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Prove dei vantaggi della fecondazione incrociata e dei danni dell’autofecondazione. - Alcune specie affini differiscono molto coi loro mezzi particolari nel favorire la fecondazione incrociata, e nell’allontanare l’autofecondazione. - I vantaggi e i danni portati da questi due processi dipendono dal grado di differenza negli organi sessuali. - Gli effetti dannosi non dipendono da tendenze morbose dei genitori. - Condizioni alle quali vanno assoggettate le piante vivendo agglomerate, sia naturalmente che artificialmente; effetti di tali condizioni. - Considerazion teoriche sull’azione reciproca degli elementi sessuali differenziati. - Deduzioni pratiche. - Genesi dei due sessi. - Rapporti fra gli effetti della fecondazione incrociata e l’autofecondazione, e quelli delle unioni legittime ed illegittime nelle piante eterostilee, e paragone colle unioni ibride.
La prima e più importante conclusione che deriva dalle osservazioni raccolte in questo libro, è che la fecondazione incrociata è generalmente vantaggiosa e l’autofecondazione è svantaggiosa. Tale conclusione apparisce dalla differenza in altezza in peso, in vigore costituzionale e in fecondità, fra la discendenza dei fiori incrociati e degli autofecondati, come pure dal numero dei semi che producono le piante generatrici. Riguardo alla seconda parte di questa conclusione, cioè allo svantaggio che ordinariamente deriva dall’autofecondazione, noi ne abbiamo larghissime prove. La struttura dei fiori nelle piante come la Lobelia ramosa, Digitalis purpurea, rende quasi indispensabile l’intervento degli insetti per la loro fecondazione, e se noi ricordiamo la preponderanza che ha il polline d’una pianta distinta sopra quello dello stesso individuo, tali piante devono certamente essere state incrociate, se non in tutte, almeno in molte generazioni anteriori. E appunto per la preponderanza del polline estraneo, deve così succedere nei cavoli e nelle diverse altre piante, le cui varietà quasi sempre si inter-crociano allorchè vivono in comunione. La stessa conclusione può trarsi con maggior sicurezza in riguardo alle piante che, come la Reseda e l’Eschscholtzia, sono sterili col loro proprio polline, ma fertili con quello di un’altra. Tali numerose piante devono essere state incrociate per una lunga serie di generazioni anteriori, e gl’incrociamenti artificiali che risultano dalle mie esperienze, non possono aver aumentato il vigore della discendenza in confronto di quello dei progenitori. Per cui la differenza fra le incrociate e le autofecondate che io ottenni, non dipenderebbe dalla superiorità delle pianticine incrociate, ma dall’inferiorità risultante nelle autofecondate per i dannosi effetti dell’autofecondazione.
Quanto alla prima conclusione, ai vantaggi, cioè, derivanti dall’incrociamento, noi abbiamo altrettante fortissime prove da registrare.
Alcune piante d’Ipomaea furono inter-crociate per nove generazioni successive, poi furono di nuovo inter-crociate ed incrociate con un nuovo ceppo, cioè con una pianta proveniente da un altro giardino, e la discendenza di questi due incroci, fu, in altezza, a quelle delle inter-crociate come 100 a 78, e in fecondità come 100 a 51. Un’analoga esperienza fatta sulla Eschscholtzia, diede un simile risultato riguardo alla fecondità. – In nessuno di tali casi, queste piante furono il prodotto dell’autofecondazione. Alcune piante di Dianthus furono autofecondate per tre generazioni, e ciò fu a loro certo svantaggioso; ma quando tali piante furono fecondate con un nuovo ceppo, o per soggetti inter-crociati appartenenti alla stessa origine, v’ebbe, fra le due serie di pianticine, una grande differenza in fecondità ed una leggera come altezza. La Petunia offre un caso quasi eguale. Per molte altre piante i notevoli effetti di un incrocio con un nuovo ceppo, possono essere veduti nella Tabella C. Furono pubblicate molte osservazioni183 sullo sviluppo straordinario che prendono le pianticine provenienti da un incrocio fra due varietà della stessa specie, di cui qualcheduna è ritenuta incapace di autofecondazione; per modo che, in tal caso, non possono entrarci per niente, nè la fecondazione diretta nè la parentela. Possiamo dunque ritenere che le due suddette conclusioni sono vere, che cioè la fecondazione incrociata è generalmente vantaggiosa alla discendenza, mentre la fecondazione propria le è nociva.
Certamente è strano di vedere alcune piante, come per es. la Viola tricolor, Digitalis purpurea, Sarothamnus scoparius, Cyclamen persicum, ecc., che erano state naturalmente incrociate per molte anteriori generazioni o per tutte, soffrire subito dopo la prima autofecondazione. Nulla di simile fu osservato nei nostri animali domestici, ma noi non dobbiamo dimenticare che l’incrocio più vicino che sia possibile fra animali posti in condizioni simili, cioè a dire fra fratelli e sorelle, non può essere considerato come un’unione tanto intima come quella che risulta dal contatto del polline e degli ovuli dello stesso fiore. Noi non sappiamo ancora se i danni risultanti dall’autofecondazione, vanno crescendo nelle successive generazioni, ma posso dedurre dalle mie esperienze, che tale progressione non è punto rapida. Dopo che le piante furono propagate per autofecondazione per più generazioni, un semplice incrocio con un nuovo ceppo li riconduce al loro primitivo vigore, e noi abbiamo un simile risultato nei nostri animali domestici (vedi la nota antecedente). Gli effetti vantaggiosi della fecondazione incrociata sono nelle piante trasmessi alla generazione seguente, e (se noi ne giudichiamo da quanto succede nelle varietà del pisello comune) alle numerose generazioni seguenti. Ma tale risultato può forse dipendere da ciò che le piante incrociate della prima generazione sono molto vigorose, e trasmettono le loro forze, ed altri loro caratteri, ai loro successori.
Malgrado i danni che derivano, per molte piante, dall’autofecondazione, esse possono essere propagate in questo modo, in condizioni sfavorevoli, per più generazioni, come lo dimostra qualche mia esperienza, e sopratutto come lo prova la persistenza, per quasi mezzo secolo, delle stesse varietà di pisello comune e di pisello da odore. La stessa conclusione si confà forse alle numerose piante esotiche, che nel loro paese d’origine non sono mai o quasi mai incrociate. Ma tutte queste piante, per quanto da lontano si siano fatte esperienze, traggono sempre profitto da un incrocio con un nuovo ceppo. Alcune piante, come l’Ophrys apifera, sono state certamente propagate allo stato naturale per migliaia di generazioni senza aver subito un solo inter-crociamento, e noi non sappiamo se esse approfitterebbero di un incrocio con un nuovo ceppo. Tali casi del resto non possono far dubitare del vantaggio dell’incrociamento, come regola generale; nè l’esistenza di piante, che, allo stato naturale, si riproducono esclusivamente per rizomi, stoloni, ecc.184 (non producendo i loro fiori semi), può indurci a dubitare che la generazione col mezzo di semi non porti qualche beneficio, essendo il metodo di propagazione più comune in natura. Che alcune specie si siano riprodotte asessualmente fin da un’epoca remotissima, noi non possiamo affermarlo. Il solo mezzo col quale noi possiamo formarci un giudizio in proposito, è la persistenza delle varietà nei nostri alberi fruttiferi, che da molti anni vengono propagati per innesto e per barbatelle. Andrew Knight sostenne un tempo che in tali condizioni le piante si indeboliscono sempre, ma venne energicamente contraddetto da altri osservatori. Un recente giudice competente, il prof. Asa Gray,185 ha adottato l’opinione di Knight, la quale mi sembra la più probabile, dopo tutte le prove che ho potuto raccogliere, ad onta dei numerosi fatti che la contraddicono.
I mezzi propri a favorire la fecondazione incrociata e a prevenire, o inversamente a favorire l’autofecondazione ed a prevenire in certo modo l’incrocio, sono notevolmente differenti, ed è strano che in alcune piante molto186 affini di specie diversifichino assai. Non è raro d’incontrare, nello stesso genere, piante ermafrodite ed altre, che hanno i loro semi separati; comunemente si vede alcune specie dicogame ed altre che non lo sono, maturare simultaneamente i loro elementi sessuali. – Il genere Saxifraga, che è dicogama, contiene alcune specie proterandre, altre proterogine.187 Molti generi contengono specie eterostilee (a forma dimorfa o trimorfa) e specie omostilee. L’Ophrys dà il rimarchevole esempio d’una specie la cui struttura è manifestamente adatta all’autofecondazione, e di altre specie evidentemente fatte per l’incrociamento. – Alcune specie congeneri sono affatto sterili ed altre affatto feconde col proprio polline. Per queste numerose cause, noi troviamo spesso, in uno stesso genere, delle specie, che, senza l’intervento degli insetti, non producono semi, mentre altre ne producono in copia. Alcune specie portano ad un tempo fiori cleistogeni che non possono essere incrociati, e fiori perfetti, mentre altre del genere stesso non producono che fiori cleistogeni. Alcune specie esistono sotto due forme, delle quali una ha fiori adatti alla fecondazione incrociata, e l’altra non ha che piccoli fiori disposti all’autofecondazione, mentre altre specie dello stesso genere non rivestono che una sola forma. Più ancora, negli individui della stessa specie, il grado di autofecondità va soggetto a variazioni, esempio la Reseda. Nelle piante poligame la distribuzione dei sessi differisce negli individui della stessa specie. Il periodo nel quale gli elementi sessuali dello stesso fiore maturano, differisce nelle varietà del Pelargonium, e Carrière, riferisce più casi188 che mostrano come tale periodo varia secondo la temperatura in cui vivono le piante. – Tale straordinaria differenza negli elementi che devono favorire od ostare alla fecondazione incrociata o propria in piante assai affini dipende probabilmente da ciò, che i due processi di fertilizzazione, sebbene assai favorevoli alla specie, sono direttamente opposti l’uno all’altro e subordinati alla varietà delle condizioni. – L’autofecondazione garantisce un grande prodotto di semi, e la necessità o il vantaggio di essa nella pianta sarà determinato dalla durata media della vita, la quale dipende dal complesso delle cause di distruzione che possono subire i semi e le novelle pianticine. Tale distruzione dipende da influenze le più varie, come la vicinanza di animali di tale o tal altra specie, o la propagazione delle piante circostanti. La possibilità della fecondazione incrociata dipende sopratutto dalla presenza e dal numero degl’insetti, spesso dal gruppo speciale a cui tali insetti appartengono, o dal grado di attrattiva che su di loro esercitano i fiori d’una specie in confronto di un’altra, tutte circostanze variabilissime. Del resto i vantaggi risultanti dalla fecondazione incrociata differiscono molto nelle diverse piante, è dunque probabile che alcune specie affini approfitterebbero dell’incrocio in un grado differente. In tali condizioni molto variabili, e dinanzi ai due scopi, in qualche modo contrari, cioè, la propagazione della specie assicurata, e la produzione d’una vigorosa discendenza incrociata, non è sorprendente che alcune forme affini presentino una grande diversità nei mezzi impiegati per ottenere l’uno o l’altro scopo. Se, come è supponibile, l’autofecondazione è sotto un certo aspetto vantaggiosa (sebbene ella sia più che compensata nei suoi effetti dai vantaggiosi risultati d’un incrocio con un nuovo ceppo), il problema diventa ancor più complicato.
Non avendo fatto esperienze che due sole volte su parecchie specie di uno stesso genere, io non saprei dire se la discendenza incrociata, in molte specie dello stesso genere, differisca in superiorità da quella nata dalle medesime specie autofecondate; ma, dopo quanto ho osservato nelle due specie di Lobelia e in due soggetti della stessa specie di Nicotiana, io sarei indotto a credere che l’esperienza confermi l’esattezza di tale opinione. Le specie appartenenti a generi distinti della stessa famiglia, differiscono certamente a questo riguardo. Gli effetti della fecondazione diretta o dell’incrociata possono consistere o nello sviluppo o nella fecondità della discendenza, ma in generale dipendono e dall’uno e dall’altra. Pare adunque che non vi sia alcuna intima relazione fra l’opportunità che hanno i fiori delle diverse specie di prestarsi all’incrociamento e il modo con cui ne trae profitto la discendenza; ma noi possiamo a questo riguardo facilmente ingannarci, perchè, ad assicurare la fecondazione, esistono due mezzi speciali che non appariscono esteriormente, cioè l’autosterilità e l’efficacia preponderante del polline preso da un altro individuo. Finalmente si è dimostrato in uno dei precedenti capitoli, che l’effetto dell’incrocio e dell’autofecondazione sulla fertilità dei generatori non corrisponde a quello prodotto sull’altezza, sul vigore e la fecondità della discendenza. La stessa osservazione è da farsi sulle pianticine incrociate ed autofecondate allorchè si impiegano come generatori. Tale sconcordanza dipende in parte da ciò, che la quantità dei semi prodotti è principalmente subordinata al numero dei tubi pollinici che toccano gli ovuli (e tale formazione è governata dall’azione mutua che si esercita fra il polline, la superficie stigmatica e la sua secrezione), mentre che lo sviluppo ed il vigore organico della discendenza sono determinati più che mai, e per il numero dei condotti pollinici penetranti negli ovuli e per la reazione che avviene fra il contenuto dei granelli pollinici e quello degli ovuli.
Due altre importanti conclusioni possono ancora essere tratte dalle mie osservazioni: primo, che i vantaggi dell’incrocio non dipendono da qualche proprietà misteriosa disposta nella semplice unione di due individui distinti; ma da ciò che tali individui furono sottoposti, durante le anteriori generazioni, a condizioni differenti, od hanno subìta la variazione comunemente detta spontanea, in modo che tanto nell’uno che nell’altro caso, i loro elementi sessuali si saranno in un dato grado differenziati; – secondo, che gli svantaggi dell’autofecondazione provengono dalla mancanza di tale differenza negli elementi sessuali. Tali due proporzioni sono già stabilite dalle mie esperienze. Ad esempio, quando le piante d’Ipomaea e di Mimulus, che erano state autofecondate per otto generazioni anteriori e costantemente conservate nelle stesse condizioni, furono inter-crociate le une colle altre, la discendenza non profittò punto dell’incrociamento. Il Mimulus offre un altro caso istruttivo che dimostra come i vantaggi d’un incrociamento dipendono dalle condizioni in cui hanno vissuto i progenitori. Piante per lo innanzi autofecondate per otto generazioni anteriori, furono incrociate con piante che avevano subìto l’inter-crociamento per altrettante generazioni, e tutte erano state, per quanto fu possibile, conservate nelle stesse condizioni; le pianticine provenute da tale incrociamento vissero in concorrenza con altre nate dalla stessa pianta generatrice autofecondata, sottomesse ad un incrocio con un nuovo ceppo, e le ultime stavano alle prime in altezza come 100 a 52, in fecondità come 100 a 4. Sul Dianthus si fece un’analoga esperienza, con questa sola differenza, che le piante non erano state autofecondate che per tre sole generazioni precedenti, e il risultato, sebbene meno rimarcato, fu analogo. I due precedenti casi (nei quali i discendenti dell’Ipomaea e dell’Eschscholtzia, derivati da un incrocio con un nuovo ceppo, diventarono tanto superiori alle inter-crociate della vecchia origine, quanto queste ultime lo furono ai discendenti autofecondati), si confanno pure alle stesse conclusioni. Un incrocio con un nuovo ceppo o con un’altra varietà sembrò essere sempre vantaggiosissimo, che le piante generatrici siano state, o no, inter-crociate o autofecondate per più generazioni anteriori. Il fatto che un incrocio fra due fiori della stessa pianta resta senza effetto vantaggioso o non ne produce che pochissimo, viene pure a rinforzare le mie conclusioni, perchè gli elementi sessuali dei fiori della stessa pianta possono difficilmente differire fra loro; tuttavia tal fatto può avvenire, perchè i germogli fiorali sono, in certo modo, individui distinti che differiscono talvolta l’uno dall’altro, e si distinguono sia come struttura che come dimensioni. Per cui la conclusione che i benefizi risultanti dall’incrocio dipendano da ciò, che le piante che gli furono assoggettate, hanno subìto per più generazioni anteriori condizioni un po’ differenti, o da ciò che esse hanno variato per una causa ignota, è comprovata in moltissimi argomenti.
Prima di procedere noi dobbiamo esaminare l’opinione, che è stata sostenuta da molti fisiologi, cioè, che tutti gli svantaggi provenienti da un incrocio tra animali troppo affini, e dall’autofecondazione delle piante, sono risultati dall’accrescersi di qualche tendenza morbosa, dalla debolezza costituzionale comune ai generatori troppo affini o ai due sessi delle piante ermafrodite. Probabilmente certi danni possono derivare da questa causa; ma non sarebbe possibile estenderla ai molti casi contenuti nelle mie Tabelle. È opportuno di ricordare che la pianta madre era stata e incrociata e autofecondata, di modo che se ella fosse stata malaticcia, avrebbe trasmessa metà delle sue tendenze morbose alla discendenza incrociata. Ma si erano scelte, per l’esperienza, piante affatto sane, delle quali alcuna viveva allo stato selvaggio, alcuna discendeva immediatamente da piante selvaggie, altre da vigorose piante comuni nei giardini. Dopo il numero delle specie esperimentate, non vi sarebbe nulla di più assurdo del supporre che in tutti tali casi le piante madri, sebbene non malaticcie, fossero deboli o nascondessero una malattia particolare, in modo da non permettere che le loro pianticine autofecondate superassero in altezza, in peso ed in vigore le loro avversarie incrociate. D’altronde, tale opinione non può estendersi ai vantaggi notevolissimi che, per quanto posso giudicare dalle mie esperienze, risultano da un incrocio fra individui della stessa varietà o di varietà distinte, quando esse abbiano per parecchi anni vissuto in condizioni differenti.
È evidente che il diverso modo di esistere di due serie di piante, per più generazioni, può condurre a risultati non vantaggiosi riguardo all’incrociamento, a meno che i loro elementi sessuali non siansi modificati per tali condizioni. Che ciascun organismo subisca delle alterazioni per un cambiamento di condizione, è cosa da non discutersi più, ed è inutile che ne ridiamo le prove. Noi possiamo rilevare la differenza che esiste fra gli individui della stessa specie se questi vegetarono al sole o all’ombra, al secco o all’umido. Le piante che, per molte generazioni, sono state propagate in climi differenti, o in differenti stazioni, trasmettono ai loro germogli le loro differenze costituzionali. Su tali condizioni la costituzione chimica dei loro fluidi e la natura dei loro tessuti restano spesso modificati.189 Potrei aggiungere molte altre prove; ma, riassumendo, dirò solo, che ciascun’alterazione nelle funzioni di un organo influisce spesso su quella degli altri, sebbene tale alterazione nella composizione o nella struttura sia lievissima.
Qualunque azione venga esercitata sopra un organismo, influisce sui suoi elementi sessuali. Ne abbiamo la prova nell’eredità delle nuove modificazioni avvenute, come quelle che risultano dall’uso o non uso d’una parte, ed anche dalle mutilazioni patologiche.190 Abbiamo prove della somma eccitabilità dell’apparato riproduttore sotto l’influenza del variare di condizioni, in molti animali resi sterili dalla captività (o non si accoppiano più, o se lo fanno non hanno discendenza), anche quando la reclusione non è rigorosa, e nelle piante rese sterili dalla coltivazione. Ma nessun fatto dimostra l’influenza dei cambiamenti di condizione sugli elementi sessuali, quanto quelli già riferiti, che cioè alcune piante autosterili in un paese, producono, appena trasportate in un altro, una grande quantità di semi autofecondati.
Ammesso che i cambiamenti di condizioni abbiano un’azione sugli elementi sessuali, si può dire fino a qual punto due o più piante viventi fra loro vicinissime (nel loro paese nativo o in un giardino) resteranno modificate, se le condizioni nelle quali vivono sembrano essere identiche? Sebbene tale domanda sia stata presa altre volte in considerazione, essa merita che noi ci facciamo a rispondere un po’ a lungo.
Nelle mie esperienze sulla Digitalis purpurea incrociai molti fiori d’una pianta selvaggia col polline di un’altra pianta vivente a qualche passo di distanza. Le piante incrociate ed autofecondate, nate da semi così ottenuti, produssero delle infiorescenze il cui numero stava in proporzione di 100 a 47, e l’altezza media come 100 a 70. Per cui l’incrociamento fra queste due piante fu a tutta evidenza vantaggioso; ma come avvenne che i loro elementi sessuali hanno potuto modificarsi per l’esposizione a condizioni differenti? Se i generatori di queste due piante avessero vissuto nello stesso luogo per le venti ultime generazioni, e non fossero mai stati incrociati con alcuna pianta vivente oltre due o tre piedi di distanza, con tutta probabilità la loro discendenza sarebbesi condotta allo stesso stato di qualcheduna delle mie piante da esperienza (come i soggetti inter-crociati della nona generazione dell’Ipomaea, o le piante autofecondate dell’ottava generazione del Mimulus, o la discendenza dei fiori d’una stessa pianta), ed in tal caso, un incrocio fra le due piante di Digitale restò senza buoni effetti. Ma i semi sono spesso portati a grandi distanze dai mezzi naturali, e una delle due suddette piante può essere venuta da lontano e da un luogo più ombroso o più illuminato, più secco o più umido, o da un terreno di natura differente contenente altre materie organiche o inorganiche. Dalle ammirabili ricerche dei signori Lawes e Gilbert,191 noi sappiamo che le piante consumano differentissime quantità di materie organiche. Ma il complesso delle materie contenute in un terreno non determina forse, fra gli individui d’una sola specie, tante differenze come si può supporre a prima vista, perchè le circostanti specie che consumano altri elementi dovrebbero tendere, secondo il loro numero, a conservarsi colle altre specie in un certo equilibrio, in relazione a ciò che esse possono ritrarre dal suolo. Lo stesso dovrebbe dirsi riguardo all’umidità durante la stagione asciutta; e la grande influenza che ha la quantità dell’acqua sulla qualità e distribuzione delle piante è comprovata spesso nei pascoli dove le piante indicano i punti di antichi stagni o di rigagnoli. Tuttavia, siccome il numero proporzionale delle piante circostanti è rare volte uguale in due luoghi vicini, due individui della stessa specie vi saranno assoggettati a condizioni un po’ diverse in ragione di ciò che essi possono assorbire dal suolo. È sorprendente il vedere quanto influisca il libero sviluppo di un gruppo di piante sopra quelle che vivono commiste a loro. Io lasciai crescere le piante in un metro quadrato di prato ch’era stato falciato regolarmente per più anni, e nove specie di piante, sopra venti, scomparirono; non so poi se tale risultato sia interamente dovuto a ciò che alcune piante abbiano privato le altre di nutrimento.
Alcuni semi dormono talvolta per più anni sotto terra e germogliano quando, per una qualunque evenienza, vengono portati presso la superficie; come ad esempio quando le talpe si scavano le gallerie. Per questo sonno prolungato essi devono probabilmente ricevere qualche modificazione, perchè i giardinieri credono che la produzione dei fiori doppi e delle frutta dipenda da questo fatto. Vi saranno del resto dei semi maturati in epoche diverse, i quali durante il loro sviluppo avranno provato gradi diversi di calore e di umidità.
Nell’ultimo capitolo ho dimostrato che il polline viene spesso trasportato a grandi distanze. Per cui uno dei genitori o uno degli antenati delle due piante di Digitale, possono essere state incrociate con una pianta lontana vivente in condizioni diverse. Le piante così incrociate producono spesso una straordinaria quantità di grani; un esempio notevole di questo fatto ci viene dato dalla Bignonia, che, come abbiamo riferito, fecondata da F. Müller col polline delle piante vicine, non diede che pochissimi semi, ma allorchè fu fecondata col polline d’una pianta lontana, divenne fecondissima. Le pianticine nate da tale incrocio, crescono energicamente e trasmettono alla discendenza la loro vigorìa. Queste, pertanto, nella lotta per la vita, finiranno coll’abbattere e distruggere le piante che si sono per lungo tempo sviluppate nelle stesse condizioni, e tenderanno così ad aumentare nelle dimensioni.
Quando s’incrociano due varietà che hanno differenze marcate, i loro discendenti dell’ultima generazione differiscono molto fra loro nei caratteri esterni: tale risultato si deve attribuire all’aumento o alla scomparsa di taluno di questi caratteri, ed alla ripristinazione dei primi per atavismo, e lo stesso deve succedere, siamo certi, di qualche leggera differenza di costituzione nei loro elementi sessuali. — Comunque sia, le mie esperienze m’insegnano che l’incrocio tra piante lungamente vissute in condizioni eguali, o quasi, è il mezzo più valido per mantenere qualche grado di differenza negli elementi sessuali, come lo dimostra la superiorità nelle ultime generazioni delle piante inter-crociate sulle autofecondate. Nondimeno l’inter-crocio continuato di piante sottoposte a tali condizioni, tende a far scomparire questa differenza, come si può dedurlo dalla diminuzione dei benefizi derivati da un inter-crocio, in confronto del loro aumento in seguito ad un incrocio con un nuovo ceppo. — Sembra probabile (devo aggiungerlo) che i semi abbiano ottenuti i loro strani ed innumerevoli adattamenti per essere disseminati192, non solo perchè i germogli possono nascere in luoghi nuovi e più convenienti, ma ancora perchè gl’individui, assoggettati a condizioni speciali, possono così, al caso, approfittare d’un inter-crociamento con un nuovo ceppo.
Dalle precedenti considerazioni noi possiamo conchiudere che nei due suddetti casi della Digitale, ed anche di quelle piante che ingrandirono in più migliaia di generazioni, nello stesso luogo, noi siamo condotti ad esagerare l’identità assoluta delle condizioni alle quali furono sottoposte le piante. Noi, infatti, possiamo almeno ammettere senza difficoltà che tali piante vissero in condizioni abbastanza distinte perchè i loro elementi sessuali si potessero differenziare, in quanto che noi sappiamo che una pianta propagata per più generazioni in un altro giardino dello stesso paese, si calcola come un nuovo ceppo, ed ha gran potenza di fecondazione. Il curioso caso delle piante che possono fecondare un altro individuo della stessa specie e restarne fecondate, mentre sono completamente sterili col loro proprio polline, diventa spiegabilissimo, se la mia opinione ora proposta è esatta, che, cioè, gl’individui della stessa specie vegetando naturalmente agglomerati, non siano stati realmente in condizioni eguali durante le varie anteriori generazioni.
Alcuni naturalisti affermano che vi è in tutti gli esseri una tendenza innata a migliorare il proprio organismo, indipendentemente dall’azione esterna193, essi vorrebbero pure spiegare, e le leggere differenze che distinguono i diversi individui della stessa specie, sì nei caratteri esterni che interni, e le differenze più notevoli che esistono fra due varietà molto affini. È impossibile di trovare due soggetti affatto eguali; e se noi seminiamo in condizioni le più simili un dato numero di semi d’una stessa capsula, essi germoglieranno e cresceranno in modo diverso; resisteranno in diverso modo al caldo e al freddo; e probabilmente (come ciò avviene anche negli animali d’una stessa specie) essi saranno diversamente offesi o da uno stesso veleno o da una stessa malattia. Trasmetteranno alla discendenza le loro differenze caratteristiche con differente intensità; in una parola, saranno in moltissimi casi diversi fra loro. Se fosse esatto che le piante che vegetano vicine in stato naturale, siano, per molte generazioni, state assoggettate per molte anteriori generazioni a condizioni affatto identiche, le differenze che abbiamo testè accennate sarebbero assolutamente inesplicabili; ma non lo sono più, una volta ammessa l’opinione che abbiamo esposta.
Siccome la maggior parte delle piante sulle quali ho fatto le esperienze furono coltivate nel mio giardino, o in vasi nella serra, devo aggiungere qualche parola sulle condizioni alle quali furono assoggettate e sugli effetti della loro coltivazione. Quando una specie è per la prima volta sottoposta alla coltivazione, essa può più o meno subire un cambiamento di dieta; ma essa è sempre posta a vegetare da sola e in una terra più o meno concimata; in tali condizioni cessa la sua lotta con altre piante. La considerevole importanza di quest’ultimo fatto è provata dalla quantità delle specie, che fiorendo e moltiplicandosi in un giardino, non possono esistere senza essere difese dalle altre piante vicine. Liberate da ogni gara, esse possono trarre dal suolo, anche in eccesso, quanto loro abbisogna, ed è perciò che si trovano in condizioni molto mutate. Probabilmente, la variazione di quasi tutte le piante coltivate per più generazioni, è da attribuirsi a questo fatto. Gli individui che hanno incominciato a variare s’inter-crocieranno gli uni cogli altri a mezzo degli insetti, e così si spiega la estrema diversità di caratteri che presentano molte piante a lungo coltivate. Ma bisogna osservare che tale risultato resterà molto modificato dal grado della loro variabilità e dalla frequenza degl’inter-crociamenti, perchè se una pianta, allo stato naturale, varia pochissimo (come avviene quasi sempre), la frequenza degli inter-crociamenti tende a stabilire in loro l’uniformità dei caratteri.
Provai a dimostrare che le piante viventi allo stato naturale in una stessa regione (eccettuato il caso rarissimo in cui ciascun individuo è circondato da un egual numero proporzionale di altre specie dotate d’una certa facoltà di assorbimento) sono tutte sottoposte a condizioni differenti. Tale osservazione non si applica agli individui d’una stessa specie coltivati in terra libera nello stesso giardino. Ma se i loro fiori vengono visitati dagl’insetti, essi s’inter-crociano, e questo fatto dà ai loro elementi sessuali (in un dato numero di generazioni) un sufficiente complesso di differenze perchè l’incrocio sia vantaggioso. –Del resto, i semi vengono spesso scambiati fra giardini aventi terra diversa, e gl’individui della stessa specie che vi si coltivano, vengono per tal modo cambiati di condizione. Se i fiori non sono visitati dai nostri insetti indigeni, o lo sono di rado, come avviene nel pisello da odore comune, e, in apparenza, nel tabacco conservato in serra, tenderà a scomparire ogni differenza negli elementi sessuali prodotta dall’incrociamento. E ciò sembra sia avvenuto nelle su citate piante, perchè esse non approfittarono affatto dell’inter-crociamento, mentre l’incrocio con un nuovo ceppo fu loro vantaggiosissimo.
Riguardo le cause delle differenze negli elementi sessuali e della variabilità delle nostre piante da giardino, io fui condotto all’opinione che ho esposta dai risultati delle mie molte esperienze, e più specialmente dai quattro casi nei quali, alcune specie estremamente incostanti, dopo essere state coltivate ed autofecondate nelle stesse condizioni per più generazioni, produssero fiori d’un colore uniforme e costante. Tali condizioni furono presso a poco le stesse che quelle alle quali furono sottoposte (quando vennero propagate nello stesso luogo mediante semi autofecondati) le piante vegetanti in un giardino purgato dalle male erbe. Le piante allevate in vasi, furono tuttavia esposte a variazioni climateriche meno rigorose, che quelle coltivate in piena terra, ma le loro condizioni, sebbene affatto uniformi per tutti gl’individui della stessa generazione, differirono un poco nelle generazioni successive. In tali condizioni, gli elementi delle piante sottoposte all’inter-crociamento ritennero in ciascuna generazione, durante parecchi anni, tali differenze, che bastarono perchè la loro discendenza fosse superiore ai generatori inter-crociati, ma questa superiorità scemò un po’ alla volta, come venne provato dalla differenza constatata fra i risultati d’un inter-incrociamento (nelle piante inter-crociate) e quelli d’un incrociamento con un nuovo ceppo. – Spesso queste piante inter-crociate tendevano pure a rivestire nei loro caratteri esteriori una certa uniformità più notevole che non fosse prima. Riguardo alle piante che furono autofecondate in ciascuna generazione, i loro elementi sessuali perdettero ogni differenza entro qualche anno, perchè un incrocio praticato fra loro non produsse migliori effetti che un incrocio tra fiori della stessa pianta. Ma un fatto ancor più notevole fu, che, malgrado la eccessiva variazione nel colorito dei fiori nelle prime pianticine di Mimulus, di Ipomaea, di Dianthus e di Petunia, la loro discendenza, dopo aver vegetato in condizioni eguali per molte generazioni, produsse fiori uniformi nel colore quasi quanto quelli d’una specie naturale. Vi fu anche un caso in cui le stesse piante furono costanti anche nell’altezza.
Tale conclusione, che i vantaggi risultanti da un incrocio dipendono assolutamente dalla differenza degli elementi sessuali, s’accorda perfettamente col fatto, che un lieve cambiamento nelle condizioni vitali è vantaggioso a tutte le piante e a tutti gli animali (vedi la mia Variation, ecc., cap. xviii, 2a ediz., vol. ii, p. 127). Ma i discendenti nati da un incrocio fra organismi prima esposti a condizioni diverse, approfittano di tale incrociamento in un grado assai maggiore che non facciano gl’individui giovani o vecchi, in seguito ad un semplice cambiamento di condizioni. – In tale ultimo caso gli effetti non sono paragonabili a quelli prodotti da un incrocio con altri individui, e specialmente con un nuovo ceppo. Tale risultato poteva essere ben preveduto, perchè la fusione degli elementi sessuali dei due soggetti differenziati, influenza la intiera costituzione in un periodo dell’esistenza il più precoce, e in un momento nel quale l’organismo è dotato della maggiore flessibilità. – Noi abbiamo d’altronde delle ragioni per credere, che generalmente i cambiamenti di condizione agiscano in modo differente sulle varie parti od organi d’uno stesso individuo,194 e se noi possiamo inoltre ammettere, che tali parti un po’ differenziate reagiscano a vicenda in uno stesso individuo, l’accordo fra i benefizi dovuti alle modificazioni di condizioni, e quelli risultanti dalla mutua reazione degli elementi sessuali differenziati, diviene ancor più perfetto.
Benchè l’illustre e coscienzioso osservatore Sprengel, dopo avere scoperta la parte importante che hanno gl’insetti nella fecondazione dei fiori, abbia intitolato il suo libro Il secreto della natura svelato, egli tuttavia non intravide che accidentalmente lo scopo pel quale accadevano tanti fatti curiosi e sorprendenti (voglio dire la fecondazione incrociata delle piante), e non riconobbe alcuno dei benefizi che ne derivano alla discendenza come vigorìa, come sviluppo, come fecondità. Il velo che ricopre questo secreto, lungi d’essere sollevato, ci nasconderà ancora la verità fino a tanto che noi non sapremo donde provengano i vantaggi che trovano gli elementi sessuali nel differenziarsi in dati gradi, e come avviene che se la differenza è spinta un po’ oltre, ne derivano dei danni. È un fatto straordinario voluto, che in molte specie i fiori fecondati col loro proprio polline sono assolutamente sterili, o quasi; se la fecondazione si fa col polline d’altri fiori appartenenti alla stessa pianta, essi sono talvolta, sebbene di rado, un po’ più fecondi; la fertilità è più completa quando s’impregnano col polline d’altri individui della propria e di un’altra specie; finalmente se la fecondazione si fa col polline di una specie distinta, la pianta resta più o meno completamente sterile. Abbiamo quindi varie gradazioni di fecondità limitate da un capo e dall’altro colla sterilità assoluta, la quale, in uno degli estremi è prodotta dall’insufficiente differenza degli elementi sessuali; nell’altro da ciò che tale differenza è troppo elevata e di un carattere tutto particolare.
Nella pianta d’un organismo più perfetto, la fecondità dipende in primo luogo dall’azione reciproca fra i granelli di polline, il tessuto stigmatico e la sua secrezione, dopo dalla reazione tra le materie contenute nei granelli di polline e nell’ovario. Queste due azioni, se noi ne giudichiamo dall’aumento di fecondità nelle piante generatrici, e dall’accrescere della potenza vegetativa nella discendenza, sono favorite da certi gradi di differenza negli elementi che reagiscono a vicenda e s’uniscono in modo da formare un nuovo tutto. Abbiamo in ciò qualche analogia coll’affinità o attrazione chimica che non si esercita che fra atomi o molecole di natura diversa, come osserva il prof. Müller: «In tesi generale, maggiore è la differenza fra le proprietà di due corpi, e più notevole è la loro tendenza verso una mutua azione chimica... Ma fra i corpi dello stesso carattere la tendenza alla combinazione è leggera».195
Tale ultima proposizione ben s’accorda colla diminuzione degli effetti del polline proprio d’una pianta sulla pianta madre, e sullo sviluppo della discendenza; la prima è in armonia colla potente influenza duplice o del polline d’un individuo ch’è stato per l’esposizione soggetto a modificazioni di condizioni vitali, o di ciò che noi chiamiamo variazione spontanea. Ma l’analogia manca quando noi veniamo agli effetti negativi o deboli del polline d’una specie sopra una specie distinta; perchè, sebbene alcune sostanze molto differenti, come il carbonio e il cloro, abbiano una leggerissima affinità reciproca, tuttavia è impossibile il dire che ciò dipenda dal grado di differenza che esiste fra loro. La causa che rende necessario un certo grado di differenziamento, o almeno favorevole all’affinità chimica o all’unione di due sostanze ci è ignota come quella che esige le stesse condizioni per la fecondazione o l’unione di due organismi.
Il sig. Herbert Spencer ha discusso a lungo l’insieme di tale argomento, e dopo aver stabilito che tutte le forze della natura tendono ad uno stato d’equilibrio, fa osservare che «il bisogno d’unione fra la cellula-sperma e la cellula-germe proviene dalla necessità di ottenere questo equilibrio e di ristabilire l’attività dei cangiamenti molecolari in un germe staccato, risultato che è probabilmente ottenuto dalla mescolanza di unità aventi leggere differenze fisiologiche e provenienti da individui in cui le differenze sono poco notevoli».196 Ma noi non possiamo ammettere tale opinione troppo generale, nè ammettiamo l’analogia colle affinità chimiche, se non per dissimulare la nostra ignoranza. Noi non conosciamo quale sia, negli elementi sessuali, la natura del grado di differenza che è favorevole alla unione, o che le riesce nociva, come avviene ravvicinando specie diverse. Noi non sapremmo dire perchè alcuni individui di date specie approfittino molto dell’incrocio ed altre pochissimo. Vi sono delle specie, che, sebbene autofecondate per molte generazioni, sono ancora abbastanza vigorose per lottare e vincere la ressa delle piante che le circondano. Appariscono talvolta fra i vegetali delle varietà fertilissime, che sono state autofecondate ed assoggettate a condizioni uniformi per parecchie generazioni. Noi non possiamo assolutamente comprendere come il vantaggio d’un incrocio possa essere qualche volta basato sul sistema vegetativo e talvolta sul sistema riproduttore, ma più comunemente su l’uno che sull’altro. È egualmente impossibile di comprendere come più individui della stessa specie possano essere sterili col loro proprio polline, mentre altri sono affatto fertili; perchè un cambiamento di clima può aumentare o diminuire la sterilità delle piante autosterili, e finalmente come avviene che molte specie diventano più fertili sotto l’influenza d’un polline d’una specie distinta che col loro proprio. Lo stesso dobbiamo dire di molti altri fatti la cui oscurità è tale da obbligarci a confessare che per noi sono un mistero.
Dal lato pratico gli agricoltori e gli orticultori possono ritrarre qualche notizia dalle conclusioni alle quali io sono arrivato. E prima, noi vediamo che i danni risultanti sia dall’incrocio tra animali affini, sia dall’autofecondazione delle piante, non dipende necessariamente da qualche tendenza malaticcia o da una debole costituzione comune ai parenti accoppiati; ma indirettamente dalla loro parentela che tende a rassomigliarli gli uni cogli altri sotto ogni rapporto, anche nella natura sessuale. In secondo luogo, che i vantaggi della fecondazione incrociata dipendono da ciò che gli elementi sessuali sono stati a un certo punto differenziali, sia perchè i loro genitori vissero in condizioni diverse, sia per incrociamento con individui cresciuti in simili condizioni, sia finalmente per quest’incognita, che noi nella nostra ignoranza chiamiamo variazione spontanea. Per cui, qualunque desiderasse accoppiare animali molto affini fra loro, dovrà allevarli nelle condizioni più differenti che sia possibile. Alcuni allevatori, guidati dalla loro acuta osservazione, hanno operato in conformità a questo principio, educando degli animali in due o più fattorie poste in luoghi diversi. In seguito hanno accoppiati questi animali provenienti da luoghi differenti con molto vantaggio.197 Lo stesso metodo viene seguito, senza saperlo, tutte le volte che alcuni maschi allevati in una località sono condotti per la riproduzione, agli allevatori d’un altro paese. Per la ragione stessa che certe categorie di piante soffrono molto più dall’autofecondazione che da altro, è probabile che un’analoga differenza deva succedere anche negli animali troppo affini fra loro. Gli effetti di queste unioni fra animali troppo affini, a giudicarne da ciò che avviene nelle piante, devono consistere nel scemare della vigorìa generale e della fecondità, senza la necessità che peggiori la forma; ciò che costituisce, a quanto sembra, il risultato ordinario.
È una precauzione comune presso gli orticultori di procurarsi dei semi da luoghi d’un terreno differentissimo, per non ottenere piante allevate in condizioni eguali per molte generazioni. Ma per tutte le specie che si incrociano facilmente per mezzo degli insetti o del vento, sarebbe assai meglio appigliarsi al sistema di ottenere i semi della varietà richiesta prodotti da piante mantenute per più generazioni in condizioni assai diverse, poi di seminarle in serie alternate con semi maturati nelle primitive località. Per tal modo le due provenienze s’inter-crocieranno e confonderanno tutta la loro organizzazione senza che la varietà perda niente della sua purezza, e da tal pratica si avranno risultati molto più favorevoli che da un semplice scambio di semi. Dalle mie esperienze abbiamo veduto come tali incrociamenti darebbero alla discendenza sorprendenti benefizi come altezza, come peso, come vigorìa e come fecondità. Ad esempio, alcune piante di Ipomaea per tal modo incrociate, furono alle inter-crociate della stessa origine, colle quali esse vissero in lotta, per altezza come 100 a 78, e per fecondità come 100 a 51; le piante d’Eschscholtzia similmente paragonate furono in fecondità come 100 a 45. Paragonate a quelle prodotte dalle piante autofecondate, questi risultati sono ancor più sorprendenti; per esempio i cavoli prodotti da un incrocio con un nuovo ceppo furono in peso agli autofecondati come 100 a 22.
I floricultori potranno apprendere dai quattro casi che abbiamo descritti per disteso, ch’essi possono fissare qualunque varietà a colore variabile, se essi hanno la pazienza di fecondare col loro proprio polline per cinque o sei generazioni consecutive i fiori della varietà ricercata, e a mantenere con tale cura le pianticine derivate. Ma ogni incrociamento con un altro individuo della medesima varietà deve evitarsi, perchè ciascuno di questi soggetti ha una costituzione particolare. Dopo una dozzina di generazioni autofecondate, è probabile che la nuova varietà sarà costante, anche quando sia coltivata in condizioni un po’ differenti, e non vi sarà più bisogno di proteggerla contro inter-crociamenti con individui della stessa varietà.
Riguardo al genere umano, mio figlio Giorgio si è studiato di scoprire, mediante ricerche statistiche, se i matrimoni fra cugini germani sono dannosi (tale grado di parentela non nuoce punto alla produzione dei nostri animali domestici); ed è arrivato a questa conclusione, dopo le ricerche sue e del dott. Mitchel, che le prove dei danni causati sono contraddittorie, ma che in ogni caso il male è lievissimo198. Dai fatti esposti in quest’Opera noi possiamo dedurre che nella specie umana, i matrimoni tra stretti consanguinei, i cui genitori e progenitori sono vissuti in condizioni molto differenti, saranno meno dannosi che quelli avvenuti fra persone che avendo vissuto nello stesso paese, hanno avuto le stesse abitudini di vita. Ed io credo che le abitudini di vita differentissime di uomini e di donne, nelle nazioni civilizzate, e specialmente nelle classi elevate, devano concorrere ad attenuare certi svantaggi che risultano da matrimoni fra persone sane, ma strettamente consanguinee.
Anche dal lato teorico la scienza è andata avanti di un passo; essa può ormai considerare le innumerevoli strutture di piante ermafrodite (e probabilmente di animali androgini), come le forme speciali atte ad assicurare un inter-crociamento; può sapere che i vantaggi di un tale incrocio dipende affatto da ciò che i soggetti accoppiati o i loro genitori, ebbero i loro elementi sessuali leggermente modificati, per cui (sebbene in piccol grado) l’embrione ci guadagna come una pianta od un animale adulto, in qualunque cangiamento di condizioni vitali.
Dalle mie osservazioni può trarsi anche un risultato più importante. Le uova e i semi sono utilissimi come mezzo di propagazione, ma noi oggi sappiamo che possano ottenersi delle uova feconde senza l’opera del maschio. Esistono pure altri metodi coi quali gli organismi possono essere propagati asessualmente. Perchè adunque si svilupparono allora i due sessi; e perchè esistono i maschi, se essi non possono per sè soli propagare la specie? La risposta molto facilmente si trova pel grande vantaggio che risulta dalla fusione di due individui che hanno subìto un certo differenziamento; e se ne eccettuiamo gli organismi più rudimentali, questa fusione non è possibile che col mezzo degli elementi sessuali che consistono in cellule separate dal corpo, contenenti i germi di ogni parte e capaci di fondersi completamente le une nelle altre.
Io mostrai in questo libro che la discendenza nata dall’unione di due individui distinti, specialmente quando i generatori han vissuto in condizioni differentissime, ha un immenso vantaggio in altezza, in peso, in vigore costituzionale e in fecondità sulla discendenza autofecondata d’uno degli stessi genitori. Tale fatto basta a spiegare per intero lo sviluppo degli elementi sessuali, cioè della genesi dei due sessi.
Il sapere poi perchè i due sessi siano qualche volta uniti in un solo individuo, qualche volta separati, è un’altra quistione. Siccome in molte piante e in molti animali i più infimi, l’accoppiamento di due individui o simili affatto, o pochissimo differenti, è comunissimo, sembra probabile, come ho accennato nel precedente capitolo, che i due sessi siano stati primitivamente separati. L’individuo che riceve l’umore dal suo congiunto può essere considerato come il soggetto femmina, e l’altro, spesso più piccolo e più mobile, può chiamarsi il maschio, benchè sia malagevole conoscere le caratteristiche sessuali quando il contenuto delle due forme sia fuso in uno solo. Lo scopo raggiunto dall’unione dei due sessi in una stessa forma ermafrodita, è probabilmente quello di permettere un’autofecondazione, frequente o rara, onde assicurare la propagazione della specie; specialmente nel caso di organismi destinati a vivere nello stesso luogo. Mi pare che non vi debba essere grande difficoltà a comprendere come un organismo formato dall’accoppiamento di due individui rappresentanti i due sessi rudimentali, possa aver dato origine prima per gemme alla forma monoica, poi allo stato ermafrodito, ed anche senza anteriore germinazione nel caso di animali, la cui struttura bilaterale indica forse ch’essi in origine furono formati per la fusione dei due individui.
Un problema più difficile a risolvere, è quello di sapere come qualche pianta ed anche tutti gli animali superiori, dopo essere stati ermafroditi, separarono poscia i loro sessi. Questa separazione è stata attribuita da molti naturalisti ai vantaggi che risultano dalla divisione del lavoro fisiologico. Tale principio si può ammettere, quando uno stesso organo deve compiere in una volta differenti funzioni, ma si può a mala pena comprendere come gli elementi maschio e femmina collocati in punti differenti d’uno stesso organismo o di un solo individuo, non possano compiere le loro funzioni con la stessa facilità che le adempirebbero collocati sopra due individui distinti. In qualche caso i sessi devono essere stati nuovamente separati, allo scopo di prevenire le troppo frequenti autofecondazioni, ma tale spiegazione non è affatto plausibile, perchè lo stesso effetto potrebbe ottenersi con altri mezzi, come ad esempio la dicogamia. Si potrebbe dire che la produzione degli elementi riproduttori maschio e femmina, come anche la maturazione degli ovuli costituiscano uno sforzo ed uno spreco di elementi vitali troppo esagerato per uno stesso individuo dotato di un organismo assai complesso; nello stesso tempo, se non vi fosse stata la necessità che tutti gli individui producessero le gemme e i rampolli, non ne sarebbe derivato alcun danno, ma bensì un certo beneficio, da ciò, che una metà degli individui, cioè i maschi, non avessero potuto procreare.
V’è un altro argomento sul quale questo libro manda un po’ di luce, ed è l’ibridazione. È noto che allorquando specie distinte di piante vengono incrociate, esse producono, meno rare eccezioni, minor numero di semi che nelle altre condizioni normali. Tale improduttività varia nelle differenti specie fino ad una sterilità così perfetta, che non produce nemmeno una capsula vuota. Il polline di ciascuna specie ha una marcata preponderanza sopra quello di specie diversa, in modo che se il polline proprio d’una pianta è collocato sullo stigma qualche tempo dopo il polline estraneo, l’effetto di quest’ultimo scomparisce affatto. È pure notissimo che non solamente le specie generatrici, ma gli ibridi ottenuti da queste specie, sono più o meno sterili e che il polline di questi ultimi è spesso in uno stato abortivo più o meno avanzato. Il grado di sterilità che caratterizza molti ibridi non corrisponde sempre esattamente alle difficoltà che s’incontrano nell’unire le forme generatrici. Quando gli ibridi sono capaci d’inter-crociamento, i loro discendenti sono più o meno sterili, ed essi lo divengono sempre più nelle generazioni successive; ma fino ad oggi gli inter-crociamenti molto affini, furono praticati in casi simili fra loro. Gli ibridi più sterili sono talvolta intisichiti e di debolissima costituzione. Potrei aggiungere altri fatti, ma questi ci basteranno. I vecchi naturalisti attribuirono tutti questi risultati a ciò, che la differenza che esiste fra le specie è essenzialmente distinta da quella che separa le varietà della specie stessa, e ciò si crede anche oggi generalmente.
I risultati delle mie esperienze sull’autofecondazione e sull’incrocio di individui o di varietà della stessa specie, hanno una sorprendente analogia, sebbene inversa con quello che noi abbiamo testè riferito. Nella maggior parte delle specie, i fiori fecondati col loro proprio polline producono meno grani che quelli che sono fecondati col polline d’un altro individuo o di un’altra varietà. Alcuni fiori autofecondati sono assolutamente sterili, ma il grado della loro sterilità dipende molto dalle condizioni nelle quali vissero le piante generatrici, come lo abbiamo già dimostrato nel caso dell’Eschscoltzia e dell’Abutilon. L’azione del polline della stessa pianta è annichilata dall’influenza preponderante del polline d’un altro individuo o di un’altra varietà, sebbene quest’ultimo sia stato collocato sullo stigma qualche ora dopo del primo. La discendenza dei fiori autofecondati è anch’essa più o meno sterile, talvolta lo è completamente, e il suo polline è spesso imperfetto, ma io non ho mai veduto un caso di assoluta infecondità nelle pianticine autofecondate, mentre che negli ibridi la s’incontra spessissimo. Il grado della loro sterilità non è proporzionale con quello che esiste nelle piante generatrici dopo una prima autofecondazione. La discendenza delle piante autofecondate scapita spesso nell’altezza, nel peso e nella vigorìa costituzionale, più frequentemente e in più alto grado che non lo faccia la maggior parte delle specie incrociate. Il decrescere in altezza è un carattere che si trasmette alla generazione successiva, ma non posso affermare che lo stesso avvenga quanto alla fecondità.
Ho altrove dimostrato199 che accoppiando in diversi modi delle piante eterostilee dimorfe o trimorfe appartenenti senza dubbio alla stessa specie, si ottiene un’altra serie di risultati esattamente corrispondenti a quelli che risultano dall’incrocio di specie distinte. Le piante illegittimamente fecondate col polline d’una pianta distinta appartenente alla stessa forma, producono meno grani che dopo un incrociamento legittimo con una pianta appartenente ad una forma diversa. Talvolta esse non producono grani e nemmeno capsule vuote, come avviene nelle specie fecondate con un polline differente. Il grado di sterilità è notevolmente dipendente dalle condizioni in cui vissero le piante.200 Il polline d’una pianta distinta è assai influente su quello della forma medesima, anche quando il primo è stato collocato sullo stigma alcune ore dopo il secondo. La discendenza derivata dall’unione fra piante della stessa forma è, come gli ibridi, più o meno sterile; il polline ch’essa possiede è più o meno abortito e alcune delle pianticine che ne derivano, sono piccine e triste come gli ibridi più meschini. La rassomiglianza cogli ibridi si estende anche ad altre parti (non occorrerà specificarle tutte) come per esempio la sconcordanza del grado di sterilità fra la discendenza e le sue piante generatrici, l’ineguale infecondità di queste ultime quando sono accoppiate a vicenda, e la variazione della sterilità nelle pianticine ottenute dalle stesse capsule seminifere.
Abbiamo così due grandi classi di casi che offrono risultati concordanti nel modo più sorprendente, con quelli che sono prodotti dall’incrocio di specie distinte e riconosciute vere. Riguardo alla differenza tra le pianticine ottenute dai fiori incrociati e dagli autofecondati, vi sono delle valide prove ch’essa dipende assolutamente da ciò che gli elementi sessuali dei genitori sono stati abbastanza differenziati sia per condizioni diverse sia per la variazione spontanea. Forse le stesse conclusioni potrebbero estendersi anche alle piante eterostilee, ma non è qui il luogo di parlare delle forme a lungo, corto e medio stilo, che tutte appartengono alla medesima specie quanto i due sessi d’una stessa pianta. Noi non siamo quindi in grado di sostenere che la sterilità delle specie dopo un primo incrociamento, e quella della loro discendenza ibrida sia determinata da qualche causa fondamentale, diversa da quella che produce la sterilità degli individui e nelle piante ordinarie e nelle piante eterostilee, allorquando esse vengono accoppiate in modi differenti. Tuttavia io temo che ci vorrà ancor molto prima di togliere affatto cotesto pregiudizio.
Sarebbe difficile trovare in natura un fatto più sorprendente della sensibilità degli elementi sessuali alle influenze esterne, o della delicatezza delle loro reciproche affinità. Noi ne abbiamo la prova nell’azione favorevole di certi cambiamenti leggeri di vita sulla fecondità e sulla vigorìa dei genitori, mentre altri cangiamenti, pur lievi, producono un’assoluta sterilità senza alcun danno apparente della loro salute. Noi possiamo giudicare della sensibilità degli elementi sessuali dal carattere di quelle piante, che affatto sterili col loro proprio polline, sono tuttavia feconde con quello d’un altro individuo della specie medesima. Queste piante diventano più o meno autosterili allorchè vengono assoggettate a cambiamenti anche leggeri di condizione. Gli ovuli di una pianta eterostilea trimorfa sono assai differentemente influenzati dal polline di tre serie di stami appartenenti alla stessa specie. Nelle piante ordinarie il polline di un’altra varietà o semplicemente di un altro individuo della stessa varietà ha spesso grande preponderanza sul loro proprio, allorchè le due sostanze fecondatrici sono contemporaneamente collocate sullo stesso stigma. Nelle grandi famiglie che contengono più migliaia di specie simili, lo stigma di ciascuna distingue con infallibile certezza il proprio polline da quello di tutte le altre specie.
Non si potrebbe mettere in dubbio che la sterilità delle specie distinte dopo un primo incrocio, e poi quella dei loro discendenti ibridi, dipende affatto dalla natura o dalle affinità dei loro elementi sessuali. Noi ne abbiamo la prova nell’assoluta sconcordanza fra il grado di sterilità e il complesso delle differenze esterne nelle specie incrociate. Ciò che più ancora lo prova è la grande differenza che esiste fra i risultati dell’incrocio reciproco delle stesse due varietà, cioè quando la specie A è incrociata col polline di B, poi la specie B col polline di A. Se noi ricordiamo ciò che abbiamo detto sull’estrema sensibilità del sistema riproduttore e sulla delicatezza delle sue affinità, come potremo noi meravigliarci nel vedere gli elementi sessuali di queste forme che noi chiamiamo specie, differenziarsi in modo di diventare assolutamente o quasi incapaci di agire l’uno sull’altro? Noi sappiamo, che le specie hanno ordinariamente vissuto sotto le medesime condizioni, e mantennero i loro propri caratteri per un tempo più lungo che le varietà. La coltivazione prolungata, come io dimostrai nelle mie Variazioni prodotte dall’addimesticazione, ecc., fa scomparire la sterilità mutua che alcune specie distinte, tolte di recente al loro stato naturale, presentano quasi sempre dopo l’inter-crociamento; e con ciò si spiega che le razze d’animali domestici le più differenti non vanno soggette alla mutua sterilità. Ma non sappiamo se la stessa spiegazione si applichi alle varietà coltivate, sebbene qualche fatto tenda a provarlo. Lo scomparire della sterilità nello stato domestico a lungo continuato, può forse essere attribuito alla variabilità delle condizioni alle quali furono sottoposti i nostri animali domestici, e senza dubbio a ciò bisogna attribuire la resistenza ai grandi cambiamenti improvvisi di vita, a cui vanno talvolta soggetti senza perdere la loro fecondità. Da tutte queste considerazioni deriva la probabilità che la differenza nelle affinità degli elementi sessuali di specie distinte (differenza da cui dipende la loro incapacità di inter-crociarsi) è causata dalla lunga abitudine a certe condizioni proprie di ciascuna specie, e per ciò che gli elementi sessuali hanno per tal modo acquistato delle affinità fisse. Comunque sia, nelle due categorie di fatti che abbiamo considerato, cioè quelli relativi all’autofecondazione ed all’incrocio degli individui della stessa specie, e quelli che riguardano le unioni legittime ed illegittime delle piante eterostilee, il dire che la sterilità vuoi delle specie dopo un primo incrocio, vuoi della loro discendenza ibrida, indichi ch’esse differiscono radicalmente dalle varietà o dagli individui della stessa specie, sarebbe un’asserzione gratuita.