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LIBRO PRIMO Chiose d'Jacopo, figliuolo di Dante Alighieri sopra alla "Commedia" Comincia il XXIV Capitolo |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
In quella parte del giovinetto anno
Ch'el sole i crin sotto l'acquario tempra
E già le notti a mezzo dì sen vanno
Principalmente nel cominciamento di questo capitolo a comperazione d'alcun sopradetto sembiante in alcun villano per simigliante così si conchiude, che nel giovinetto anno, cioè nel tempo che poco del suo cominciamento sia corso, siccome di febbraio, per le notturne brinate, così si lamenti, delle quali poco dura il sembiante per la vertù del sole, che già sotto l'Acquario tornando, verso la state col freddo emisperio si tempra; per lo quale si segue l'ombra della terra, cioè la notte in verso la meridionale parte cadere per l'opposito suo ch'a tramontana ritorna. E provedendosi poi dietro alla detta comperazione la qualità di coloro che furtivamente alla froda si danno, siccome ladroni, la cui continenza e allegoria nelle seguenti chiose del presente canto si mostra.
Tra questa cruda e tristissima copia
Correvan gienti ignude spaventate
Sanza spettar pertugio o ellitropia
Veduta la qualità della sopradetta sesta bolgia, qui della settima, cioè di ladroni così si ragiona, e che da molti e diversi serpenti sia stimolata e trafitta, a significare, molti e diversi pensieri di coloro che di tale qualità sono operanti, colle quali serpi le mani dietro abbian legate, passando il capo e la coda per le reni, e dinanzi dal petto sè stesse annodate, a dimostrare che le dette tentazioni e pensieri affettuosamente per lo cuor loro trapassino, per la cui contraria operazione figurativamente le mani sono legate nel contrario di loro. La quale qualità per tre modi qui operata si pone. Delle quali la prima è di coloro che, non essendo continuamente di cotal vizio abituati, sanza alcun determinamento del si o del no abbattendosi acciò di subito il fanno, vergognandosi poi, e pentendosi dietro alla commessa operazione. Il secondo è di quegli che naturalmente e continuamente con diletto abituati ne sono. E 'l terzo, di coloro s'intende che no continuamente di ciò abituati con diterminato volere del si o del no, alcuna volta veggendosi il destro, con diletto si conducono a farlo. Le cui continenze ordinatamente nelle seguenti chiose figurativamente, partite si contegnono, seguitandosi di ciascuno di sua gravezza il dovere.
Nè O nè I si tosto mai si scrisse
Com'ei s'accese e arse e in ciener tutto
Convenne che cascando divinisse
Delle sopradette tre qualitadi di ladroni, qui la prima così si figura, cioè in quella che sanza diterminamento di si o di no, con pentimenti s'aopera che da certi serpenti i suoi operanti in sul collo sien morsi e trafitti e finalmente ardendo di loro forma disfatti, ritornandosi di subito in lor primo stato a significar la subita tentazione, che nel luogo diterminato dell'appetito all'operare gli trafigge, e che partendosi dal dovere ragionevole, l'uomo è di sua forma compressionata disfatto, dalla qual cosa pentendosene e ravveggendosene nell'esser di lei poi si ritorna; nella quale alcun per simigliante, come nelle seguenti chiose si conta, così figurato si trova.
Erba ne biada in sua vita non pascie,
Ma sol d'incenso e lagrime; d'amomo
E nardo e mirra son l'ultime fascie
Per exempro della presente qualità così dell'uccel Finicie, qui a simigliante si conta, il quale, secondo le novelle de' Savi, pare che solamente di lacrime, cioè di gomma d'incenso e d'amomo nel termine di cinquecento anni viva, revolvendosi poi sè medesimo in alcuna erba secca nominata nardo, da lui ragunata e con alcuna gomma d'albore, nominata mirra, sopra la quale sue ali battendo per lo moto di lor vento vivo fuoco nella detta erba sotto di lui s'accende, del quale, essendo arsa, la cenere in sè putrefacendosi, formandosi nel suo primo stato ritorna, la cui dimora nelle parti orientali d'India si crede.
Vita bestial mi piacque, non umana
Si come a mul ch'io fue; son Vanni Fucci
Bestia, e Pistoia mi fu degna tana
Per simigliante qui d'alcuno Pistolese, nominato Vanni Fucci, così si ragiona, il quale, si come bastardo e reo alcuna volta i begli arredi e tesoro della sagrestia di Santo Jacopo di Pistoia a inbolar si mise, per lo quale furto finalmente alcuno altro, non colpevole, ne fu morto; dal quale, ragionando d'alcuna condizione di Firenze e di Pistoia che poi adivenne, così si predice, che alcuna setta di Pistoia, chiamata nera, da un altra nominata bianca, in prima alcuno oltraggio riceva, per lo quale oltraggio simigliantemente ne' Fiorentini prodotto col cominciamento de' marchesi Malispini di Val di Magra, cioè di Lunigiana, Marte, cioè pianeto producitore di guerre, sopra Campo Picceno, il quale sito Pistoia s'intende, scotendo sua piova produca, per la quale la parte nera ivi e in Firenze finalmente vittoriosa rimagna, e così, figurativamente, per lui nel mille treciento, cioè predicendosi, seguente poi adivienne.