Jacopo Alighieri
Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante Alighieri

LIBRO PRIMO   Chiose d'Jacopo, figliuolo di Dante Alighieri sopra alla "Commedia"

Comincia il XXIX Capitolo

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La molta gente e le diverse piaghe

  Avien le luci mie si 'nebriate,

  Che dello stare a pianger eran vaghe

 

In questo principio del capitolo della sopradetta colpa ancor si contiene, diterminandosi per misura di miglia la circonferenza del suo sito, la quale, secondo che qui e nel seguente canto si contiene, in [diecie parti] 46 questo grado diviso per diecie si parte, procedendo negli altri secondo la larghezza della circonferenza superna, la quale si pone digradando secondo l'arte aritmetiche per.... dalla superna larghezza all'appuntato centro, la cui allegoria nelle prime chiose si conta. E significando ancora del tempo per cotal modo l'ora, dicendo la luna esser già presso che sotto i loro piedi, per la quale essendo istata il passato tonda, appresso del si considera, però che nello scorpione, essendo il sole in ariete, già nell'oriente cielo il capricorno corre. Onde per l'opposito manco l'ariete già nell'oriente si leva. Nella qual colpa finalmente ancora per simigliante un Fiorentino degli Aleghieri, nominato Gieri del Bello, si notifica, il quale, per così fatto vizio finalmente fu morto.

 

Quando noi fummo su l'ultima chiostra

  Di Malebolgie, sì che i suoi conversi

  Potean parere alla veduta nostra

 

 Della decima e ultima bolgia qui a dimostrare incominciando si segue, la cui qualità di coloro si considera, che semplicemente loro operazioni falsificando producono, figurandogli con molte e diverse infermitadi a dimostrare la similitudine delle inferme lor voglie, che contra natura gl'inducono. E perchè contra natura così operando la mente non sana si trova, però qui figurativamente, secondo la facoltà passionata si pone; tra' quali d'alquanti nelle seguenti chiose divisamente si fa menzione.

 

Non credo che veder maggior tristizia

  Fosse in Egina il popol tutto infermo,

  Quando fu l'aerpien di malizia

 

 Per essempro della presente qualità, qui d'alcuna favola poetica così si ragiona, la cui essenza in cotal modo permane che, essendo per alcun tempo l'aria ad infermità molto corrotta in una terra di Grecia, nominata Egina, della quale era signore il re Eaco, padre del re Peleo, e avolo d'Achille, e veggendo il detto re tutta la gente, cioè il popolo della terra, morire, agli Dii più volte s'indusse, tra li cui prieghi, alcuna volta veggendo molte formiche sopra alcuno arbore, in uomini agurandoglisi questo così fece; di che gli Dii incontanente sua voglia seguiro.

Onde per cotal modo il suo morto popolo ristorato di seme di formiche riebbe, la cui allegoria per più brevità nella memoria si ritenga.

 

Io fui d'Arezzo; ed Alberto da Siena,

  Rispuose. Lui mi fe metter al fuoco

  Ma quel perch'io morii qui no mi mena

 

 Tra gli altri della presente qualità qui d'un d'Arezzo, nominato Grifolino, e d'un Fiorentino, nominato Capocchio, così si ragiona. E principalmente di Grifolino, il quale, usando di fare alchimia alcuna volta ad alcun Sanese, Alberto nominato, di volare insegnare gli promise; per la qual cosa non possendosi fornire, e riputandosi il detto Alberto da lui ingannato, a un certo inquisitore de' Paterini in Firenze, per Paterino arder lo fece. Il quale inquisitore, padre del detto Alberto, certamente da molti era tenuto.

 

Onde l'altro lebbroso che m'intese

  Rispuose al detto mio: tranne lo Strica

  Che seppe far le temperate ispese

 

 Qui dell'altro, cioè di Capocchio, così si ragiona, il quale per eccellente operazione d'alchimia finalmente in Siena fu arso, per cui qui così della vita di Sanesi così si risponde, e spezialmente di quella d'alcun suo cavaliere, nominato Messer Niccolò Bonsignori, per lo garofano che in mano a un donzello dal cominciamento del desinare o della cena alla fine, mangiandosi poi, innanzi tenere lo facea, lo quale costume di Francia con seco in Siena produsse.

 

 

 





46 L. undici questo.



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