Jacopo Alighieri
Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante Alighieri

LIBRO PRIMO   Chiose d'Jacopo, figliuolo di Dante Alighieri sopra alla "Commedia"

Comincia lo VIII Capitolo

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Comincia lo VIII Capitolo

 

Io dico, seguitando, che assai prima

Che noi fussimo al piè dell'alta torre

Gli occhi nostri n'andâr suso alla cima

 

Seguitandosi la qualità del presente quinto grado, in questo principio del canto l'altezza dell'arroganza figurativamente si mostri e le fiammelle de' suoi ardenti dispetti, e come per un demonio si governa e ministra il presente iracundio ed accidioso pantano, per lo quale figurativamente s'intende l'abito e 'l volere iracundo ed accidioso, il quale alla vendetta dei suoi dispetti velocissimo corre, chiamando Flegias per similitudine d'alcuno così nominato, in cui cotali vizij più che in altrui compresi furono e abituati secondo quello che per..... si conta; la qual digressione qui ed altrove per troppa materia non si consente. Fra' quali accidiosi e iracundi operanti, d'alcuno nelle seguenti chiose per esempio degli altri si conta.

 

Tutti gridavano: a Filippo Argenti

Al fiorentino spirito bizzarro

In medesimo si mordea co' denti

 

 Perchè di ciascuna qualità per più certezza la similitudine bisogna, però in questa e nell'altre d'alcuna si fa minzione, nelle quale qui un cavaliero fiorentino, nominato Messer Filippo Argenti degli Adimari si trova, il quale iracundissimamente vivendo si resse.

 

Lo buon maestro disse: Omai figliuolo

S'appressa la città ch'ha nome Dite

Con gravi cittadini e 'l grande stuolo

 

 Si come per Aristotile nell'Etica si contiene, in tre disposizioni la infernal qualità è partita, delle quali la prima incontinenza si chiama, la seconda malizia, e la terza bestialità. Per la incontinenza le quattro sopradette colpe s'intendono, dalle quali è possibile partirsi, onde così apertamente figurate in questo inferno in prima si contengono. Ma perchè dalla malizia e dalla bestialità è impossibile il partirsi, però figurativamente il cerchio di lor sito Murato di ferro si mostra, a figurare la fermezza continua dell'animo loro, chiamandola città di Dite, cioè città di peccato interpetrata nelle quale più contrarie alla natura le colpe digradando procedono che nelle sopradette incontinenti, dalle quali partendosi qui in lei si procede.

 

Chiuser le porte que' nostri aversari

Nel petto al buon segnor che fuor rimase

E rivolsesi a me con passi rari

 

 Qui la chiusa voglia de' maliziosi principalmente si dimostra, a ciò che di loro non si palesino li orribili peccati ne' quali per sola la ragione umana per notizia non puote entrare sanza la sperienza dell'animo, si come nel seguente capitolo si conta.

 

 

 


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