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Sterilità e fecondità delle piante non visitate dagli insetti. - Processi mediante i quali i fiori sono fecondati per incrocio. - Disposizioni favorevoli all’autofecondazione. - Relazione tra la struttura e la bellezza dei fiori, tra il concorso degli insetti e i vantaggi della fecondazione incrociata. - Processi, mediante i quali i fiori sono fecondati da una pianta distinta. - Maggiore facoltà fecondatrice d’uno stesso polline. - Specie anemofile. - Conversione delle specie anemofile in entomofile. - Origine del nèttare. - Le piante anemofile hanno d’ordinario i loro semi separati. - Conversione dei fiori diclini in ermafroditi. - Gli alberi hanno spesso i loro sessi separati.
Nel primo capitolo di introduzione io ho brevemente enumerati i diversi modi coi quali la fecondazione incrociata viene ad essere favorita od assicurata; cioè la separazione dei sessi; la maturità dell’elemento maschio o femmina che avviene in periodi differenti; la condizione eterostilea, dimorfa o trimorfa di certe piante; parecchie disposizioni organiche; la maggiore o minore insufficienza del polline d’un fiore sul suo stigma; infine la preponderanza del polline proveniente da un altro individuo, sopra quello proprio della pianta. Alcuni di questi fatti vogliono essere largamente sviluppati; ma per le minute particolarità, io affido il lettore ai numerosi ed eccellenti lavori, che ho citati nell’introduzione. Io voglio dar qui il primo posto a due liste. La prima contiene le piante che dopo l’allontanamento degli insetti, restano completamente sterili o che producono meno della metà del numero ordinario di semi; la seconda contiene le piante che nelle stesse condizioni sono affatto feconde, o danno almeno la metà del numero ordinario di semi. Queste liste le ho compilate consultando le Tabelle anteriori, alle quali ho aggiunto qualche caso risultante dalle mie osservazioni o da quelle altrui. Le specie sono ordinate presso a poco secondo l’ordine seguito da Lyndley nel suo Vegetable Kingdom.97 Il lettore vorrà osservare che la fecondità o sterilità delle piante contenute in queste due liste dipende da due cause affatto distinte. La presenza o l’assenza dei mezzi propri mediante i quali il polline viene applicato sullo stigma, e la maggiore o minore efficacia di questo polline dopo tale applicazione. Siccome è evidente che nelle piante a sesso separato, il polline deve, in modi particolari, essere trasportato di fiore in fiore, le specie che presentano tali disposizioni sono escluse da queste liste. Tale si dica delle piante dimorfe o trimorfe, nelle quali si presenta la stessa necessità, sebbene in un minor grado. L’esperienza mi ha provato, che indipendentemente dall’esclusione degli insetti, il potere riproduttore non è per niente diminuito in una pianta, quand’essa è coperta, durante la fioritura, da un velo steso e sostenuto da un telaio. Si avrebbe potuto approdare a questa conclusione, considerando che nei due seguenti elenchi, che racchiudono un numero considerevole di specie appartenenti agli stessi generi, altre sono affatto sterili, altre completamente fertili, quando sono difese da un velo, contro l’invasione degli insetti.
Elenco delle piante che senza l’intervento degli insetti restano completamente sterili, o producono (per quanto ho potuto giudicare) meno della metà dei grani prodotti dalle piante viventi all’aperto.
Passiflora alata, racemosa, edulis, laurifolia, e qualche individuo della P. quadranguluris (Passifloree). – Sono completamente sterili in queste condizioni: vedi Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, cap. xvii, 2a ediz., vol. ii, pag. 118.
Viola canina (Violacee). — Fiori perfetti affatto sterili se non sono incrociati dalle api, o fecondati artificialmente.
Viola tricolor (Violacee). — Semi piccolissimi, capsule poverissime.
Reseda odorata (Resedacee). — Qualche individuo affatto sterile.
Reseda lutea. — Qualche individuo dà poche capsule e poverissime.
Abutilon Darwini (Malvacee). — Completamente sterile al Brasile: vedi un’anteriore discussione sulle piante autosterili.
Nymphaea (Ninfeacee). — Il prof. Caspary mi informa che alcune specie di questo genere sono completamente sterili senza l’opera degli insetti.
Euryale amazonica (Ninfeacee). — Il sig. G. Smith di Kew mi informa che le capsule provenienti da fiori lasciati scoperti e forse non visitati dagli insetti contenevano da otto a quattordici semi; quelle date da fiori artificialmente fecondati col polline di un altro fiore preso sulla stessa pianta ne contenevano da quindici a trenta; e finalmente due fiori fecondati col polline d’una pianta di Chatsworth racchiudevano da sessanta a sessantacinque semi. — Io ho riferiti questi risultati perchè il prof. Caspary cita questa pianta come un caso opposto alla teoria dei vantaggi della fecondazione incrociata. Vedi Sitzungsberichte der phys.-okon. Gesell. zu Königsberg, B. vi, pag. 20.
Delphinium Consolida (Ranunculacee). — Produce molte capsule, ma contengono soltanto metà dei semi prodotti da quelle dei fiori naturalmente fecondati dalle api.
Eschscholtzia californica (Papaveracee). — Piante brasiliane completamente sterili; le piante inglesi produssero qualche capsula.
Papaver vagum (Papaveracee). — Sul principio della state produsse pochissime capsule con pochissimi semi.
Papaver alpinum — H. Hoffmann (Speciesfrage, 1875, pag. 47) stabilisce che tale pianta non produsse semi capaci di germinare, che una sola volta.
Corydalis cava (Fumariacee). — Sterile. Vedi l’anteriore discussione sulle piante autosterili.
C. solida. — Io non aveva nel mio giardino (1863) che una sola di queste piante, e vidi i calabroni penetrarne i fiori senza che producessero un sol seme. Meravigliai di questo fatto, perchè allora Hildebrand non aveva ancora scoperto che questa pianta è sterile col suo proprio polline; ciò ch’egli venne a stabilire con poche osservazioni. I due casi antecedenti sono interessanti, perchè i botanici credevano (vedi per es. Lecoq, Della fecondazione e dell’ibridizzazione, 1845, pag. 61; e Lyndley, Vegetable Kingdom, 1853, pag. 436) che tutte le specie di Fumariacee fossero particolarmente adatte all’autofecondazione.
C. lutea. — Una pianta coperta (1861) produsse metà delle capsule prodotte da una scoperta della stessa altezza vegetante in vicinanza. Quando i calabroni visitano i fiori (e li vidi spesso all’opera) il petalo inferiore si rivolge subito in basso e il pistillo in alto. Ciò dipende dall’elasticità delle parti che entrano in azione quando i margini coerenti del cappuccio vengono aperti per l’introduzione d’un insetto. Sebbene gli insetti visitino questo fiore, le parti non si muovono. Nondimeno molti fiori delle piante che aveva coperte produssero delle capsule, eppure i loro petali ed i loro pistilli conservarono la loro posizione. Io trovai, con mia grande sorpresa, che queste capsule contenevano più semi che quelle dei fiori, i cui petali erano stati artificialmente separati. Così dieci capsule prodotte da fiori non tocchi contenevano cinquantatre semi, mentre che nove capsule di fiori, i di cui petali erano stati ad arte separati ne contenevano solamente trentadue. Ma noi ricorderemo che se le api avessero potuto visitare questi fiori, lo avrebbero fatto nel tempo il più propizio alla fecondazione. I fiori i cui petali erano stati separati, diedero le loro capsule prima di quelli che non furono tocchi, sotto il velo. Per dimostrare quanto sia vero che i fiori sono visitati dalle api, io devo aggiungere, che in un dato caso esaminai tutte le piante di alcuni fiori scoperti, e ciascuno aveva i suoi petali separati. Un’altra volta lo stesso avvenne in quarantun fiore sopra quarantatre. Hildebrand stabilisce (Pringsh, Jahresberigt für wissenschaftl: Botanik, R. vii, pag. 450) che il meccanismo delle differenti parti in questa specie è quasi lo stesso che nel C. ochroleuca, nel quale lo descrisse completamente.
Hipecoum grandiflorum (Fumariacee). — Affatto autosterili (Hildebrand, ibidem).
Kalmia latifolia (Ericacee). — Il sig. W. Beal dice (nel Naturalista americano), che i fiori protetti dagli insetti avvizziscono e cadono «restando nelle cavità la maggior parte delle antere».
Pelargonium zonale (Geraniacee). — Quasi sterile; una pianta produsse due frutti. È probabile che le sue varietà differiscano a questo riguardo, perchè alcune non sono che leggermente dicogame.
Dianthus Caryophyllus (Cariofillee). — Produsse pochissime capsule contenenti qualche buon seme.
Phaseolus multiflorus (Leguminose). — Le piante protette dagli insetti produssero in due casi 1/3 o 1/8 della totalità dei grani (vedi il mio articolo nella Cronaca dei giardinieri, 1857, pag. 225 e 1858, p. 828; Annali e magazzino di storia naturale, terza serie, vol. ii, 1858, p. 168). Il dott. Ogle (Rivista della Scienza popolare, 1870, p. 168) ha trovato che le piante coperte restano affatto sterili. Nel Nicaragua le piante non sono visitate dagli insetti, e secondo il sig. Belt, la specie è colà affatto sterile (Il naturalista al Nicaragua, pag. 70).
Vicia Faba (Leguminose). — Diciassette piante coperte produssero quaranta fave, mentre diciassette scoperte ne produssero centotrentacinque; cioè tre o quattro volte di più (Per le particolarità, vedi la Cronaca dei giardinieri, 1858, pag. 828).
Erythrina sp. (?) (Leguminose). — W. Mac Arthur mi ha riferito che nella Nuova Galles del Sud (Australia), i fiori non producono semi, se i petali non vengono agitati come li agitano gli insetti.
Lathyrus grandiflorus (Leguminose). — Nel nostro paese è più o meno fertile. Egli non produce baccelli se i fiori non ne vengono visitati dagli insetti, ciò che avviene di rado, o non siano artificialmente fecondati (vedi il mio articolo nella Cronaca dei giardinieri, 1856, pag. 828).
Sarothamnus scoparius (Leguminose). — Affatto sterile senza la cooperazione delle api, o se non venga agitato dal vento e confricato col velo che lo copre.
Melilotus officinalis (Leguminose). — Una pianta vegetante allo scoperto, visitata dagli insetti, produsse almeno trenta volte più semi che una ricoperta. In questa ultima pianta moltissimi ramoscelli non produssero un solo baccello; altri non ne diedero che uno o due; cinque, solo tre; sei, quattro, e uno solo dieci. Sopra una pianta scoperta ciascuno dei molti ramoscelli produsse quindici baccelli; nove ne diedero da sedici a ventidue; uno ne produsse trenta.
Lotus corniculatus (Leguminose). — Parecchie piante coperte non produssero che due baccelli vuoti e nessun buon seme.
Trifolium repens (Leguminose). — Si protessero molte piante dagli insetti, e i semi di dieci infiorescenze che ne provennero furono contate, come quelli di dieci infiorescenze di altre piante vegetanti allo scoperto. I semi di queste ultime piante furono circa dieci volte più numerosi che quelli delle piante coperte. L’anno dopo rinnovai l’esperienza; venti infiorescenze coperte diedero un solo seme abortito, mentre che venti infiorescenze di piante scoperte circostanti, visitate dagli insetti, diedero duemila duecentonovanta semi; numero ottenuto pesando la totalità dei grani, dopo aver contati i semi di due baccelli (grammi 0,13).
Trifolium pratense. — Un centinaio di infiorescenze coperte non produsse un solo seme, mentre che le infiorescenze vicine visitate dagli insetti diedero in peso 4 grammi e 32 di semi. Ora siccome ottanta semi pesavano grammi 0,13, le cento infiorescenze dovevano avere duemila settecentoventi semi. Ho molte volte osservata questa pianta e non ho mai visto che le api ne succhiassero i fiori, se non lateralmente a traverso le aperture fatte dai calabroni o profondamente al disopra dei fiori, come se cercassero qualche secrezione del calice, quasi nel modo stesso che lo ha descritto Farrer nel caso della Coronilla (Nature, 1874, 2 luglio, p. 169). Devo tuttavia eccettuare una circostanza in cui essendosi falciato un campo di trifoglio (Hedysarum onobrychis) le api vicine parevano prese dalla disperazione. I fiori del trifoglio furono quasi tutti disseccati. Essi contenevano una grande quantità di nèttare che le api potevano succhiare. Un apicultore esperto, il signor Miner, dice che agli Stati Uniti non succhiano mai il trifoglio rosso, e M. Colgate mi dice che ha osservato lo stesso nella Nuova Zelanda, dopo l’introduzione delle api in quell’isola. D’altra parte H. Müller (Befruchtung, p. 224) ha visto sovente in Germania che le api visitavano questo fiore nel doppio scopo di raccogliere il polline e il nèttare; esse ottenevano quest’ultimo soltanto lambendone ad uno ad uno i petali. Ciò che è certo si è che i calabroni sono i principali agenti della fecondazione del trifoglio rosso-carmino.
Trifolium incarnatum. — Le infiorescenze contenenti dei semi maturi, sopra qualche pianta coperta o scoperta, sembravano egualmente belle, ma era una falsa apparenza. Sessanta infiorescenze scoperte produssero grammi 22,60 di semi, e sessanta coperte non ne produssero che grammi 4,09, e parecchi tra questi stentati e abortiti. Per cui i fiori che furono visitati dalle api produssero circa cinque o sei volte più semi di quelli protetti. Le piante coperte che non erano state smunte dalla fruttificazione, produssero una seconda fioritura abbondante, ciò che non fecero le scoperte.
Cytisus Laburnum (Leguminose). — Sette grappoli fiorali vicini a schiudersi furono involti in un gran sacco di velo, e non sembrò che ne soffrissero. Tre soli di loro produssero un solo baccello per ciascuno, e questi tre frutti contenevano uno, quattro e cinque semi. Per cui, un solo baccello, sui sette grappoli, conteneva la sua totalità di semi.
Cuphea purpurea (Litrariee). — Non produsse semi. Altri fiori della stessa pianta artificialmente fecondati sotto un velo, produssero semi.
Vinca major (Apocinee). È generalmente affatto sterile, ma produce talvolta dei semi, quando è artificialmente incrociata (vedi la mia memoria nella Cronaca dei giardinieri, 1861, p. 552).
Vinca rosea. Come sopra. — (Cronaca dei giardinieri, 1861, pag. 699-736-831).
Tabernaemontana echinata (Apocinee). –– Affatto sterile.
Petunia violacea (Solanee). — Completamente sterile, per quanto io ho osservato.
Solanum tuberosum (Solanee). — Tinzmann dice (Cronaca dei giardinieri, 1846, p. 183) che qualche varietà è affatto sterile, se non viene fecondata con un’altra varietà.
Primula scotica (Primulacee). — Specie non dimorfa che è fertile col proprio suo polline, ma che è affatto sterile senza l’intervento degli insetti (J. Scott, nel Giornale della Soc. bot. Linn., vol. viii, 1864, p. 119).
Cortusa Matthioli (Primulacee). — Le piante coperte sono affatto sterili; i fiori artificialmente autofecondati sono affatto fertili (J. Scott, ibid., p. 84).
Cyclamen persicum (Primulacee). — Per tutta una stagione le piante coperte non produssero un solo seme.
Borrago officinalis (Borragine). — Le piante coperte produssero metà semi delle scoperte.
Salvia Tenori (Labiate). –– Affatto sterile, ma due o tre fiori al sommo delle infioscenze che toccavano il velo che le proteggeva, quando il vento soffiava produssero alcuni semi. Questa sterilità non era da attribuirsi agli effetti dannosi dell’inviluppo, perocchè io fecondai cinque fiori col polline d’una pianta vicina, ed essi produssero tutti dei bei semi. Io tolsi il velo mentre un piccolo ramo aveva ancora dei fiori non del tutto avvizziti; essi furono visitati dagli insetti e produssero semi.
Salvia coccinea. Alcune piante coperte produssero numerosi e buoni frutti, ma il loro numero, credo, fu di metà inferiore a quello delle scoperte; ventotto dei tetracheni prodotti spontaneamente dalla pianta protetta contenevano in media soltanto 1,45 semi, mentre che alcuni frutti artificialmente autofecondati nella stessa pianta ne contenevano più del doppio, cioè 3,3.
Bignonia, specie indeterminata (Bignoniacee). — Affatto sterile (vedi la mia memoria sulle piante autosterili).
Digitalis purpurea (Scrofularinee). — Molto sterile, produce tuttavia qualche rara e poverissima capsula.
Linaria vulgaris (Scrofularinee). — Affatto sterile.
Antirrhinum majus, var. rossa (Scrofularinee). — Cinquanta capsule raccolte da una gran pianta coperta d’un velo contenevano in peso grammi 0,637 di semi, ma molti dei cinquanta frutti non contenevano alcun seme. Altre cinquanta capsule d’una pianta esposta alla visita dei calabroni conteneva grammi 1,50 di semi, cioè più del doppio, ma molte anche di queste capsule non contenevano semi.
Antirrhinum majus (varietà bianca colla gola della corolla colorata in rosa). Cinquanta capsule (delle quali pochissime erano vuote) prese da una gran pianta ricoperta contenevano un peso di grammi 1,30 di semi; per cui questa varietà sembra essere molto più autofertile della precedente. Secondo il dottor Ogle (Rev. de la sc. pop., genn. 1870, p. 52), una pianta di questa specie fu assai più sterile dopo l’esclusione degli insetti, che io non abbia osservato, perchè essa produsse soltanto due piccole capsule. — Per convalidare l’azione fecondante delle api, io posso aggiungere che il signor Croker avendo lasciati allo scoperto dei fiori antecedentemente evirati, essi produssero tanti fiori quanti quelli che non furono mutilati.
A. majus (varietà peloriata). — Questa è completamente fertile se fecondata ad arte col suo proprio polline, ma, lasciata a se stessa e coperta, è affatto sterile, perchè i calabroni non possono penetrare nella stretta apertura tubulare dei fiori.
Verbascum phoeniceum (Scrofularinee). — Affatto sterile (vedi la mia memoria sulle piante autosterili).
Verbascum nigrum. — Affatto sterile.
Campanula carpathica (Campanulacee). — Affatto sterile.
Lobelia ramosa (Lobeliacee). — Affatto sterile.
L. fulgens. — Questa pianta non fu mai visitata dalle api nel mio giardino, e fu sempre sterile; ma in una ortaglia a qualche miglio di distanza, la vidi frequentata dai calabroni, e produsse qualche capsula.
Isotoma, varietà a fiori bianchi (Lobeliacee). — Cinque piante lasciate allo scoperto nella mia serra produssero ventiquattro belle capsule, contenenti in tutte grammi 0,76 di semi, e tredici altre capsule poverissime che furono gettate. — Cinque protette dagli insetti, ma d’altronde esposte alle suddette condizioni, produssero sedici belle capsule, e venti altre che furono escluse. Le sedici belle capsule contenevano una tale proporzione di grani, che ventiquattro avrebbero dato un peso di grammi 0,30. Per cui le piante scoperte diedero quasi un triplo (in peso) di semi delle piante coperte.
Leschenaultia formosa (Goodeniacee). — Affatto sterile. Le mie esperienze sopra questa pianta, mostranti la necessità dell’intervento degli insetti, sono riferite nella Cronaca dei giardinieri, 1871, p. 1166.
Senecio cruentus (Composite). — Affatto sterile (vedi il mio lavoro sulle piante autofertili).
Heterocentron mexicanum (Melastomacee). — Affatto sterile, ma questa specie e le altre di questo gruppo fruttificano se fecondate artificialmente.
Rhexia glandulosa (Melastomacee). — Produce spontaneamente solo due o tre capsule.
Centradenia floribunda. –– In qualche anno ha prodotto spontaneamente due o tre capsule; in alcuni altri nessuna.
Pleroma (specie indeterminata di Kew). — Produsse spontaneamente per qualche anno due o tre capsule, talvolta nessuna.
Monochoetum ensiferum (Melastomacee). — Per qualche anno produsse spontaneamente due o tre capsule, qualche altra volta nessuna.
Hedychium, specie indeterminata (Marantacee). — Quasi autosterile se non viene ad arte fecondata.
Orchis. — Una massima quantità delle specie di questo genere è sterile senza l’intervento degli insetti.
Lista delle piante che, protette dagli insetti, sono o completamente fertili, o dànno più della metà del numero totale dei semi prodotti dalle piante non protette.
Passiflora gracilis (Passifloree). — Produce molti frutti contenenti meno grani che quelli delle piante inter-crociate.
Brassica oleracea (Crucifere). — Produce molte silique ma meno ricche di semi che quelle delle piante coperte.
Raphanus sativus. — La metà d’una grande pianta ramosa, coperta d’un velo, produsse la stessa gran quantità di silique che l’altra metà non coperta. Ma venti di queste ultime contenevano una media di 3,5 semi, mentre che venti delle prime ne contenevano solo 1,85, cioè circa la metà. Questa pianta sarebbe stata forse meglio ascritta alla prima lista.
Iberis umbellata. — Molto fertile.
Iberis amara. — Molto fertile.
Reseda odorata e lutea (Resedacee). — Certi individui sono affatto autofertili.
Euryale ferox (Ninfeacee). — Il prof. Caspary mi informa che questa pianta è per se stessa affatto fertile, senza l’intervento degli insetti. Egli osserva nella sua nota citata, che questa pianta, come la Victoria regia, produce un solo fiore alla stagione, e che siccome questa specie è annuale e fu introdotta nel 1809, dev’essere stata autofecondata per le cinquantasei ultime generazioni. Ma il dott. Hooker mi assicura, che, per quanto egli sa, questa pianta è stata introdotta a più riprese, e che a Kew le stesse piante Euryale e Victoria producono più fiori nello stesso tempo.
Nymphaea. — Qualche specie, come mi informa il prof. Caspary, è completamente autofertile senza bisogno dell’intervento degli insetti.
Adonis aestivalis (Ranunculacee). — Produce, secondo il prof. H. Hoffmann (Speciesfrage, p. 11), molti semi, senza l’intervento degli insetti.
Ranunculus acris. — Produce molti semi sotto un velo.
Papaver somniferum (Papaveracee). — Trenta capsule prese da piante scoperte ci diedero grammi 1,01 di semi, e trenta capsule di piante coperte vegetanti nella stessa aiuola ne diedero grammi 1,07; queste furono dunque più produttive delle prime. Il prof. Hoffmann ha pure trovato (Speciesfrage, 1875, p. 53) che questa specie è autofertile, quand’è protetta dagl’insetti.
P. vagum. — Produsse alla fine d’estate molti semi che germinarono male.
Secondo Hildebrand (Jahrbuch für w. Botanik, B. xii p. 466) i fiori spontaneamente autofecondati non sono punto sterili. |
Adlumia cirrhosa (Fumariacee). –– Dà molte capsule.
Hypecoum procumbens. — Hildebrand dice (ibidem), parlando dei fiori coperti, che «eine gute Fruchtbildung eintrete» ne venne una buona fruttificazione.
Fumaria officinalis. — Le piante coperte e scoperte diedero in apparenza un egual numero di capsule, e i semi delle prime parevano egualmente buoni. Io osservai questa pianta come Hildebrand, e non ho mai visto che gli insetti ne visitassero i fiori. H. Müller stupì anch’egli di ciò, sebbene qualche rara volta vi avesse vedute le api. I fiori sono forse frequentati da piccole farfalline, e lo stesso forse avverrà colle specie seguenti.
Fumaria capreolata. — Molte grandi aiuole di queste piante vegetanti allo stato selvatico furono da me per più giorni osservate, ma nessun insetto ne visitò i fiori, e solo un’ape ronzò all’intorno per esaminarli. Tuttavia siccome i ricettacoli del nèttare ne contengono molto, specialmente la sera, io mi persuasi che fossero visitati dalle farfalline. I petali non si aprono nè si separano naturalmente, pure erano socchiusi in un dato numero di fiori, nel modo stesso che avverrebbe introducendo una grossa setola nel nettario, in modo che questa pianta rassomiglia in questo alla Corydalis lutea. Esaminai trentaquattro infiorescenze cariche di fiori, e venti di queste avevano da uno a quattro fiori così aperti, mentre quattordici non ne avevano alcuno (così aperto). È chiaro adunque che qualcheduno di questi fiori era stato visitato dagli insetti, mentre la maggiorità non lo era stata. — Tuttavia la maggior parte produssero capsule.
Linum usitatissimum (Linacee). — Sembrò affatto fertile (H. Hoffmann, Bot. Zeitung, 1876, p. 566).
Impatiens barbigera (Balsaminee). — I fiori, sebbene perfettamente adatti alla fecondazione incrociata col mezzo delle api che li visitano, fruttificano abbondantemente anche sotto un velo.
I. noli me tangere. — Questa specie produce fiori cleistogeni e fiori perfetti. Copersi una pianta con un velo, e alcuni fiori perfetti contrassegnati con un filo, produssero undici capsule spontaneamente autofecondate che contenevano in media 3,45 semi. Io non presi nota del numero dei grani prodotti da fiori perfetti visitati dagli insetti, ma io credo che non oltrepassassero questo numero. A. Bennett ha descritto accuratamente la struttura dei fiori dell’I. fulva, nel Giornale della Soc. linn., vol. xiii, Boll. 1872, p. 147. Questa ultima specie è indicata come autosterile (Cronaca dei giardinieri, 1868, p. 1286), e se tale è, è molto diversa dall’Impatiens barbigera, e noli me tangere.98
Limnanthes Douglasii (Geraniacee). — Molto fertile.
Viscaria oculata (Cariofillee). — Produce molte capsule contenenti buoni semi.
Stellaria media. — Le piante coperte e scoperte produssero un egual numero di capsule e di semi, che nei due casi parvero egualmente buoni.
Beta vulgaris (Chenopodiacee). — Moltissimo autofertile.
Vicia sativa (Leguminose). — Piante coperte e scoperte produssero un egual numero di baccelli e semi egualmente belli. — Se vi fu qualche superiorità, essa fu ottenuta dalle piante coperte.
V. hirsuta. — Questa specie ha fiori più piccoli di tutte le leguminose dell’Inghilterra. I risultati ottenuti coprendo le piante furono gli stessi che nelle specie precedenti.
Pisum sativum. –– Affatto fertile.
Lathyrus odoratus. — Affatto fertile.
Lupinus luteus (Leguminose). — Affatto fertile.
Lupinus pilosus. — Produce molti baccelli.
Ononis minutissima (Leguminose). — Dodici fiori perfetti d’una pianta coperta furono contrassegnati col filo e produssero otto baccelli, contenenti in media 2,38 semi. I baccelli prodotti dai fiori visitati dagli insetti avrebbero forse contenuto in media 3,66 grani, se ne giudicassi dagli effetti della fecondazione incrociata artificiale.
Phaseolus vulgaris (Leguminose). — Affatto fertile.
Trifolium arvense (Leguminose). — I piccolissimi fiori ne sono sempre visitati dalle api e dai calabroni. Le infiorescenze, dalle quali si allontanarono gli insetti, pare producessero semi tanto belli, quanto quelli delle infiorescenze lasciate scoperte.
Trifolium procumbens. — In un caso le piante coperte produssero tanti semi quanti le scoperte. In un secondo sessanta infiorescenze scoperte diedero grammi 0,59 di semi, mentre che sessanta coperte non ne produssero meno di grammi 1,15. Ma suppongo tal caso accidentale. Io osservai molto questa pianta, e mai la vidi visitata dagli insetti, ma ho ragione di credere che i fiori di questa specie, e specialmente quelli del Trifolium minus, siano frequentati da piccole farfallette notturne, che, come nota Bond, sogliono visitare i trifogli più piccoli.
Medicago lupulina (Leguminose). — Per paura di perdere i semi, io ho dovuto raccogliere i baccelli prima che fossero completamente maturi. Cento cinquanta infiorescenze visitate dagli insetti, diedero dei baccelli che pesavano grammi 6,56, mentre che altre cento cinquanta coperte produssero baccelli per grammi 5. — Forse sarebbesi avuta una maggior differenza se i semi fossero stati completi. Ig. Urban (Keimung, Bluten ecc. bei Medicago, 1873) ha descritti i processi di fecondazione di questo genere, come fece il rev. G. Henslow, nel Giornale della Soc. Linn. Bot., vol. ix, 1866, pag. 327 e 335.
Nicotiana Tabacum (Solanee). — Affatto fertile.
Ipomaea purpurea (Convolvolacee). — Molto fertile per se stessa.
Leptosiphon androsaceus (Polemoniacee). — Le piante coperte da un velo produssero molte capsule.
Primula mollis (Primulacee). — Specie non dimorfa, fertile per se stessa. J. Scott, nel Giornale della Soc. Linn. Bot., vol. viii, 1864, p. 120.
Nolana prostrata (Nolanacee). — Le piante coperte produssero nella serra, semi il cui peso fu paragonato a quello dei semi di piante scoperte e visitate dalle api: questi pesi furono in proporzione di 100 a 61.
Ajuga reptans (Labiate). — Produce una grande quantità di semi, ma nessuna pianta collocata sotto un velo non produsse tanti grani quanti ne produssero molti piedi scoperti vegetanti in vicinanza.
Euphrasia officinalis (Scrofularinee). — Piante coperte diedero molti grani, ma non saprei se più o meno di quelle scoperte. Vidi due piccoli insetti ditteri (Dolichopus nigripennis e Empis chioptera) che succhiavano spesso i fiori. Quando vi penetravano, si fregavano contro i peli che ricoprono le antere e restavano coperti di polline.
Veronica agrestis. — Le piante coperte produssero molti semi. Non so se gli insetti ne frequentino i fiori; ma io ho osservato dei Syrfides spesso coperti di polline nel visitare i fiori di V. hederifolia e Chamoedris.
Mimulus lutreus. — Grandemente autofertile.
Calceolaria (varietà di serra). — Molto autofertile.
Verbascum Thapsus. — Molto autofertile.
V. Lychnitis. — Molto autofertile.
Vandellia nummularifolia. — I fiori perfetti producono molte capsule.
Bartsia Odontites. — Le piante coperte produssero moltissimi grani, ma molti fra loro disseccarono. Per cui il numero non fu così grande come quello delle piante scoperte, visitate dalle api e dai calabroni.
Specularia Speculum (Lobeliacee). — Le piante coperte produssero altrettanti frutti che le scoperte.
Lactuca sativa (Composite). — Le piante coperte produssero qualche seme, ma la state fu umida e sfavorevole.
Galium Aparine (Rubiacee). — Piante coperte e scoperte produssero egual numero di frutti.
Apium Petroselinum (Ombrellifere). — Le piante coperte furono, in apparenza, produttive quanto le scoperte.
Zea Mais (Graminacee). — Una sola pianta nella serra produsse molti semi.
Canna Warscewiczii (Marantacee). — Molto fertile per se stessa.
Orchidee. — In Europa l’Ophrys apifera è regolarmente autofecondata come ogni fiore cleistogeno. Negli Stati Uniti, nel Sud dell’Africa e in Australia, ne esistono delle specie perfettamente autofertili. — Tali numerosi casi sono riferiti nella seconda edizione del mio libro sulla Fecondazione delle Orchidee.
Allium Coepa, var. a fiori rossi (Liliacee). — Quattro infiorescenze furono coperte da un velo, e produssero capsule un po’ più piccole e meno numerose che quelle delle infiorescenze scoperte. — Contai le capsule d’una infiorescenza scoperta e le trovai duecento ottantanove, mentre quelle d’una bella infiorescenza coperta da un velo furono soltanto cento novantanove.
Ognuna di queste due liste contiene, per un accidente qualunque, un egual numero di generi, cioè quarantanove. I generi della prima lista contengono sessantacinque specie e quelli della seconda sessanta, essendosi escluse le Orchidee dall’una e dall’altra. Se i generi di quest’ultimo ordine, come le Asclepiadee e le Apocinee, vi si fossero incluse, il numero delle specie che sono sterili senza l’intervento degli insetti sarebbe stato notevolmente aumentato; ma queste liste si limitarono a quelle specie che furono assoggettate ad esperienza. I risultati devono considerarsi come approssimativamente esatti; poichè la fecondità è un carattere così variabile che ciascuna specie avrebbe dovuto essere esperimentata più e più volte. Il numero delle suddette specie (125) è ben piccolo in confronto della moltitudine di piante viventi; ma il semplice fatto che oltre la metà di esse restano sterili, quando gli insetti non v’intervengono, è dei più interessanti, poichè tutte le volte che il polline ha bisogno d’essere trasportato dalle antere sullo stigma per assicurare la completa fecondità, v’è almeno grande probabilità che avvenga la fecondazione incrociata. Io non dico che se tutte le piante si esperimentassero, e ne troverebbe la metà sterili (nei limiti indicati nelle liste) e ciò perchè, appunto per gli esperimenti, ho scelto fiori che presentavano una data struttura speciale, e che esigono spesso l’opera degli insetti. E in vero, sopra i quarantanove generi della prima lista, circa trentadue hanno fiori asimmetrici, o dotati di certe particolarità organiche, mentre che la seconda lista che contiene specie o completamente o in parte autofertili, circa ventun genere soltanto sopra i quarantanove sono asimmetrici, o dotati di qualche strana irregolarità.
Processo di fecondazione incrociata. — Gli insetti appartenenti agli ordini degli Imenotteri, Lepidotteri e Ditteri e, in qualche parte del mondo, gli uccelli sono i principali trasportatori del polline dalle antere allo stigma nello stesso fiore o di fiore in fiore.99 Il vento ha pure in questo una simile importanza, ma però minore, e per qualche pianta acquatica, secondo Delpino, anche le correnti d’acqua cooperano. Il semplice fatto, che in molti casi v’è bisogno d’un fattore estraneo per assicurare il trasporto del polline, e le molte combinazioni impiegate dalla natura a questo scopo, rendono probabilissimo che col loro mezzo si ottengano grandi benefizi, e tale conclusione è convalidata dalla nota superiorità in isviluppo, in vigore e in fecondità delle piante d’una parentela incrociata, sopra quelle di origine autofecondata. Ma noi non dobbiamo dimenticare che due scopi, per così dire opposti, si devono raggiungere; il primo e più importante è la produzione dei semi con ogni mezzo possibile; il secondo, la fecondazione incrociata.
I vantaggi che apporta un incrocio mettono molto in rilievo i principali caratteri dei fiori. Per esso noi otteniamo le loro grandi dimensioni, i loro splendidi colori e talvolta le tinte vivaci delle parti accessorie, come il peduncolo, ecc. In tal modo essi attirano realmente l’attenzione degli insetti, e ciò per lo stesso principio che fa sì che quasi ogni frutto che deve servir di pasto agli uccelli offra un colore che contrasta col verde delle foglie, affinchè esso possa venir distinto, e i suoi semi largamente diffusi. In molti fiori la bellezza va a scapito degli stessi organi riproduttori, come nei flosculi di molte Composite, i fiori esteriori della Hydrangea e i fiori terminali della spica del Muscari. V’è pure ragione di credere (ed era opinione di Sprengel) che i fiori differiscano di colore, secondo le specie d’insetti che devono frequentarli.
E non è soltanto il colore vivace dei fiori che suol attirare gli insetti, ma ancora le strie e le fascie di color carico che si veggono spesso, e il cui scopo, secondo credeva Sprengel, sarebbe quello di condurli al nèttare. Queste macchie seguono i vasi nei petali o ne occupano gli intervalli. Esse possono o predominare sopra un petalo solo o su tutti, superiori e inferiori (uno o più eccettuati); esse possono ancora formar un anello di color carico nel tubo della corolla, o concentrarsi sui bordi d’un fiore irregolare. Nelle varietà bianche di più fiori, come Digitalis purpurea, Antirrhinum majus, molte specie di Dianthus, Phlox, Myosotis, Rhododendron, Pelargonium, Primula e Petunia le macchie si conservano generalmente, sebbene il resto della corolla sia diventato tutto bianco; ma tale conservazione è dovuta a ciò che il loro colore, essendo più intenso, più difficilmente scomparisce. La funzione di guide, che, secondo Sprengel, avevano le strie, io credetti per molto tempo che fosse immaginaria, perchè gli insetti senza questo aiuto scoprono benissimo il nèttare e praticano delle aperture laterali per trovarlo. Esse trovano pure le piccole ghiandole nettarifere delle stipule e delle foglie in certe piante. Del resto, alcuni fiori, come certi papaveri, sebbene non nettariferi, hanno queste strie conduttrici; ma noi possiamo anche ammettere che alcune piante conservino le traccie d’un loro primo stato nettarifero. D’altra parte le strie sono molto più comuni nei fiori asimmetrici, la cui entrata potrebbe imbarazzare gli insetti, più che nei fiori regolari. John Lubbock ha provato100 che le api distinguono perfettamente i colori e ch’esse perdono molto tempo quando la posizione del nèttare ch’esse hanno una volta trovato, viene cambiata, sia pure di pochissimo. Mi pare che questi differenti casi sono la prova migliore che lo sviluppo di queste macchie è realmente in relazione a quello del nèttare. I due petali superiori del Pelargonium commune sono pure marcati alla loro base, ed io ho più volte osservato, che quando i fiori variano in modo da diventare peloriati o regolari essi perdono il loro nèttare e nel tempo stesso le loro macchie di color carico. Queste macchie adunque e le cellule del nèttare sono evidentemente in intima connessione fra loro, e il miglior raziocinio in proposito si è ch’essi si sviluppino simultaneamente con uno scopo speciale, la cui unica giustificazione è che le strie servano di guida verso il nèttare. Dopo quanto si è detto, egli è del resto evidente, che gli insetti scoprirebbero molto bene il nèttare senza l’aiuto di queste strie direttrici. Esse servono alla pianta soltanto per aiutare questi animali a succhiare in un dato spazio di tempo un maggior numero di fiori che non potrebbero fare in altre condizioni; per tal modo v’è una maggiore facilità di fecondazione col polline d’una pianta distinta, e noi sappiamo già che l’incrocio ha una grande importanza.
Gli odori emanati dai fiori attirano gli insetti, come io osservai nelle piante coperte da un velo. Naegeli attaccò prima ai rami dei fiori artificiali cospersi di un’essenza odorosa, poi dei fiori naturali inodori, gl’insetti accorrevano senz’altro sui primi.101 I fiori sono rare volte odorosissimi e smaglianti ad un tempo, fra tutti i colori il bianco è il più diffuso, e i fiori bianchi sono ordinariamente più odorosi che quelli d’altro colore. Fra i bianchi 14,6 per cento sono odoriferi; tra i rossi 8,2 soltanto lo sono.102 Il fatto che una maggior proporzione di fiori bianchi è odorosa dipende in parte dal gran numero di quelli che per essere fecondati per mezzo delle farfalle esigono la coesistenza dell’odore e del colore per esser trovati nella oscurità. L’economia della natura è tale che il più gran numero di fiori fecondati per gli insetti crepuscolari o notturni odorano maggiormente o esclusivamente la sera. Parecchi fiori, del resto, che sono profumatissimi, devono a questa proprietà la loro fecondazione, come per esempio i vegetali a fioritura notturna (Hesperis e qualche specie di Daphne): queste ultime offrono il raro caso di essere fecondate dagli insetti, sebbene il colore dei loro fiori sia oscuro.
L’agglomeramento d’una quantità di nèttare in un fiore coperto influisce manifestamente sulle visite degli insetti. Lo stesso dicasi della posizione che occupano gli stami e i pistilli, sia in via stabile, sia nel periodo propizio per l’azione dei loro movimenti propri; poichè quando sono maturi questi organi si tengono costantemente sulla via che conduce al nèttare. La forma del nettario e delle parti accessorie si modifica pure secondo le varie specie degli insetti che devono visitare il fiore; questo fatto fu molto ben osservato da H. Müller, quando egli ha paragonato le specie della pianura, che sono particolarmente visitate dalle api, colle specie alpine dello stesso genere, che sono invece visitate dalle farfalle.103 I fiori possono pure essere ricercati da qualche specie d’insetto colla secrezione di un nèttare che li attrae in modo speciale, e che gli altri non curano. L’Epipactis latifolia presenta uno dei più notevoli casi di questo fatto, perch’essa è visitata soltanto dalle vespe. Vi sono anche certe strutture che, come quella dei peli della corolla della digitale, servono evidentemente ad escludere gli insetti incapaci di trasportare il polline da un fiore all’altro.104 Io non dirò niente dei meccanismi senza scopo conosciuto, come le ghiandole vischiose attaccate alle masse polliniche delle Orchidee e delle Asclepiadee, o la superficie liscia o scabra dei semi pollinici in molte piante, o ancora l’irritabilità dei loro stami allorchè sono toccati dagli insetti.105 Tutte queste disposizioni favoriscono ed anche assicurano la fecondazione incrociata.
Tutti i fiori sono ordinariamente aperti in modo che gli insetti possano aprirsi un varco nella loro corolla, e tuttavia parecchi di loro, come l’Antirrhinum, e molti fiori delle Papiglionacee e delle Fumariacee, sono apparentemente chiusi. Non può sostenersi che per esser fecondi abbiano bisogno d’esser aperti, perchè i fiori cleistogeni, sebbene affatto chiusi, producono una gran quantità di semi. Il polline contiene molte materie azotate e fosforo, che sono gli elementi più necessari per lo sviluppo dei vegetali; ma nei fiori maggiormente aperti una gran quantità di polline viene consumata dagli insetti che se ne nutrono, o dalle continue pioggia. In molte piante quest’ultimo danno è evitato, per quanto si può, dalla deiscenza delle antere, che avviene soltanto in tempo asciutto,106 dalla posizione e la forma di molti o di tutti i petali, dalla presenza dei peli, e, come lo dimostrò Kerner in una interessante esperienza,107 dai movimenti dei petali del fiore intiero nel tempo freddo ed umido. Allo scopo di compensare tante perdite del polline, le antere ne producono assai più che non occorra per fecondare un fiore. E son condotto a crederlo, per le mie esperienze sull’Ipomaea, riferite nella introduzione; ed è confermato meglio ancora dalla quantità straordinariamente piccola di polline che producono i fiori cleistogeni (che se la conservano tutta intera) paragonata all’abbondante quantità che ne producono i fiori aperti nella stessa pianta. E pure quella piccolissima quantità basta a fecondare i molti semi che contengono. Il signor Harssall si è pigliata la briga di contare i grani pollinici prodotti da un fiore di Leontodon, e ne trovò un totale di 243,600. Nella Peonia ne trovò 3,654,000.108 Il redattore del Botanical Register, dopo aver contati gli ovoli nei fiori della Wistaria sinensis, contò accuratamente i grani di polline e trovò che ne avevano 7000 per ciascun ovolo.109 Nella Mirabilis tre o quattro dei grossissimi grani di polline bastano a fecondare un ovolo, ma io non so come un fiore possa produrre questi grani. Nell’Hibiscus, Kölreuter trovò che 60 grani sono necessari per fecondare tutti gli ovoli di un fiore, ed egli ha calcolato che 4863 vengono prodotti da un sol fiore, cioè a dire ottantuna volta più di quanto occorre.110 Siccome noi vediamo con ciò che l’essere i fiori comunemente aperti, e la perdita considerevole di polline che ne deriva, esigono una straordinaria produzione di questa preziosa sostanza, noi possiamo chiederci perchè i fiori abbiano ad essere sempre aperti. Essendovi nel regno vegetale molte piante cleistogene, difficilmente si può mettere in dubbio che tutti i fiori aperti possano essere facilmente convertiti in fiori chiusi. I diversi gradi pei quali potrebbe effettuarsi questa trasformazione sono chiaramente visibili nel Lathyrus nissolia, Biophytum sensitivum e molti altri fiori. Rispondendo poi alla domanda che ci siam fatti, diremo: che nei fiori costantemente chiusi non vi potrebbe essere fecondazione incrociata.
La frequenza, per non dire la regolarità, con cui il polline viene dagli insetti trasportato di fiore in fiore e spesso a grandi distanze, merita d’essere considerata.111 Questo fatto è dimostrato ancora dalla impossibilità di ottenere due varietà pure della stessa specie, quando vegetano vicine fra loro; ma io parlerò presto di ciò, e dei numerosi casi di ibridi spontaneamente comparsi, sia nei giardini sia nello stato naturale. Quanto alla distanza che può percorrere il polline, noi possiam dire che nessun esperimentatore deve sperare di ottenere, per esempio, dei semi di cavolo puri, se una pianta di un’altra varietà si trova a due o trecento metri distante. Un accurato osservatore, il defunto Marters di Canterbury, mi assicurò che un’annata egli ebbe quasi tutta la sua raccolta di semi «infestata da un ibrido porpora» per l’influenza di qualche pianta di cavolo porpora che fioriva in un giardino del villaggio 800 metri distante: nessun’altra di tali piante vegetava nel vicinato.112 Ma il caso più notevole è quello riportato dal sig. Godron113 che ha dimostrato dai caratteri degli ibridi prodotti, che la Primula grandiflora dovette essere stata incrociata col polline della Primula officinalis, portato dalle api dalla distanza di circa 2 chilometri.
Tutti coloro che si sono molto occupati dell’ibridazione insistono sulla facilità che hanno i fiori evirati di essere fecondati dal polline di piante lontane della stessa specie.114 Il caso seguente dimostra tal fatto chiaramente. Gärtner, quando non aveva ancora esperienza, evirò e fecondò 520 fiori, presi da varie specie col polline di altri generi e d’altre specie e li lasciò poi liberi a se stessi; ma, come egli dice, gli venne la felice inspirazione che alcuni fiori della stessa specie vivevano a non meno di cinque o sei cento metri lontani.115 Ne risultò che 289 di questi 520 fiori non produssero semi, o che i semi prodotti non germogliarono. I semi di 29 fiori produssero ibridi, come potevasi aspettare dalla natura del polline impiegato; e finalmente i semi dei 202 fiori rimanenti produssero piante perfettamente legittime, per cui essi han dovuto essere fecondati dagli insetti che vi portarono il polline da una distanza di circa 500 a 600 metri.116 Può essere che qualcheduno di questi 202 fiori sia rimasto fecondato dal suo polline lasciatovi accidentalmente dopo la evirazione, ma per dimostrare come sia improbabile tale supposizione, devo aggiungere che Gärtner, per gli otto anni seguenti evirò 8042 fiori, li ibridizzò in una camera chiusa, e i semi di 70 soli fra essi (cioè meno dell’uno per cento) diedero una discendenza legittima e senza ibridi.117
Dai numerosi casi che abbiamo riportati, ne viene che i fiori sono ammirabilmente adatti per la fecondazione incrociata. Tuttavia il maggior numero di loro presenta delle disposizioni, le quali, sebbene meno notevoli, si manifestano però adatte all’autofecondazione. La principale fra queste è il loro stato di ermafroditismo, cioè a dire, l’inclusione nella stessa corolla dei due organi riproduttori, maschio e femmina. Essi sono spesso vicinissimi e maturano simultaneamente, in modo che il polline dello stesso fiore non può non essere deposto sullo stigma nel momento favorevole. Vi sono pure molte particolarità nella struttura, fatte allo scopo di facilitare l’autofecondazione.118 Queste disposizioni sono molto evidenti nel curioso caso scoperto da H. Müller, in cui una specie esiste sotto due forme, l’una avente dei fiori fatti per l’incrocio, l’altra dei piccoli fiori adatti all’autofecondazione e provveduti di più parti leggermente modificate a tale scopo.119
Siccome i due risultati quasi in tutto opposti (incrociamento ed autofecondazione) devono essere in più casi raggiunti, noi possiamo intendere la coesistenza constatata di un sì gran numero di fiori, che, a prima vista, sembrano di una complicazione inutile e di opposta natura. Possiamo anche spiegare il grande contrasto che esiste nella struttura dei fiori cleistogeni, che sono adatti esclusivamente all’autofecondazione, e i fiori comuni della stessa pianta, che sono disposti ad approfittare, ad ogni menoma occasione, della fecondazione incrociata.120 I primi sono sempre piccoli, affatto chiusi e muniti di petali più o meno rudimentali a colori sbiaditi; essi non secernono nèttare; non sono odoriferi, hanno piccole antere; producono soltanto qualche grano di polline, ed hanno gli stigmi piccolissimi. Se noi ci ricordiamo che molti di questi fiori sono incrociati per l’azione del vento (Delpino li chiama anemofili) ed altri per quella degli insetti (entomofili), noi possiamo comprendere (come ho detto molti anni or sono) il grande contrasto apparente fra queste due classi di fiori. I fiori anemofili, che somigliano in parte ai cleistogeni, differiscono molto da questi nel non essere chiusi, nella grande quantità di polline non coerente, che producono, e nel loro stigma, che è spesso più sviluppato e peloso. Noi dobbiamo la bellezza e il colore dei nostri fiori, e il grande prodotto di nèttare, all’esistenza degli insetti.121
Delle relazioni fra la struttura e la bellezza dei fiori; fra l’intervento degli insetti e i vantaggi della fecondazione incrociata.
È stato già dimostrato che non esiste alcuna stretta relazione fra il numero dei semi prodotti dai fiori, sia dopo l’incrocio che dopo l’autofecondazione, e il grado d’influenza che subisce la loro discendenza dopo questi due processi. Ho pure detta la ragione che induce a credere che la inefficacia del polline proprio di una pianta sia quasi sempre un risultato accidentale e non stabilito allo scopo di prevenire l’autofecondazione. D’altra parte non si può mettere in dubbio che la dicogamia (che prevale, secondo Hildebrand,122 nella maggior parte delle specie), la condizione eterostilea di certe piante, e molte altre disposizioni meccaniche, non siano state fatte per contrastare l’autofecondazione e favorire l’incrociamento. I mezzi per proteggere la fecondazione incrociata devono essere stati stabiliti prima di quelli che prevengono l’autofecondazione, perchè sarebbe evidentemente dannoso ad una pianta che il suo stigma non potesse ricevere il proprio polline, a meno che essa non fosse già preparata a ricevere quello d’un altro individuo. È bene avvertire che molte piante posseggono ancora una forte capacità di autofecondarsi, quantunque i loro fiori siano molto ben costrutti per l’incrociamento, come per esempio quelli di parecchie specie di Papiglionacee.
Si può ammettere quasi con certezza che molte disposizioni, come un nettario stretto e lungo, o una corolla a tubo lungo, siano fatti per permettere solo a certe specie d’insetti di raggiungere il nèttare. Questi trovano così la loro provvista garantita dagli altri insetti, e perciò sono indotti a frequentare questi fiori e trasportarne il nèttare dall’uno all’altro.123 Si potrebbe forse aspettare che le piante le quali producono tali fiori di struttura particolare approfittassero largamente dell’incrocio più che i fiori ordinari e semplici, ma pare che non sia così. Il Tropaeolum minus possiede, per esempio, un lungo nettario e una corolla irregolare, mentre invece il Limnanthes Douglasii ha un fiore regolare senza nettario proprio; e tuttavia le pianticine incrociate di queste due specie stanno, in altezza, alle autofecondate come 100 a 79. La Salvia coccinea ha una corolla irregolare e provveduta d’una curiosa disposizione, che permette agl’insetti di deprimere gli stami, mentre i fiori dell’Ipomaea sono regolari, e le pianticine dei primi stanno, in altezza, alle autofecondate come 100 a 76, mentre quelle dell’Ipomaea stanno nella proporzione di 100 a 77. La Saggina è dimorfa, e l’Anagallis collina non lo è, e le pianticine derivate da queste due piante stanno in proporzione di altezza come 100 a 69.
Nelle piante europee, ad eccezione delle specie anemofile, relativamente rare, la possibilità dell’inter-crociamento fra due piante distinte dipende dall’intervento degli insetti, e H. Müller ha provato colle sue importanti esperienze che i fiori grandi e belli sono visitati maggiormente che i piccoli dagli insetti.124 — Di più egli invita ad osservare che i fiori raramente visitati dagli insetti devono essere capaci d’autofecondazione sotto pena di estinguersi in breve.125 Vi è, del resto, pericolo di incorrere in qualche errore se si vuole emettere un giudizio su tale argomento, perchè è difficilissimo assicurarsi che i fiori che non sono mai, o quasi mai, visitati durante il giorno (come la Fumaria capreolata), non ricevano poi l’intervento dei piccoli Lepidotteri notturni, che sono molto attirati dai liquidi inzuccherati.126 Le due liste esposte nella prima parte di questo capitolo affermano la conclusione di Müller, che, cioè, i fiori piccoli ed oscuri sono completamente fecondi per se stessi, perchè otto o nove specie soltanto, sopra le centoventicinque contenute nelle liste, cadono su questa classe, e tutte furono trovate feconde senza l’intervento degli insetti. I singolari fiori oscuri dell’Ophrys muscifera, come ho altrove dimostrato, sono di rado visitati dagli insetti, ed è uno strano esempio di imperfezione (contraddittorio alla suesposta regola) il veder questi fiori infecondi per se stessi, al punto che molti di loro non producono semi. L’inverso di questa proposizione, che, cioè, le piante grandi e belle siano autosterili, è assai lontano dal vero, come possiamo vedere esaminando la nostra seconda lista di specie spontaneamente autosterili. Questa lista contiene, effettivamente, delle specie, come l’Ipomaea purpurea, Adonis aestivalis, Verbascum Thapsus, Pisum sativum, Lathyrus odoratus, qualche specie di Papavero, di Ninfea ed altre.
Se i piccoli fiori sono raramente frequentati dagli insetti, ciò non dipende dal loro colore oscuro, ma dalla mancanza di speciale attrattiva; ad esempio i fiori del Trifolium arvense, quantunque piccolissimi, sono sempre visitati dalle api e dai calabroni, come i piccoli ed oscuri fioretti dell’Asparago. I fiori di Linaria cymbalaria sono piccoli e cupi, eppure a tempo opportuno sono spesso visitati dalle api. Devo aggiungere, secondo il signor Bennett,127 che esiste un’altra classe distintissima di piante che non possono essere spesso visitate dagli insetti, perchè fioriscono sovente ed anche esclusivamente in inverno, e sembrano allora adatte all’autofecondazione, perchè il loro polline cade prima che i fiori siano dischiusi.
Che la bellezza dei fiori guidi in parte gl’insetti è probabilissimo e direi certo; ma si può chiedere in tal caso, se gli altri fiori siano oscuri per non essere frequentati dagli insetti, o per aver mantenuto invece la loro primitiva condizione. Se una pianta diventasse piccolissima, è probabile che lo stesso avverrebbe dei suoi fiori per correlazione di sviluppo. Ma le dimensioni ed il colore della corolla sono di carattere variabilissimo, ed è difficile mettere in dubbio che se la bellezza e la grandezza dei fiori fossero di qualche vantaggio per una specie, queste qualità si sarebbero naturalmente sviluppate in breve, come ciò avviene realmente nelle piante alpine. I fiori papiglionacei sono manifestamente costruiti per la visita degli insetti, e sembra improbabile, secondo i caratteri ordinari del gruppo, che i progenitori del genere Vicia e Trifolium abbiano prodotto fiori così piccoli e così privi di attrattiva come quelli della Vicia hirsuta e del T. procumbens. Possiamo adunque conchiudere, che parecchie piante, o non hanno aumentato la dimensione dei loro fiori, o l’hanno impicciolita per un dato scopo, in modo che sono ora pochissimo frequentati dagli insetti. Nell’uno o nell’altro caso, esse hanno così acquistato o ritenuto un alto grado di fecondità.
Se per una ragione qualunque, fu vantaggioso per una specie l’aumentare la sua capacità d’autofecondazione, sarebbe assai facile l’ammettere che tale proprietà può essere in breve ottenuta. Di fatto, nel corso delle mie esperienze, mi si presentarono tre casi di piante, che variarono in modo da diventare più feconde col loro proprio polline che non lo fossero in origine. Ciò avvenne nell’Ipomaea, nel Mimulus e nella Nicotiana. Non v’è ragione di dubitare che parecchie specie di piante, siano capaci, in buone circostanze, di propagarsi da sole per l’autofecondazione, o per più generazioni. Tale è il caso delle varietà di Pisum sativum, del Lathyrus odoratus, coltivati in Inghilterra, e dell’Ophrys apifera, ed altre piante viventi allo stato naturale. Nondimeno la maggior parte di queste piante o forse tutte, hanno in sè alcune speciali disposizioni che non possono essere utilizzate in altro che nella fecondazione incrociata. Noi abbiamo, è vero, ragione di supporre che l’autofecondazione sia specialmente vantaggiosa per qualche pianta, ma se tale è il fatto, i vantaggi da essa ottenuti sono più che compensati dall’incrocio con un ceppo nuovo, o con una varietà un po’ differente.
Malgrado le molte considerazioni che abbiamo esposte, mi sembra affatto improbabile che le piante a fiori piccoli ed oscuri siano state autofecondate per una lunga serie di generazioni, o continuino ad esserlo. Io sono condotto a creder così, non considerando il danno manifesto che produce l’autofecondazione (in qualche caso anche dopo la prima generazione, come nella Viola tricolor, Sarothamnus, Nemophila, Cyclamen, ecc.), nè per la probabilità che questo danno aumenti dopo varie generazioni (perchè non ha potuto aver risultati in tale argomento in causa del metodo abbracciato); ma se le piante a fiori piccoli e oscuri non fossero state accidentalmente incrociate, o non dovessero approfittare di tal processo di fecondazione, tutti i loro fiori sarebbero diventati cleistogeni, perchè essi sarebbero stati molto favoriti da tal fatto, non avendo a produrre che una piccola quantità di polline, garantito con sicurezza. Per arrivare a questa conclusione io fui guidato dalla frequenza con cui le piante di ordini diversi diventano cleistogene, ma io non conosco alcuna specie i cui fiori tutti lo sarebbero costantemente. Il Leersia, più che tutti si avvicina a questo stato, ma, come ho detto, è noto che questa pianta produce dei fiori perfetti in alcune piante della Germania. Molte altre piante della classe delle cleistogene, per esempio l’Aspicarpa, in una serra calda, è rimasta più anni senza produrre fiori perfetti, ma ciò non vuol dire che lo stesso farebbe nel suo paese natale, appunto come la Vandellia, che non mi diede fiori cleistogeni se non in qualche anno. Le piante di tal classe hanno comunemente, ogni stagione, le due specie di fiori, ed i fiori perfetti di Viola canina danno belle capsule, ma solo quando sono visitati dagli insetti. Noi abbiamo veduto che le pianticine di Ononis minutissima, ottenute da fiori perfetti, fecondati col polline di un’altra pianta, furono più belli che quelli nati dai fiori autofecondati, e così fu, in una data proporzione, della Vandellia. Per cui, siccome non v’è esempio che una specie, avente, al suo momento opportuno, fiori piccoli e oscuri, li abbia trasformati in cleistogeni, io credo che le piante le quali hanno attualmente fiori piccini e cupi, restino accidentalmente inter-crociate dagli insetti nel momento che si aprono i loro fiori. Ho a lamentare un vuoto in questo mio lavoro, per non aver fatte esperienze sopra questi fiori, in causa della difficoltà di fecondarli, e dall’aver io allora ignorato l’importanza dell’argomento.128
Devo ricordare che in due dei casi, in cui comparvero tra le mie piante esperimentate, delle varietà fertilissime per se stesse, come nel Mimulus e nella Nicotiana, tali varietà approfittarono molto di un incrocio con un nuovo ceppo o con una varietà leggermente differente; lo stesso avvenne nelle varietà coltivate di Pisum sativum e Lathyrus odoratus, che sono stati lungamente propagati per autofecondazione. Per cui, fino a prova contraria, bisogna considerare come regola generale, che i piccoli fiori e oscuri, vengono talvolta incrociati dagli insetti, e che se dopo un’autofecondazione a lungo continuata, essi sono incrociati col polline derivato da una pianta vegetante in condizioni un po’ diverse, la loro discendenza deve sentirne molto vantaggio. Nell’attualità delle nostre conoscenze, è impossibile ammettere che l’autofecondazione continuata per più generazioni successive sia sempre il modo migliore di riproduzione.
Mezzi che assicurano o favoriscono la fecondazione dei fiori con un polline distinto. — Noi abbiamo veduto quattro casi nei quali alcune pianticine ottenute da un incrocio tra fiori della stessa pianta, od anche di piante quasi distinte, perchè derivate dalla propagazione per stoloni o barbicelle, non furono affatto superiori alle pianticine nate da fiori autofecondati. In questo caso (Digitalis) ebbero solo una leggera superiorità. Noi potremmo dunque aspettarci di vedere nelle piante viventi allo stato naturale, non soltanto un incrocio tra fiori della stessa pianta, ma anche tra fiori d’individui distinti, effettuarsi d’ordinario, con dati mezzi. Il fatto che le api e qualche diptero visitano i fiori della stessa specie, più a lungo che possono, in luogo di frequentare indistintamente parecchie specie, favorisce l’inter-crociamento di piante distinte. D’altra parte gl’insetti spogliano un gran numero di fiori sulla stessa pianta prima di passare ad un’altra, e tale pratica è contraria alla fecondazione incrociata. Ma il numero straordinario di fiori che le api possono visitare in pochissimo tempo, come vedremo nel prossimo capitolo, aumenta la probabilità della fecondazione incrociata; lo stesso risulta dal fatto che gl’insetti non possono sapere, senza prima entrare in un fiore, se altri insetti lo abbiano spogliato del nèttare. Per esempio, H. Müller129 trovò che i quattro quinti dei fiori del Lamium album, visitati da un calabrone, erano già rimasti senza nèttare. Perchè le piante distinte possano essere inter-crociate, è senza dubbio indispensabile che due o più individui vivano gli uni vicini agli altri, e ciò avviene spesso. Così A. De Candolle osserva che salendo una montagna, non si vedono gl’individui d’una sola specie scomparire un po’ alla volta verso la cima, ma tutto ad un tratto. Ma questo fatto non sarebbe facilmente spiegabile colla variazione lenta e insensibile delle condizioni atmosferiche, e dipende probabilmente in gran parte da ciò, che le pianticine vigorose non si producono abbastanza in alto sulla montagna se non quando parecchi individui vi possono vivere insieme.
Quanto alle piante dioiche, devono sempre fecondarsi reciprocamente individui distinti. Nelle piante monoiche, siccome il polline dev’essere trasportato di fiore in fiore, v’è sempre grande facilità perchè ciò avvenga. Delpino ha osservato130 questo fatto curioso, che certi individui di noce monoica (Juglans regia) sono proterandri ed altri proterogini, e si fecondano reciprocamente. Tale avviene del nocciuolo (Corydalis Avellana)131 e, ciò che è più sorprendente, di qualche pianta ermafrodita, come ha affermato H. Müller.132 Nelle piante ermafrodite, lo schiudersi contemporaneo di qualche fiore soltanto, è uno dei mezzi più semplici, propri a favorire l’inter-crociamento d’individui distinti; ma tale processo renderebbe le piante meno visibili agl’insetti, a meno che i fiori avessero di grandi proporzioni, come avviene in molte piante bulbose. Kerner crede133 che sia per questo che la pianta dell’Australia Villarsia parnassifolia, produca un fiore al giorno. Cheesman osserva pure134 che, come certe Orchidee della Nuova Zelanda che hanno bisogno dell’intervento degl’insetti per fecondarsi, portano un fiore unico, le piante distinte non possano non essere inter-crociate.
La dicogamia che sì largamente prevale nel regno vegetale, aumentò di molto la facilità degli incroci fra individui distinti, nelle specie proterandre che sono assai più comuni che le proterogine, i fiori giovani hanno un’azione esclusivamente maschile, e i vecchi fanno la parte di femmine. Le api si attaccano ordinariamente nella parte inferiore delle spiche fiorali per arrampicarsi all’insù: poi volano via coperte dal polline dei fiori superiori ch’esse trasportano ai fiori inferiori più vecchi dalla spica vicina che si recano a visitare. Il grado, nel quale possono inter-crociarsi le piante distinte, dipende dal numero delle spiche, sulla stessa pianta, che fioriscono simultaneamente. Nei fiori proterogini, disposti in grappoli pendenti, la maniera con cui gl’insetti li visitano dev’essere diametralmente opposta, perchè le piante distinte possano essere inter-crociate. Ma questo argomento richiede nuove ricerche, perchè l’importanza dell’incrociamento fra piante distinte col semplice incrocio di fiori distinti, è fino ad oggi pochissimo conosciuta.
In molti casi i movimenti speciali a certi organi, quasi assicurano il trasporto del polline di pianta in pianta. Per esempio in molte Orchidee, le masse polliniche, dopo essere rimaste attaccate alla testa od alla tromba d’un insetto, non aggiungono alcun movimento che possa metterlo in posizione di raggiungere lo stigma, finchè non sia passato quel dato tempo che l’insetto occupa a volare sopra un’altra pianta. Nella Spiranthes autumnalis le masse polliniche non possono essere deposte sullo stigma prima che i labelli e i rostretti non si siano mossi separatamente; e tale movimento è lentissimo.135 Nella Posoqueria fragrans (Rubiacee) lo stesso scopo è raggiunto col movimento d’uno stame specialmente costruito, come lo descrisse F. Müller.
Noi arriviamo già ai mezzi più generali e per conseguenza più importanti, pei quali si effettua la mutua fecondazione delle piante distinte, cioè al potere fecondatore più notevole nel polline di un’altra varietà o d’un altro individuo che in quello della stessa pianta. Il caso più semplice e più noto dell’azione preponderante del polline (quantunque non s’attagli al nostro argomento) è quello della superiorità del polline proprio della pianta, sopra quello di una specie distinta. Se il polline d’una specie distinta è applicato sullo stigma d’un fiore evirato, ed in seguito, dopo molte ore, il polline della stessa specie venga portato sopra quest’organo, gli effetti del primo saranno affatto paralizzati, eccetto qualche raro caso. Lo stesso trattamento applicato a due varietà dà risultati analoghi, sebbene di natura opposta, perchè il polline di un’altra varietà è spesso, ed anche sempre, preponderante su quello dello stesso fiore. Voglio darne qualche prova; è noto che il polline del Mimulus luteus cade regolarmente sullo stigma del proprio fiore, ciò che rende la pianta fecondissima per se stessa senza bisogno degl’insetti. I fiori d’una varietà biancastra notevole per la sua costanza, furono fecondati, senz’essere prima evirati, col polline d’una varietà giallastra, e sopra ventotto pianticine così ottenute, ciascuna diede i suoi fiori giallastri, in modo che il polline della varietà gialla paralizzò affatto quello della pianta madre. Di più, l’Iberis umbellata è per se stessa autofertile, ed io constatai che gli stigmi si coprono d’una grande quantità di polline proprio dello stesso fiore; tuttavia sopra trenta pianticine ottenute da fiori non evirati d’una varietà cremisi incrociata col polline d’una varietà rosa, ventiquattro produssero fiori rosa come quelli della pianta maschia, o porta-polline.
In questi due casi fecondai dei fiori col polline d’una varietà distinta, e la preponderanza del polline si manifestò dai caratteri della discendenza. Gli stessi risultati si presentano spesso quando due varietà feconde per se stesse possono vegetare l’una vicina all’altra e sono visitate dagl’insetti. Il cavolo comune produce sullo stesso piede gran numero di fiori, che, anche senza l’intervento degl’insetti, producono molte capsule abbastanza provviste di semi. Io piantai un cavol-rapa bianco, un porpora, un broccolo di Portsmouth, un cavolo di Bruxelles e un cavolo zucchero-bianco, uno vicino all’altro, senza coprirli. Alcuni semi raccolti sopra ciascuna specie furono seminati in aiuole separate, e la più parte delle pianticine nelle cinque aiuole imbastardirono nel modo più complicato, togliendo chi ad una chi ad altra varietà. Gli effetti del cavol-rapa si dimostrarono in ispecial modo dall’allargamento delle infiorescenze in molti piedi. Si ottennero in tutte 233 piante, di cui 155 imbastardirono nel modo più evidente, e sopra le altre 78, una metà non rimase perfettamente pura. Ripetei l’esperienza piantando vicine due varietà di cavolo, l’una a foglie tagliuzzate verde-porporino e l’altra bianco-verdastro; sopra la 325 pianticine ottenute dalla varietà verde-porpora, 165 avevano le foglie bianco-verdastre, e 160 verde-porpora. Sopra le 466 pianticine ottenute dalla varietà bianco-verdastra, 220 avevano foglie verde-porpora e 246 bianco-verdastre. Questi casi dimostrano come il polline d’una varietà di cavolo vicino paralizza assai largamente il polline proprio della pianta. Noi non dimentichiamo che le api devono trasportare il polline di fiore in fiore nella medesima infiorescenza assai diramata, molto più in abbondanza che di pianta in pianta, e che, nel caso di piante i cui fiori sono dotati di una certa dicogamia, essendo quelli della stessa infiorescenza di età diversa, sarebbero in seguito egualmente bene disposti alla fecondazione mutua che i fiori dei piedi distinti, se non esistesse la preponderanza del polline di un’altra varietà.136
Molte varietà di Raphanus sativus, il quale è abbastanza autofecondo, esclusi gli insetti, fiorirono simultaneamente nel mio giardino. Raccolsi dei semi sopra uno dei loro piedi, e di ventidue pianticine che ne uscirono, dodici solamente furono di specie pura.137
La cipolla produce un gran numero di fiori tutti agglomerati in un gruppo globuloso, ed aventi tutti sei stami, in maniera che gli stigmi ricevono molto polline sia dalle loro proprie antere che dagli stami vicini. Ne segue che la pianta è perfettamente antofecondata, quand’anche difesa dagli insetti. Molte cipolle furono piantate una presso l’altra; una rosso-sanguigna, una argentata, una globulosa ed una di Spagna. Si ottennero pianticine di ciascuna varietà in quattro aiuole separate, e in tutte vi furono molti bastardi svariatissimi, ad eccezione delle pianticine della varietà rosso-sanguigna, che non ne conteneva che due. Ottenni trentasei pianticine di cui trentuna erano rimaste per cento incrociate.
Si sa che un simile risultato accade nelle varietà di molte altre piante, lasciandole fiorire una presso l’altra. Io citerò qui soltanto due specie che sono capaci di fecondarsi da se stesse, perchè se il fatto non fosse esatto, esse sarebbero certamente atte all’incrociamento con un’altra varietà vivente nel vicinato. Gli orticultori non distinguono d’ordinario in queste piante la variabilità dall’incrociamento; ma io ho raccolte delle prove dell’incrociamento naturale nelle varietà di tulipano, di giacinto, di anemone, di ranuncolo, di fragola, di Leptosiphon androsaceus, di melarancio, di rododendro, di rabarbaro, tutte piante ch’io credeva autofeconde.138 Potrei dare molte altre prove indirette del grado nel quale le varietà della stessa specie si inter-crociano spontaneamente.
I giardinieri che producono delle pianticine per il commercio, sono condotti dalle loro giornaliere esperienze a prendere delle straordinarie precauzioni contro l’inter-crociamento. Per esempio i signori Sharp hanno i loro stabilimenti per la produzione dei semi, divisi in otto Comuni. Il semplice fatto della coesistenza vicina di un gran numero di piante della stessa varietà, costituisce una considerevole protezione, perchè allora le condizioni sono favorevoli all’inter-crociamento di piante sulla stessa varietà, ed è per questa circostanza che alcuni villaggi hanno grande riputazione per la purità d’origine di certe varietà.139 Tentai solamente due esperienze per sapere dopo quanto tempo il polline d’una varietà distinta, paralizzerebbe più o meno l’efficacia di quello proprio della pianta stessa. Ricopersi completamente col polline della stessa pianta due fiori tardivi d’una varietà di cavolo verde frastagliato. Dopo ventitre ore il polline di un cavolo primaticcio di Barnes vegetante in distanza fu collocato sopra i due stigmi, ed essendosi lasciata allo scoperto la pianta, il polline degli altri fiori del cavolo verde frastagliato, dev’essere stato certamente deposto sui due stigmi dalle api, nei due o tre primi giorni. In tali condizioni pareva improbabile che il polline del cavolo di Barnes potesse produrre alcun effetto; eppure, tre delle quindici piante nate dai due semi così ottenuti furono completamente bastardi; ed io non dubito che le altre dodici piante siano state anch’esse influenzate, perchè crebbero assai più vigorosamente che le pianticine autofecondate del cavolo verde frastagliato, piantate nel tempo e nelle condizioni stesse. Secondariamente, io collocai sopra molti stigmi d’una Primavera a lungo stilo (Primula veris) una grande quantità di polline della stessa pianta, e dopo ventiquattr’ore, ne aggiunsi altra quantità d’un Polyanthus rosso cupo, a corto stilo, che è una varietà di Primula. Dai fiori così trattati ne vennero venti pianticine, che tutte portavano fiori rossi. Dunque l’effetto del proprio polline della pianta, collocata sui suoi stigmi, fu distrutto da quello della varietà rossa collocatovi ventiquattr’ore dopo. Bisogna però ricordare che queste piante sono dimorfe, e che la seconda unione fu legittima, mentre la prima era illegittima; tuttavia i fiori illegittimamente fecondati col proprio polline diedero un po’ più di semi.
Fin qui noi non abbiamo considerato che la preponderanza del potere fecondante nel polline d’una varietà distinta sopra quello della pianta stessa, dopo collocate sullo stesso stigma le due qualità di polline. Un fatto ben più rimarchevole si è, che il polline d’un altro individuo della stessa varietà e preponderante sopra quello della pianta stessa, come è provato dalla superiorità delle pianticine ottenute da un incrocio di questa natura sopra quelle nate da fiori autofecondati. Ad esempio nelle Tabelle A, B e C esistono almeno quindici specie completamente autofeconde, esclusi gli insetti, e questo fatto implica che i loro stigmi devono ricevere il loro proprio polline; nondimeno la maggior parte delle pianticine che risultarono dalla fecondazione dei fiori non evirati di queste quindici specie col polline d’un altro piede, fu molto superiore in altezza, in peso e in fecondità alla discendenza autofecondata.140 Ad esempio nell’Ipomaea purpurea ciascuna pianta inter-crociata sorpassò in altezza la sua antagonista, autofecondata fino alla sesta generazione, e così avvenne del Mimulus luteus fino alla quarta. Sopra sei coppie di cavoli sia incrociati sia autofecondati, ogni uno dei primi era più pesante che ogni uno dei secondi. Nel Papaver vagum, sopra quindici coppie, tutte le piante incrociate, meno due, furono più grandi che le autofecondate. Sopra otto coppie di Lupinus luteus, tutte le incrociate, eccetto due, furono più grandi; sopra otto coppie di Beta vulgaris, tutte le incrociate, meno una, ebbero la superiorità; e sopra quindici coppie di Zea Mais, tutte, meno due, furono più grandi. Sopra quindici coppie di Limnanthes e sopra sette di Lactuca sativa, ciascuna incrociata fu superiore in altezza alla sua avversaria. Bisogna pur ch’io noti, che nelle mie esperienze non presi alcuna cura particolare di incrociare i fiori immediatamente dopo il loro schiudersi; è adunque probabile assai, che in molti di questi casi, dev’essere caduto un po’ di polline dello stesso fiore sopra lo stigma ed averlo influenzato.
Non si può dubitare che molte altre specie, di cui le pianticine incrociate sono più vigorose che le autofecondate, come si vede (oltre le suddette quindici) nelle Tabelle A, B, C, non abbiano ricevuto quasi simultaneamente il loro proprio polline e quello di un’altra; se fu così si possono fare anche per queste le stesse osservazioni che per le suddette. Nessun risultato nelle mie esperienze mi stupì, quanto il fatto della preponderanza del polline di un individuo distinto sopra quello proprio della pianta, ciò che fu provato dal vigore costituzionale più notevole delle pianticine incrociate. La prova della preponderanza è basata sull’esame dello sviluppo dei due gruppi di piante, ma noi troviamo, in molti altri casi, la stessa prova esser data dal paragone fra la fecondità più notevole nei fiori non evirati sulla pianta-madre (dopo che questi avevano ricevuto contemporaneamente il proprio polline e quello d’una pianta distinta) e quella dei fiori che ricevettero soltanto il proprio.
Dai diversi casi che abbiamo stabiliti riguardo l’inter-crociamento spontaneo delle varietà viventi una vicina all’altra, e riguardo gli effetti della fecondazione incrociata nei fiori che sono autofecondati senza antecedente evirazione, noi possiamo concludere che il polline portato da un’altra pianta o dagli insetti o dal vento, prevarrà d’ordinario all’azione del polline proprio del fiore, anche quando questo si sarà applicato qualche tempo prima; e per tal modo resta grandemente favorito ed assicurato l’inter-crociamento delle piante allo stato naturale.
Il caso d’un grande albero coperto d’innumerevoli fiori ermafroditi, sembra, a prima vista, affatto contrario alla teoria della frequenza degli incroci fra individui distinti. I fiori sviluppati ai lati opposti d’un tal albero devono essere esposti a condizioni un po’ diverse, e, sotto certi aspetti, il loro incrociamento può essere vantaggioso. Ma non è probabile che questi benefizi siano così marcati come quelli che risultano dall’incrocio tra fiori d’alberi distinti, come noi possiamo dedurlo dall’inefficacia del polline nei soggetti che sono stati propagati dallo stesso ceppo, quantunque vivano col mezzo di radici separate. Il numero delle api che frequentano certe specie d’alberi, al momento della fioritura, è innumerevole, e si veggono volare da un albero all’altro più frequentemente che non lo si crederebbe. Tuttavia se noi consideriamo, ad esempio, il gran numero di fiori prodotti da un castagno d’India o da un tiglio, noi vediamo che un numero straordinariamente più grande di fiori dev’esser fecondato col polline preso dagli altri fiori dello stesso albero, che col polline dei fiori d’un albero diverso. Ma non dobbiamo dimenticare che nel castagno d’India, per esempio, uno o due soltanto dei fiori dello stesso peduncolo produce un frutto, e che in tale specie, questo frutto è il prodotto d’uno dei numerosi ovuli contenuti nell’ovario. Ora noi sappiamo, per le esperienze d’Herbert e d’altri,141 che se un fiore è fecondato con un polline più efficace di quello ch’è applicato sugli altri fiori dello stesso peduncolo, gli ultimi spesso cadono, ed è probabile che ciò avverrebbe in molti fiori autofecondati d’un grande albero, se altri fiori vicini fossero stati incrociati. Fra i fiori annualmente prodotti da un grande albero, è quasi certo che la maggior parte restino autofecondati, e se noi supponiamo che un albero dia soltanto cinquecento fiori e che questa quantità di semi sia necessaria per conservare la specie, in modo che almeno una pianticina ne possa maturarsi, ne segue che un gran numero di pianticine dovrà necessariamente derivare da un seme autofecondato. Ma se quest’albero dà cinquemila fiori all’anno, di cui cadono, senza fruttificare, tutti gli autofecondati, allora saranno gli incrociati che devono dare un sufficiente numero di semi per la conservazione della specie, e il più gran numero delle pianticine saranno vigorose, essendo il prodotto di un incrocio fra individui distinti. In tal modo la produzione di un gran numero di fiori, oltre ad attirare numerosi insetti ed a compensare la distruzione di molti di essi fiori, per i geli primaverili o per altri accidenti, sarà egualmente vantaggiosissima alla specie. Per cui, dunque, quando noi vediamo i nostri alberi fruttiferi coperti della loro veste di fiori bianchi, noi non dobbiamo accusare a torto la natura di folle prodigalità, perchè essa, in proporzione, ci dà in autunno, poche frutta.
Piante anemofile. — La natura e la relazione delle piante che devono la loro fecondità all’azione del vento, sono state mirabilmente descritte da Delpino142 e H. Müller. Io feci già qualche osservazione sulla struttura dei loro fiori paragonata a quella degli entomofili. V’è delle buone ragioni per credere che le prime piante comparse sulla nostra terra siano state crittogame, e se noi ne giudichiamo dagli attuali fenomeni, l’elemento fecondatore maschio, o deve essere stato dotato della proprietà di muoversi spontaneamente nell’acqua o sulle superficie umide, o dev’essere stato trasportato dalle correnti sugli organi femminili. Che alcuna delle più antiche piante, come le Felci, abbiano posseduto dei veri organi sessuali, non si può dubitare, e noi vediamo da ciò, come osserva Hildebrand,143 che i sessi furono separati fin dai primi periodi. Quando le piante diventarono fanerogame e poterono vegetare sopra un terreno asciutto, se avvenne l’inter-crociamento, bisognò assolutamente che l’elemento fecondatore maschio abbia potuto essere, in qualche modo, trasportato sull’aria, e il modo più semplice fu certo il vento. Dev’esserci stato senza dubbio un periodo, nel quale gl’insetti alati non esistevano, ed allora le piante non potevano essere entomofile. Anche in un periodo un poco più avanzato, gli ordini più speciali di Imenotteri, Lepidotteri e Ditteri, che sono attualmente i principali trasportatori di polline, non esistevano. Per cui, le più antiche piante terrestri a noi note, come le Conifere e le Cicadee, furono senza alcun dubbio anemofile, come lo sono tuttora le specie esistenti di queste classi. Una traccia di questo primo stato di cose si riscontra ancora nell’indole di qualche altro gruppo di piante, attualmente anemofile, che occupa nel regno vegetale un posto meno elevato che le specie entomofile.
Non v’è gran difficoltà a spiegare come una pianta, prima anemofila, sia poi diventata entomofila. Il polline è una sostanza nutritiva che deve, fin dal principio, essere stata ricercata e divorata dagl’insetti, e se ne restava di attaccato al loro corpo, dovette essere trasportato dalle antere allo stigma dello stesso fiore, o da un fiore all’altro. Uno dei caratteri principali del polline delle piante anemofile è il suo disgregamento, che non gl’impedisce tuttavia di aderire ai corpi pelosi degli insetti, come vediamo in qualche Leguminosa, Ericacea e Melastomacea. Del resto ne abbiamo una miglior prova di queste transizioni in certe piante, che anche attualmente sono parte anemofile e parte entomofile. Il Rabarbaro comune è pure in uno stato intermediario, ed io vidi molti ditteri, che ne succhiano i fiori, portare molto polline aderente al corpo, e tuttavia questo polline è sì poco aderente, che se ne può suscitare delle nuvole scuotendo leggermente la pianta in un giorno di sole, e allora esso non può a meno di ricadere sui grandi stigmi dei fiori vicini. Secondo Delpino e H. Müller,144 qualche specie di Plantago sono già nelle stesse condizioni intermediarie.
Sebbene sia probabile che il polline solo abbia da principio servito come attrattiva agli insetti, e sebbene anche oggidì esistano molte piante i cui fiori sono frequentati esclusivamente dagl’insetti pollinifagi, tuttavia la maggioranza dei vegetali ha nella secrezione del nèttare la sua più grande attrattiva. Molto tempo fa io sosteneva145 che nei tempi primitivi la materia zuccherina del nèttare veniva secreta come prodotto inutile, risultante da modificazioni chimiche sopravvenute negli umori; e quando questa secrezione avveniva negli inviluppi d’un fiore, ella era utilizzata allo scopo importante della fecondazione incrociata, dopo essere stata posteriormente aumentata e accumulata in differenti modi. Questa opinione è resa probabile dalla secrezione d’una materia zuccherina, chiamata spesso rugiada di miele, la cui produzione, senza alcuna glandula speciale, è stata constatata sopra certe foglie di alcuni alberi, e in date condizioni climateriche. È ciò che succede nelle foglie del tiglio; perocchè, sebbene qualcheduno abbia discusso tal fatto, un giudice competentissimo, il dottore Maxwell Masters, mi dice che, dopo udite le discussioni in proposito nella Società d’Orticoltura, non gli resta più alcun dubbio su tal punto. Le foglie e la corteccia rotta del Fraxinus Ornus secernono nel modo stesso la loro materia zuccherina.146 Secondo Treviranus, la faccia superiore delle foglie di Carduus arctioides fa altrettanto; e molti altri di tali fatti potrebbero essere riferiti.147 V’è tuttavia un numero considerevole di piante, provvedute di ghiandole148 sopra le foglie, i picciuoli, i fillodii, le stipule, le brattee, i peduncoli fiorali, od all’esterno del loro calice. Queste ghiandole secernono piccole goccie d’un succo zuccherato, che è avidamente ricercato dagli insetti melifagi, come le formiche, le api e le vespe. Nelle glandule stipulari della Vicia sativa, la secrezione dipende evidentemente da cambiamenti avvenuti negli umori sotto la influenza dei raggi d’un sole splendido, perchè io osservai più volte che la secrezione veniva sospesa allorchè il sole si adombrava, e veniva ripigliata quand’esso tornava a risplendere.149 Riguardo alla secrezione, anche nei fiori di Lobelia Erinus, osservasi un caso simile.
Tuttavia Delpino sostiene che il potere di secernere un liquore zuccherato è stato affidato a qualche organo esterno del fiore, per attirare specialmente le formiche e le vespe, che avrebbero l’incarico di difendere le piante dai loro nemici; ma non ho mai avuto un dato per credere che ciò avvenga nelle tre specie che ho esaminate, Prunus Laurocerasus, Vicia sativa e V. Faba. Nessuna pianta è meno attaccata da’ suoi nemici, in qualsiasi modo, che la Felce comune (Pteris aquilina) e tuttavia, come ha scoperto mio figlio Francesco, grandi ghiandole, parte alla base delle frondi, secernono, nella loro prima età soltanto, un abbondante liquore zuccherato, che è succhiato avidamente da innumerevoli formiche, appartenenti sopratutto al genere Myrmica. Tali formiche non servono certo a proteggere la pianta da qualche nemico. Delpino pretende che queste ghiandole non possano essere considerate come secretorie, perchè se lo fossero, funzionerebbero in tutte le specie; ma io non capisco la forza di questo argomento, perchè le foglie di qualche pianta secernono dello zucchero solamente in date circostanze atmosferiche. Che in qualche caso la secrezione serva ad attirare gl’insetti per difendere la pianta, e ch’essa avvenga copiosamente a questo scopo speciale, non ho ragione per dubitarne menomamente, dopo le osservazioni di Delpino e più ancora dopo quelle di Belt sull’Acacia sphaerocephala e sulle Passiflore. Quest’acacia produce come nuova attrazione per le api, qualche composto contenente molto olio e del protoplasma, ed analoghe sostanze si sviluppano sopra una Cecropia, allo stesso scopo, come ci fece osservare F. Müller.150
La secrezione d’un fluido zuccherato mediante glandule situate esternamente al fiore, è raramente utilizzata allo scopo della fecondazione incrociata per mezzo degl’insetti; tuttavia tale fatto si riscontra nelle trachee delle Marcgraviacee, come mi diceva il defunto dottor Cruger, dopo le sue osservazioni nelle Indie Orientali, e come lo deduce Delpino con molto maggiore conoscenza della posizione relativa delle varie parti dei loro fiori.151 Il Farrer ha pure dimostrato152 che i fiori di Coronilla sono stranamente modificati, in modo da permettere alle api di fecondarli mentre stanno succhiando il liquore secreto dalle parti esteriori del calice. Pare ancora più probabile, dopo le osservazioni del rev. W. A. Leigton, che l’abbondanza del fluido secreto dalle ghiandole dei fillodii, situati vicino al fiore, nella Acacia magnifica di Australia, abbia relazione colla loro fecondazione.153
La quantità di polline prodotto dalle piante anemofile e la distanza alla quale il vento trasporta sovente questo polline, sono veramente sorprendenti. Il signor Hassal, ha trovato che il peso del polline prodotto da una sola pianta di Typha era di grammi 9,36. Secchie di polline, appartenenti sopratutto alle Conifere ed alle Graminacee, furono spazzate via dalla coperta delle navi lungo le coste dell’America del Nord, e il signor Riley ha veduto, nei dintorni di S. Luigi (Missouri), la terra coperta di polline, come s’ella fosse stata cosparsa di solfo. Bisognava ammettere ch’esso fosse stato trasportato dalle sementi di pini situate alla distanza di almeno 160 leghe al Sud.154 Kerner ha veduto delle superficie nevose sulle grandi Alpi, egualmente impolverate; e il signor Blackley ha trovato numerosi grani di polline (fino 1200) aderenti a delle preparazioni vischiose, che si mandarono in alto, coperti col mezzo d’un cervo volante, a 150 e 300 metri, e poi si esposero all’aria con uno speciale meccanismo. Tali esperienze presentano questo di rimarchevole, che si trovarono diciannove volte più di grani pollinici nelle atmosfere ai livelli più elevati, che nelle zone più basse.155 Dopo questi fatti non vi è niente di più sorprendente, che tutti o quasi tutti gli stigmi delle piante anemofile possano ricevere il polline portato incidentalmente dal vento. Al principio della state, molti oggetti rimangono impolverati di polline; per esempio, mentre io esaminava, per altro scopo, i labelli di moltissimi fiori di Ophrys musca (che è rare volte visitata dagl’insetti), trovai tutte le corolle abbondantemente coperte di polline proveniente da altre piante, e trattenutovi dalla superficie vellutata dei petali.
La straordinaria leggerezza e l’abbondanza di polline delle piante anemofile sono senza dubbio due requisiti necessari, perchè la loro polvere fecondante possa essere trasportata sugli stigmi di piante lontane, perchè, come abbiamo veduto, il maggior numero di piante anemofile hanno i loro sessi separati. La fecondazione di queste piante è generalmente aiutata dalla struttura degli stigmi, che sono o numerosi o grandi; e nelle Conifere secernono dai loro ovuli una goccia di liquido, come lo ha dimostrato Delpino. Quantunque le specie anemofile siano poche, come osserva lo stesso Delpino, ne è considerevole il numero degli individui, in proporzione a quello delle specie entomofile. Tale osservazione si applica specialmente alle regioni fredde e temperate, nelle quali gl’insetti sono più pochi che nelle regioni calde, e in cui le piante entomofile sono in condizioni meno favorevoli. Noi vediamo che ciò avviene nelle nostre foreste di Conifere e in altri alberi, come le quercie, i faggi, le betulle e i frassini, ecc., e nelle Graminacee, Ciperacee e Giuncacee, che costituiscono le nostre praterie e maremme; tutti questi alberi e queste piante sono fecondate dal vento. Siccome una grande quantità di polline va perduta nelle piante anemofile, è sorprendente che possano ancora esistere in tutte le parti del mondo tante specie di questa categoria, vigorose e ricche d’individui, perocchè se esse fossero diventate entomofile, il loro polline sarebbe trasportato a vantaggio degli organi e per l’appetito degl’insetti molto più diligentemente che col mezzo del vento. Che queste transizioni siano possibili, non è affatto da dubitarne, dopo le osservazioni fatte sulla esistenza di forme transitorie; e già, per quanto pare, esse si sono realizzate in vari gruppi di salici, come possiamo dedurlo dalla natura delle loro più prossime specie.156
Pare molto più sorprendente che alcune piante, dopo essere diventate entomofile, abbiano mai potuto ridiventare anemofile; ciò non ostante avviene qualche volta, di rado, come nella Poterium Sanguisorba comune, come si può dedurlo dal fatto che questa pianta appartiene alle Rosacee. Tuttavia tali casi si possono comprendere; quasi tutte le piante restano accidentalmente inter-crociate; se dunque una specie entomofila cessa di essere visitata dagl’insetti, essa perirebbe se non diventasse anemofila. Una pianta sarebbe abbandonata dagli insetti s’ella non secernesse più nèttare, a meno che non possegga una grande quantità di polline, per attirarli; e siccome noi abbiamo veduto che la secrezione del liquido zuccherato delle foglie o delle glandule dipende in molti casi dalle condizioni climateriche; siccome, d’altra parte, alcuni fiori che oggi non producono più nèttare, hanno ancora delle strie conduttrici, colorate, ne segue che il cessare della secrezione non può considerarsi assolutamente improbabile. Lo stesso avverrebbe pure se alcuni insetti alati o cessassero di esistere in una regione o vi diventassero rarissimi. Attualmente non esiste che una sola pianta anemofila nel gran gruppo delle Crocifere, ed è nella terra di Kerguelen,157 dove esiste appena qualche insetto alato, probabilmente perchè (come io pensai da ciò che ho veduto a Madera) essi corrono gran pericolo d’essere spinti nel mare dal vento e distrutti.
Un fatto notevole nelle piante anemofile è quello di essere dicline; sono cioè, o monoiche coi loro semi separati sulla stessa pianta, o dioiche coi sessi divisi per individui distinti. Nella Monoecia di Linneo, Delpino158 dimostra che le specie sono anemofile in ventotto generi ed entomofile in diciassette. Nella classe della Dioecia le specie sono anemofile in dieci generi ed entomofile in diciannove. Il maggior numero delle entomofile in quest’ultima classe dipende forse indirettamente da ciò che gl’insetti hanno il potere di trasportare più facilmente che il vento il polline da una ad un’altra pianta, malgrado la distanza che le separa. Nelle due suddette classi prese assieme, esistono trentotto generi anemofili e trentasei entomofili, mentre che nella gran massa di piante ermafrodite la proporzione dei generi anemofili in confronto degli entomofili è piccolissima. La causa di tale notevole differenza può essere attribuita a ciò che le piante anemofile hanno ritenuto più che le entomofile delle loro primitive condizioni, nelle quali furono separati i sessi, e la loro fecondazione venne prodotta dal vento. Negli individui più antichi e meno perfetti del regno vegetale abbiano avuto i loro sessi separati, come ciò avviene ancora in molti casi, è opinione appoggiata ad un’alta autorità, Nägeli.159 In fatti, è difficile evitare tale conclusione, se noi ammettiamo (ciò che è probabile) che la coniugazione delle Alghe e di qualcheduno degli animali più semplici sia il primo grado della riproduzione sessuale; e se, di più, noi non perdiamo di vista, che si può seguire passo per passo, nelle cellule chiamate a congiungersi, i gradi ognor più marcati pei quali si arriva fino allo sviluppo delle due forme sessuali.160 Noi abbiamo veduto che, fin da quando le piante diventarono più perfette nel loro organismo, e si attaccarono alla terra, furono, per la necessità del loro inter-crociamento, obbligate ad essere anemofile. Dunque tutte le piante che d’allora in poi non hanno subito profonde modificazioni, devono anche adesso propendere alla forma diclina e anemofila, e noi possiamo comprendere la connessione che esiste fra i due stati, quantunque a prima vista non si possa vedere nulla di comune fra loro. Se tale opinione è esatta, le piante devono essere diventate ermafrodite nell’ultimo dei periodi preistorici, ed entomofile in un’epoca a noi più vicina, cioè dopo lo sviluppo degl’insetti alati. In tal modo, le relazioni fra l’ermafroditismo e la fecondazione a mezzo degli insetti, sono, per così dire, egualmente intelligibili.
Come avvenne che i discendenti di piante che furono in origine dioiche, e che, per conseguenza, dovevano sempre necessariamente essere inter-crociate con un individuo distinto, sono diventati ermafroditi? Questo fatto può spiegarsi dal rischio che incontravano i discendenti, specialmente durante il loro stato anemofilo, di non essere sempre fecondati e di non propagarsi. Tale ultimo danno, il maggiore che possa toccare una specie, dovette essere molto diminuito dalla trasformazione ermafrodita, malgrado gli svantaggi che risultano da una continuata autofecondazione. Per qual modo siasi mano a mano acquistato il carattere dell’ermafroditismo, noi l’ignoriamo. Ma non possiamo dedurre che se una forma organica inferiore, nella quale i due sessi erano rappresentati da qualche differenza individuale, dovette propagarsi per germogli, sia prima che dopo la coniugazione, i due sessi rudimentali possono essere comparsi per germogli sullo stesso ceppo, la stessa cosa avviene anche oggi in certe piante. Per tal modo l’organismo può aggiungere la condizione monoica che dev’essere stata probabilmente la prima tappa verso l’ermafroditismo, perocchè se un fiore maschio semplicissimo e una femmina (consistenti ciascuno in uno stame solo) furono insieme prodotti sullo stesso ramo e ravvolti in uno sviluppo comune presso a poco nel modo stesso che le gemme delle Composite, il fiore ermafrodito è già formato.
Pare che non vi sia alcun limite nei cambiamenti che subiscono gli organismi sotto l’influenza delle variabili condizioni della vita, perchè qualche pianta ermafrodita, nata da una pianta (come dobbiamo supporre) diclina, dovette avere i suoi semi di bel nuovo separati. Una simile formazione può dedursi dall’esistenza di stami rudimentali, nei fiori di qualche individuo, e dalla presenza di pistilli in fiori d’altri individui, per esempio della Lychnis dioica. Ma una trasformazione di tal genere non deve esser avvenuta, a meno che la fecondazione incrociata non fosse stata già assicurata generalmente per l’opera degli insetti. Come poi la produzione di fiori maschi e femmine sopra individui distinti, abbia potuto essere vantaggiosa alla specie, mentre era già assicurata la fecondazione incrociata, ecco ciò che è difficile di comprendere. Una pianta può infatti produrre il doppio dei semi che le sono necessari per conservare il suo lignaggio malgrado il cambiamento o le modificazioni di condizioni vitali; se nessun infortunio viene a diminuire il numero de’ suoi fiori, e se ella subisce delle modificazioni nei suoi organi riproduttori (come ciò avviene spesso nella coltivazione artificiale), uno spreco esagerato di molecole polliniche occorrerà per la trasformazione diclina dei suoi organi fiorali.
V’è un fatto analogo che mi par bene di riferire. Nelle mie Origini delle specie, ho fatto osservare che in Inghilterra esiste un maggior numero di alberi e di arbusti che di piante erbacee dicline o dioiche. Lo stesso è pure, secondo Asa Gray e Hooker, nell’America del Nord e nella Nuova-Zelanda.161 Vi sono però dei dubbi sulla generalità di questa regola, perchè così non deve avvenire in Australia. Ma mi si assicura che i fiori degli alberi che predominano in Australia, cioè le Mirtacee, abbondano d’insetti, per cui se esse fossero dicogame potrebbero essere praticamente considerate come dicline.162 Riguardo alle piante anemofile noi sappiamo che esse possono separare i loro sessi e noi possiamo dedurre che sarebbe sfavorevole per loro se mettessero fiori bassi e vicini alla terra, atteso che il loro polline non potrebbe essere trasportato assai lontano dal vento;163 ma siccome noi sappiamo che gli steli delle Graminacee raggiungono una sufficiente altezza per poter ricevere il polline, noi non possiamo con questa spiegazione renderci ragione della diclinità in tanti alberi ed arboscelli. Dalla precedente discussione, noi possiamo concludere che un albero, che ha numerosi fiori ermafroditi sarebbe raramente inter-crociato da un altro albero a meno che non operasse la preponderanza di un polline straniero sopra quello proprio del fiore. Attualmente la separazione dei sessi nelle piante, sia entomofile che anemofile, sarebbe il miglior ostacolo all’autofecondazione, e quella dev’essere la causa dello stato diclino di tanti alberi ed arboscelli. Io direi ancora, per dilatare un po’ la quistione, che una pianta sarebbe in migliori condizioni per svilupparsi in albero, se fosse provveduta di sessi separati che rimanendo allo stato ermafrodito; perocchè nel primo caso i suoi numerosi fiori sarebbero meno esposti alla fecondazione diretta. Ma bisogna ancora notare che la lunga vita d’un albero o di un arboscello permette la separazione dei sessi, nel senso che questi ultimi hanno meno a soffrire di un’accidentale mancanza di fecondazione e della conseguente produzione dei semi, in confronto delle piante di breve durata. Da ciò la rarità della dioecia nelle piante annuali, come osserva Lecoq.
Noi abbiamo finalmente delle ragioni per credere che la maggior parte delle piante provenga genealogicamente da forme molto inferiori antecedentemente coniugate, e che gli individui coniugati differiscano alquanto fra loro, rappresentando uno il maschio, l’altro la femmina; per modo che le piante furono originariamente dioiche. Nei remoti periodi primitivi, questi vegetali inferiori dioici diedero origine, probabilmente per rampolli, alle piante monoiche aventi i due sessi sullo stesso individuo; e più tardi per una unione più intima di sessi, alle forme ermafrodite che sono ora le più comuni di tutte.164 Dacchè le piante si fissarono al suolo il loro polline dev’essere stato trasportato da un fiore all’altro con mezzi particolari, e certo, prima di tutto, col vento, poi cogli insetti che nutronsi di polline, poi con quelli che succhiano il nèttare. Col progredire del tempo, qualche pianta entomofila tornò allo stato anemofilo, e qualche pianta ermafrodita separò nuovamente i suoi sessi; noi non conosciamo che inesattamente i vantaggi risultanti da quest’alternativa di cambiamenti prodotti in date condizioni.
Le piante dioiche, in qualunque modo siano fecondate, hanno un grande vantaggio sulle altre, in quanto che la loro fecondazione incrociata è certa. Ma tale vantaggio, nelle specie anemofile, a spese di un’enorme produzione di polline, corre pericolo di non ottenere l’effetto della fecondazione, la discendenza. Del resto la metà degli individui, cioè i maschi, non producono semi, ciò che può costituire una reale inferiorità. Delpino fa osservare che le piante dioiche non possono avere un così facile sviluppo come lo hanno le specie monoiche e le ermafrodite, poichè un solo individuo che avrebbe la probabilità di toccare una certa altezza, non potrebbe trasmettere la sua proprietà colle sole sue forze; ma tale svantaggio, non sarebbe forse assai importante. Le piante monoiche difficilmente possono a meno di esercitare largamente una funzione dioica, per la leggerezza del loro polline e per la direzione laterale del vento; alle quali cause è da aggiungersi il vantaggio di un’accidentale o frequente produzione di semi incrociati. Quand’esse sono, per giunta, dicogame, di necessità la funzione dioica si stabilisce. Finalmente, le piante ermafrodite possono d’ordinario produrre almeno qualche seme autofecondato, e nello stesso tempo sono capaci di fecondazione incrociata, per l’evaporazione dei mezzi specificati in questo capitolo.
Quando la loro struttura previene assolutamente l’autofecondazione, esse sono le une in faccia alle altre nella relativa posizione delle piante dioiche o monoiche, con questo vantaggio di più, che ogni fiore può produrre dei semi.