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GLI EFFETTI DELLA FECONDAZIONE INCROCIATA E PROPRIA NEL REGNO VEGETALE CAPITOLO I. INTRODUZIONE | «» |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Differenti circostanze che favoriscono o determinano la fecondazione incrociata delle piante. — Benefizi ottenuti dalla fecondazione delle piante. — La fecondazione incrociata favorevole alla propagazione della specie. — Sommario storico di questo fatto. — Scopo delle sperienze e modo col quale esse furono condotte. — Apprezzamenti statistici delle misurazioni. — Esperienze fatte durante più generazioni successive. — Natura dell’affinità delle piante nelle ultime generazioni. — Uniformità delle condizioni alle quali si sottoposero le piante. — Qualche causa d’errori apparenti e reali — Quantità di polline impiegato. — Piano dell’opera. — Importanza delle conclusioni.
È evidentissimo che i fiori del maggior numero delle piante, sono costruiti in modo da essere, o abitualmente o accidentalmente fecondati per incrocio, col mezzo del polline d’un altro fiore posto, o sulla stessa pianta, o più generalmente, come vedremo in seguito, su una pianta diversa. Talvolta la fecondazione incrociata è assicurata dalla separazione dei sessi; il più delle volte essa lo è perchè la maturità del polline e dello stigma non avviene contemporaneamente. — Tali piante si chiamano dicogame, e furono divise in due sotto-classi: le proterandre, nelle quali il polline matura prima dello stigma, e le protenogine, nelle quali avviene il contrario; — quest’ultima specie di dicogamia è, del resto, di gran lunga meno comune dell’altra. In molti casi, la fecondazione incrociata è anche assicurata da certe bellissime disposizioni meccaniche, aventi per risultato d’impedire che i fiori si fecondino col loro proprio polline. — V’è una piccola classe di piante, ch’io chiamai dimorfe o trimorfe, ma che Hildebrand chiamò più propriamente eterotilee. Questa classe comprende dei vegetali che hanno due o tre forme distinte adattate alla fecondazione reciproca; benchè, come le piante a sesso separato, esse possano difficilmente esser prive in ciascuna generazione di incrociamento. — Gli organi femminili e maschili di qualche fiore sono irritabili, e gli insetti che si toccano si impolverano di polline e lo trasportano sopra altri fiori. — D’altronde v’è una classe di piante nelle quali gli ovuli non possono assolutamente essere fecondati dal polline della pianta medesima, ma possono però esserlo da altro individuo della specie stessa. Vi sono pure delle specie che rimangono, in parte, sterili col loro proprio polline. — Vi è finalmente una classe numerosissima nella quale i fiori non presentano alcun ostacolo di sorta alla fecondazione diretta, e tuttavia queste piante sono frequentemente incrociate per causa della preponderanza del polline proveniente da un altro individuo o da un’altra varietà, sul polline proprio della pianta.
Siccome, adunque, queste piante si prestano con mezzi tanto diversi quanto efficaci, alla fecondazione incrociata, bisogna pur concludere ch’esse abbiano a trar gran profitto da questa maniera di essere, ed è appunto lo scopo del presente lavoro di mostrare la natura e la importanza di cotesti vantaggi. Tuttavia, fra le piante organizzate in modo da permettere o da favorire la fecondazione incrociata, v’è qualche eccezione, perocchè alcune piante sembrano essere invariabilmente autofecondate, sebbene esse portino le tracce d’essersi altra volta prestate alla fecondazione incrociata. — Queste eccezioni per altro non son tali da far dubitare dell’esattezza della regola sopra esposta. Ci vuol più che l’esistenza di qualche pianta che fiorisce senza dar semi, per demolire questa verità, che i fiori sono fatti per la produzione delle sementi e la propagazione della specie.
Noi non dovremmo mai dimenticarci questo fatto evidente, che la fruttificazione è lo scopo principale dell’atto fecondativo, e che tale scopo può essere ottenuto nelle piante ermafrodite con assai maggiore certezza mediante la fecondazione propria, che mediante lo accoppiamento degli elementi sessuali di due fiori o di due piante diverse. È inoltre una verità incontestabile che moltissimi fiori sono adatti alla fecondazione incrociata, come i denti e le unghie d’un animale carnivoro sono fatti per afferrare la preda, o come appunto il piumino, le alette e gli uncinetti d’un seme sono adatti alla sua disseminazione. I fiori sono adunque formati in modo da ottenere due scopi, fino a un certo punto contrari, ciò che spiega certe anomalie apparenti nella loro struttura. — La gran vicinanza delle antere e dello stigma in un gran numero di specie, favorisce e rende talvolta obbligatoria l’autofecondazione, ma questa sarebbe avvenuta con assai maggior sicurezza se i fiori fossero stati completamente chiusi, perchè in tal caso il polline non sarebbe stato esposto all’azione malefica della pioggia, o ai denti degli insetti, come spesso avviene. Di più, in tal caso, una piccolissima quantità di polline avrebbe bastato alla fecondazione, mentre che se ne formano milioni di granelli. — Al contrario l’aprirsi dei fiori e la produzione d’una grande quantità di polline sono necessari alla fecondazione incrociata. Queste osservazioni sono chiaramente comprovate dai caratteri delle piante dette cleistogene,2 che portano sullo stesso piede due specie di fiori. Gli uni sono perfettamente chiusi, e non possono essere incrociati, ma sono tuttavia fertilissimi, malgrado la esigua quantità di polline che producono. I fiori dell’altra specie contengono molto polline, e sono aperti; questi possono essere e sono realmente spesso fecondati per incrociamento.3 Anche Hermann Müller ha scoperto questo fatto importante che vi sono delle piante le quali si presentano sotto due forme, cioè a dire che producono sopra due piedi distinti, due specie di fiori ermafroditi. — La prima forma porta piccoli fiori costruiti per la fecondazione diretta, mentre l’altra produce dei fiori più grandi e più rimarchevoli, formati ad evidenza per la fecondazione incrociata per opera degli insetti, e che non producono semi nel caso che venga a mancare l’aiuto di questi animalucci.
L’attitudine dei fiori alla fecondazione incrociata, è uno studio che mi interessa già da trentasett’anni, e per il quale io ho già accumulato una quantità considerevole d’osservazioni, rese, del resto, superflue per la pubblicazione recente di molte eccellenti memorie in tale argomento. — Nel 1857, io scriveva4 un breve articolo sulla fecondazione del fagiuolo e nel 1862 usciva il mio lavoro sul modo col quale le Orchidee esotiche e indigene (della Gran Bretagna) vengono fecondate dagli insetti. — Mi sembrò che lo studiare un gruppo di piante colla maggior cura possibile fosse divisamento assai migliore che il pubblicare una lunga serie d’osservazioni intralciate e imperfette. — Quest’opera è il complemento del mio libro sulle Orchidee, nel quale io già dimostrai quanto queste monocotiledoni siano mirabilmente formate, per permettere, favorire e render necessaria la fecondazione incrociata. L’attitudine a questo genere di fecondazione è forse più potente nelle Orchidee che in qualche altro gruppo di piante, ma è un errore il dire, come fece taluno, ch’esse costituiscono un caso eccezionale. L’azione (paragonabile a quella d’una leva) degli stami di Salvia (descritta da Hildebrand, dal dott. Ogle e da altri) mediante la quale le antere si trovano abbassate e stropicciate sul dosso delle api, mostra una conformazione così perfetta, come quella che si può osservare in qualche Orchidea. I fiori papilionacei, come li descrissero molti altri, e in particolare M. T. H. Farrer, offrono innumerevoli attitudini curiosissime per la fecondazione incrociata. Il caso del Posoqueria fragrans (Rubiacea) è rimarchevole come quello della più stupenda Orchidea. Gli stami, secondo Fritz Müller5 sono sensibili in modo, che, quando una farfalla si posa sopra un fiore le antere scoppiano e coprono l’insetto di polline: uno dei filamenti, che è più largo degli altri, si mette allora in movimento e chiude il fiore per circa dodici ore, per ripigliar poscia la sua posizione abituale. Allora lo stigma non può più essere fecondato dal polline del medesimo fiore, ma soltanto da quello che un insetto porta da un altro fiore. Potrei, infine, enumerare allo scopo stesso, molti altri fatti.
Molto prima che io mi occupassi della fecondazione dei fiori, era stato pubblicato in Germania, nell’anno 1793 un importante libro di C. K. Sprengel: Das entdeckte Geheimniss der Natur,6 nel quale egli prova chiaramente con moltissime osservazioni l’opera importante che prestano gli insetti nella fecondazione di molte piante. Ma egli precedeva il suo tempo, e le sue scoperte passarono a lungo inosservate. Dopo la pubblicazione del mio libro sulle Orchidee, uscirono in copia eccellenti lavori sulla fecondazione (come quelli di Hildebrand, Delpino, Axel ed Hermann Müller),7 nonchè molti altri piccoli articoli. Un elenco di questi lavori riempirebbe molte pagine, e questo non è il luogo di farlo, perchè noi non ci occupiamo ora delle indagini ma dei risultati sulla fecondazione incrociata. Qualunque brami conoscere il lavorìo col quale la natura ottiene il suo fine leggerà quei libri e quelle memorie col più vivo interesse.
Colle mie proprie osservazioni sulle piante (osservazioni basate, fino a un certo punto, sulle esperienze degli allevatori di animali), io sono, dopo molti anni, arrivato a convincermi che una legge generale della natura, vuole che i fiori si prestino all’incrociamento, per lo meno accidentale, col mezzo del polline d’una pianta diversa. Sprengel, al suo tempo, intravvide questa legge, ma soltanto parzialmente, perchè non si vede che egli facesse la menoma differenza fra la efficacia del polline della stessa pianta e quella d’una pianta distinta. Nell’introduzione del suo libro (p. 4), a proposito dei sessi che in molti fiori sono separati, e di molti altri fiori che sono dicogami, egli dice: «Ciò mostra che la natura non ha voluto che ciascun fiore venga fecondato dal proprio polline». Del resto, egli non tenne sempre in mente questa conclusione, o almeno egli non le accordò tutta la sua importanza (ciascuno che legga le sue osservazioni se ne meraviglia): così pure egli s’inganna sul carattere di qualche organizzazione strana. Ma le sue scoperte son tante e il suo lavoro è così eccellente, che non teme queste leggere osservazioni. — Un giudice competentissimo, H. Müller, dice: «Fa meraviglia vedere quante volte lo Sprengel ha chiaramente compreso che il polline è per necessità trasportato su lo stigma d’altri fiori della medesima specie dagli insetti che li visitano, e nondimeno non abbia pensato che questo trasferimento non dovesse esser utile alle piante stesse».8
Andrea Knight vide più veramente, quando disse: «Vuole natura che si stabiliscano dei rapporti sessuali fra le piante vicine della medesima specie».9 Dopo aver accennato, per quanto gli consentiva la scienza imperfetta dell’epoca, ai differenti processi mediante i quali il polline è trasportato da un fiore all’altro, egli aggiunge: «La natura ha avuto in mira qualche cosa di più che il far servire ciascun maschio a fecondare il proprio fiore». Nel 1811 Kölreuter alludeva chiaramente alla medesima legge, come più tardi fece un celebre ibridizzatore di piante, l’Herbert.10 — Ma nessuno di questi distinti osservatori sembrò abbastanza compreso della novità e della generalità di questa legge per insistervi sopra e comunicare altrui la propria opinione. Nel 1862, io riassumeva le mie osservazioni sopra le Orchidee, dicendo che la natura «abborre dalle autofecondazioni continue». — Se io avessi omessa la parola continue, l’aforisma sarebbe stato falso. — Come l’ho detto, io lo credo vero, sebbene espresso forse troppo energicamente, perchè avrei dovuto aggiungervi questa proposizione, chiara per se stessa, che la propagazione della specie, sia per l’autofecondazione, sia per l’incrocio, sia per il processo a-sessuale (gemme, stoloni, ecc.) è lo scopo principale. H. Müller, insistendo spesso su questo ultimo punto, ha reso un grande servigio alla scienza.
Io pensai di sovente che sarebbe opportuno l’esperimentare se le pianticelle derivanti dai fiori incrociati fossero, in qualche modo, superiori a quelle provenienti dai fiori autofecondati. Ma siccome non è noto alcun esempio di degenerazione visibile, dalla prima generazione a quella seguente che deriva da un incrocio il più prossimo possibile (cioè fra fratelli e sorelle) io pensai che la stessa regola potesse applicarsi ai vegetali, e che sarebbe stato necessario sacrificar troppo tempo nel fecondare e incrociare delle piante, per molte generazioni successive, onde approdare a qualche risultato. Io ho dovuto pensare che tante osservazioni accumulate per favorire la fecondazione incrociata (la si trova in gran numero di piante) non potevano farsi allo scopo, sia d’ottenere qualche vantaggio mediocre o remoto, sia di evitare un male leggero e lentissimo. Del resto la fecondazione d’un fiore mediante il proprio suo polline, corrisponde ad un modo più ravvicinato d’incrocio, che non sia possibile averlo negli animali bisessuali ordinari, per cui poteva aspettarsi un risultato più pronto.
In fine, io fui indotto a cominciare le esperienze, che qui riporterò, dalle seguenti circostanze. Nello scopo di chiarire certi punti relativi all’eredità, e senza pensiero alcuno di studiare gli effetti dell’incrociamento ravvicinato, io preparai vicinissime l’una all’altra due aiuole con semi autofecondati e incrociati provenienti da uno stesso piede di Linaria vulgaris. — Con mia sorpresa, le piante incrociate, giunte allo stato adulto, erano ben più alte e vigorose che le piante autofecondate. Le api visitano incessantemente i fiori di questa linaria, trasportando il polline dall’uno all’altro: se si allontanano questi insetti, i fiori producono pochissimi grani, in maniera che le piante selvatiche d’onde provenivano i miei semi dovevano essere state incrociate per tutte le generazioni antecedenti. Non mi parve assolutamente ammissibile che la differenza fra i due gruppi di pianticelle potesse essere riferibile ad un solo atto d’autofecondazione, ed ho attribuito questi risultati all’imperfetta maturità dei grani autofecondati (benchè mi paresse poco probabile che fossero tutti in tale stato) o a qualunque altra causa accidentale inesplicabile. — L’anno seguente io preparai, allo stesso scopo, due grandi aiuole vicinissime contenenti dei semi autofecondati e incrociati di garofano (Dianthus Ceryophyllus). Questa pianta, come la linaria, è pressochè sterile senza l’azione degli insetti, e noi possiamo trarre da questo fatto la conclusione stessa, che più sopra, cioè che le piante generatrici devono essere state incrociate in ciascuna, o quasi, delle generazioni antecedenti. Nondimeno, le piante autofecondate furono chiaramente inferiori alle incrociate e come sviluppo e come vigore.
La mia curiosità era allora assai eccitata, perchè io difficilmente poteva dubitare che la differenza fra le due aiuole non fosse da attribuirsi a ciò, che una serie di piante discendeva da fiori incrociati, l’altra da fiori autofecondati. — In conseguenza, io presi così a caso, due altre piante che avevano fiorito nella mia serra; un Mimulus luteus e un’Ipomaea purpurea; tutte e due, a differenza della Linaria e del garofano, sono perfettamente fertili senza bisogno dell’azione degli insetti. — Qualche fiore, sopra una sola pianta delle due specie restò fecondato dal suo proprio polline; altri rimasero incrociati col polline d’un individuo diverso; del resto le due piante furono protette, con un velo, dagli insetti. Furono seminate le sementi incrociate ed autofecondate, così ottenute, in due canti opposti dello stesso vaso e s’ebbero per tutte e due le medesime cure. Arrivate allo stato adulto, queste piante furono misurate e confrontate. — Nelle due specie, come nel caso della Linaria e del garofano le pianticine incrociate furono notevolmente superiori, e per lo sviluppo e per la vigorìa, alle piante autofecondate. Io risolsi allora di cominciare con delle piante svariate, una lunga serie d’esperienze, che furono continuate per undici anni successivi. — Noi vedremo in seguito che le piante incrociate superarono, pressochè sempre, le piante autofecondate. — Come pure potremo spiegare qualche caso eccezionale, nel quale le piante incrociate non ottennero la vittoria.
Faccio osservare che, per abbreviazione, io parlai e continuerò a parlare di semi, di pianticine e di piante incrociate e autofecondate; questi termini significano quelli o quelle, che sono i prodotti di fiori autofecondati e incrociati. Fecondazione incrociata vorrà sempre dire incrociamento di due piante distinte, ottenute da semi e mai da gemme o da barbatelle. Autofecondazione, significherà sempre che i fiori sono stati fecondati dal loro proprio polline.
Io feci le mie esperienze nel modo seguente. Collocai una sola pianta, s’ella mi forniva una sufficiente quantità di fiori (due o tre se ne davan pochi) sotto un velo steso sopra una invetriata per coprire pianta e vaso, quando lo si potea fare, senza toccarla. Ciò è molto importante, perchè se i fiori toccano il velo possono venire incrociati col mezzo delle api, come ebbi ad osservare, e quando il tessuto è umido il polline può restarne danneggiato. — Io mi son prima servito d’un tessuto di cotone bianco a maglia finissima, ma in seguito adoperai un velo la cui maglia aveva un diametro di 0m,0022: imparai coll’esperienza che tale tessuto difende da tutti gli insetti, eccetto che dai Thrips che non possono essere esclusi da nessun velo. Sulla pianta così protetta ho segnato molti fiori, fecondati in seguito dal loro proprio polline; nel tempo stesso, sulla medesima pianta, altrettanti fiori, segnati in modo diverso, furono incrociati col polline d’una pianta distinta. — I fiori incrociati non venivano mai evirati allo scopo di avvicinare queste esperienze più che fosse possibile, a ciò che avviene in natura, nelle piante fecondate coll’intervento degli insetti. In tali condizioni, taluno dei fiori che furono incrociati, può non essere stato fecondato, e fu più tardi autofecondato. — Questa causa d’errore ed altre ancora, saranno in seguito discusse. In qualche raro caso di specie spontaneamente fertili, i fiori erano disposti in modo da fecondarsi essi stessi al disopra del velo, e più raramente ancora alcune piante scoperte furono disposte in modo da essere liberamente incrociate dagli insetti che le visitavano di continuo. — L’essere stato obbligato a variare secondo l’occasione il mio modo di procedere, presenta dei reali vantaggi e anche dei grandi svantaggi; ma quando io dovei ricorrere ad un diverso modo di trattamento, ciò mi veniva indicato dallo sviluppo proprio di ciascuna specie.
Ebbi cura che i semi fossero perfettamente maturi, prima d’essere raccolti. Poscia i semi incrociati e autofecondati furono, quasi sempre, sepelliti nella sabbia umida, nei due canti opposti d’un enorme vaso coperto con un vetro, ed accuratamente mantenuti in separazione. Il vaso fu posto sopra un caminetto in una stanza calda. Per tal modo io poteva osservare la germinazione dei semi. Accadeva talvolta che qualche seme germinava prima degli altri; esso era allontanato. Ma ogni volta che due semi gonfiavano nel medesimo tempo, essi erano seminati nello stesso vaso, in canti opposti, e separati da tramezzi superficiali. Continuai così fino a che, in totale, da sei a venti soggetti dell’età stessa, fossero piantati nei vari punti opposti dei diversi vasi. — Se una pianticella imbozzacchiva od era guasta per una qualunque causa si estirpava, si gettava, e tale era pure la sorte della sua compagna piantata al lato opposto vel vaso.
Dopo che un gran numero di semi furono sepelliti nella sabbia perchè vi germinassero, molti ve ne restarono dopo la scelta delle coppie. Qualcheduno era allo stato di germinazione, qualche altro intatto; essi furono seminati spessi spessi nei lati opposti di uno o di due vasi più grandi, ed anche in piena terra in due lunghe file. In tal caso succedeva, da una parte del vaso, fra le giovani pianticelle incrociate, e dall’altra parte, fra le stesse pianticelle autofecondate, un accanito combattimento per l’esistenza, che succedeva ugualmente fra i due gruppi che vegetavano assieme nello stesso vaso. — Un gran numero vi perì; le più grandi fra quelle che sopravvissero dalle due parti, furono misurate al loro completo sviluppo. Le piante cresciute in questo modo furono così assoggettate pressochè alle stesse condizioni di quelle che vivono in istato di natura, la cui sorte è quella di combattere per lo sviluppo in mezzo ad una folla di concorrenti.
Altra volta, per mancanza di tempo, i semi, sebbene destinati a germogliare nella sabbia umida, furono seminati in angoli opposti del medesimo vaso, e le piante che ne nacquero, furono misurate al loro completo sviluppo. Ma tale esperimento è meno esatto, perocchè i grani germogliano talvolta più presto da una parte che dall’altra. Tuttavia fu necessario talvolta adoperare in tal modo con qualche specie i di cui semi non germogliano bene allorchè sono esposti alla luce, sebbene i vasi che li contenevano fossero conservati sopra un caminetto presso un lato della stanza, e un po’ lontani dalle due finestre a nord-est.11 La terra dei vasi nei quali si trapiantarono i soggetti nati dai grani, o i grani furono seminati, era stata mescolata con cura, onde ottenere una composizione uniforme. Le pianticine nei due canti furono abbeverate contemporaneamente ed egualmente il più possibile, ed anche allorchè questa precauzione non potevasi effettuare, non essendo grandi i vasi, l’acqua dovette espandersi egualmente in tutti i punti. Le piante incrociate ed autofecondate si separarono con un tramezzo diretto sempre nel senso della principale entrata di luce, in modo che le piante fossero egualmente illuminate. Io non credo che sia possibile di mettere due piante in condizioni più strettamente eguali di quelle in cui furono poste le mie pianticelle incrociate ed autofecondate, allevate come si è detto più sopra.
Nel confrontare le condizioni delle due serie, l’occhio non fu mai consultato da solo. Generalmente, dall’una e dall’altra parte, la dimensione di ciascuna pianta fu misurata diligentemente e più d’una volta, cioè a dire, nella sua infanzia, nella sua giovinezza e nel suo intiero o quasi intiero sviluppo. Tuttavia in qualche caso (che fu sempre notato) per guadagnar tempo, misurai una o due solamente delle più grandi piante da ambe le parti. Questo processo, che non è da raccomandarsi, non si adoperò mai se non nelle piante provenienti da’ semi rimasti dopo la scelta delle coppie, e tuttavia le piante più grandi di ciascuna parte, mi parve che rappresentassero esattamente la differenza media delle rimanenti d’ambe le parti. V’è del resto, anche in tale processo, un grande vantaggio, che, cioè, le pianticine ammalate o accidentalmente danneggiate si eliminano dall’osservazione. Quando io misurai le sole piante più grandi di ciascuna serie, la loro altezza media eccedeva senza dubbio quella di tutte le altre piante della loro serie, prese insieme. Ma nelle piante, invece, provenute dai semi rimasti nella sabbia, l’altezza media dei soggetti più alti era minore di quella delle piante accoppiate, in causa delle condizioni sfavorevoli alle quali furono sottoposte per il loro soverchio ravvicinamento. — Del resto, per lo scopo nostro, che è il paragone fra le piante incrociate e le autofecondate, la loro altezza assoluta ha poca importanza.
Le altezze medie, furono calcolate coll’ordinario metodo approssimativo, cioè a dire sommando tutte le misure e dividendone il prodotto per il numero delle piante misurate; ne diedi il risultato in frazioni decimali. — Siccome le diverse specie raggiungono altezze diverse, ho dato sempre per un di più e per facilitare la proporzione, l’altezza media per cento delle piante incrociate di ciascuna specie, e lo sviluppo medio delle piante autofecondate, è stato calcolato sulla stessa base. — Per ciò che riguarda le piante incrociate derivanti dai semi ch’erano rimasti nella sabbia dopo scelte le coppie, e delle quali furono misurate soltanto alcune delle più grandi, dall’una e dall’altra pianta, non ho creduto utile di complicare i risultati dando separatamente le medie di queste, e di quelle accoppiate; ho soltanto sommate tutte le altezze ed ottenni così una sola cifra media.
Io dubitai a lungo se vi fosse utilità nel dare le misure separate di ciascuna pianta, e mi sono deciso a fare come ho fatto, a fine di dimostrare che la superiorità delle piante incrociate sulle autofecondate non può ordinariamente dipendere, per esempio, dalla presenza di due o tre piante straordinarie, dall’una parte, o da qualche soggetto mal riuscito, dall’altra. — Sebbene molti osservatori abbiano segnalato, con insistenza, in termini generali, la superiorità delle varietà incrociate sopra l’una o l’altra delle piante generatrici; essi però non ne diedero alcuna misura precisa;12 anch’io ho riunito gl’individui della stessa varietà senz’alcuna osservazione nè sopra il loro incrocio nè sopra la loro autofecondazione. — Del resto tali esperienze domandano molto tempo (le mie durarono undici anni); non è adunque probabile ch’esse possano facilmente ripetersi.
Avendo misurato una piccola quantità di piante incrociate ed autofecondate, m’era importantissimo di rilevare fino a qual punto le mie medie erano degne di fede. — Domandai dunque al signor Galton, che ha una grande esperienza nelle ricerche statistiche, di esaminare alcuna delle mie tavole di misurazione, e precisamente sette; e sopratutto quelle relative all’Ipomaea, alla Digitalis, alla Reseda lutea, Viola, Limnanthes, Petunia, e Zea. Se noi, misurando da dieci a venti uomini di differenti nazioni, volessimo stabilire un dato sulla loro altezza media; esso risulterebbe certo inesatto; ma colle mie piante incrociate ed autofecondate il caso è diverso; poich’esse furono prese tutte d’una età, assoggettate dal principio alla fine alle medesime condizioni, ed erano infine provenienti dagli stessi genitori. — Allorchè le misure non si sono prese che sopra due o, al più, sei coppie, i risultati non hanno alcun valore, eccetto che nel caso ch’essi completino esperienze fatte su larga scala colle altre specie, o siano esse stesse completate dalle esperienze. Ecco intanto, ch’io riproduco qui contro i rapporti sopra le mie sette tavole di misurazione, che il signor Galton ha avuto la bontà di redigere in mia vece.
«Ho esaminato con cura e con più metodi, le misure delle piante per trovare fino a qual punto, le medie delle differenti serie rappresentino delle verità costanti, come apparisce fin tanto che le condizioni generali di vegetazione restano inalterate. I principali metodi che furono adoperati, sono facilmente spiegabili, scegliendo, come esempio, una delle più piccole serie di piante, quella del Mais.
«Le osservazioni, come io le ho ricevute, sono indicate nelle colonne ii e iii, nelle quali esse non han certo a prima vista apparenza di regolarità. Ma poichè esse sono collocate per ordine di grandezza come nelle colonne iv e v, la cosa cambia affatto. Noi vediamo intanto che, meno poche eccezioni, la pianta maggiore della serie incrociata, sorpassa in ciascun vaso la maggiore della serie autofecondata, che la seconda sorpassa la seconda, la terza la terza e via di seguito. Sopra quindici casi contenuti nella Tabella, si incontrano solo due eccezioni a questa regola. Possiamo adunque affermare con sicurezza che una serie di piante incrociate la vince sopra una serie di piante autofecondate, nel limite delle condizioni che si sono mantenute nella presente esperienza.
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Misure registrate dal sig. C. Darwin |
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Colonna I |
II |
III |
IV |
V |
VI |
VII |
VIII |
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– 0,078 |
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Vaso n. 1 |
– 0,081 |
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– 0,075 |
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– 0,087 |
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– 0,087 |
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Vaso n. 2 |
– 0,090 |
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– 0,090 |
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– 0,087 |
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– 0,075 |
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– 0,090 |
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Vaso n. 3 |
– 0,096 |
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– 0,071 |
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– 0,068 |
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+ 0,081 |
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Vaso n. 4 |
+ 0,018 |
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«In corrispondenza di ciascun caso una cifra indica il valore di questa eccedenza. — I valori medi di più gruppi sono sì discordanti, come risulta dalla Tabella qui sopra, che un giusto dato numerico sembra impossibile. Ma si tratta ora di sapere se la differenza fra ciascun vaso non sia di un’importanza più considerevole, che quella delle altre condizioni che hanno modificato l’accrescimento delle piante. Se così è, e solamente in questa condizione, deve risultarne, che, quando tutte le misurazioni, sia delle piante incrociate, sia delle autofecondate, saranno combinate in una sola serie, quest’ultima avrà una regolarità statistica. L’esperienza è fatta nelle colonne vii ed viii, dove la regolarità è evidente e ci giustifica allorchè noi consideriamo questa media come degna di fede. Io ho riordinate queste misure, e le ho rivedute col solito metodo, tracciando attraverso le cifre una curva a mano volante; ma tale revisione non fece altro che modificare semplicemente le medie ottenute dalle prime osservazioni. Nel caso presente, come in tutti gli altri ravvicinati, la differenza fra il processo originario e il processo riveduto è al disotto del 2 per cento del valore medio. V’è questa importantissima coincidenza, che nelle sette specie di piante di cui ho esaminate le misure, le proporzioni fra la altezza media delle piante incrociate e delle autofecondate costituisce cinque casi che danno quantità vicinissime. Nella Zea Mais la proporzione è come 100 a 84, e nelle altre essa è compresa fra il 100 a 76 e il 100 a 86.
I. |
+ 0,010 |
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II. |
– 0,046 |
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III. |
– 0,107 |
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IV. |
– 0,093 |
«La determinazione della variabilità (calcolata da ciò che tecnicamente si chiama l’errore probabile) è un problema d’una soluzione più delicata, che quello della determinazione del valore dei processi; in maniera che, dopo molti esperimenti, io dubito che da questo piccolo numero di osservazioni, si possano dedurre delle conclusioni. Bisognerà poter disporre delle misure di almeno 50 piante per ciascun caso, onde essere in grado di ottenere risultati certi. Del resto, un fatto relativo alla variabilità, benchè mancante nel Mais, si avvera certamente nel più gran numero di casi; ed è che le piante autofecondate contengono un numero maggiore di individui eccezionalmente piccoli, mentre le incrociate raggiunsero, in generale, il completo sviluppo.
«Questo insieme di casi nei quali le misure sono state prese sopra qualcuna delle maggiori piante che vegetavano nelle serie, contenenti ciascuna gran numero di individui, mostra chiaramente che le piante incrociate sorpassano in altezza le autofecondate, ma non ci permette alcuna conclusione relativa al loro rispettivo valore medio. Se si arrivasse a conoscere che una serie ha subìto la legge dell’errore o qualunque altra legge, e se dall’altra parte si conoscesse il numero degli individui costituenti la serie, sarebbe sempre possibile ricostruire la detta serie, una volta che ne fosse conosciuta una frazione. Ma non mi consta che un tal metodo possa essere applicato al caso presente. Il dubbio relativo al numero delle piante che compongono ciascuna serie è di poca importanza, la difficoltà reale sta nel non conoscere la legge precisa, seguìta dalle serie. L’esperienza delle piante in vaso non può per nulla aiutarci a determinare questa legge, per la ragione che le osservazioni che le riguardano sono troppo poche per metterci in grado di ottenere con qualche certezza più che i termini medi delle serie alle quali esse appartengono, atteso che i casi che noi ora consideriamo, si riferiscono ai termini estremi di queste serie. Esistono ancora altre difficoltà speciali, ma non è necessario di parlarne, perchè quelle che ho testè accennate sono già per se stesse un ostacolo insuperabile».
Il signor Galton mi ha spedito nel tempo stesso delle traccie grafiche ch’esso ha stabilito colle mie misure e che formano evidentemente delle curve affatto regolari. Quelle del Mais e del Limnanthes le ha qualificate bonissime. — Egli ha pure, nelle sette tabelle, calcolate le altezze medie delle piante incrociate ed autofecondate, mediante un processo più esatto di quello seguìto da me, specialmente comprendendovi, secondo le regole della statistica, le altezze di qualche pianta morta prima di essere misurata, mentre io sommava nelle mie soltanto le altezze di quelle che sopravvivevano e divideva il totale per il loro numero. La differenza che esiste fra i nostri risultati, è, sotto un certo punto di vista, soddisfacentissima, perocchè l’altezza media delle piante autofecondate ottenute dal signor M. Galton sono sempre inferiori alle mie, eccetto che in una sola, in cui le cifre sono eguali, e ciò dimostra ch’io non ho in verun modo esagerata la superiorità delle piante incrociate sulle autofecondate.
Dopo fatta la misurazione, le piante incrociate ed autofecondate furono qualche volta tagliate a rasa terra e pesate in egual numero in ambe le serie. Questo metodo di paragone dà dei ragguardevoli effetti, e sarebbe desiderabile che esso fosse più spesso adoperato. Finalmente, si è spesso preso nota di ogni differenza sensibile nel grado di germogliazione delle piante incrociate ed autofecondate, di ogni differenza nella durata relativa della fioritura delle piante che ne derivavano e della loro fecondità, cioè del numero delle capsule seminifere ch’esse produssero, come pure del numero medio di grani ch’esse contenevano.
Quando io cominciai le mie esperienze, non aveva intenzione di coltivare delle piante incrociate ed autofecondate, oltre la prima generazione. — Ma poichè queste piante fiorirono pensai che bisognava coltivarne una generazione di più, e feci nel modo seguente. — Sottomisi nuovamente all’autofecondazione diversi fiori appartenenti ad una o più piante autofecondate, e feci, dall’altra parte, fecondare col polline d’un altro individuo incrociato della stessa serie, differenti fiori presi sopra una o più piante incrociate. — Cominciato così, io seguitai, con qualche specie, tal metodo, per dieci generazioni successive. I semi e le piante furono sempre trattati esattamente nel modo che ho già descritto. — Le piante autofecondate, provenienti o da una o da due piante madri furono incrociate più da vicino che fu possibile a ciascuna generazione, e non credo d’aver così oltrepassato il mio proposito. Ma in luogo di fecondare una delle piante incrociate con un’altra incrociata, avrei dovuto incrociare le piante autofecondate di ciascuna generazione con un polline proveniente da una pianta senza parentela, cioè d’una pianta appartenente ad una famiglia o branca della medesima specie e della medesima varietà. — Così ho fatto in qualche caso, come esperienza addizionale, e n’ebbi risultati ragguardevoli. Ma il metodo che seguii più comunemente fu di mettere in confronto e di paragonare le piante incrociate (che quasi sempre furono i prodotti di piante d’una parentela più o meno lontana) con le piante autofecondate di ciascuna generazione successiva, tutte assieme; queste eran cresciute in condizioni le più analoghe. Stando ad osservare, io ho più imparato con questo metodo, cominciato per inavvertenza e seguìto per riflessione, di quello che se io avessi sempre incrociato le piante autofecondate di ciascuna generazione successiva col polline d’una nuova pianta.
Io dissi che le piante incrociate delle differenti generazioni successive rimasero quasi sempre infarinate d’una certa parentela fra loro. Quando i fiori d’una pianta ermafrodita sono incrociati col polline proveniente da una diversa pianta, le piante che ne derivano possono essere considerate come fratelli o sorelle ermafrodite, essendo le piante prodotte dal seme della medesima capsula così affini fra loro, che i gemelli o gli altri animali usciti d’un parto. Ma sotto un certo aspetto i fiori della stessa pianta sono individui distinti; perchè, tutte le volte che i fiori d’una pianta-madre saranno incrociati col polline proveniente da una pianta-padre, le piante che ne verranno potranno essere considerate come quasi-fratelli o quasi-sorelle, ma sempre più affini che non lo siano i quasi-fratelli e quasi-sorelle negli animali. I fiori sulla pianta-madre furono del resto ordinariamente incrociati col polline proveniente da due o più piante distinte, ed in tal caso i rampolli possono essere chiamati più propriamente quasi-fratelli o quasi-sorelle. — Allorchè due o tre piante-madri furono incrociate, come ciò avvenne di frequente, da due o tre piante-padri (essendo i granelli mescolati fra loro), alcuni dei rampolli della prima generazione non erano in verun modo affini, mentre molti altri erano, o per intiero o per metà, fratelli e sorelle. — Nella successiva generazione un gran numero di rampolli dovevano essere, o per intiero o per metà cugini-germani, mescolati a dei fratelli e sorelle o quasi-fratelli e sorelle, e ad altre piante prive affatto di parentela. — Così, nella generazione seguente, ve ne saranno stati di quelli che potevano contare un gran numero di cugini di secondo grado o d’un grado più lontano. Nelle seguenti generazioni la parentela è diventata per tal modo inestricabilmente complessa, sia nel più gran numero delle piante pochissimo affini, sia in quelle poche molto affini.
Non ho da aggiungere che una sola osservazione ma di grandissima importanza: che cioè le piante incrociate ed autofecondate furono il più esattamente possibile assoggettate, nella stessa generazione, a condizioni assolutamente uniformi. Nelle generazioni successive furono trattate con qualche differenza, secondo le variazioni della stagione, perchè l’allevamento si fece ad epoche diverse. Ma sotto ogni altro punto di vista le condizioni furono identiche, perch’esse vegetarono nello stesso vaso e nella stessa terra preparata artificialmente; furono abbeverate contemporaneamente, e restarono chiuse insieme nella stessa serra calda o fredda. Così si sottrassero adunque per tal modo, durante parecchi anni, alle vicende climateriche a cui vanno soggette le piante che vivono all’aperto.
Intorno a qualche causa d’errore, apparente o reale, nelle mie esperienze. — A proposito di esperimenti simili a’ miei, fu detto, che il ricoprire le piante con un velo, sia pure per la breve durata della fioritura, può comprometterne la salute e la fecondità. Io non ho osservato tale effetto, eccetto che in un sol caso con un miosotide, ed anche qui la ragione del male deve trovarsi altrove che nell’aver coperta la pianta. Ma, supposto anche che tale operazione sia stata dannosissima (e non lo fu certamente se io devo giudicare dall’apparenza delle piante, e dai risultati delle proporzioni tra la loro fecondità e quella delle scoperte che vivevano nel vicinato) essa però non può avermi ingannato nelle mie esperienze, perchè in tutti i casi più importanti i fiori furono ed incrociati ed autofecondati sotto una rete, per modo che, sotto questo aspetto, essi furono trattati entrambi nel modo stesso.
Siccome poi è impossibile di garantirsi contro gli insetti minimi portatori di polline, come ad esempio il Thrips, m’è, per necessità, accaduto che dei fiori destinati a fecondarsi da sè, furono invece in seguito incrociati col polline d’un altro fiore della medesima pianta, portatovi da questi insetti; senonchè, come vedremo poi, tale incrociamento dovette essere senza effetti o quasi senza. Quando due o più piante furono collocate le une vicine alle altre sotto la stessa reticola, come ho fatto di sovente, v’era infatti del pericolo reale, benchè non molto importante, che i fiori serbati all’autofecondazione fossero incrociati con un polline portatovi dal Thrips da un’altra pianta. Io ho detto che il pericolo non era importante, perchè constatai sovente che delle piante autosterili senza l’intervento degli insetti, restavano sterili, quando più piante della medesima specie erano collocate sotto lo stesso velo. — Del resto, se i fiori che io aveva per lo innanzi autofecondati, furono in qualche caso incrociati dai Thrips che ci portarono polline d’una diversa pianta, d’altra parte dovettero esservi, fra gli autofecondati, dei rampolli incrociati, e mi si accorderà volentieri, che tale accidente ha per effetto di diminuire e non di aumentare la superiorità delle piante incrociate sulle autofecondate, sia in altezza media che in fecondità od altro.
Siccome i fiori destinati all’incrociamento non furono mai evirati, è probabile, e forse anche certo, che io sbagliassi qualche volta la fecondazione incrociata, e che questi fiori venissero in seguito spontaneamente autofecondati. Questo fatto sarà avvenuto facilissimamente nelle specie dicogame, perchè, senza una grande attenzione, è difficile di sapere se in questi fiori gli stigmi siano atti alla fecondazione quando le antere sono aperte. Ma in ogni caso, siccome i fiori erano protetti dal vento, dalla pioggia e dagli insetti, il polline da me deposto sulla superficie dello stigma, prima che questo organo fosse maturo, deve, in via ordinaria, esser rimasto intatto fino alla maturità, e i fiori devono in tal caso aversi incrociato, appunto com’era mio scopo. — Nondimeno è probabile che dei rampolli autofecondati, siansi talvolta trovati, per tal modo, fra le piante incrociate. Anche in questo caso, l’effetto dell’accidente non fu già di esagerare, sì bene di diminuire la superiorità media delle piante incrociate sulle autofecondate.
Gli errori provenienti dalle predette due cause e da altre ancora, come p. e. l’insufficiente maturità di qualche seme (per quanto si abbia cura di prevenir questo malanno) la malattia o qualche guasto inavvertito toccato a qualche pianta, sono stati notati, e in larga proporzione allorchè trattavasi di misurare e valutare le medie di molte piante incrociate ed autofecondate. Molte, fra tali cause d’errori, han dovuto essere tolte colla precauzione di far germogliare i grani in una sabbia umida, e di pigliarne le piante appaiate, perchè non si può pretendere che semi, più o meno maturi, sani e ammalati, possano germogliare contemporaneamente. Un simile risultato si è ottenuto nei molti casi in cui furono misurate soltanto alcune delle piante più grandi, più belle, più sane dell’una e dell’altra serie di vasi.
Kölreuter e Gärtner13 hanno provato che certe piante, per assicurare la fecondazione di tutti gli ovuli contenuti nell’ovaia, hanno bisogno d’un gran numero di granelli di polline (fino a 50 e 60). — Anche Naudin ha trovato che nella Mirabilis essendo posti sullo stigma uno o due dei grossi grani di polline di questo vegetale, le piante che ne derivano sono gracilissime. Io pure ebbi gran cura di metter sempre un’abbondante provvigione di polvere fecondatrice sopra gli stigmi che io ordinariamente copersi per intiero, ma non mi son preso la briga di misurare esattamente la quantità del polline ch’io deponeva sugli stigmi dei fiori autofecondati o incrociati. — Dopo aver agito in tal modo per due stagioni, mi sovvenni che Gärtner (benchè senza prova patente) riteneva che una soverchia quantità di polline poteva essere dannosa, ed è stato provato da Spallanzani, Quatrefages e Neuport che in alcuni animali la sovrabbondanza del fluido seminale impedisce affatto la fecondazione. Bisognava adunque chiarirsi di questa incertezza: se la fecondità dei fiori è danneggiata dall’applicazione di una troppo piccola o troppo grande quantità di polline sopra lo stigma. Perciò io misi una piccolissima quantità di polline sui larghi stigmi di 64 fiori d’Ipomaea purpurea, e con una grandissima quantità di detto polline copersi la superficie intiera di altri 64 fiori. Allo scopo di variare l’esperimento, la metà dei fiori di ciascuna serie fu presa dalle piante provenienti da semi autofecondati, e l’altra metà da piante prodotte da semi incrociati. I 64 fiori che erano stati sovraccaricati di polline maturarono 61 capsule, ed, eccetto che quattro di loro, di cui una conteneva soltanto un granello unico e stentato, tutte le altre racchiudevano in media 5,07 granelli. Gli altri 64 fiori provveduti di una piccola quantità di polline posto sur un angolo dello stigma maturarono 63 capsule, e, ad eccezione d’una di loro, ch’ebbe la sorte delle quattro suddette, tutte contenevano in media 5,129 grani. — Per tal modo i fiori che avevano ricevuto pochissima quantità di polline diedero un maggior numero di granelli di quelli che n’avevano ricevuto ad esuberanza; ma la differenza è così leggera da non metterci importanza. V’è soltanto da osservare che i granelli prodotti dai fiori forniti dalla gran quantità di polline furono un po’ più grossi degli altri, perchè centosettanta di questi pesarono 79,67 grani (5gr,18), mentre che 170 granelli prodotti dai fiori fecondati con pochissimo polline pesarono 79,20 grani (5gr,14). — Essendosi poste nella sabbia umida le due serie di granelli, non presentarono alcuna differenza nel germogliare.
Possiamo adunque conchiudere che per le piccole differenze del polline adoperato, le nostre esperienze non subirono alcuna alterazione, perchè in qualunque caso se ne adoperò quanto bastava.
L’ordine col quale noi tratteremo il nostro argomento nel presente volume, è questo. Verrà prima descritta una lunga serie d’esperienze dal capit. II fino al VI. — Si aggiungeranno anche delle Tabelle dimostranti in modo semplificato l’altezza, la fertilità ed il peso relativo della discendenza di diverse specie incrociate ed autofecondate. — Un’altra Tabella dimostrerà i risultati ragguardevoli della fecondazione di certe piante (le quali per più generazioni erano state o autofecondate o incrociate con individui conservati sempre in condizioni identiche) col polline prodotto da un ramo separato ch’era stato esposto a delle condizioni differenti. Alla fine del libro saranno riferiti alcuni casi e discusse varie quistioni di generale interesse.
Il lettore che non è particolarmente interessato dell’argomento potrà fare a meno di leggere questi dettagli, benchè essi abbiano in se stessi una certa importanza e non possano essere completamente riassunti; ma io lo consiglierei di prendere come tipo le esperienze sulla Ipomaea (nel capitolo II), alle quali egli potrà aggiungere quelle che si riferiscono alla digitale, all’origano, alla viola o al cavolo comune, perchè in questi vari casi le piante incrociate hanno dimostrato sulle autofecondate una superiorità rimarchevolissima ma non sempre eguale. Come esempio delle piante autofecondate eguali o superiori alle incrociate, dovranno leggersi le esperienze fatte sulla Bartonia, sulla Canna e il pisello comune; ma nel caso di quest’ultimo e probabilmente in quello della Canna la inferiorità delle piante incrociate può essere giustificata. Per gli esperimenti furono scelte delle specie in famiglie lontanissime e di differenti paesi. In qualche raro caso, vari generi appartenenti alla medesima famiglia furono sottomessi all’esperimento, poi tali generi si unirono insieme; ma le famiglie stesse non furono ordinate secondo l’ordine naturale, sibbene secondo quello che meglio conveniva al mio scopo. Le esperienze furono riferite per intiero, quando i risultati furono tali da giustificarne la pubblicazione. Le piante che danno fiori ermafroditi possono essere più sicuramente incrociate di quello che non si possa fare con animali bi-sessuali; esse sono anche in questo molto atte a mettere in luce e la natura e la moltitudine dei buoni effetti dell’incrociamento, come pure i cattivi risultati dell’autofecondazione. — La più importante conclusione a cui sono arrivato si è che il semplice atto dell’incrociamento non è per sè solo di grande vantaggio. — Il bene che ne risulta dipende dalla differenza profonda di costituzione che esiste fra gli individui incrociati, differenza che è da attribuirsi alle varie condizioni a cui furono sottoposti i progenitori in più generazioni, o a quel fatto ignoto che noi, nella nostra ignoranza, chiamiamo variazione spontanea. Tale conclusione, come vedremo in seguito, è intimamente connessa a molti problemi fisiologici importanti, come lo è la questione del beneficio ottenuto dai leggeri cangiamenti nelle condizioni dell’esistenza, ciò che è in grande connessione colla vita stessa. Questa conclusione viene a spiegare un poco l’origine dei due sessi e la loro separazione o la loro unione sullo stesso individuo; finalmente tutto intiero l’argomento della ibridazione che trova grande ostacolo nell’opinione generale e nel progresso del grande principio d’evoluzione.
A scanso d’equivoci, mi sia permesso ripetere che in tutto questo volume, una pianta, un rampollo o un seme incrociato, significa: di provenienza incrociata, cioè a dire, una pianta, un rampollo, un seme derivanti da un fiore fecondato col polline d’una pianta distinta, ma appartenente alla specie medesima. — Una pianta, un seme, un rampollo autofecondato, significa: di provenienza autofecondata, cioè a dire una pianta, un rampollo o un seme derivati da un fiore fecondato col polline dello stesso fiore, o talvolta (se lo è detto), d’un altro fiore della stessa pianta.
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