Carlo Darwin
L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali

CAPITOLO II.   PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE (seguito).

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CAPITOLO II.

 

PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE (seguito).

 

Principio dell'antitesi. - Esempi nel cane e nel gatto. - Origine del principio. - Segni convenzionali. - Il principio dell'antitesi non ha per origine azioni opposte compiute con conoscenza di causa sotto l'influenza di opposti impulsi.

 

Eccoci al nostro secondo principio, il principio dell'antitesi. Certe condizioni dell'animo, siccome abbiamo veduto nell'altro capitolo, dànno luogo a certi movimenti abituali, che in origine furono realmente utili, e possono esserlo ancora; vedremo ora che quando si produce uno stato di animo affatto inverso, si manifesta una tendenza energica ed involontaria a movimenti inversi del pari, abbenchè non siano mai stati di utilità veruna. Daremo alcuni esempi maravigliosi di antitesi trattando delle espressioni speciali all'uomo; ma gli è sopra tutto nei casi di questo genere che certe abitudini ed espressioni convenzionali od artificiali vengono facilmente confuse con quelle che sono innate od universali e che solo meritano di essere collocate fra le vere espressioni; ond'io, nel presente capitolo, mi limiterò quasi affatto alle espressioni degli animali.

 

Fig. 5 - Cane che si avvicina ad un altro con ostili intenzioni, dis. dal sig. Rivière.

 

Allorchè un cane di umore intrattabile o con ostili intenzioni si abbatte in un cane straniero od in un uomo, cammina diritto in avanti e tenendosi duro duro; la sua testa è leggermente rialzata o poco abbassata; la coda ritta in aria; i peli si rizzano, specialmente lungo il collo e la schiena; le orecchie tese si dirigono in avanti e gli occhi guardano fissi (V. fig. 5 e 7). Tali particolarità, come spiegheremo qui presso, provengono dall'intenzione che ha il cane di attaccare il suo nemico, e per la maggior parte sono eziandio facili a comprendersi. Quando ei si dispone a slanciarsi sull'avversario con un selvaggio brontolìo, i denti canini si scoprono e le orecchie sono affatto rinversate all'indietro contro la testa; ma qui non abbiamo ad occuparci di questi ultimi atti. Supponiamo adesso che il cane riconosca d'un tratto nell'uomo cui s'avvicina non già uno straniero, ma il proprio padrone; ed osserviamo come tutto se stesso trasforma in modo subitaneo e completo. In luogo di avanzarsi rigidamente, si abbassa od anche si cuccia, imprimendo al suo corpo movimenti flessuosi; la coda non è più ritta in aria, ma volta all'ingiù e dimenata da una parte a quell'altra; i peli vengono istantaneamente lisci; le orecchie, pur rinversate all'indietro, non sono però più applicate contro la testa, e le labbra pendono liberamente. In seguito al rinversamento delle orecchie all'indietro, le palpebre sono allungate e gli occhi perdono l'aspetto arrotondato e fisso.

Fig. 6 - Lo stesso, umile ed affettuoso, dis. dal sig. Rivière.

 

 

Fig. 7 - Cane da pastore mezzo sangue, nella stessa condizione di quello alla fig. 5, dis. dal sig. A. May.

 

Devesi aggiungere che in questo momento l'animale è in un trasporto di gioia, e che v'ha produzione eccessiva di forza nervosa, ciò che luogo naturalmente ad atti determinati. Non uno dei precedenti moti, che con tanta chiarezza esprimono l'affezione, non uno è della minima utilità per l'animale. A mio parere, essi trovano spiegazione solamente in ciò, che sono in opposizione completa, ossia in antitesi coll'attitudine e coi significantissimi movimenti del cane che si preparava alla lotta, i quali per conseguenza dinotano la collera. Prego il lettore di voler dare un'occhiata ai quattro abbozzi qui annessi, che hanno lo scopo di richiamare in modo toccante l'aspetto d'un cane in questi due stati dell'animo. È certo difficile di rappresentar l'affezione in un cane che carezza il padrone e dimena la coda, perchè ciò che sovra tutto ne costituisce l'espressione, è appunto la continua ondulazione de' suoi movimenti.

Fig. 8 - Lo stesso, che accarezza il proprio padrone, dis. dal sig. A. May.

 

Ed ora parliamo del gatto. Quando questo animale è minacciato da un cane, curva la schiena in maniera sorprendente, arruffa il pelo, apre la bocca e soffia. Ma qui non ci occupiamo di questa comunissima attitudine che esprime il terrore associato alla collera; noi c'intratteniamo soltanto sulla espressione del furore o della collera. Questa non s'è osservata di spesso, ma può osservarsi quando due gatti lottano tra loro; io l'ebbi a vedere molto marcata in un gatto selvaggio tormentato da un fanciullo. L'attitudine è quasi identica a quella d'un tigre quando, disturbato durante il pasto, grugnisce, siccome ciascuno ha potuto vedere nei serragli di bestie. L'animale prende una posizione strisciante, stendendo il corpo, e tutta la coda, o l'estremità soltanto, ripiegata o ricurva, si volge da un lato a quell'altro. Il pelo non è punto arruffato. All'infuori di questo, l'attitudine ed i movimenti sono quasi gli stessi d'allora che l'animale si dispone a lanciarsi sovra la preda, e certamente come quando la sua ferocia risvegliasi. Ma allorchè si prepara alla lotta, corre questo divario, che le orecchie sono assai riversate all'indietro, la bocca a mezzo aperta e lascia vedere i denti; le zampe davanti sono talvolta gettate all'infuori e gli artigli sporgenti, e talora l'animale manda un feroce grugnito (V. fig. 9 e 10). Tutti questi atti, o quasi, provengono naturalmente (come sarà fatto vedere fra poco) dal modo col quale il gatto si propone di attaccare il nemico.

Fig. 9 - Gatto sgomento e pronto a lottare, disegnato dal vero dal sig. Wood.

 

Esaminiamo adesso un gatto di umore affatto inverso, mentre esprime la propria affezione al padrone, carezzandolo, e facciamo rimarco al contrasto spiccato ch'esiste nella sua posa. Esso si raddrizza, il dorso leggermente curvato, il che gli solleva un po' il pelo, ma senza arruffarlo; la coda, in luogo d'essere distesa e di battere i fianchi, sta ritta del tutto e s'eleva perpendicolarmente; le orecchie sono dritte ed erette; la bocca è chiusa; la bestia si strofina contro il padrone ed il mugolìo di contento rimpiazza il grugnito. Guardiamo ancora fin dove il gatto, nel modo di esprimere l'affetto, differisce dal cane, che carezza il padrone col corpo curvato e ondulante, la coda rabbassata ed in moto e le orecchie pendenti. Simile contrasto nelle attitudini e nei movimenti di questi due carnivori sotto la influenza del medesimo stato dell'animo grato e affettuoso, non può trovar spiegazione, a quanto mi pare, che nella completa antitesi di tali movimenti con quelli naturali a questi animali quando sono irritati e si dispongono a combattere o ad assalire la preda.

In codesti casi del cane e del gatto, si ha diritto di credere che gli atti che esprimono l'ostilità e l'affezione sono gli uni e gli altri innati o ereditari; perocchè corrispondono quasi perfettamente nelle differenti razze di queste due specie e in tutti gl'individui, vecchi o giovani, della medesima razza.

Offro un altro esempio dell'uffizio dell'antitesi nella Espressione. Possedevo tempo addietro un grande cane, il quale, come tutti, godeva assai d'andare a passeggio. Egli esprimeva la sua contentezza, trottando gravemente innanzi a me, a passo misurato, la testa ben alta, le orecchie un po' rialzate e la coda in aria, però senza rigidezza. Non lungi da casa mia, s'offre un sentiero a destra, che mena alla serra; io aveva l'abitudine di visitarla sovente per alcuni istanti onde osservare le mie piante messe a sperimento. Ell'era sempre codesta pel cane occasione d'un grande scoramento; imperocchè ei non sapeva s'io avrei continuata la via; e riusciva ridicolo il vedere l'improvviso e radicale cangiamento di espressione che si produceva in lui, quando movevo pur mezzo passo verso il sentiero (ciò ch'io faceva talvolta in via di osservazione). Il suo sguardo abbattuto era conosciuto da tutti di mia famiglia, e lo si chiamava la sua aria da serra.

Fig. 10 - Gatto d'umore affettuoso, dis. dal sig. Wood.

 

Ecco in che consisteva: la testa s'inclinava d'assai, tutto il corpo s'abbassava un poco, rimanendo immobile; le orecchie e la coda ricadevano bruscamente, senza che questa fosse dimenata; alle orecchie cascanti, alle mascelle pendenti, si aggiungeva un gran cangiamento negli occhi, che mi parevano meno brillanti. Il miserando aspetto di lui esprimeva profonda afflizione, e, come dissi, era ridicolo, vista la causa insignificante che l'aveva prodotta. Ogni particolarità della sua attitudine era in completa opposizione colla precedente andatura allegra e dignitosa, e mi sembra non possa venir altrimenti spiegata che col principio dell'antitesi. Se il cangiamento non fosse stato tanto istantaneo, avrei attribuito quest'attitudine alla reazione del suo abbattimento sul sistema nervoso e sul circolatorio, come si osserva nell'uomo, e quindi sulla tonicità di tutto il di lui apparecchio muscolare; ed è anche possibile che nella produzione del fenomeno v'entri in parte pur quello.

Passiamo adesso a vedere l'origine del principio dell'antitesi. Negli animali che vivono in società, poter comunicare fra' membri di una stessa unione è della più alta importanza, e nelle altre specie questo bisogno esiste tra gli animali di sesso diverso, fra i giovani ed i vecchi. D'ordinario tale scopo è raggiunto col mezzo della voce, ma è certo che i gesti ed i segni espressivi giovano sino a un dato punto alla reciproca intelligenza. L'uomo non s'è limitato all'uso di grida inarticolate, di atti e di segni espressivi; egli inventò il linguaggio articolato, se pur si può dare l'appellativo d'invenzione a un progresso compiuto in seguito a innumerevoli perfezionamenti appena ragionati. E' basta aver osservate le scimie per esser convinti ch'elle comprendono perfettamente i gesti ed i segni fatti fra loro e in buona parte anche quelli dell'uomo, come Rengger asserisce43. Un animale, allorchè ne attacca un altro, ed ha paura, prende spesso un aspetto terribile, rizzando il pelo, onde pare più grosso, mostrando i denti, vibrando le corna o mettendo grida feroci.

Siccome la facoltà di comunicare fra loro è certo di grandissima utilità a molti animali, così non è a priori improbabile che gesti manifestamente contrari a quelli ch'esprimeano in addietro dati sentimenti, abbiano potuto in origine prodursi naturalmente sotto l'impero di un opposto sentimento; il fatto che adesso questi gesti sono innati non basta per impedirci di credere che sul bel principio sieno stati compiuti ad un fine, perocchè dopo molte generazioni sarebbero probabilmente divenuti ereditari. Checchè ne sia, è più che dubbio, come fra poco vedremo, che tutti i casi cui s'applica il principio dell'antitesi abbiano avuto una origine pari.

Nei segni convenzionali che non sono innati, siccome quelli impiegati dai sordomuti e dai selvaggi, fu messo parzialmente in opera il principio di opposizione o di antitesi. I monaci di Citeaux credeano di peccare parlando; essi inventarono un linguaggio mimico dove pare sia stato impiegato il principio della opposizione44. Il dottore Scott, dell'Istituto dei sordo-muti di Exeter, mi scrive «che le opposizioni sono molto usate nella istruzione dei sordo-muti, i quali le sentono assai vivamente». E frattanto io rimasi sorpreso dello scarso numero di esempi incontestabili che si possono offrire su questo punto. Ciò dipende in parte dal fatto che tutti i segni hanno avuto d'ordinario qualche origine naturale, e in parte dall'abitudine presa dai sordo-muti e dai selvaggi di  abbreviare più che si potesse i loro segni per renderli più rapidi45. Donde viene che la loro sorgente ossia la loro origine è spesso dubbia od anche completamente perduta, il che pur si riscontra riguardo al linguaggio articolato.

D'altra parte, molti segni, evidentemente opposti fra loro, sembra abbiano avuto in origine, ciascuno dal canto suo, una significazione propria. Pare che sia stato così dei segni impiegati dai sordo-muti per indicare la luce e l'oscurità, la forza e la debolezza, ecc. In un altro capitolo tenterò di dimostrare che i movimenti opposti di affermazione e di negazione, quello, cioè, di abbassare verticalmente la testa e quello di moverla in senso laterale, furono probabilmente sul principio tutti e due naturali. Il dimenare la mano da destra a sinistra, onde si giovano alcuni selvaggi per dire di no, potè essere inventato ad imitazione del movimento del capo; in quanto poi al gesto contrario, per cui la mano si move in basso in linea retta dinanzi al viso in segno di affermazione, non sapremmo decidere se provenga dall'antitesi o se sia derivato in modo diverso.

Or, se veniamo ai gesti innati, ossia comuni a tutti gl'individui della medesima specie, e che stanno fra quelli che produce l'antitesi, è molto dubbio che alcuno d'essi sia stato sul principio inventato deliberatamente e con cognizione di causa. Nella specie umana, il miglior esempio che si possa citare di movimento direttamente opposto ad altri gesti e che sopraggiunge naturalmente in una contraria condizione dell'animo, è l'atto di alzare le spalle. Esso esprime l'impotenza od un rifiuto, - vuol dire che una cosa non può farsi o non può evitarsi. Questo gesto è talvolta impiegato scientemente e volontariamente, ma è molto improbabile che in origine siasi inventato con deliberato proposito e che in seguito sia stato reso stabile dall'abitudine; imperocchè non solo il bambino alza le spalle sotto l'influenza delle precitate condizioni dell'animo, ma eziandio questo movimento è accompagnato, come sarà fatto vedere in uno dei seguenti capitoli, da vari movimenti subordinati, da cui un uomo su mille non ha la coscienza, a meno di essersi specialmente occupato dell'argomento.

I cani, quando si avvicinano ad un cane straniero, possono trovar cosa utile di mostrare coi loro atti che hanno intenzioni amichevoli e non vogliono battersi. Allorchè due giovani cani, giocando, borbottano e si mordono il muso e le gambe, la è cosa evidente ch'essi comprendono reciprocamente i loro gesti e il loro modo d'agire. Ei pare che nei piccoli cani e nei piccoli gatti v'abbia una specie di nozione istintiva che, mentre giocano, non devon usare senza precauzione i loro piccoli denti o gli artigli, avvegnachè ciò accada talvolta e provochi un grido; che se non fosse così, certo si farebbero spesso male agli occhi. Allor che il mio cane terriero mi morde la mano per gioco, se stringa di troppo ed io faccia: piano, piano, ei non lascia di mordere, ma mi risponde con certi guizzi di coda che sembrano dire: «Non vi badate, il fo per darmi sollazzo». I cani dunque esprimono o possono avere il desiderio di esprimere ad altri cani ed all'uomo che nutrono disposizioni amichevoli; si può credere ch'essi abbiano mai potuto pensare deliberatamente a gettar indietro le orecchie, in luogo di tenerle diritte, ad abbassare ed agitare la coda, invece di mantenerla rizzata in aria, ecc., colla conoscenza che questi movimenti erano in diretta opposizione con quelli che al contrario si producano sotto l'influenza di un umore ostile.

Parimenti, quando un gatto, o piuttosto uno dei più antichi progenitori della specie, sotto l'impero di sentimenti affettuosi, ha per la prima volta curvato un po' il dorso, levata perpendicolarmente in aria la coda e rizzate le orecchie, puossi credere forse che l'animale abbia avuto il desiderio ragionato di mostrare così un umore direttamente inverso a quello che, quando si dispone a combattere od a slanciarsi sovra la preda, gli un'attitudine strisciante, una coda ripiegata e che s'agita dall'un lato a quell'altro, ed orecchie tese all'indietro? Ed ancor meno io posso credere che il mio cane prendesse volontariamente quella posa abbattuta e quell'aria da serra, che facea sì completo contrasto colla sua primitiva attitudine e coll'andatura tutta ripiena di gioia. Si potrebbe forse supporre ch'ei sapesse di farmi comprendere la propria espressione, di potermi così intenerire, d'indurmi a rinunciare alla visita della serra?
Dunque, per lo sviluppo dei movimenti di quest'ordine, bisogna che un altro principio, distinto dall'influenza della volontà e della coscienza, sia intervenuto. Questo principio sembra essere il seguente: ogni movimento da noi volontariamente compiuto nel corso della nostra esistenza ha chiesto l'azione di certi muscoli; e quando abbiam fatto un movimento assolutamente contrario, un gruppo opposto di muscoli fu messo abitualmente in gioco, - come negli atti di girare a destra o a sinistra, di respingere un oggetto o di avvicinarlo, di sollevare o di abbassare un peso. Sì forte è il legame che riunisce le nostre intenzioni e i nostri movimenti, che se desideriamo che un oggetto si muova in una direzione, non sappiamo astenerci dal piegare il corpo in quel senso, per quanto possiam esser convinti dell'inefficacia dell'atto. Una buona dimostrazione di ciò venne già data nella introduzione, ove sono indicati i movimenti grotteschi di un giocatore di bigliardo novizio e passionato, mentre accompagna col guardo il cammino percorso dalla palla. Quando un uomo od un fanciullo incolleriti gridano a taluno: «Andatevene!», il più delle volte tendono il braccio, come a respingerlo, benchè l'avversario possa esser lontano, e riesca completamente inutile indicare col gesto ciò che vogliono dire. D'altra parte, allorchè desideriamo che una persona ci si faccia vicina vicina, noi la chiamiamo col gesto; ed è così in un numero infinito di casi.

Il compimento di ordinari movimenti di opposta natura sotto l'impero di contrari impulsi della volontà, divenne abituale in noi e negli animali; ne risulta che quando azioni di qualunque specie sieno state strettamente associate con una sensazione od una emozione, sembra naturale che atti di natura del tutto contraria, benchè assolutamente inutili, sieno inscientemente compiuti in seguito dell'abitudine e dell'associazione, sotto l'influenza di una sensazione o di una emozione direttamente inversa. Questo principio mi permette solo di concepire come abbiano avuto lor vita i gesti e le espressioni compresi sotto questo capitolo della antitesi. Certamente, se tornano di qualche utilità all'uomo o ad alcun altro animale, per supplire le grida inarticolate o il linguaggio, saranno anche volontariamente impiegati, e l'abitudine in tal modo prenderà forza. Ma, sieno essi utili o no come mezzi di comunicare, per renderli ereditari dopo un lungo uso, basterebbe, se possiam ragionare per analogia, la tendenza a compiere opposti movimenti sotto l'influenza di sensazioni o di emozioni inverse; si saprebbe mettere in dubbio che molti movimenti espressivi dovuti al principio dell'antitesi non sieno ereditari.

 






43 Naturgeschichte der Saügethiere von Paraguay, 1830, p. 55.



44 M. TYLOR parla del linguaggio mimico dei monaci di Citeaux nel suo Early History of Mankind, seconda ediz. (1870, p. 40) e fa alcune osservazioni intorno al principio dell'opposizione nei gesti.



45 Su questo argomento si vegga l'interessante lavoro del dott. W. R. SCOTT, The Deaf and Dumb, seconda edizione, 1870, p. 72. «Questa maniera, egli dice, di abbreviare i gesti naturali e di farne dei movimenti più concisi di quello cui reclami l'espressione naturale, è comunissima fra i sordo-muti. Questo gesto abbreviato è talora così mozzo, da perder quasi ogni rassomiglianza col gesto naturale; ma pel sordo-muto che l'impiega, esso ha pur tutta l'energia e l'espressione originali.



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