Carlo Darwin
L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali

CAPITOLO I   PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE

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CAPITOLO I

 

PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE

 

Determinazione dei tre principii fondamentali. - Primo principio. - Gli atti utili divengono abituali associandosi a certi stati di spirito, e sono compiuti, anche ove il bisogno non se ne faccia sentire, in ciascun caso particolare. - Potenza dell'abitudine. - Eredità. - Movimenti associati abituali nell'uomo. - Azioni riflesse. - Trasformazione delle abitudini in azioni riflesse. - Movimenti associati abituali negli animali. - Conclusioni.

 

Comincerò collo stabilire i tre principii che mi sembrano render conto della maggior parte delle espressioni e dei gesti involontari nell'uomo e negli animali, come si producono sotto l'impero delle emozioni e delle diverse sensazioni23. Io non vi giunsi che al termine delle mie osservazioni. Essi saranno discussi in via generale nel presente capitolo e nei due susseguenti. Ci gioveremo qui dei fatti osservati tanto nell'uomo che sugli animali; ma sono da preferirsi gli ultimi, perchè meno soggetti a trarci in inganno. Nel quarto e nel quinto capitolo descriverò le espressioni speciali di alcuni animali, e quelle dell'uomo nei successivi. Ognuno potrà giudicar da se stesso fino a qual punto i miei tre principii rischiarino la spiegazione dell'argomento. Mi sembra che così si spieghino tante espressioni in modo soddisfacente, che in seguito probabilmente tutte potranno essere ridotte a questi stessi principii o ad altri affatto analoghi. Ben inteso che i movimenti o i fenomeni di una parte qualunque del corpo, il dimenar della coda nel cane, il rovesciamento all'indietro delle orecchie del cavallo, il sollevar delle spalle dell'uomo, o la dilatazione dei capillari della pelle, tutto ciò può egualmente servire alla espressione. Ecco i tre principii:

I. Principio dell'associazione delle abitudini utili. - In date condizioni dell'animo, per rispondere o per soddisfare a date sensazioni, a dati desiderii, ecc., certe azioni complesse sono di un'utilità diretta o indiretta; e tutte le volte che si rinnovella il medesimo stato di spirito, sia pure a un debole grado, la forza dell'abitudine e dell'associazione tende a produrre gli stessi movimenti, benchè d'uso veruno. Può nascere che atti ordinariamente associati per l'abitudine a certi stati d'animo sieno in parte repressi dalla volontà; in tali casi, i muscoli sopra tutto quei meno soggetti alla diretta influenza della volontà, possono tuttavia e produrre movimenti che ci paiono espressivi. Altra volta, per reprimere un movimento abituale, altri leggieri movimenti si compiono, e pur essi sono espressivi.

II. Principio dell'antitesi. - Talune condizioni di spirito determinano certi atti abituali che sono utili, come lo stabilisce il nostro primo principio. Dappoi, allorchè si produce uno stato dell'animo direttamente inverso, siamo fortemente e involontariamente tentati di compiere movimenti del tutto opposti, per quanto inutili, e in alcuni casi questi movimenti sono molto espressivi.

III. Principio degli atti dovuti alla costituzione del sistema nervoso, affatto indipendenti dalla volontà e, fino a un certo punto, anche dall'abitudine. - Quando il cervello è fortemente eccitato, la forza nervosa si produce in eccesso e si trasmette in certe determinate direzioni, dipendenti dalle connessioni delle cellule nervose, e in parte dell'abitudine; oppure può avvenire che l'afflusso della forza nervosa sia, in apparenza, interrotto. Ne risultano effetti che noi troviamo espressivi. Questo terzo principio potrebbe per maggior brevità dirsi quello dell'azione diretta del sistema nervoso.

Per ciò che riguarda il nostro primo principio, la potenza dell'abitudine è un fatto manifesto. I movimenti più complessi e più difficili, se ve ne sia l'occasione, possono essere compiuti senza il minimo sforzo e senza veruna coscienza. Non si sa precisamente come avvenga che l'abitudine giovi tanto al compimento dei movimenti complessi. Ma i fisiologi affermano24 «che il potere conduttore delle fibre nervose cresce colla frequenza della loro eccitazione». Ciò si applica tanto ai nervi motori ed ai sensitivi, quanto alle fibre destinate al fenomeno del pensiero. Non si può guari dubitare che non si produca qualche cangiamento fisico nelle cellule e nelle fibre nervose che più frequentemente vengono usate; senza di cui non si potrebbe comprendere come la predisposizione a certi movimenti acquisiti sia ereditaria. Questa eredità noi vediamo presso i cavalli nella trasmissione di certe andature che non sono punto naturali a loro, come il breve galoppo o l'ambio; la vediamo ancora nella ferma dei giovani cani e nel cercare dei giovani cani da uccelli, e nel volo particolare di certe specie di piccioni, ecc. La specie umana ci offre analoghi esempi per l'eredità di date abitudini o di dati gesti inusitati: e noi ne parleremo quanto prima. Chi ammette lo sviluppo graduale delle specie rinverrà un esempio significantissimo della perfezione con cui i più difficili movimenti associati possono essere trasmessi nella Sfinge-Sparviere (Macroglossa): poco dopo uscita dal bozzolo, come rilevasi dalla polvere sulle squame non scompaginate delle ali, possiamo veder questa farfalla mantenersi immobile nell'aria, colla lunga tromba filiforme sviluppata ed immersa nei nettarii dei fiori; ora nessuno, ch'io sappia, ebbe mai ad osservare questa farfalla intenta a far, come si dice, il tirocinio della difficile opera che richiedeperfetta precisione.

Allorquando esiste una predisposizione ereditaria o istintiva al compimento di un atto, o un gusto ereditario per un dato genere di nutrizione, bisogna che vi si aggiunga un certo grado di abitudine individuale in quasi tutti od anche in tutti i casi. Gli è ciò che troviamo nelle andature del cavallo e, fino a un certo punto, nei cani da ferma; alcuni giovani cani, benchè mettano in ferma molto bene anche la prima volta che son condotti a caccia, non presentano men di frequente, insieme a questa qualità ereditaria, un odorato difettoso ed anche una cattiva vista. Ho sentito assicurare che, se si lascia un vitello poppare una sola la propria madre, dopo riesce molto più difficile nutrirlo artificialmente25. Si videro due bruchi, nutriti colle foglie di un albero d'una data specie, morire di fame piuttosto che mangiare quella di un altro albero, abbenchè questo fornisse loro il nutrimento allo stato naturale26; e questo avviene equalmente in molti altri casi.

Il potere dell'associazione è ammesso da tutti. Il Bain osserva che «azioni, sensazioni o condizioni d'animo, producendosi assieme o assai prossime tra loro, tendono ad avvicinarsi od a collegarsi, per tal modo che quando una di esse si presenta allo spirito, le altre non sono lontane dal pensiero»27. Per il nostro argomento è importantissimo conoscere la facilità colla quale certi atti si associano ad altri atti e a diversi stati di spirito; darò dunque parecchi esempi, i primi relativi all'uomo, gli ultimi agli animali. Alcuni di questi esempi si riferiscono ad azioni di una portata insignificante, ma giovano al nostro argomento come le più importanti abitudini. Tutti sanno quanto sia difficile, od anche impossibile, a meno di ripetuti sforzi, di muovere le membra in direzioni opposte a quelle in cui siamo esercitati. Un simile fatto si produce riguardo alle sensazioni, come nella nota esperienza che consiste nel voltolare una pallottola sotto i polpastrelli di due dita accavalcate, ciò che esattamente la sensazione di due palle. Chiunque, ove caschi a terra, si protegge stendendo le braccia, e, secondo l'osservazione del professore Alison, pochi possono astenersi dal fare altrettanto, lasciandosi cadere sopra un morbido letto. Un uomo, uscendo di casa, infila i guanti senza pure saperlo, e per quanto semplice codesta operazione possa apparire, chi abbia insegnato a un fanciullo a mettersi i guanti sa bene che la è cosa tutt'altro che semplice.

L'alterazione dell'animo nostro si comunica al corpo; ma in questo caso, oltre l'abitudine, un altro principio vi ha parte in una data misura, intendo dire lo sregolato afflusso della forza nervosa. Norfolk, parlando del cardinale Wolsey, dice: «Una strana confusione regna nel suo cervello; si morde nel labbro, e fissa gli occhi; d'un tratto ferma il passo, guarda a terra, e porta le dita verso le tempia; poi di subito si muove, corre veloce, si ferma, e batte veemente al suo petto; ma tosto dopo spalanca gli occhi verso la luna: noi lo vedemmo cambiare pose singolari».

Avviene di spesso che un uomo imbarazzato si gratta la testa. Io credo ch'egli agisca così, spinto dall'abitudine, come se avesse una sensazione corporea leggermente molesta; il prudore alla testa, cui è maggiormente soggetto, è in tal modo alquanto alleviato. Un altro, quand'è perplesso, si strofina gli occhi, o, imbarazzato, tosse debolmente, come se provasse una leggiera indisposizione agli occhi o alla gola28.

In seguito all'uso continuo che noi facciamo degli occhi, questi organi sono più influenzati dalla associazione nei diversi stati dell'animo, quand'anche la vista non vi prenda parte veruna. Secondo l'osservazione di Gratiolet, un uomo che rigetti energicamente una proposta, quasi di certo chiuderà gli occhi e distoglierà la testa. Ma s'egli l'accetta, inclinerà il capo, come per affermare, aprendo molto gli occhi. In quest'ultimo caso egli opera come se vedesse chiaramente la cosa, e nel primo, come se non la vedesse o non volesse vederla. Io ho notato di spesso che, descrivendo un orribile fatto, alcune persone chiudevano di quando in quando gli occhi con forza, o scuoteano la testa, quasi per non vedere o discacciare un oggetto disaggradevole; e a me stesso è avvenuto di chiuder vivamente gli occhi mentre pensavo nell'oscurità ad uno spettacolo spaventevole. Quando volgiamo bruscamente lo sguardo verso un oggetto, o guardiamo all'ingiro, eleviamo sempre le sopracciglia in modo da poter aprire presto e molto gli occhi; e il dottore Duchenne osserva29 che una persona la quale faccia appello alla sua memoria innalza sovente le sopracciglia come per vedere ciò che ricerca. Un Indù comunicò al sig. Erskine la stessa osservazione relativamente a' suoi compatrioti. Io ho osservato una giovane signora che facea grandi sforzi per richiamare alla mente il nome d'un pittore; ella fissava lo sguardo sur un angolo della stanza, poi sull'angolo opposto, elevando il corrispondente sopracciglio, benchè nulla vi fosse colà da attirare l'attenzione di lei.

Nella maggior parte dei casi precedenti noi possiamo comprendere come i movimenti associati sieno stati acquisiti coll'abitudine; ma in alcuni individui certi gesti bizzarri e certi ghiribizzi si son fatti veder associati a certi stati dell'animo per cause affatto inesplicabili, e sono indubbiamente ereditari. Senza contare analoghi casi, io ho riferito in altro luogo, dietro osservazione mia propria, l'esempio di un atto straordinario e complicato, associato a sentimenti giocondi, che s'è trasmesso di padre in figlio30. E nel corso di questo volume sarà esposto un altro esempio curioso d'un gesto bizzarro, ereditario, associato ad un desiderio.

Vi sono altri atti che vengono d'ordinario compiuti in date circostanze, indipendentemente dall'abitudine, e che sembrano dovuti alla imitazione o ad una specie di simpatia. Così possiamo vedere taluni a muovere la mascella nello stesso tempo che fanno agire le forbici, quando le adoperano a tagliar qualche cosa. I fanciulli, quando imparano a scrivere, traggono spesso la lingua e la dimenano in modo ridicolo, seguendo i movimenti delle dita. Allorchè in un pubblico luogo un cantante vien subitamente preso da leggiera raucedine, possiamo osservare molti fra gli astanti grattarsi la gola, siccome m'ebbe ad assicurare una persona degna di fede; ma qui probabilmente vi prende parte l'abitudine, visto che noi ci grattiamo la gola nelle stesse circostanze. Mi venne eziandio raccontato che nei circhi ove si salta, quando il giuocatore prende lo slancio, molti spettatori che son generalmente uomini o giovanotti, muovono i piedi; ma pur entra l'abitudine, perchè molto dubbio se le donne farebbero lo stesso.

Azioni riflesse. - Le azioni riflesse, nello stretto senso della parola, sono dovute alla eccitazione di un nervo periferico che trasmette la sua influenza a date cellule nervose, le quali, alla lor volta, provocano l'azione di muscoli o di determinate ghiandole; tutto ciò, almeno nella maggior parte dei casi, può essere prodotto senza veruna sensazione, ossia senza che noi ne abbiamo coscienza. Siccome molte azioni riflesse sono assai espressive, dobbiamo qui estenderci alquanto su questo argomento. Vedremo per giunta che alcune di esse giungono a confondersi colle azioni prodotte dall'abitudine, e difficilmente ne possono essere distinte31. La tosse e lo starnuto sono esempi comuni di azioni riflesse. Nei fanciulli, il primo atto respiratorio è di sovente uno starnuto, quantunque questo esiga i movimenti coordinati di numerosi muscoli. La respirazione è in parte volontaria, ma sopra tutto è riflessa, ed è senza l'intervento della volontà ch'ella si effettua nel modo più naturale e più regolare. Un numero considerevole di movimenti complessi sono di natura riflessa. Uno degli esempi migliori che si possa citare è quello della rana decapitata, la quale non può evidentemente sentire compiere alcun movimento, rendendosene conto. Infrattanto, se si mette una stilla di acido sulla faccia inferiore della coscia di una rana cui siasi mozza la testa, essa tergerà la goccia colla faccia superiore del piede dello stesso lato; che se si taglia il piede, non può più fare così: «per conseguenza, dopo alcuni sforzi infruttuosi, ella rinuncia a questo mezzo, e sembra inquieta, come se, dice Pflüger, ne cercasse un altro; infine si giova dell'altra gamba e riesce a tergere l'acido. Qui certo non abbiamo soltanto semplici contrazioni muscolari, ma anche contrazioni combinate e disposte in un ordine determinato per un fine speciale. Esse costituiscono degli atti che sembra proprio sieno guidati dall'intelligenza e provocati dalla volontà, e ciò in un animale cui sia stato tolto l'organo incontrastato dell'intelligenza e della volizione»32.

Vediamo la differenza che sta tra i movimenti riflessi ed i volontari nei bimbi; essi, mi dice sir Henry Holland, non sanno compiere atti analoghi allo starnuto e alla tosse; sono specialmente incapaci di espurgarsi il naso (cioè di premerlo e di soffiar con violenza attraverso l'orifizio ristretto) e di sbarazzare la gola dal muco. Bisogna insegnar loro a compiere questi atti, benchè, quando siano un po' cresciuti cogli anni, ci riescano facili come fossero azioni riflesse. Peraltro lo starnuto e la tosse sono poco o nulla soggetti alla volontà, mentre gli atti del grattarci la gola e del soffiarci il naso sono affatto volontari.

Allorchè sentiamo che una particella ci irrita le narici o i canali respiratorii - il che avviene per l'eccitazione delle stesse cellule nervose sensitive che agiscono nei casi di starnuto e di tosse - noi possiamo espellere volontariamente il corpo straniero cacciando dell'aria con forza traverso questi condotti, ma siamo molto lungi dal farlo con tanta forza, rapidità e precisione con cui vien compiuto dall'azione riflessa. In quest'ultimo caso, a quanto sembra, le cellule nervose sensitive eccitano le cellule nervose motrici senza che v'abbia consumo di forza per l'antecedente comunicazione cogli emisferi cerebrali - sede della coscienza e della volizione. In ogni caso sembra ch'esista un profondo contrasto tra identici movimenti, a seconda che sono governati dalla volontà o da un'eccitazione riflessa, relativamente all'energia colla quale vengono compiuti ed alla facilità con cui sono eccitati. Lo dichiara anche Claudio Bernard: «l'influenza del cervello tende dunque a inceppare i movimenti riflessi, a limitare la loro forza e la loro estensione»33.

Basta talvolta il desiderio consapevole di adempiere un atto riflesso per arrestare od interrompere il suo adempimento, malgrado l'eccitazione dei nervi sensitivi speciali. Eccone un esempio: molti anni or sono, feci una piccola scommessa con una dozzina di giovani: io sostenni che avrebbero preso tabacco senza starnutire, benchè m'avessero dichiarato che, aspirandone, starnutavano sempre. Conseguentemente, ne presero tutti una leggiera dose, ma siccome desideravano assai di riuscir vincitori, nessuno starnutò, quantunque gli occhi lagrimassero; e tutti, senza eccezione, dovettero pagarmi la scommessa. Sir H. Holland osserva34 come l'attenzione che si mette per inghiottire ne inceppi i movimenti; ciò che spiega senza dubbio, almeno in parte, la difficoltà che provano certe persone ad ingoiare le pillole.

Altro esempio comune di atto riflesso consiste nell'abbassamento involontario delle palpebre, appena la superficie dell'occhio venga irritata. Un ammiccare di simil fatta si effettua quando vien diretto un colpo al viso; ma questo, a dir vero, più che un'azione riflessa, è un atto derivante dall'abitudine, perchè lo stimolo è trasmesso per mezzo dell'organo pensante, e non per l'eccitazione del nervo periferico. Spessissimo la testa ed il corpo tutto sono nello stesso tempo gettati bruscamente all'indietro. Possiamo tuttavia frenare questi ultimi movimenti e il pericolo non sembra imminente alla nostra immaginazione, ma non basta che la ragione ci dica che non v'ha pericolo. Posso citare un fatto insignificante che viene in appoggio del mio asserto e che mi ha altra volta molto ricreato. Appoggiai la faccia contro il grosso cristallo della gabbia d'una vipera al Giardino zoologico, colla ferma intenzione di non rinculare ove il serpente si slanciasse verso di me; ma esso aveva appena battuto il cristallo, che la mia risoluzione sparì, ed io saltai addietro un metro o due con un'incredibile rapidità. La mia volontà e la mia ragione erano riescite impotenti contro l'immaginazione che mi rappresentava un pericolo, cui per lo innanzi non ero giammai stato esposto.

La violenza di un sussulto sembra dipendere in parte dalla vivacità dell'immaginazione, in parte dallo stato abituale o momentaneo del sistema nervoso. Se si vuol bene osservare il sussultar di un cavallo, a seconda che è affaticato o riposato, si vedrà quanto è perfetto il passaggio tra un semplice sguardo ad un oggetto inatteso, una breve esitazione in faccia del presunto pericolo, fino ad un balzorapido e sì violento, che l'animale non potrebbe probabilmente fare di sua volontà un deviamento tanto pronto. Il sistema nervoso di un cavallo nutrito bene e di fresco manda i suoi ordini all'apparecchio locomotore con tanta rapidità, ch'ei non ha il tempo di giudicare se il pericolo sia reale o no. Dopo un violento sussulto, quand'è eccitato ed il sangue gli circola riccamente nel cervello, esso è disposto a sussultare ancora; e, secondo le mie osservazioni, avviene lo stesso anche nei fanciulli.

Il sussulto prodotto da repentino rumore, quando lo stimolo è trasmesso dai nervi uditivi, è sempre accompagnato, nelle persone attempate, dall'ammiccar delle palpebre35. Io ho peraltro osservato che i miei figli, se trasalivano agli improvvisi strepiti, quando non avevano ancora quindici giorni, non ammiccavano certo tutte le volte, e credo per giunta non lo facessero mai. Il sussulto di un fanciullo più grande rappresenta apparentemente un modo di prender un punto d'appoggio per evitare di cadere. Io scossi una scatola di cartone proprio vicino agli occhi di un mio figlio di 114 giorni ed egli non ammiccò affatto; ma avendo messi nel bossolo alcuni confetti, tenendolo nella stessa posizione, lo agitai, ed il fanciullo battè ogni volta gli occhi e trasalì leggermente. Evidentemente era impossibile che un fanciullo ben custodito potesse aver imparato dall'esperienza che un simile strepito vicino agli occhi indicava pericolo. Ma questa esperienza sarà stata lentamente acquistata a un'età più avanzata per volgere di molte generazioni; e, dopo ciò che sappiamo dell'eredità, non è niente improbabile che l'abitudine siasi trasmessa ed appaia in un'età minore di quella in cui fu contratta dagli antenati.

Le precedenti osservazioni permettono di credere che certe azioni, compiute dapprima ragionatamente, sieno divenute riflesse in virtù dell'abitudine e dell'associazione, e che ora sieno così stabilite ed acquisite, da effettuarsi, anche senza utilità veruna36, tutte le volte in cui sorgano cause simili a quelle che, in origine, ce ne risvegliavano il volontario compimento. In tali casi, le cellule nervose sensitive eccitano le cellule nervose motrici, senza prima comunicare con quelle d'onde la nostra percezione e la nostra volizione dipendono. Probabilmente lo starnuto e la tosse in origine sono stati acquisiti dall'abitudine di espellere con la massima forza una particella qualunque che irritasse la sensibilità dei canali respiratorii. Queste abitudini ebbero tutto tempo per diventare innate o per venir convertite in azioni riflesse, che sono comuni a tutti od a quasi tutti i grandi quadrupedi, e devono quindi essere state la prima volta acquisite in un'epoca remotissima. Perchè l'atto del grattarsi la gola non è un'azione riflessa, e dev'essere appresa dai nostri fanciulli? Gli è ciò che non posso aver la pretesa di dire: all'incontro, ci è dato comprendere per quale ragione si debba imparare a soffiarsi il naso in un fazzoletto.

I movimenti di una rana decapitata che terge dalla coscia una goccia d'acido, o che scaccia un altro oggetto, sono perfettamente coordinati ad un fine speciale; come non si può non ammettere che, volontari dapprima, essi sono quindi divenutifacili in seguito ad una lunga abitudine e poterono finalmente essere compiuti inscientemente, ossia indipendentemente dagli emisferi cerebrali.

Nella stessa guisa sembra probabile che il sussulto abbia avuto per origine prima l'abitudine di saltare all'indietro il più presto possibile per evitare il pericolo tutte le volte che uno dei nostri sensi ce ne avvertisse della presenza. Il sussulto, siccome abbiamo veduto, è accompagnato dall'ammiccar delle palpebre che proteggono gli occhi, gli organi più delicati e più sensibili del corpo; e questo atto, io credo, è sempre accompagnato da una subitanea e forte inspirazione, ciò che costituisce la naturale disposizione ad uno sforzo violento. Ma quando un uomo od un cavallo sussultano, i battiti del cuore sollevano il petto con violenza, e puossi dire che in ciò abbiamo l'esempio di un organo, il quale non fu mai influenzato dalla volontà, e che prende parte ai movimenti riflessi generali della economia. Tuttavia questo punto sarà trattato di nuovo in uno dei seguenti capitoli.

La contrazione dell'iride, allorchè la retina è eccitata da viva luce, è un altro esempio di un movimento che, a quanto sembra, in origine non può essere stato volontario, e reso quindi stabile dall'abitudine; perchè non si conosce verun animale in cui l'iride sia sottomessa all'azione diretta della volontà. Per quei casi resta a scoprire una spiegazione qualunque, certo differente dall'influenza dell'abitudine. L'irradiazione della forza nervosa da cellule energicamente eccitate ad altre cellule unite alle prime, come nel caso in cui una viva luce che colpisca la retina fa starnutare, potrà forse giovare a comprendere la causa di certe azioni riflesse. Un irradiamento nervoso di questa specie, se luogo ad un movimento inteso a diminuire l'irritazione primitiva, come allorquando la contrazione dell'iride impedisce che un eccesso di luce ferisca la retina, questo irradiamento forse sarà stato in processo di tempo utilizzato e modificato ad un fine speciale.

Inoltre dobbiamo notare che, secondo ogni probabilità, le azioni riflesse sono soggette a leggere variazioni, come lo sono tutte le parti anatomiche e gl'istinti, e che qualunque variazione vantaggiosa e sufficientemente importante avrà dovuto essere conservata e trasmessa per eredità. Così le azioni riflesse, una volta acquisite per un bisogno qualsiasi, possono quindi venir modificate indipendentemente dalla volontà o dall'abitudine, per essere destinate ad un determinato bisogno. Noi siamo in diritto di credere che questi fatti sieno della stessa portata di quelli che si produssero in riguardo a molti istinti, perchè, sebbene alcuni di questi abbiano avuto sviluppo da una lunga ed ereditaria abitudine, pur ve ne hanno di quelli molto complessi, che si sono sviluppati colla fissazione delle variazioni prodotte nei preesistenti istinti, cioè per elezione naturale.

Ho trattato piuttosto a lungo, benchè, lo comprendo, assai imperfettamente, il modo con cui si sono acquisite le azioni riflesse, perocchè elleno prendono parte di spesso nei moti ch'esprimono le nostre emozioni, e facea d'uopo mostrare che almeno taluna di loro potè in origine essere stata acquistata volontariamente allo scopo speciale di soddisfare un desiderio o di evitare una disaggradevole sensazione.

Movimenti abituali associati negli animali inferiori. - Ho di già citati, a proposito dell'uomo, molteplici esempi di movimenti associati a diversi stati dell'animo o del corpo che presentemente sono inutili, ma che in origine avevano un uso, ed in certe circostanze ne hanno ancor uno. Siccome questa quistione è molto importante per noi, citerò qui un numero considerevole di fatti analoghi in rapporto agli animali, benchè molti sieno comunissimi. Io mi propongo di dimostrare che taluni movimenti sono stati compiuti originariamente con un fine determinato, e che, in circostanze pressochè identiche, continuano tuttavia ad essere compiuti per una inveterata abitudine, benchè inutili affatto. La parte che prende l'eredità nel maggior numero dei casi seguenti è mostrata dal fatto che questi atti sono compiuti nella medesima guisa da tutti gl'individui della stessa specie, senza distinzione di età. Vedremo eziandio ch'essi vengono prodotti dalle associazioni più varie, spesso indirette e talora anche ignote.

Quando i cani vogliono mettersi a dormir sulla terra o sopra un'altra superficie dura, d'ordinario girano attorno e raspano insensatamente il suolo colle zampe anteriori, quasi volessero svellere l'erba e scavare una buca, come senza dubbio faceano i loro antenati allo stato selvaggio, allorchè viveano nelle vaste pianure coperte di erba o nei boschi. Gli sciacalli, i cerdoni ed altri simili animali, al Giardino zoologico, si comportano nella stessa guisa col loro giaciglio; ma è un fatto piuttosto singolare che i guardiani, in seguito all'osservazione di più mesi, non videro mai i lupi fare altrettanto. Un cane mezzo idiota - ed un animale in questa condizione dev'essere particolarmente atto a seguire un'abitudine insensata - fu visto da un mio amico a fare trenta giri completi sopra un tappeto prima di cucciarsi a dormire.

Molti animali carnivori, quando si avvicinano alla preda e si dispongono a precipitarsi od a saltarle addosso, abbassano la testa e si curvano tanto, sembra, per nascondersi, quanto per prepararsi all'assalto; e questa abitudine spinta allo estremo è divenuta ereditaria nei nostri cani da ferma e da uccelli. Ora, ebbi a notare di sovente che, quando due cani fra loro sconosciuti si incontrano in una larga via, quello che scorge l'altro per primo, avvegnachè alla distanza di cento o duecento metri, abbassa tosto la testa, molto spesso si curva leggermente ed anche si cuccia affatto; in una parola, prende la posa più conveniente per celarsi e per disporsi alla corsa od allo slancio. Eppure la strada è assolutamente libera e la distanza ancor più grande. Altro esempio; i cani di qualunque razza, allorchè spiano avidamente la preda e lenti lenti vi si approssimano, tengono spesso una delle zampe anteriori ripiegata e sollevata per lungo tempo; essi sono pronti così ad avanzarsi prudentemente - e questa attitudine è assai comune nei cani da ferma. Ora, per effetto dell'abitudine, fanno precisamente così tutte le volte che la loro attenzione è risvegliata (fig. 4). Ho visto a' piedi di un alto muro un cane con una gamba ripiegata in aria, ascoltare attentamente un rumore che venìa dal lato opposto, e in tal caso ei non potea avere l'intenzione di avvicinarvisi prudentemente.

Fig. 4 - Piccolo cane che spia un gatto collocato sopra una tavola (Da una fotografia del sig. Rejlander).

 

I cani, poi che hanno deposto i loro escrementi, grattano spesso il suolo dall'avanti all'indietro con tutte quattro le zampe, anche se stanno su terreno affatto nudo: sembra sia loro intenzione di ricoprire con terra le feci, quasi come fanno i gatti. I lupi e gli sciacalli, al Giardino zoologico, si comportano proprio egualmente, quantunque, da quel che m'hanno assicurato i guardiani, i lupi, gli sciacalli, le volpi, allorchè ne hanno il mezzo, ricoprono i loro escrementi più di quello che facciano i cani. - Eppure tutti questi animali nascondono sotterra il sovrappiù del lor nutrimento. Questo ne lascia comprendere il vero significato della precedente abitudine, simile a quella dei gatti. Non possiamo dubitar punto che v'abbia in quell'atto una inutile traccia di un movimento abituale, che altra volta, in un lontano progenitore del genere cane, aveva un fine determinato e che s'è conservato da antichità prodigiosa.

I cani e gli sciacalli37 si dilettano assai a voltolarsi, a sfregare il collo e la schiena attorno alle carogne: sembra godano del loro odore, quantunque almeno i cani non ne mangino. Il Bartlett ha fatto per conto mio delle osservazioni sui lupi; diede loro della carogna e non li vide mai rotolarvisi sopra. Ho sentito osservare (e credo sia vero) che i grandi cani, i quali probabilmente derivarono dai lupi, non si avvoltolano sulla carogna così spesso, come lo fanno i piccoli, discesi probabilmente dagli sciacalli. Quando si ad un mio terriere (e so di altri fatti simili) un pezzo di biscotto nero, e che questa cagna non abbia fame, essa lo straccia e lo fa balzellare, come se fosse un sorcio od altra preda; dappoi vi s'avvoltola sopra a più riprese, proprio come si trattasse di un pezzo di carogna; quasi fa d'uopo dare un gusto immaginario a questa poco appetitosa porzione; e a tale scopo il cane opera secondo la sua abitudine, come se il biscotto fosse un animale vivente od avesse l'odore della carogna, quantunque esso sappia meglio di noi che non è l'uno l'altra. Ed ho visto questo stesso terriere far egualmente dopo aver ucciso un piccolo uccello od un topo.

I cani si grattano con un rapido movimento delle zampe anteriori; e se si scorre sul loro dorso con una canna, tanta è l'abitudine, che non possono a meno di raspare rapidamente in aria o sul terreno in un modo illusorio e ridicolo. Il terriere cui feci poc'anzi allusione, allorchè lo si grattava in questa maniera, esprimea talvolta la propria soddisfazione con un altro movimento abituale, leccando, cioè, in aria, come il facesse sulla mia mano.

I cavalli si grattano mordendosi le parti del corpo cui possono giunger coi denti; ma più di spesso un cavallo indica a un altro il punto dove ha bisogno d'esser grattato, ed entrambi si morsicchiano reciprocamente. Un amico di cui ebbi a richiamar l'attenzione su questo argomento, osservò che quando ei carezzava il collo del proprio cavallo, questo avanzava la testa, mostrava i denti e movea le mascelle, davvero come se mordesse il collo di un altro cavallo, perocchè è naturale che non avrebbe potuto mordere il suo. Se un destriero vien molto solleticato, come quando lo si stregghia, il suo desiderio di mordere è così irresistibile, che fa stridere i denti e, avvegnachè ben avvezzo, può mordere il palafreniere; nello stesso tempo, per abitudine, abbassa molto le orecchie, in modo da preservarle dai morsi, quasi avesse a fare con un altro cavallo.

Un palafreno impaziente di partire per una corsa, scalpitando la terra, si avvicina moltissimo al movimento che gli è abituale quando procede. Inoltre, allorchè i cavalli, nelle scuderie, voglion mangiare e attendono con impazienza l'avena, scalpitano sul terreno o sulla paglia. Due miei cavalli fanno così, quando vedono o comprendono che si l'avena ai loro vicini. In tali casi, a dir vero, noi abbiamo quasi ciò che può chiamarsi una espressione propriamente detta, chè lo scalpitio del suolo è dovunque riconosciuto per un segno di impazienza.

I gatti coprono di terra i loro escrementi; ed il mio avo38 ha visto un piccolo gatto a spargere della cenere sovra una cucchiaiata di acqua pura rovesciata sul focolare; dimodochè, in questo caso un atto abituale od istintivo era provocato senza ragione, non in seguito ad un'azione precedente o ad un odore, ma dalla vista. È noto a tutti che i gatti non amano di bagnarsi i piedi; ciò ch'è dovuto probabilmente al fatto ch'essi in origine abitarono un clima secco, l'Egitto; e quando li bagnano, li scuotono vivamente. Mia figlia ebbe a versare dell'acqua in un bicchiere proprio vicino alla testa di un piccolo gatto; questo scrollò subito i piedi nel solito modo; abbiamo qui dunque un movimento abituale eccitato senza motivo da un suono associato, invece ch'esserlo dal senso del tatto.

I piccoli gatti, i piccoli cani, i piccoli maiali e probabilmente anche molti altri giovani animali, battono alternativamente colle zampe anteriori le mammelle della loro madre per eccitare la secrezione del latte o per facilitarne l'afflusso. Ora, assai di spesso si veggono i giovani gatti, e non raramente i vecchi, nati dalla razza comune o dalla persiana (la quale, a dire di alcuni naturalisti, non esisterebbe più allo stato di purezza), quando sono comodamente cucciati sovra uno sciallo ben caldo o sovra un altro oggetto morbido, si veggono, dico, a premerlo dolcemente e alternativamente colle zampe anteriori: le loro dita sono allora distese e gli artigli un po' in fuori, proprio come quando poppano. E quel che prova esservi in ciò lo stesso movimento, gli è il fatto che spesso prendono nel medesimo tempo un lembo dello sciallo in bocca e si mettono a succiarlo, chiudendo d'ordinario gli occhi e facendo sentire un mugolìo di contento. Questo curioso movimento di solito non è eccitato che in associazione colla sensazione d'una superficie calda e delicata; io ho visto un vecchio gatto batter l'aria coi piedi nella stessa maniera, quando gli si procacciava piacere grattandogli il dorso; dimodochè questo atto è quasi divenuto l'espressione d'una sensazione gradita.

Dopo di aver parlato dell'azione di poppare, posso aggiungere che questo movimento complesso, come pure l'alternata distensione delle zampe anteriori, sono azioni riflesse; in fatto, esse vengon compiute quando si colloca un dito bagnato di latte nella bocca di un piccolo cane, che sia stato privato della parte anteriore del cervello39. Fu recentemente constatato, in Francia, che l'azione del poppare è provocata solo per mezzo dell'odorato, per lo che, se i nervi olfattivi d'un cagnolino sono esportati, non poppa. Parimenti il potere straordinario che ha il pollo, pochissime ore dalla nascita, di dar di becco a piccole bricciole onde nutrirsi, sembra esser messo in azione dal senso dell'udito; perocchè nei polli nati a calore artificiale, un buon osservatore trovò che battendo coll'unghia sopra una tavola, in modo da imitare lo strepito cui fa la chioccia, ei potè loro apprendere a pigliare il nutrimento40.

Darò ancora un solo esempio d'un movimento abituale ed inutile. L'anitra tadorna vive sulle sabbie lasciate allo scoperto dalla marea, e quando scopre la traccia d'un verme «prende a batter il suolo, quasi danzando sopra il pertugio», onde n'esce il verme. Ora, il signor St-John riferisce che quando le sue anitre tadorne addomesticate «venivano a chiedergli il cibo, battevano il terreno con un movimento impaziente e rapido»41. Questo può dunque considerarsi quasi come il loro modo di esprimer la fame. Il Bartlett mi dice che il fenicottero ed il Kagu (Rhinochetus jubatus), allorchè hanno fame, batton la terra co' piedi nella stessa foggia bizzarra. Parimente anche i piombini, quando prendono un pesce, il battono sempre fin che l'hanno morto, ed al Giardino zoologico battono tutte le volte la carne cruda onde si nutrono, prima di divorarla.

Or noi abbiamo, credo, sufficientemente dimostrato il nostro primo principio, cioè che tutte le volte in cui una sensazione, un desiderio, una ripugnanza, ecc. provocarono per lunga serie di generazioni un dato movimento volontario, quasi di certo sarà sempre eccitata una tendenza a compiere un movimento simile, quando capiterà, sia pure a debole grado, la stessa sensazione, od altra analoga od associata; e questo avvegnachè il movimento, nel caso presente, possa riescire di nessuna utilità. Movimenti abituali di tal fatta sono spesso, se non costantemente, ereditari, ed allora variano poco dalle azioni riflesse. Quando noi parleremo delle espressioni speciali dell'uomo, si vedrà la giustezza dell'ultima parte del nostro primo principio, siccome venne esposto al principio di questo capitolo, vale a dire che allorquando movimenti associati dall'abitudine a certi stati di spirito sono in parte repressi dalla volontà, i muscoli affatto involontari, come i meno collocati sotto il diretto controllo della volontà, possono nondimeno contrarsi, e la loro azione è spesso molto espressiva. Inversamente, quando la volontà è per poco tempo o per sempre affievolita, i muscoli volontari fanno difetto a confronto degl'involontari. Quest'è un fatto comune ai patologi, siccome lo nota sir C. Bell42: «Quando un'affezione del cervello luogo a debolezza, la sua influenza si fa maggiormente sentire sui muscoli che sono, allo stato normale, collocati sotto l'impero più immediato della volontà». Nei capitoli susseguenti, ci arresteremo sovra un'altra proposizione, pur contenuta nel nostro primo principio: che, cioè, per reprimere un movimento abituale, fa d'uopo talvolta eseguire altri leggieri movimenti, che servono essi medesimi alla espressione.

 

 






23 HERBERT SPENCER (Essays, seconda serie, 1863, p. 138) stabilì una netta distinzione fra le emozioni e le sensazioni, essendo queste ultime «prodotte nel nostro meccanismo corporeo». Egli colloca tra i sentimenti e le une e le altre.



24 MÜLLER, Elements of Physiology. Traduzione inglese, vol. II. Pag. 939. Si veggano anche le interessanti vedute di H. SPENCER sullo stesso argomento e sulla formazione dei nervi nei suoi Principles of Biology, vol. II, pag. 346; e nei suoi Principles of Psycology, 2a ediz., p. 511-557.



25 Un'osservazione di una portata molto analoga fu fatta da lungo tempo da Ippocrate e dall'illustre Harvey; chè l'uno e l'altro assicurano che un giovine animale dimentica dopo pochi giorni l'arte di poppare e non la può riacquistare che assai difficilmente. Traggo queste asserzioni dal dottor DARWIN, Zoonomia, 1794. vol. I. pag. 140.



26 Vedi per i cenni bibliografici e per diversi analoghi fatti: Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico (Traduzione italiana di G. Canestrini).



27 The Senses and the Intellect, 2a ediz., 1864, p. 332. Il prof. HUXLEY fa questa osservazione (Elementary Lessons in Physiology, 5a ediz., 1872, p. 306): si può stabilir come regola che se due stati di spirito son risvegliati assieme o successivamente con sufficiente frequenza e vivacità, la susseguente comparsa dell'uno basterà a richiamare quella dell'altro.



28 GRATIOLET (De la Physionomie, p. 324.), discutendo questo argomento, cita molli analoghi esempi. Vedi a pag. 42 sull'aprire e chiudere gli occhi. Engel è citato (p. 323) a proposito dei cangiamenti dell'andatura sotto l'influenza dei fenomeni del pensiero.



29 Mécanisme de la Physionomie humaine, 1862, p. 17.



30 Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, pag. 379 (Traduzione italiana di G. Canestrini). L'eredità degli atti abituali è per noi un fatto tanto importante, ch'io mi sollecito di riportare, col permesso del signor F. Galton, e servendomi dei suoi medesimi termini, questa rimarchevole osservazione: - «La narrazione seguente, relativa ad un'abitudine riscontrata in tre generazioni consecutive, ha un interesse particolare per questa circostanza che il movimento è prodotto solo nel sonno profondo, onde non può riferirsi all'imitazione, ma dev'essere considerato assolutamente naturale. Queste particolarità sono affatto degne di fede, perchè ne presi informazioni precise e narro in seguito ad una testimonianza dettagliata ed indipendente. Un signore di alto rango, era soggetto, come l'assicurò la moglie di lui, a questa strana abitudine: quando giaceva supino sul letto ed era profondamente addormentato, levava lentamente il braccio destro sopra il viso a livello della fronte, indi con una scossa l'abbassava, a modo che il pugno cadeva pesante sul dorso del naso. Questo gesto non si rinnovava ogni notte, ma solo di tempo in tempo ed era indipendente da qualunque causa apprezzabile. Talora si ripetea per un'ora continua od anche di più. Il naso di questo signore era prominente e il suo dorso fu spesso ammaccato dai colpi che riceveva; ed ogni volta che si producea un'ammaccatura, era tarda a guarire, perocchè i colpi che l'avevano causata si rinnovellavano tutte le notti. La sua signora dovette togliere il bottone della di lui camicia da notte col quale si lacerava crudelmente e si cercò il mezzo di legargli il braccio.

«Molti anni dopo la morte di lui, suo figlio sposò una fanciulla che non avea giammai udito parlare di questa particolarità di famiglia. Infrattanto ella fece precisamente la stessa osservazione sopra il proprio marito; ma il naso di questo, non essendo molto lungo, non ebbe mai a sofferire percosse. il ghiribizzo gli capita fra la veglia ed il sonno, ad esempio quand'è assopito nel suo seggiolone, ma comparisce dopo ch'è profondamente addormentato. Come presso a suo padre, esso è intermittente, talvolta cessa per parecchie notti, talvolta è quasi continuo durante una parte di queste. Si compie pure colla mano destra.

«Una sua figlia ha ereditato il medesimo atto. Anch'ella si serve della mano diritta, ma in modo alquanto diverso; perocchè, dopo aver levato il braccio, non lascia cascare il pugno sull'orlo del naso, ma, col palmo della mano chiuso a metà, vi batte dall'alto in basso e rapidamente dei piccoli colpi. Anche in questa fanciulla l'atto è assai intermittente, cessando talora per molti mesi, talora riapparendo quasi continuo».



31 Il professore HUXLEY osserva (Elementary Physiology, 5a edizione, p. 305) che le azioni riflesse proprie del midollo spinale son naturali; ma coll'aiuto del cervello, cioè col mezzo dell'abitudine, una infinità di azioni riflesse artificiali possono esser acquisite. VIRKOW ammette (Sammlung wissenschaft Vortäge, ecc., Ueber das Rückenmark, 1871, pp. 24, 31), che certe azioni riflesse non possono venir distinte dagl'istinti, e possiamo aggiungere che fra questi ultimi, ve n'ha di quelli i quali non si possono distinguere dalle abitudini ereditarie.



32 Dottor MAUDSLEY, Body and Mind, 1870, p. 8.



33 Vedi l'interessantissima discussione di tutto questo argomento di Claudio BERNARD (Tissus vivants, 1866, p. 353-356).



34 Chapters on Mental Physiology, 1858, p. 85.



35 MÜLLER osserva (Elements of Physiology, trad. inglese, vol. II, p. 1311) che il sussulto è sempre accompagnato dal serrar delle palpebre.



36 Il dott. MAUDSLEY fa notare (Body and Mind, p. 10) che i movimenti riflessi ordinariamente diretti ad un utile fine possono, in cambiate condizioni di malattia, riescir dannosissimi ed anche dar luogo a vive sofferenze e ad una morte assai dolorosa.



37 V. la storia di uno sciacallo addomesticato, data dal signor F. H. SALVIN in Land and Water, ottobre 1869.



38 D. DARWIN, Zoonomia, vol. I, 1794, p. 160. In quest'opera (p. 151) trovo anche citato il fatto che i gatti protendono i piedi quando sono di buon umore.



39 CARPENTER (Principles of comparative Physiology, 1854, p. 690), e MÜLLER (Elements of Physiology, trad. inglese, vol. II, p 936).



40 MOWBRAY (Poultry, sesta ediz., 1830, p. 54).



41 Vedi ciò che riporta questo eccellente osservatore in Wild Sports of the Highlands, 1816, p.142.



42 Philosophical Transactions, 1893, p. 182.



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