè ho anche la mia vecchia quassù, corpo di Saint-Martin! Hanno già mangiato. Si sono rimesse molto prima di voi. Ma già tutte uguali le donne! Hanno sette anime e un'animella di giunta, come i gatti. Noi con tutte le nostre arie siamo più minchioni.

Mentre il buon marinaio parlava, un'altra idea mi traversò la mente.

Dite, mio buon papà Miguel, – feci io, – non aveva io al collo qualcosa?...

– Una borsetta di pelle, volete dire?... – gridò il brav'uomo. – Eccovela, per Saint-Martin! Eccovela sana e salva come voi e le vostre belle compagne!...

E mi porse la borsa, ancora umida, che sollevò da un angolo della cabina.

Grazie, papà Miguel, grazie, – ripetei.

Ora preparatevi a sorbirvi un piccolo brodo.... Brodo da veliero s'intende, soggiunse ridendo, – e da veliero, che ha sopportato e vinto, – e l'ottimo marinaio calcò con una certa fierezza sopra questa ultima parola, – e vinto, vi dico, quarantott'ore di ciclone, e di quello coi fiocchi!

– Siete bravo come buono, – mormorai.

Merito tutto della mia vecchia carcassa, rispose modestamente il buon capitano.

Vado a farvi portare il brodo, – disse quindi, – e poi vi darò il permesso di vedere le vostre bimbe....

Grazie, papà Miguel.

– A proposito.... – disse egli voltandosi dal limitare della porta, ov'era già giunto e ammiccandomi con occhi curiosi, – a proposito, mi sapreste dire che cosa vi sono quelle due.... belle bamboccine?

Rimasi un poco indeciso.

– Sono le mie sorelle, – dissi poi, per finirla.

– Ah, le vostre sorelle!... Me l'era immaginato!

E il buon vecchio marinaio uscì.

Mi lasciai ricadere indietro e una rapida preghiera di gratitudine mi salì spontanea dal cuore a Dio.

Salve! salve!... esse erano salve!

Ed anche la borsa – che istintivamente io intuiva dover essere per loro, e fors'anche per me, di un grandissimo valoreera presso di me!

Grazie, o mio Dio! – mormorai.

Papà Miguel rientrò ben tosto recando egli stesso una tazza fumante.

Lo seguiva un giovane mozzo dall'aria aperta e franca, dalle gambe e dai piedi nudi: bruno, baciato dal mare e dal sole. Un vero figliuolo del mare.

– Il mio ragazzo, – fece egli.

– Mi sembra degno di voi, – feci io.

– Oh, voglio ben crederlo! – mormorò papà Miguel e misurò un affettuoso scapaccione al piccolo marinaio in erba.

Ambedue mi aiutarono a sorbire il brodo, gustoso, riflettendo ch'era stato fatto con carne disseccata e a bordo di un veliero che aveva lottato quarantott'ore, come aveva detto papà Miguel, con il terribile ciclone del quale ne sapeva qualcosa ancor io.

Mi sentii subito sollevato.

– Voglio alzarmi, – dissi.

– Come vi piace, – rispose il capitano; – credo anch'io che sia meglio rimettere in moto la macchina.

Cacciai le gambe fuori della branda.

– Vi avverto che degli abiti vostri è meglio non parlarne più.... il mare ve li ha conciati per bene! Approfittate di questa nostra roba, ve ne troverete contento.

E mi porse due rozzi calzoni e una giacca relativa che mi affrettai ad indossare.

Feci alcuni passi nella cabina: la testa mi girava un poco e le gambe erano malferme; ma in complesso la cosa non andava tanto male.

– Un sorso di questo e vi rimetterà più presto in gambe.

E il buon papà Miguel mi offerse un certo suo liquore preferito, fortissimo.

Andiamo, – dissi.

– Subito, – fece papà Miguel, – tanto più che quelle vostre bimbe, se stanno bene di corpo, sono giù, di spirito, come due stracci! La piccina non fa che chiamare il papà, e piange e trema e pare abbia a prenderle il convulso.... La grande poi non piange, tace, è fredda e bianca come un morto: ha certi occhi sbarrati.... fa più paura dell'altra. Quella almeno si sfoga, col piangere! Povere creature: mi fanno pena! Non sanno che l'inglese, si vede, ed io qualche parola ne borbotto, ma la mia vecchia....

Andiamo, – feci io.

Papà Miguel s'avviò od io lo seguii.

 

*

 

Povera miss Ethel e povera Doroty! Facevano davvero pietà.

La piccina, avvolta in un rozzo scialle di lana nel quale la buona donna di papà Miguel l'aveva involta, tremava tutta e non faceva che mormorare disperatamente: "Papà mio!...."

Miss Ethel pareva una statua.

Ella aveva i suoi abiti pesti, gualciti, senza più colore alcuno. Teneva le mani giunte e solo un tremito febbrile delle labbra bianche e di tutto il corpo accennava la vita in lei.

Appena mi videro un lampo di rapida consolazione passò ne' loro occhi.

La piccola Doroty mi si lanciò contro e venne a cadermi tra le braccia.

– Voglio il mio papà!... – mi gridò nell'orecchio, tutta in lacrime.

Miss Ethel mi stese la mano diacciata.

Coraggio, – mormorai, – coraggio.

La buona moglie di papà Miguel – che era una poderosa brettone e, come il suo degno compagno e consorte, nata e cresciuta sull'onda salsa – ci guardava commossa.

– Non ci abbandonate, – mormorò ancora la povera miss Ethel smarrita.

Abbandonarvi? – feci io al suo orecchio. – Io sono vostro fratello, ormai! Non vi ha forse l'infelice e buono mister Charnwood affidate ambedue a me? E io saprò ricondurvi, sane e salve, alla vostra casa, ohimè! vedova ormai del suo amato capo e padrone.

Grazie, amico mio, – mormorò con accento alquanto sollevato la miss, alzandomi in volto i suoi dolci occhi ora cerchiati di nero e tutti smarriti, – grazie.

– Bisogna pensare a questa povera bambina, – diss'io, accennandole la Doroty che attaccatasi al mio collo non se ne staccava più. – Fatevi dunque coraggio, miss Ethel, – ripresi; – voi siete forte, io lo so: dunque ricorrete a tutta la vostra energia in questa terribile occasione; siamo forti ambedue.

– Avete ragione, – disse lei.

E avvicinatasi alla bambina cominciò ad accarezzarla, a susurrarle dolci e note parole all'orecchio, a lusingarla, a ingannarla anche sulla sorte del povero padre che in quel momento dormiva laggiù in fondo a quel crudele e inesorabile oceano.

La piccola Doroty parve calmarsi: i suoi occhioni pieni di sgomento e di lacrime parvero illuminarsi d'una luce di speranza, e una fanciullesca ombra di sorriso tornò sulle sue labbra smorte.

Il buon papà Miguel ci volle dare alcune notizie sulla fine miseranda del Delphin.

Colato a picco, – disse egli. – Io era a poco più d'una lega da esso. Lo vedemmo bene. Anche noi non si ballava per gioia! Ma la mia vecchia carcassa se l'è ancora una volta cavata con onore!... Una barca del Delphin a cento metri da noi se n'è andata al diavolo, capovolta. Ne abbiano salvati sei dai pescecani. Fra questi qui, eravate voi tre, col gruppo che v'ho detto.

– E gli altri tre? – chiesi io.

– Sono di sopra sul ponte che se la fumano. Volete vederli? vi farete i mirallegro a vicenda.

Volentieri, – dissi.

Andiamo.

Pregai miss Ethel di attendermi un momento e mi recai sul ponte.

I tre salvati erano due uomini dell'equipaggio del Delphin e il vecchio rapsodo.

Pareva la statua impassibile e inerte del Destino.

Appoggiato al parapetto della Saint-Martin guardava con occhio tardo e profondo l'acqua, ancor fremente ed inquieta, l'acqua inesorabile che gli aveva rapita la figliuola....

E gli altri?

Scomparsi, finiti, annientati, tutti!...

Un lungo fremito mi corse tutto.

Rividi come in sogno i miei infelici compagni di viaggio: il banchiere americano, il capelluto maestro che aveva portato a seppellire nell'abisso i suoi canti e forse chissà quanti sogni di gloria; la fulva e briosa mademoiselle Aline, il povero e buono mister Charnwood, il valoroso capitano von Moser, e tanti, tanti altri, le cui fisonomie io ora rivedeva nitide e precise nella memoria!...

Finiti, finiti tutti, come il Delphin; ridotti ombre, larve, non altro più, come deve finire fatalmente e inesorabilmente la nostra miserabile vita, i nostri sogni, tutti i palpiti del nostro pensiero, le nostre speranze, il nostro orgoglio!

Caddi in ginocchio sul cassero della nave, mormorai una preghiera, e piansi.

 


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