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IX.
Fu veramente un ben triste viaggio quello che dal porto rumoroso e affaccendato della immensa metropoli americana ci condusse al palazzo.
Miss Ethel, pallida e smorta come un cadavere, non poteva frenare la sua disperazione nel rivedere quelle strade, que' luoghi d'onde era partita circa un anno prima allegra e contenta con il suo amato benefattore e con la vivace Doroty, saltellante dalla gioia naturale della spensierata sua età. Qual differenza e qual contrasto con il viaggio di ora!...
La piccola Doroty faceva pietà.
Le avevano detto che il suo adorato papà non era lontano, che avrebbe potuto rivederlo; ma la piccina sentiva che tutto ciò non era che una pietosa menzogna. Ella non piangeva, non domandava nulla, non faceva una parola: ma il suo cuore gonfio le diceva che il padre, tanto buono e tanto amato, non sarebbe stato là, nelle belle sale del palazzo, ad attenderla!...
Quando la carrozza si fermò dentro la vasta corte del palazzo, a' piedi del magnifico scalone di marmo, alcuni servi pallidi e costernati, ed un piccolo vecchio signore, che immaginai subito dovesse essere Thompson, il segretario di mister Charnwood, ci vennero incontro premurosi.
Essi conoscevano diggià la dolorosa notizia.
Ci accolsero commossi e piangenti: e a questo punto si rinnovò la scena di lagrime e di disperazione da parte delle due infelici superstiti.
Quando il naturale sfogo della prima violenta commozione fu in parte calmato, miss Ethel mi presentò il signor Thompson, il devoto e vecchio segretario di mister Charnwood.
Quindi, dopo aver presentato me a lui, mormorò:
– Il compagno di sventura al quale il nostro amato padre ci ha affidate.
Il buon vecchio mi si avvicinò commosso e mi strinse ripetutamente la mano.
Intanto io andavo osservando la rara sontuosità e magnificenza di quella veramente principesca abitazione.
Mister Charnwood era stato veramente un uomo di mente elevatissima e di gusti raffinati e squisiti.
Tutte le delicatezze moderne unite a tutti i perfezionamenti più ricchi e costosi, accoppiati al più geniale buon gusto e all'estetica più severa apparivano in quel magnifico palazzo. – Traversando quegli splendidi saloni, quegli appartamenti gai ed elegantissimi, dalle grandi balconate ove si scorgeva un lembo ridente di giardino, tutto verde e fiori, oltre il quale rumoreggiava la poderosa città con i suoi innumerevoli cantieri e le sue migliaia di officine, io sentivo come aleggiare la colta e severa anima dell'infelice mister Charnwood, la cui salma tormentata dall'uragano era andata così miseramente sperduta negli abissi dell'oceano.
E quella vaga e misteriosa impressione di dolore secreto che mi aveva subito colpito conversando e subendo, dirò così, il fascino del povero signore, la risentiva ora in modo strano e indefinito da tutto quel severo complesso di eleganze e di ricchezza che formava il luogo privilegiato ove la sua anima aveva per tanti anni pensato e dolorato.
Triste poesia e triste larva, questa del dolore, che pare cercare di preferenza le anime colte ed elevate, per affinarsi in esse e sublimarsi!...
La sera istessa io rimisi al signor Thompson la busta consegnatami negli ultimi terribili momenti dall'infelice mister Charnwood.
Il vecchio segretario alla presenza mia e di miss Ethel l'aprì con mano tremante.
Ma questa busta non ne conteneva che una seconda, alquanto più piccola, sulla quale con l'istesso carattere incerto ed affranto del primo si leggeva:
"Mie ultime e definitive disposizioni nel caso che il Delphin, sul quale con mia figlia Doroty mi trovo, dovesse naufragare. – Da aprirsi dal mio notaio mister Brooker. – Affidato al mio vecchio e amato segretario J. Thompson – il quale assisterà all'apertura della presente."
Il buon Thompson aveva gli occhi pieni di lagrime e le sue mani tremavano fortemente.
– Andrò subito da mister Brooker, – disse egli, – e procederemo al più presto all'apertura di questo testamento, il quale frattanto resta sacro deposito a me.
E il pover'uomo ci chiese permesso di ritirarsi un momento per andare a nascondere il suo immenso dolore.
– Voi non ci abbandonerete, non è vero, in questo doloroso momento? – disse la povera miss Ethel porgendomi una mano.
– Oh, miss!... vi sembra dunque possibile tal cosa? Io cercherò un quartierino nelle vicinanze e finchè le ultime volontà del nostro buon mister Charnwood circa il vostro avvenire e quello di Doroty non saranno un fatto compiuto, io non mi allontanerò da New-York.... e da voi.
– Grazie, amico mio, – mormorò miss Ethel e la sua manina tremò lievemente nella mia.
*
La notizia della terribile catastrofe del Delphin si sparse bentosto per tutta New-York.
I giornali pubblicarono articoli sensazionali, e la morte dei vari personaggi della città sollevò intensa commozione in ogni ceto della metropoli.
Specialmente la perdita dell'ottimo mister Charnwood, notissimo e molto amato per la bontà del suo cuore, per la distinzione de' suoi modi e per la sua generosità veramente da gentleman di antico stampo, fu molto pianta e commentata.
Io venni ricercato e assorto alla celebrità dell'interview.
Il direttore della celebre Century, una rivista illustrata di New-York che si stampa a più di duecentocinquantamila esemplari, volle da me una descrizione particolareggiata del terribile fatto che mi fu lautamente ricompensata con dei sonanti dollari.
Così pure altre riviste, come la Harper's, la Scribner's, l'American Magazine, vollero da me disegni, schizzi, aneddoti, impressioni sopra il tragico avvenimento.
Ahimè! ripensando ai miei infelici tentativi letterari nel mio dolce e lontano paese, e al modo come mi venivano compensati dagli editori miei compaesani e direttori di periodici, sorrisi mestamente.
Per la prima volta in vita mia ebbi la gloria di vedere retribuito il mio lavoro artistico con quelle famose retribuzioni inglesi ed americane che a noi, quaggiù nel nostro dolce paese des orangers, troppo riboccante di spontanea e naturale poesia per sentire il bisogno di comperarne e sopratutto.... pagarne di quella artificiale, giungono con il profumo fantastico di certi meravigliosi racconti orientali.