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Gl’insetti visitano quanto più a lungo possono i fiori d’una stessa specie. - Cause di quest’abitudine. - Mezzi coi quali le api riconoscono i fiori della stessa specie. - Secrezione istantanea del nèttare. - Il nèttare di certi fiori non attira certi insetti. - Industria delle api e numero dei fiori che visitano in breve tempo. - La corolla perforata dalle api. - Abilità adoperata in tale operazione. - Le api approfittano delle aperture fatte dai calabroni. - Effetti di tale abitudine. - Il motivo di tale perforazione dei fiori è quello di guadagnar tempo. - I fiori vicini in gruppi compatti sono i più perforati.
Le api, come molti altri insetti, devono essere dirette dal loro istinto nelle ricerche del nèttare e del polline dei fiori, perchè esse imprendono tale lavoro senza anteriori ammaestramenti, appena uscite dallo stato di crisalide. – Tuttavia il loro istinto non è di natura speciale, perchè esse visitano molti fiori esotici colla stessa avidità che gl’indigeni, e spesso le si veggono cercare il nèttare nei fiori che non lo producono, o cercare di succhiarlo al di fuori del nettario ad una profondità ch’esse non potrebbero raggiungere.165 Tutte le specie di api e certi altri insetti visitano abitualmente i fiori della stessa specie quanto più a lungo esse possono, prima di cercarne altri. Tale fatto osservato da Aristotele nelle api, or sono più di 2000 anni, è stato confermato da Dobbs in una memoria pubblicata nel 1736 nelle Philosophical Transactions. In tutti i giardini da fiori, ciascuno può vedere che nè le api nè i calabroni seguono costantemente questa abitudine. Bennett osservò per più ore166 alcune piante di Lamium album, di L. purpureum e di un’altra Labiata, Nepeta Glechoma, viventi tutte vicine sopra una banchetta, e vide che ciascun’ape limitava le sue visite ad una stessa specie. Essendo il polline di queste tre piante di colore differente, questo osservatore potè confermare le sue osservazioni esaminando i caratteri di quello che aderiva al corpo delle api che aveva prese, e non ne trovò che d’una sola specie.
I calabroni e le api sono buoni botanici, perchè sanno che le varietà possono essere differentissime nei loro fiori, senza cessare di appartenere alla specie medesima. Io vidi spesso dei calabroni volare dritto da una pianta di Dictamus Fraxinella comune tutta rossa, ad un’altra di varietà bianca; da una varietà di Delphinium Consolida e di Primula veris, ad altre di colore diverso; da una varietà di Viola tricolor porpora carico, ad una giallo d’oro; e in due specie di Papavero differentissime nel loro colore. Ma in quest’ultimo caso qualche ape volava indifferentemente dall’una all’altra specie, anche passando vicino ad altri generi, e come queste due specie fossero state semplicemente varietà. H. Müller ha veduto anche delle api volare da un fiore all’altro nel Ranunculus bulbosus ed arvensis, come anche nel Trifolium fragiferum e repens, e nei giacinti azzurri e violetti.167
Alcune specie di Ditteri o mosche frequentano i fiori d’una stessa specie quasi con altrettanta costanza che le api, e quando si pigliano si trovano coperte di polline. Io ho veduto la Rhingia rostrata intenta a visitare i fiori di Lychnis dioica, Ajuga reptans e Vicia sepium. La Volucella plumosa e la Empis cheiroptera volano da un fiore all’altro della Myosotis sylvatica. Il Dolichopus nigripennis fa egualmente con la Potentilla tormentosa, ed altri Ditteri con la Stellaria holostea, Helianthemum vulgare, Bellis perennis, Veronica hederaefolia e Chamoedrys; qualche mosca, per altro, visita indirettamente quest’ultima specie. Ho visto più d’una volta un piccolo Thrips con del polline aderente al suo corpo, volare da un fiore all’altro della stessa specie. Lo vidi penetrare in un fiore di Convolvulus, con quattro granelli di polline sulla testa, ch’esso depose sullo stigma.
Fabricius e Sprengel hanno detto che quando le mosche sono penetrate in un fiore di Aristolochia non ne possono più uscire, e (ciò ch’io non posso credere) che in tal caso gl’insetti non giovano alla fecondazione incrociata della pianta. Hildebrand ha provata la falsità di tale asserzione. Siccome le spate dell’Arum maculatum sono provviste di filamenti adatti per impedire l’uscita degli insetti, rossomigliano in ciò ai fiori di Aristolochia, ed esaminando qualche spata vi si trovano dentro da trenta a sessanta piccoli ditteri di tre specie diverse: molti di questi insetti furono trovati morti nel fondo dei fiori, come se vi fossero stati rinchiusi da molto tempo. Per scoprire se i viventi potevano sfuggire e trasportare il polline ad un’altra pianta, io chiusi per bene, nella primavera del 1842, una spata in un sacco di finissimo velo, e quando la visitai, dopo un’ora, vidi parecchie di quelle mosche arrampicate sulla superficie interna del velo. Colsi allora la spata, vi soffiai dentro e ne uscirono parecchie mosche; tutte erano coperte di polline dell’Arum. Questi insetti fuggirono tosto, e ne vidi tre volare sopra una pianta distante circa tre metri; si fermarono sulla faccia concava della spata e poi s’inoltrarono nella sua profondità. Apersi allora il fiore, e sebbene nessun’antera fosse in deiscenza, trovai nel fondo molti grani di polline, che devono esservi stati portati da un’altra pianta da una di queste mosche o da altri insetti. In un altro fiore formicolavano piccole mosche, e vidi che lasciavano polline sugli stigmi.
Ignoro se i Lepidotteri frequentino generalmente i fiori d’una sola specie, ma una volta osservai piccole farfalle (Lampronia Calthella, credo) che divoravano visibilmente il polline della Mercurialis annua; ne avevano tutta la parte anteriore del loro corpo coperta di polline. Mi appressai allora ad una pianta femmina un metro distante, e vidi in dieci minuti volare sullo stigma tre di queste farfalle. I Lepidotteri visitano spesso i fiori d’una sola specie per la ragione, forse, che alcuni di questi fiori hanno il nettario lungo e stretto, e gli altri insetti non potrebbero entrarvi a raccogliere il nèttare, che è riservato solo a quelli che hanno una tromba allungata. Non c’è dubbio che la farfalla della Zucca168 visita soltanto i fiori di questa pianta, perchè uno spiegato istinto spinge questo insetto a collocare il polline sullo stigma, allo scopo di fare sviluppare gli ovuli di cui si nutrono le sue larve. Quanto ai Coleotteri, io ho veduto un Meligethes, coperto di polline, volare da un fiore all’altro della stessa specie, e tale fatto deve avvenire di frequente, poichè, secondo il signor Brisout, «molti insetti di questa specie amano specialmente una data categoria di piante».169
Da questi numerosi fatti si può supporre che gl’insetti limitino strettamente le loro visite ad una sola specie. Essi frequentano pure qualche altra specie, ma solo quando ve ne sono insieme confuse. In un giardino dove c’erano alcune piante di Onagraria, le cui forme polliniche possono essere facilmente conosciute, io non riscontrai solo qualche grano isolato, ma gruppi intieri del loro polline nei fiori del Mimulus, della Digitalis, d’Antirrhinum e di Linaria. Altre specie di polline io trovai pure in questi fiori. Moltissimi stigmi d’una pianta di Timo, di cui le antere erano completamente abortite, furono sottoposti ad un esame, e, malgrado la loro dimensione simile a quella d’un ago da cucire, li trovai coperti, non solo d’un polline di Timo portatovi dalle api da un’altra pianta, ma ancora del polline di piante differenti.
È importantissimo per una pianta che gl’insetti ne visitino i fiori quanto più a lungo essi possono, perchè la fecondazione incrociata viene così favorita nei diversi individui della stessa specie; nessuno per altro vorrà credere che gl’insetti operino in tal modo per l’interesse della pianta. La vera causa è forse che gl’insetti affrettano in tal modo il loro lavoro, e ciò perchè hanno imparato come devono tenersi sul fiore per occupare la parte più propizia, e fino a quale profondità, o in quale direzione spingere la loro tromba.170 Essi fanno press’a poco come quell’industriale che, dovendo costruire una mezza dozzina di macchine, guadagna tempo nel fabbricare consecutivamente ciascuna ruota e ciascuna parte speciale per tutte le macchine. Gl’insetti, o almeno le api, sembrano tenersi molto all’abitudine nelle loro operazioni, e noi vedremo ora che tale opinione s’accorda anche colla loro insidiosa pratica di traforare la corolla.
Curiosa quistione a risolvere sarebbe quella di sapere come le api riconoscono i fiori della stessa specie. Che il colore ne sia la principal guida, è indubitato. Un giorno le api visitavano accanitamente i piccoli fiori azzurri di Lobelia Erinus; io svelsi tutti i petali di molti di loro, e in altri i soli petali striati, inferiori. – Da quel momento questi fiori non furono più visitati una sola volta dalle api, quantunque molte di esse li rasentassero. La scomparsa dei soli due petali superiori non portò alcuna differenza nelle loro visite. – Anderson ha pure constatato che, quando strappava la corolla della Calceolaria, le api non ne visitavano i fiori.171 D’altra parte, in qualche grande macchia di Geraneum phaeum, emigrato dai giardini, io osservai lo strano fatto che i fiori continuavano a secernere nèttare in abbondanza dopo caduti tutti i petali, ed erano visitati dai calabroni. Ma le api, dopo aver trovato del nèttare nei fiori che avevano perduto uno o due petali, devono aver compreso che questi fiori, dopo la perdita totale di tutti i petali, meritavano ancora di essere visitati. Il solo colore della corolla può servir di guida approssimativa; per esempio io osservai per molto tempo dei calabroni che visitavano esclusivamente delle piante di Spiranthes autumnalis a corolla bianca, vegetante in una piccola zolla fuori di mano e considerevolmente lontana; questi calabroni volavano talvolta di qualche pollice vicini ad altre piante a fiori bianchi, ma poi scappavano via in cerca della Spiranthes. In altre, molte api che visitavano particolarmente la grecchia comune (Calluna vulgaris), volavano anche spesso sulla Erica tetralix, evidentemente attratte dalla simile tinta dei fiori, ma passavano poi tosto a quelli della Calluna.
Che il colore dei fiori non sia la sola guida degli insetti, è chiaramente provato dai sei suddetti casi, nei quali le api passavano molte volte direttamente da una all’altra varietà della stessa specie, sebbene i fiori ne fossero colorati in modo differente. Vidi anche delle api che volavano dritte da un gruppo di Oenothera a fiori gialli, a ciascun altro gruppo di tale pianta, senza distrarre d’un pollice la loro direzione, per vedere le piante di Eschscholtzia o d’altri fiori gialli ch’erano vicinissimi. In tali casi convien dire che le api conoscessero perfettamente la posizione di ciascuna pianta, come possiamo vedere dalla direzione del loro volo; e in ciò dovettero essere guidati dall’esperienza e dalla memoria. Ma come poterono esse scoprire per la prima volta che le suddette varietà a colori differenti appartenevano alla stessa specie? Quantunque ciò possa parere inverosimile, sembra che esse, almeno qualche volta, riconoscano le piante, anche distanti, dal loro aspetto complessivo, precisamente come faremmo noi stessi. In tre circostanze io osservai dei calabroni volare direttamente da un piede di Delphinium, in piena fioritura, ad un’altra pianta della stessa specie, distante 13 metri, che non aveva neppure un fiore aperto, e i cui bottoni mostravano appena un lieve colore azzurro. — In tal caso, nè l’odore, nè la memoria delle prime visite possono aver aiutati gl’insetti, e la tinta azzurra era sì sbiadita, che non può aver loro servito di guida.172
La bellezza della corolla non potrebbe bastare a provocare le frequenti visite degli insetti, a meno che non sia nel tempo stesso secreto il nèttare, ed emesso un odore qualsiasi. Osservai per due settimane, quasi ogni giorno, un muro coperto di Linaria cymbalaria in pieno fiore, e non ho visto che una sola ape la guardasse. Capitò un giorno caldissimo, e subito molte api vennero a visitarla. Sembra adunque che abbisogni un certo grado di calore per la secrezione di quel nèttare, perchè osservai nella Lobelia Erinus, che se il sole cessava di risplendere per una sola mezz’ora, le api diradavano le loro visite per ripigliarle poi. Un fatto analogo ho già riferito riguardo la secrezione del nèttare delle stipule della Vicia sativa. Come aveva fatto per la Linaria, sottoposi all’osservazione la Pedicularis sylvatica, la Polygala vulgaris, la Viola tricolor, come anche qualche specie di Trifolium; non aveva mai visto un’ape all’opera, quando tutto ad un tratto i fiori furono inondati da una nuvola di questi insetti. Come avviene che questi imenotteri siano avvertiti del momento in cui i fiori secernono il loro nèttare? Credo che sia il loro odorato, e che non appena qualche ape comincia a succhiare i fiori, le altre se ne accorgano all’odore e la seguono. Noi vedremo presto, trattando della perforazione della corolla, che le api sono avvedutissime nell’approfittare della fatica altrui. La memoria serve loro mirabilmente, perchè, come abbiamo detto, esse conoscono la posizione di ciascun gruppo dei fiori in un giardino. Io le ho vedute fare un angolo per andare da una pianta di Linaria ad un altro piede lontano, della stessa specie; essendo fra le due piante interposte altre piante che le nascondevano l’una all’altra.
Parrebbe che il sapore e l’odore del nèttare di certe piante non abbiano che attrattiva per le api o per i calabroni, perchè non v’è altra ragione onde giustificare la loro assenza da quelle, quando hanno i fiori aperti o nel periodo di secrezione. La scarsa quantità di liquore zuccherato che dànno quei fiori potrebbe a torto essere considerata come causa di questo fatto, perchè le api cercano avidamente anche le minime goccie delle foglie del Prunus cerasus. Anche le api di diverse arnie frequentano talvolta specie diverse di fiori, come avviene, secondo Grant, nel Polyanthus e la Viola tricolor.173 Seppi che i calabroni visitavano una pianta di Lobelia fulgens in un dato giardino, e non in un altro qualche chilometro distante. La coppa nettarifera nel labello dell’Epipactis latifolia non viene mai tocca nè dalle api nè dai calabroni, sebbene io abbia veduti questi insetti volare sulle Orchidee, e tuttavia il nèttare ha un gusto che mi parve aggradevole, ed è ordinariamente succhiato dalla vespa comune. Nel nostro paese, per quanto ho potuto vedere, le vespe non succhiano il nèttare che nei fiori dell’Epipactis, della Scrophularia aquatica, del Symphoricarpus racemosa174 e del Tritoma; le due prime indigene, le altre due esotiche. Essendo le vespe avidissime dello zucchero, in modo da succhiare anche le minutissime stille secrete dalle foglie di Prunus Laurocerasus, è strano ch’esse poi non succhino il nèttare che potrebbero trovare, senza bisogno della tromba, in molti fiori aperti. Le api visitano i fiori del Symphoricarpus e del Tritoma, ed è a stupirsi che non frequentino quelli dell’Epipactis e della Schrophularia aquatica, mentre visitano quelli della Schrophularia nodosa, almeno nell’America del Nord.175
L’industria maravigliosa delle api e il numero dei fiori che esse visitano in un tempo brevissimo, in modo che molti sono visitati più volte di seguito, deve molto aumentare la probabilità ch’essi hanno di ricevere il polline d’una pianta distinta. Quando il nèttare è, in qualsiasi modo, nascosto, le api non possono sapere, prima di aver introdotto la loro tromba, se esso sia stato sfruttato prima dalle loro compagne, e tale ignoranza, come osservai altrove, le obbliga a visitare un maggior numero di fiori. Tuttavia esse procurano di perdere il minor tempo possibile; per esempio, quando un fiore ha più nettarii, se ne trovano uno di vuoto, esse non guardano gli altri, e passano subito ad altro fiore. Il lavoro è così assiduo e tenace, che anche nelle piante sociali, che vivono a centinaia di migliaia unite, e in molte specie di Surcella, ogni fiore viene visitato. Io voglio ora dare una prova di tal fatto. Le api non perdono un solo momento, ed esse passano rapidissimamente da una pianta all’altra, ma non conosco la velocità del loro volo. I calabroni percorrono quattro leghe all’ora; me ne persuasi, riguardo ai maschi, approfittando della loro strana abitudine di recarsi in determinati luoghi, ciò che permette di misurare il tempo che impiegano a farlo.
Riguardo al numero dei fiori che visitano le api in un dato tempo, io osservai che in un minuto preciso un calabrone visitò ventiquattro corolle di Linaria cymbalaria; nello stesso tempo un’ape visitò ventidue fiori di Lobelia racemosa, e un’altra diciassette fiori di Delphinium. Nello spazio di 15 minuti, un solo fiore, collocato sulla cima di un piede di Oenothera, fu ricercato otto volte da più calabroni, ed io potei seguire l’ultimo di questi insetti mentre egli visitava in qualche minuto ciascuna pianta della stessa specie in un vasto giardino. In 19 minuti ciascun fiore d’una Nemophila insignis fu visitato due volte. In un minuto, sei fiori di una Campanula furono esaminati da un’ape raccoglitrice di polline, e queste operaie lavorano più lentamente cercando il polline che succhiando il nèttare. Finalmente sette infiorescenze d’una pianta di Dictamus Fraxinella, furono osservate per dieci minuti il 15 giugno 1841 e furono visitate da tredici calabroni, che penetrarono tutti in molti fiori. Il 22 del mese stesso, gli stessi fiori furono visitati nel tempo stesso da undici calabroni. Questa pianta aveva in tutto duecento ottanta fiori, e dai suddetti dati, se noi teniamo conto che i calabroni lavoravano fino a sera inoltrata, ciascun fiore dovette essere visitato almeno trenta volte il giorno, e noi sappiamo che questo fiore resta aperto per molti giorni. La frequenza delle visite delle api è anche dimostrata, talvolta, dalla maniera con cui i loro torsi ricurvi lacerano i petali; io ho veduto delle grandi aiuole di Mimulus, di Stachys e di Lathyrus che avevano tutti i loro bei fiori sciupati.
Perforazione della corolla fatta dalle api. — Ho già accennato che le api fanno dei buchi nei fiori per arrivare a succhiarne il nèttare. Ciò praticano tanto nei fiori esotici che negli indigeni, nelle varie parti d’Europa, negli Stati Uniti e dell’Himalaia, e forse in tutte le parti del mondo. Le piante la cui fecondazione dipende dalla penetrazione degli insetti nel fiore, non produrranno mai semi se il nèttare viene sottratto dall’esterno, ed anche nelle specie che sono capaci di autofecondazione senza alcun intervento estraneo, non può essere possibile la fecondazione incrociata; ora noi sappiamo che ciò è un grave danno nella maggior parte dei casi. La frequenza della perforazione della corolla per parte dei calabroni è sorprendente; io ne osservai un caso notevole presso Bonrnemouth, dove ci sono estesissime lande. Faceva una lunga camminata e coglievo di quando in quando un ramo di Erica tetralix; quando n’ebbi un pugno, io esaminai tutti i fiori colla lente. Continuai a lungo l’osservazione, e in parecchie centinaia non trovai una sola corolla che non fosse stata perforata. I calabroni ne avevano già succhiato i fiori attraverso le aperture. Nel giorno seguente in un’altra estensione esaminai un gran numero di fiori collo stesso risultato, ma erano state invece le api che avevano succhiato il fiore. Questo caso è fra tutti notevolissimo, perchè questi fori innumerevoli erano stati fatti in una quindicina di giorni, perchè prima di tal epoca io aveva visto le api succhiare il fiore per la via naturale della corolla. In un vasto giardino, molte grandi aiuole di Salvia Grahami, di Stachys coccinea e di Pentstemon argutus avevano tutti i loro fiori perforati; ne esaminai una gran quantità. Trovai dei campi intieri di trifoglio rosso, egualmente perforato. Il dottor Ogle ha constatato che il 99 per 100 dei fiori di Salvia glutinosa erano stati perforati. Agli Stati Uniti, il signor Barley dice che è difficile trovar un fiore di Gerardia pediculata (indigena), il quale non sia traforato, e il signor Gentry, parlando della Wistaria sinensis, introdotta in America, dice «che quasi ogni fiore ne fu perforato».176
Per quanto ho potuto vedere, sono sempre i calabroni che forano per primi i fiori, e sono adatti a tale operazione perchè posseggono due poderose mandibole; ma in seguito sono le api che profittano di tali aperture. Il dott. H. Müller tuttavia mi scrisse, che talvolta le api forano da sole i fiori della Erica tetralix. Nessun altro insetto, se non in qualche caso le vespe, hanno l’avvedutezza di approfittare delle aperture fatte. I calabroni stessi non indovinano sempre che sarebbe loro vantaggioso di perforare alcuni fiori. Esiste nel nettario del Tropaeolum tricolor un’abbondante provvisione di nèttare, ma io ho sempre trovato essere questa pianta intatta; mentre altri fiori vicini erano stati molto bucherati; ma molti anni sono il giardiniere del signor John Lubbock mi assicurò di aver veduto dei calabroni perforanti il nettario del Tropaeolum. Müller ha visto dei calabroni che tentavano di succhiare, per le fauci della corolla, i fiori di Primula elatior e dell’Ancolia; e non potendo arrivarci, fecero dei buchi nella corolla; ma la perforano anche quando, senza grande fatica, possono succhiare il nèttare per la via naturale della corolla.
Il dott. Ogle mi ha fatto conoscere un caso curioso. Egli raccolse in Svizzera cento infiorescenze della varietà azzurra comune di Aconito (Aconitum Napellus), in cui nessun fiore era stato perforato. Egli raccolse in seguito cento infiorescenze d’una varietà bianca che vegetava nelle vicinanze, e ciascuno dei suoi fiori sbocciati era stato perforato. Questa curiosa differenza delle corolle deve molto probabilmente attribuirsi a ciò, che la varietà azzurra è disaggradevole alle api, per la materia acre che è profusissima nelle Ranuncolacee, mentre nella varietà bianca, scomparisce insieme alla tinta azzurra. Secondo Sprengel,177 questa pianta è molto proterandra, ella sarebbe dunque sterile se le api non trasportassero il polline dei fiori giovani ai vecchi. Ne deriva che le varietà bianche i cui fiori sono sempre traforati, invece che essere normalmente visitati dalle api, non dovrebbero dare tutti i loro semi e diverrebbero piante relativamente rare; e il dott. Ogle mi dice che ciò è appunto vero.
Le api mostrano molta abilità nel loro lavoro, perchè esse fanno sempre le aperture in corrispondenza al punto in cui il nèttare è nascosto nella corolla. Tutti i fiori d’una grande aiuola di Stachys coccinea, avevano una o due fessure alla parte superiore della corolla e presso la sua base. I fiori di una Mirabilis e d’una Salvia coccinea furono perforati nella stessa maniera, mentre quelli della Salvia Grahami, nei quali il calice è più allungato, avevano tutti invariabilmente delle aperture e al calice e alla corolla. I fiori del Pentstemon argutus, sono più larghi di quelli delle piante che abbiamo nominate, ed hanno avuto sempre due perforazioni una accanto all’altra, proprio al disopra del calice. In questi vari casi la perforazione avvenne sulla superficie superiore, ma nell’Antirrhinum majus si videro invece uno o due fori nella faccia inferiore, vicinissimi alla piccola protuberanza che corrisponde al nettario, e perciò appunto al sito più vicino al nèttare.
Ma il caso più notevole di abilità e di ragionamento che mi sia noto, è nella perforazione dei fiori di Lathyrus sylvestris, come lo descrisse mio figlio Francesco.178 Il nèttare in questa pianta è racchiuso in un tubo costituito dagli stami collegati e che contorna il pistillo sì strettamente, che un’ape a fatica vi può introdurre la sua tromba, ma presso alla base vi sono due orifizi, perchè questi insetti possano attingere il nèttare. Mio figlio in sedici fiori sopra ventiquattro di queste piante, ed in undici sopra sedici del pisello coltivato perenne (che è una varietà della stessa specie o d’una specie vicinissima) ha trovato che l’orifizio sinistro è più grande che il destro. Da ciò deriva il fatto importante, che i calabroni fanno dei fori attraverso lo stendardo, e lavorano sempre dalla parte sinistra dell’orifizio che è la maggiore. Mio figlio fa questa osservazione: «È difficile spiegare come le api abbiano imparato questa manovra. Hanno forse scoperta la differenza delle dimensioni degli orifizi del nèttare, succhiando i fiori nel modo ordinario, e, condotte da tale conoscenza, hanno potuto determinare il punto in cui deve praticarsi il foro, oppure lo hanno trovato perforando lo stendardo in più punti, ed imparata e ritenuta tale situazione anche visitando poi gli altri fiori? Sia nell’uno che nell’altro caso, non mostrano di saper utilizzare le cognizioni fatte colla esperienza». Pare che le api debbano la loro abilità di praticare dei fori in tutti i fiori al loro istinto di modellare le cellule e i favi di cera, o di ingrandire i loro bozzoli con tubi pure di cera, perchè esse sono così obbligate a lavorare la stessa sostanza all’interno ed all’esterno.
Al principio della state del 1857, fui tratto ad osservare, per qualche settimana, più aiuole di Phaseolus multiflorus, per conoscere la fecondazione di questa pianta, e vidi che ogni giorno le api e i calabroni ne succhiavano i fiori per le fauci. Una volta trovai molti calabroni occupati a perforare le corolle, una dopo l’altra, e il giorno dopo, tutte le api, in luogo di posarsi sull’ala sinistra e di succhiare il fiore nel modo naturale, volavano diritto, senza esitare, al calice per succhiarne il nèttare a traverso il buco fatto ventiquattr’ore prima dai calabroni; e ciò fecero per più giorni consecutivi.179 Il signor Belt mi ha riferito (28 giugno 1874) un fatto molto simile, con la sola differenza che meno della metà di corolle erano state traforate dai calabroni, e nondimeno tutte le api cessarono di succhiare i fiori intatti per la loro apertura naturale, e penetrarono invece pei fori artificiali dei fiori bucati. Come si accorsero le api che v’erano state fatte le aperture? Certo per istinto, perchè la pianta era esotica. Le api non possono vedere questi fori dalle ali del fiore dov’esse vanno sempre per primo a posarsi. Dopo che le api furono ingannate con tanta facilità togliendo via i petali della Lobelia Erinus, era evidente che in tal caso esse non erano attirate al nèttare per il suo profumo, ed è pure a dubitarsi che siano state attirate ai fori di questi fiori di Phaseolus dall’odore che ne usciva. S’accorsero forse delle aperture col tatto delle loro trombe succhiando i fiori nel solito modo, e compresero forse ch’era tempo guadagnato di posarsi sull’esterno del fiore ed approfittare di quei fori? È questo un ragionamento troppo fino, mi sembra, per un’ape; ed è più probabile che avendo visto i calabroni all’opera ed avendo compreso ciò ch’essi facevano, esse li abbiano imitati approfittando di questo piccolo passaggio, verso il nèttare. Anche negli animali altolocati nella loro specie, come le scimie, noi resteremmo meravigliati nel vedere che gli individui d’una specie, in ventiquattr’ore, hanno compreso e praticato un atto proprio di un’altra specie.
Io osservai spesso in molte specie di fiori, che tutte le api e i calabroni che succhiavano per i fori, volavano, senza esitare, tanto sotto che sopra la corolla, ciò che dimostra che gli individui d’una località si comunicano presto fra loro le conoscenze.180 Tuttavia in tal caso l’abitudine c’entra fino ad un certo punto, come in molte altre operazioni delle api. Il dott. Ogle, i sig. Farrer e Belt, hanno osservato, nel Phaseolus multiflorus,181 che alcuni insetti entrano soltanto per le aperture artificiali, mentre altri penetrano per la via naturale. Io osservai lo stesso fatto nel 1861 nel Trifolium pratense. La forza dell’abitudine è così persistente, che quando un’ape visita i fiori perforati ne trova uno che non lo è, non tenta d’entrarci per l’apertura naturale, ma va subito in cerca di un’altra corolla perforata. Nondimeno io ho potuto vedere una volta un calabrone a visitare l’ibrido Rhododendron azaloides, e penetrare in qualche fiore per l’apertura naturale, mentre in altri praticava i suoi fori. Il dott. H. Müller mi riferisce che nello stesso paese ha veduto molti individui di Bombus mastrucatus traforare calice e corolle del Rhinanthus alectorolophus, e di altri, soltanto la corolla. Si possono pure vedere differenti specie di api agire nello stesso tempo sulla stessa pianta in modo diverso. Io vidi delle api succhiare per le loro aperture naturali dei fiori di fagiuolo comune, i calabroni d’una specie lavorare a traverso i fori praticati nel calice, altri di una specie differente, succhiare le goccioline di liquore trasudate dalle stipule. Il sig. Beal di Michigan mi riferisce che i fiori dell’uva ribes del Missouri (Ribes aureum) abbondano talmente di nèttare che i fanciulli stessi ne succhiano, e ha viste le api suggerlo a traverso i fori fatti dagli uccelli (Rigogoli), mentre che nel tempo stesso i calabroni succhiavano, come il solito, per l’apertura naturale. Questo fatto concernente il Rigogolo, mi ricorda ciò che ho detto di certe specie di uccelli mosca che perforano i fiori della Brugmansia, mentre altre specie v’entrano per le fauci.
Il motivo che spinge le api a fare delle aperture a traverso la corolla, pare che sia il risparmio di tempo, perchè esse ne perdono molto arrampicandosi al disotto o al di fuori dei fiori, ed introducendo a forza la testa in quelli che sono chiusi. Nella Stachys e nel Pentstemon, posandosi sulla faccia superiore della corolla, e succhiando pei fori artificiali in luogo di penetrare per la via naturale, esse furono in grado di succhiare doppio numero di fiori ch’io non mi fossi aspettato. Tuttavia ciascun’ape, prima di acquistare tanta pratica, deve pur perder tempo a fare tutte le perforazioni, specialmente quand’esse devono traforare corolla e calice. Tale lavoro indica adunque una certa previdenza, come la dimostrano nelle loro costruzioni dell’alveare; e non possiamo noi forse ammettere che in questo vi sia un po’ di relazione col loro istinto sociale, col loro bisogno di essere utili agli altri individni della loro specie?
Anni sono, restai meravigliato, che per regola generale, i calabroni perforano i fiori solo quando questi si trovano in gran numero e vicini tra loro. In un giardino dove c’erano alcune grandissime macchie di Stachys coccinea e di Pentstemon argutus, ciascun fiore era traforato, ma io trovai due piante della prima specie, viventi molto lontane, i cui petali lacerati mostravano che le api li avevano molto frequentati; eppure nessun fiore v’era perforato. Trovai anche una pianta solinga di Pentstemon, nella cui corolla vidi penetrare le api, e nessun fiore v’era perforato. L’anno seguente 1842 visitai molte volte lo stesso giardino; al 19 luglio i calabroni succhiavano i fiori di Stachys coccinea e di Salvia Grahami, nel modo naturale e nessun fiore fu perforato. Il 7 agosto tutti i fiori erano perforati, anche quelli di qualche pianta di Salvia, che viveva un po’ lontana dalla grande aiuola. Il 21 agosto solo qualche fiore alla sommità delle spiche delle due specie restò intatto e nessun altro fu più perforato. Inoltre, nel mio proprio giardino, ciascuna pianta di parecchie file di fagiuoli comuni, aveva molti fiori perforati; ma negli angoli remoti del detto giardino trovai tre piante accidentalmente cresciute, e queste non avevano alcun fiore perforato. Il generale Strachey aveva prima veduto molti fiori perforati in un giardino tra l’Himalaia; scrisse al proprietario che osservasse se v’era in quel luogo relazione tra l’agglomeramento e la perforazione dei fiori, e gli fu risposto di sì. Da ciò deriva che il Trifolium pratense e il fagiuolo comune, quando sono coltivati in grandi quantità, l’Erica tetralix che vegeta in grandi macchie nelle steppe, le aiuole dei fagiuoli di Spagna, nelle ortaglie, e moltissime specie nei giardini a fiori, sono tutte disposte per la perforazione.
Lo spiegare tal fatto non è punto difficile. I fiori riuniti in grandi quantità costituiscono una ricca preda per le api, visibilissima a grandi distanze. Essi vengono quindi visitati da nuvole di questi insetti; ed una volta contai da 20 a 30 api sopra un gruppo di Pentstemon. Per rivalità, questi insetti sono stimolati a lavorare assai in fretta, e, ciò che è più importante, esse trovano una grande quantità di questi fiori, come ha scritto mio figlio,182 già spogliati di nèttare per essere stati anteriormente succhiati. Siccome esse perderebbero molto tempo a frugare nei fiori vuoti, così li forano a dirittura per giungere più prestamente a scoprire se ve ne sia e a succhiarlo.
I fiori che sono in parte o affatto sterili, senza l’intervento degli insetti, come quelli della maggior parte delle specie Salvia, del Trifolium pratense, del Phaseolus multiflorus, devono restare più o meno infecondi quando le api li perforano. I fiori perforati, nelle specie capaci di autofecondarsi, non danno che semi autofecondati, e le pianticine che ne derivano, saranno per conseguenza meno vigorose. Per cui tutte le piante vanno più o meno a soffrire, quando le api succhiano il loro nèttare in modo artificiale, perforando la corolla, e molte specie dovrebbero anche estinguersi. Ma, come avviene generalmente in natura, v’è anche in tal caso una tendenza a ristabilire l’equilibrio. Se una pianta soffre per la perforazione, un minor numero di individui attira a avilupparsi completamente, e siccome il nèttare è importante per le api, anche queste alla lor volta soffriranno, s’esso manca, e diminuiranno in numero; ma (e ciò è più importante), appena le piante diventano abbastanza rare e non formano più gruppo, le api non sono più costrette a perforare i fiori e v’entrano per la via naturale. Per tal modo verranno prodotti più semi, e le pianticine nate dalla fecondazione incrociata, diventando più vigorose, la specie tornerà ad aumentare in numero fino a tanto che le piante si aggrupperanno di nuovo, e così via.