Carlo Darwin
L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali

CAPITOLO III.   PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE (fine).

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CAPITOLO III.

 

PRINCIPII GENERALI DELLA ESPRESSIONE (fine).

 

Terzo principio: Azione diretta sulla economia dell'eccitazione del sistema nervoso, indipendentemente dalla volontà e, in parte, dall'abitudine. ‑ Cambiamento di colore dei peli. ‑ Tremito dei muscoli. ‑ Modificazione delle secrezioni. ‑ Sudore. ‑ Espressione d'un vivo dolore, del furore, della gioia, dello spavento. ‑ Differenza tra le espressioni che producono o no movimenti espressivi. ‑ Stati dell'animo che eccitano o deprimono. ‑ Riassunto.

 

Siamo al nostro terzo principio: taluni atti che riconosciamo siccome espressivi di tali o tali altre condizioni dell'animo, risultano direttamente dalla costituzione medesima del sistema nervoso, e, sul principio, furono indipendenti dalla volontà ed in gran parte anche dall'abitudine. Quando il sensorio è vivamente eccitato, la forza nervosa, generata in eccesso, si trasmette in direzioni dipendenti dalle connessioni delle cellule nervose, e, se si tratta del sistema muscolare, dalla natura dei movimenti che sono abituali. In altri casi, l'affluenza della forza nervosa sembra all'incontro interrompersi. Senza dubbio l'organismo non esegue alcun movimento che non sia determinato dalla costituzione del sistema nervoso, ma qui non si tratta di atti compiuti sotto l'impero della volontà o dell'abitudine, di quelli provenienti dal principio dell'antitesi. L'argomento che noi discutiamo è pieno di oscurità; tuttavia, vista la sua importanza, ei dev'essere trattato con qualche estensione; d'altra parte non torna inutile mai di farsi una giusta idea della propria ignoranza.

Il caso più maraviglioso che si possa citare di questa diretta influenza del sistema nervosocaso d'altro canto raro ed anormale ‑ è lo scoloramento dei capelli che s'ebbe ad osservare qualche volta in seguito ad un grande spavento o ad un dolore eccessivo. Venne riferito un esempio autentico, relativo ad un uomo che si menava al supplizio, nell'India, e nel quale il mutamento di colore si operò con tale rapidità, che l'occhio poteva seguirne il progresso46.

Un altro buon esempio è il tremito muscolare, comune all'uomo ed a molti animali, se non al numero maggiore. Questo tremito non è di veruna utilità, spesso anche riesce molto nocivo; per certo, ei non dovette prodursi volontariamente dapprima sotto l'impero di una emozione qualunque, per associarsi quindi per influenza dell'abitudine. In circostanze che avrebbero provocato nell'adulto un tremito eccessivo, in seguito ad una testimonianza degna di tutta fede, il bambino non trema più, ma cade in convulsioni. Il tremore si produce in individui diversi, in grado assai differente, e per le cause più varie: il raffreddamento, il principio degli accessi febbrili, malgrado l'elevazione della temperatura del corpo sopra il grado normale; l'avvelenamento del sangue; il delirium tremens e certe altre malattie; l'affievolimento generale nella vecchiaia; lo spossamento dopo un'eccessiva fatica; le gravi affezioni locali, siccome le scottature; infine, in maniera veramente particolare, l'introduzione di una siringa. Niuno ignora che fra tutte le emozioni, più adatta a provocare il tremito è lo spavento; tuttavia una violenta collera, una viva gioia producono talvolta il medesimo effetto. Mi rammento di aver visto un giorno un giovinetto che aveva appena uccisa la sua prima beccaccia; il piacere faceva tremar le sue mani così, ch'ei dovette aspettare un momento prima di ricaricare il fucile. Ho inteso riferire un fatto perfettamente simile, relativo ad un selvaggio Australese, cui s'era prestato un fucile. In alcune persone la musica, colle vaghe emozioni che suscita, fa correre un fremito per il corpo. In mezzo a cause fisiche o ad emozioni di natura tanto dissimile, come trovare un carattere comune, che possa render conto di questo effetto comune, il tremore? Secondo sir J. Paget, al quale io devo molte delle precedenti osservazioni, la è codesta una fra le più oscure quistioni. Dal momento che il tremito accompagna ora la gioia, ora il furore lungo tempo avanti il periodo del rifinimento, ei sembrerebbe che ogni energica eccitazione del sistema nervoso dovesse interrompere il regolare afflusso della forza nervosa al sistema muscolare47.

Il modo con cui le secrezioni del canale alimentare e di certe glandulefegato, reni, mammelle — vengono impressionate da violente emozioni, è pure un buonissimo esempio dell'azione diretta del sensorio sopra questi organi, allo infuori di ogni intervento della volontà o di qualche abitudine utile associata. Quanto alla scelta degli organi che sono così impressionati, ed al grado della impressione ricevuta, esistono, nei diversi individui, le più spiccate differenze.

Il cuore, i battiti del quale si succedono senza interruzione giorno e notte con una regolaritàmaravigliosa, è estremamente sensibile alle eccitazioni esterne. Claudio Bernard, sommo fisiologo, ha fatto vedere48 sino a qual punto questo organo risenta il contraccolpo della più debole eccitazione portata sopra un nervo sensitivo, d'un tocco tanto leggiero che certo non ebbe a risultarne verun dolore. Era fin d'allora cosa naturale che una violenta eccitazione dell'animo dovesse agire istantaneamente e direttamente su lui; gli è ciò infatti che ciascuno conosce per propria esperienza. Un altro fatto che deggio richiamare e sul quale Claudio Bernard ebbe ad insistere a più riprese, si è che, quando il cuore viene impressionato, reagisce sul cervello; lo stato del cervello reagisce alla sua volta sul cuore coll'intermezzo del nervo pneumogastrico; in modo che, sotto l'influenza di una eccitazione qualunque, si producono molteplici azioni e reazioni reciproche fra questi due organi, i più importanti della economia.

Il sistema vaso-motore, che regola il calibro delle piccole arterie, subisce pure la diretta influenza del sensorio, come il rossore della vergogna lo prova; tuttavia in questo caso particolare noi potremo, io credo, trovare in parte nell'azione dell'abitudine, una curiosa spiegazione di questa brusca soppressione dell'influsso nervoso, che dilata i vasi della faccia. E penso che ci sarà possibile eziandio di gettare un po' di luce, avvegnachè meschina, sul raddrizzamento involontario dei peli che accompagna le emozioni della rabbia e dello spavento. La secrezione delle lagrime è pure un fenomeno che dipende certamente dalle connessioni di certe cellule nervose; ma, per questo come per i precedenti, saremo ben presto arrestati, quando vorremo cercare quali possano essere le vie che l'abitudine fa percorrere all'influsso nervoso, sotto l'influenza di determinate emozioni.

Un rapido esame dei segni esteriori di alcune fra le più vive sensazioni ed emozioni, ci mostrerà assai meglio, benchè ancora imperfettamente, il modo complesso con cui si combinano questi due principii: quello dell'azione diretta sull'economia dell'eccitamento del sistema nervoso, attualmente in quistione, e quello dell'associazione dei movimenti utili dovuta all'abitudine.

Allorchè un animale è tormentato dal dolore, d'ordinario si contorce spaventevolmente; che se ha l'abitudine di usar della voce, manda grida penetranti o sordi gemiti. Quasi tutti i muscoli del corpo entrano vigorosamente in azione. Nell'uomo la bocca talvolta si contrae fortemente; più di spesso le labbra s'increspano, i denti si serrano o battono con istrepito gli uni contro gli altri. Si dice che all'inferno v'hanno stridori di denti. In una vacca malata d'una dolorosissima infiammazione intestinale, io ho perfettamente sentito questo battito dei denti molari. La femmina dell'ippopotamo, osservata al Giardino zoologico, soffre assai quando si sgrava; cammina incerta, od anche si rotola sui fianchi, aprendo e chiudendo le mascelle e facendo stridere rumorosamente i denti49. Nell'uomo, ora si veggono spalancarsi gli occhi, come nello stupore, ora contrarsi vivamente le sopracciglia; il corpo è molle di sudore, la faccia gronda; la circolazione e la respirazione sono profondamente modificate; anche le narici sono dilatate e spesso frementi; altra fiata il respiro s'arresta al punto da produrre nei vasi facciali una stasi sanguigna che rende il viso purpureo. Quando il dolore è molto vivo e prolungato, tutti questi sintomi si trasformano: succede una estrema prostrazione, accompagnata da debolezza e da convulsioni.

Allorchè un nervo sensitivo subisce una eccitazione, esso trasmette un'impressione alla cellula nervosa donde procede; questa la trasmette alla sua volta prima alla cellula corrispondente del lato opposto, e quindi ad altre cellule collocate lungo l'asse cerebro-spinale, sopra e sotto di essa, per una estensione più o meno notevole, secondo il grado della eccitazione; in modo che alla fine tutto il sistema nervoso può essere impressionato50. Questa involontaria trasmissione della forza nervosa può essere o no avvertita dalla coscienza. Perchè l'irritamento di una cellula nervosa genera o mette in libertà della forza nervosa? Non possiamo rispondere a questa quistione; ma se ci resta ignota la causa, la realtà del fatto non par meno ammessa da tutti i più grandi fisiologi, Müller Virchow, Bernard51, ecc. Dopo l'osservazione di Herbert Spencer, puossi considerare come «una verità indiscutibile che, in un momento qualunque, la quantità della forza nervosa libera che produce in noi, per un misterioso meccanismo, lo stato che si chiama sensazione, deve forzatamente dispensarsi in una certa maniera, deve generare in qualche parte un'equivalente manifestazione di forza»; così che, quando sotto l'influenza d'una violenta eccitazione del sistema cerebro-spinale un eccesso di forza nervosa vien messo in libertà, esso può consumarsi in intense sensazioni, in rapidi pensieri, in disordinati movimenti, infine in un aumento di attività glandulare52. Lo Spencer sostiene inoltre che «un afflusso di forza nervosa, che nessun motivo diriga, seguirà evidentemente prima le vie più abituali; se queste non bastassero, passerà nelle meno usitate»; per conseguenza i muscoli facciali ed i respiratorii, che sono quelli più frequentemente in funzione, saranno subito disposti ad entrare immediatamente in azione, verranno quindi i muscoli degli arti superiori, poi degli arti inferiori, finalmente i muscoli di tutto il corpo53.

Allorquando un'emozione non venne abitualmente accompagnata da un atto volontario che ha per oggetto il sollievo o la soddisfazione corrispondenti alla sua natura, essa non ha che poca tendenza, per quanto forte possa riescire, a provocar movimenti di un ordine qualunque; quando invece si producono dei movimenti, la loro natura è largamente determinata da quelli cui la volontà ha frequentemente diretto, con un determinato fine, sotto l'influenza dell'emozione in discorso. Un acuto dolore spinge l'animale, siccome fa da innumerevoli generazioni, ad eseguire gli sforzi più violenti e più variati per isfuggire alla causa che lo produce. Allorchè una ferita aggrava una estremità, od un'altra parte isolata del corpo, si constata di spesso nell'animale una disposizione a scuotere questa parte, quasi ei potesse contemporaneamente scuotere il male e sbarazzarsene. Gli è così che dovette stabilirsi l'abitudine di mettere energicamente in giuoco tutti i muscoli, sotto l'influenza di un vivo dolore. I muscoli del petto e gli organi della voce, tanto di frequente impiegati, sono eminentemente suscettibili di entrare allora in azione, e ne risultano grida acute, rauche, prolungate. Tuttavia il fine utile che raggiungono queste grida medesime ha dovuto probabilmente aver anche un uffizio importante; vediamo infatti i piccoli di molti animali, nel dolore o nel pericolo, chiamare fragorosamente i genitori al soccorso; ed altrettanto fanno i diversi membri di una stessa società.

Havvi ancora un principio che ebbe a contribuire per parte sua, avvegnachè in minor grado, a fortificare questa tendenza ad un'azione violenta sotto l'influenza di un dolore eccessivo; intendo parlare della intima coscienza posseduta dall'animale che il potere, ossia la capacità del sistema nervoso ha dei limiti. Un uomo non può nello stesso tempo profondamente riflettere e mettere vigorosamente in azione la propria forza muscolare. Quando due dolori si fanno sentir simultanei, in seguito ad un'osservazione che rimonta ad Ippocrate, il più vivo rintuzza quell'altro. Nei rapimenti delle loro estasi religiose, alcuni martiri parvero restar insensibili alle più orrende torture. Si veggono talvolta dei marinai condannati alla frusta afferrare un frammento di piombo fra i denti e morderlo con tutta la forza, per sopportare più facilmente fa pena. La donna partoriente arreca qualche sollievo ai propri dolori contraendo i muscoli con tutta l'energia ond'ella è capace.

Così, riepilogando: la fluttuante irradiazione della forza nervosa dalle cellule che han ricevuta la prima impressione, ‑ la lunga abitudine d'una lotta penosamente sostenuta per isfuggire alla causa del dolore, ‑ e finalmente la coscienza che l'azione muscolare in se stessa è un sollievo, ‑ questi tre elementi probabilmente concorsero, come abbiam ora veduto, a produrre questa tendenza ai movimenti violenti, quasi convulsivi, provocati da un eccessivo dolore fin negli organi della voce e che ne sono (è universale il consenso) la più perfetta manifestazione espressiva.

Giacchè una leggiera provocazione d'un nervo sensitivo reagisce direttamente sul cuore, un vivo dolore dee evidentemente reagire anche su lui, nella stessa maniera, ma con molto più d'energia. Nullameno, in questo caso, non dobbiamo dimenticare gli effetti indiretti dell'abitudine sovra quest'organo, siccome vedremo studiando i segni del furore.

Allorchè un uomo è tormentato dal dolore, il sudore gronda di spesso sopra il viso di lui. Un veterinario mi assicurò di aver visto sovente, in simile caso, nei cavalli, delle goccie colare dal ventre sulla superficie interna delle coscie, e nei buoi il corpo tutto inondarsi di sudore. Egli osservò questo fatto quando alcuno sforzo dell'animale non poteva fornirne la spiegazione. Il corpo intiero dell'ippopotamo femmina, onde prima parlai, era coperto d'una rossastra traspirazione, durante il parto dell'animale. Lo stesso fenomeno avviene nell'estremo spavento; il citato veterinario l'ebbe frequentemente a constatare sopra cavalli; Bartlett l'osservò nel rinoceronte; nell'uomo gli è un segno universalmente noto. La causa della produzione del sudore in tali circostanze è molto oscura; tuttavia qualche fisiologo pensa ch'essa si leghi ad un indebolimento della circolazione capillare; or noi sappiamo che il sistema vaso-motore, il quale regge questa circolazione, dipende immediatamente dallo spirito. Quanto ai moti di alcuni muscoli della faccia, sotto l'impero del dolore e di diverse altre emozioni, il loro studio verrà naturalmente allorquando ci occuperemo delle speciali espressioni dell'uomo e degli animali.

Passiamo adesso ai sintomi caratteristici del furore. Sotto l'influenza di questa potente emozione, i battiti del cuore s'accelerano d'assai54 o si turbano notevolmente. La faccia vien rossa, purpurea, in seguito all'arresto della circolazione centripeta; talvolta al contrario si fa d'un pallore cadaverico. La respirazione è affannosa, il petto si solleva; le narici fremendo dilatansi. Spesso trema tutto il corpo. La voce si altera; i denti si serrano o battono gli uni contro gli altri, ed il sistema muscolare è in generale eccitato a qualche atto violento, quasi frenetico. Ma i gesti dell'uomo ch'è in questo stato differiscono ordinariamente dalle contorsioni disordinate e senza scopo di chi è tormentato dal dolore; infatti essi rappresentano in maniera più o meno completa l'atto di battere o di lottare contro un nemico.

Tutti questi sintomi del furore sono probabilmente dovuti in gran parte all'azione diretta del sensorio eccitato; taluni sembrano eziandio dipendere in modo esclusivo da quest'ultima causa. Tuttavia gli animali di ogni specie, e prima d'essi i loro progenitori, risposero alle minaccie o all'attacco del nemico impiegando ogni loro energia per combattere e difendersi. Se un animale non si mette così in istato di piombar sul nemico, se non ne ha l'intenzione, o per lo meno il desiderio, non può dirsi, in verità, che sia furioso. Gli è così che un'abitudine ereditaria di sforzo muscolare ha dovuto associarsi al furore, e quest'abitudine implica direttamente od indirettamente parecchi organi, quasi nella stessa maniera con cui agisce un gran dolore fisico.

Il cuore è senza alcun dubbio impressionato in modo diretto; ma, secondo ogni probabilità, lo è così per effetto dell'abitudine, tanto più che non è giammai sottomesso al controllo della volontà. Ogni violento esercizio, volontariamente eseguito, impressiona, come sappiamo, quest'organo per mezzo di un complesso meccanismo onde non abbiamo qui ad occuparci; d'altra parte vedemmo nel capitolo primo che la forza nervosa si propaga facilmente per le vie che le sono più abituali, vale a dire per i nervi motori volontari od involontari e per i nervi sensitivi. Così un esercizio anche moderato tenderà ad agire sul cuore, e, in virtù del principio dell'associazione onde abbiam dato tanti esempi, potremo ritenere quasi sicuro che ogni sensazione od emozione, valgano il dolore od il furore, la quale abitualmente ha provocato atti muscolari, dovrà immediatamente influenzare l'afflusso della forza nervosa verso del cuore, anche allorquando gli sforzi muscolari non sono necessari.

Il cuore, l'ho detto, sarà tanto più facilmente impressionato dalle associazioni abituali, inquantochè non è sottomesso al controllo della volontà. L'uomo, moderatamente irritato od anche furioso, può comandare ai movimenti del proprio corpo, ma non impedire i rapidi battiti del cuore. Forse il petto si solleverà assai poco, le narici tremeranno a pena, perocchè i movimenti della respirazione non sono volontari che in parte. Parimenti, i muscoli facciali, che obbediscono meno alla volontà manifesteranno solo qualche volta una leggiera e momentanea emozione. Le glandule sono ancora affatto indipendenti dalla volontà, e l'uomo che soffre può comandare a' suoi atti, ma non può sempre impedire alle lagrime di riempirgli gli occhi. Un uomo affamato, davanti ad un cibo appetitoso, non paleserà forse la fame con alcun gesto, ma non saprà trattenere la secrezione della saliva.

In un trasporto di gioia o di vivo piacere, si manifesta una spiccatissima tendenza a diversi movimenti inutili ed alla emissione di suoni variali. Gli è ciò che osserviamo nei fanciulli, quando ridono fragorosamente, battendo le mani e saltellando di gioia; gli è ciò che osserviamo negli scambietti e negli abbaiamenti di un cane che il padrone sta per condurre al passeggio; nello impaziente scalpitar d'un cavallo che si vede aperto dinanzi lungo tratto per correre. La gioia accelera la circolazione, che stimola il cervello, e questo alla sua volta reagisce sull'economia intera. Tali movimenti senza scopo e questa esagerata attività del cuore devono essere precipuamente attribuiti all'eccitazione del sensorio55, e, secondo l'osservazione di Herbert Spencer, all'afflusso eccessivo e non diretto di forza nervosa che ne risulta. è degno di rimarco che questi strani ed inutili movimenti e questi suoni diversi sono provocati dal pregustamento del piacere, non dal piacere medesimo. è quel che osserviamo nei nostri fanciulli, quando aspettano qualche gran gioia o qualche festa; così un cane che faccia dei lieti salti alla vista d'un piatto pieno di cibo, quando il possiede, non manifesta più la sua soddisfazione, con verun segno, nemmeno dimenando la coda. Negli animali di ogni specie, quasi tutti i piaceri, salvo il calore ed il riposo, sono associati a dei movimenti, e lo furono da lungo tempo, come si vede in una caccia o nella ricerca di una preda, o nei loro amori. Ben più, il semplice esercizio dei muscoli, dopo un prolungato riposo od una lunga reclusione, produce da se stesso un piacere, come sappiamo per nostra propria esperienza e come si constata nei giovani animali, allorchè si trastullano. In virtù di quest'ultimo principio soltanto, si potea forse aspettarsi che un vivo piacere potesse manifestarsi col mezzo di movimenti muscolari.

In tutti, o quasi tutti gli animali, negli uccelli medesimi, il terrore fa tremare il corpo. Impallidisce la pelle, gronda il sudore ed il pelo si rizza. Le secrezioni del canale alimentare e dei reni sono aumentate, e, in seguito al rilassamento dei muscoli sfinteri, involontariamente espulse; gli è questo un fatto ben noto nell'uomo, e di cui ho visti esempi nel bue, nel cane, nel gatto e nella scimia. La respirazione si accelera. Il cuore batte presto, tumultuoso e con violenza. Ma si può dubitare se desso perciò invii il sangue più efficacemente in tutto il corpo, perocchè la superficie di questo sembra esangue ed il vigor muscolare fa difetto ben presto. In un cavallo spaventato, ho sentito traverso la sella i battiti del cuore così distinti da poterli contare. Le facoltà intellettuali sono profondamente turbate. Ben presto sopraggiunge una gran prostrazione che va fino al deliquio. S'è visto un canarino atterrito, non solo tremare e venir bianco attorno la base del becco, ma benanco svenire56, ed un giorno io coglieva in una stanza un pettirosso, il quale tramortì in maniera ch'io per un momento lo credetti morto.

La maggior parte di questi sintomi sono probabilmente il risultato diretto dell'alterazione portata nello stato del sensorio, indipendentemente da ogni influenza dell'abitudine; tuttavia è incerto se basti questa spiegazione a renderne conto. Quando un animale è allarmato, resta quasi sempre un momento immobile, per radunare le sue sensazioni, riconoscere la sorgente del pericolo, e qualche volta ancora per evitare di venire scoperto. Ma ben tosto si mette a fuggir precipitoso, senza cercare di risparmiar le sue forze per una lotta; continua così a correre fino a che dura il pericolo, fino a che viene trattenuto da una completa prostrazione, con arresto del circolo e della respirazione, con un tremito generale di tutti i muscoli e un abbondante sudore. Questo fatto sembra autorizzarci a credere che il principio dell'associazione abituale può spiegare in parte o almeno accrescere alcuni dei sintomi caratteristici del terrore indicati qui sopra.

L'uffizio importante che dovette disimpegnare il principio dell'associazione abituale nel conseguimento dei movimenti espressivi delle diverse emozioni o sensazioni violente or passate in rivista, mi sembra ben dimostrato da due ordini distinti di considerazioni: prima quella delle vive emozioni in cui la natura d'ordinario non sollecita alcun movimento volontario per procurare il sollievo o la soddisfazione che lor corrispondono; in secondo luogo quell'altra del contrasto essenziale ch'esiste tra gli stati dell'animo distinti coi termini generali di stati eccitanti e di stati deprimenti. Qual v'ha più potente emozione dell'amore materno? E tuttavia questa profonda tenerezza di cui una madre attornia il suo debole figlio può non palesarsi con alcun segno esteriore, o solo con leggiere carezze, accompagnate da un dolce sorriso o da un tenero sguardo. Ma che si faccia volontariamente del male al bambino, e vedrete qual cangiamento nella madre! Ella si rizza minacciosa, le brillano gli occhi, si colora nel volto, il suo seno si solleva, le narici dilatansi, le palpita il cuore. Le son codeste manifestazioni non dell'amore materno, ma della collera, che ne è infatto la vera causa provocatrice. L'amore reciproco dei due sessi non rassomiglia per nulla all'amore materno. Noi lo sappiamo: quando due amanti si veggono, il loro cuore batte rapidi colpi, la respirazione si accelera, il viso arrossisce; gli è in fatto che quest'amore non è inattivo come quel della madre per il suo figliuolo.

Un uomo può essere divorato da sospetti o da odio, da invidia o da gelosia, senza che questi sentimenti provochino atto veruno, senza che si rivelino per alcun segno esteriore, benchè la loro durata sia in generale più o men prolungata; tutto quello che si può dire si è che quest'uomo non par certamente gaio, d'umore giocondo. Se avvenga che tali sentimenti diano luogo a segni esterni, gli è che vennero rimpiazzati dal furore, il quale si palesa fin d'allora coi suoi soliti mezzi di espressione. La pittura non rappresenta che difficilmente il sospetto, la gelosia, l'invidia, ecc., a meno che non si ricorra a degli accessorii i quali giovino a far comprendere la situazione. Per caratterizzare questi stessi principii, la poesia non sa trovare che qualificazioni vaghe e fantastiche. Gli è così che si dice: «La gelosia dagli occhi fulvi». Spencer, descrivendo il sospetto, vi applica gli epiteti seguenti: «Nero, spaventevole, raggrinzato, dal guardo fosco ed obliquo, ecc.». Shakespeare, parlando dell'invidia, dice: «L'invidia dal viso scarno sotto la sua orrida maschera», e in un altro punto: «Nessuna nera invidia mi porterà alla tomba», ed altrove ancora: «Fuori del cerchio minaccioso della pallida invidia».

Si distinsero spesso le emozioni e le sensazioni in due categorie: quelle che eccitano, quelle che deprimono. Quando tutte le funzioni del corpo e dell'animo, - movimento volontario ed involontario, percezione, sensazione, pensiero, ecc. - si compiono con una energia ed una rapidità maggiore che non allo stato normale, puossi dire dell'uomo o dell'animale ch'egli è eccitato; nel caso contrario, ch'egli è depresso. Fra le emozioni eccitanti, stanno in prima linea la collera e la gioia; esse provocano naturalmente, sovratutto la prima, energici movimenti che reagiscono sul cuore, e, per mezzo di questo, sovra il cervello. Un giorno un medico faceami osservare, come prova della natura eccitante della collera, che talvolta si vede un uomo estenuato dalla fatica irritarsi di offese immaginarie, col fine non conosciuto di rianimare le sue forze; ed io ebbi poi l'occasione di verificare la perfetta esattezza di questa osservazione.

Molti altri stati dell'animo, che sembrano sul principio eccitanti, divengono ben tosto deprimenti al massimo grado. Osservate una madre, cui è appena morto improvvisamente il figliuolo; si può di certo considerarla come in uno stato di eccitazione; osservatela; pazza di dolore, correre a caso, strapparsi i capelli, stracciarsi le vesti, torcer le mani. Quest'ultimo atto deriva forse dal principio dell'antitesi, manifestando un intimo sentimento della sua fievolezza e della inanità d'ogni sforzo. Quanto agli altri gesti disordinati, possono trovare spiegazione, parte nel sollievo cui procura l'azione muscolare in se stessa, parte nella influenza della forza nervosa in eccesso e senza direzione, emanata dal sensorio sovraeccitato. Arroge che uno fra i primi pensieri che assai comunemente si presentano al nostro spirito, in faccia alla perdita impreveduta d'un essere che ci era caro, è questo: si poteva fare qualche cosa di più per salvarlo. Uno dei nostri romanzieri, osservatore eccellente57, descrivendo la condotta di una fanciulla, orba appena del padre improvvisamente mancatole, così si esprime: «Ella correva per la stanza come una pazza, torcendosi le mani ed accusando se stessa: Sì, la è colpa mia; perchè l'ho io mai abbandonato? Se almeno l'avessi assistito!...» Sotto l'impero di tali pensieri, fortemente impressi nell'animo, deve prodursi, in virtù del principio del l'associazione abituale, una spiccatissima tendenza ad un'energica azione di natura qualunque.

Ma non appena nell'anima desolata s'è fatta l'intima convinzione che non v'era ripiego veruno, questo dolore frenetico luogo alla disperazione o ad una cupa tristezza. Allora si siede, immobili, o con una leggiera oscillazione; si rallenta il circolo, la respirazione è quasi insensibile, ed il petto manda profondi sospiri. Questo novello stato reagisce sul cervello, e ben presto giunge la prostrazione: i muscoli sono rilassati, le palpebre si fanno pesanti. L'associazione abituale non provoca più verun atto. Gli è allora che intervengono i nostri amici e ci eccitano a compiere qualche volontario esercizio, in luogo di assopirci in un dolore muto ed immobile. Questo esercizio stimola il cuore, che reagisce sopra il cervello, ed aiuta l'animo a sopportare il triste fardello, onde è gravato.

Un vivo dolore apporta tosto una depressione od una estrema prostrazione; peraltro sul principio agisce siccome stimolante ed eccita all'azione; ricorderò a questo riguardo il noto effetto d'una scudisciata sopra un cavallo ed inoltre le orrende torture che in certi paesi stranieri si fanno subire alle bestie da soma spossate, per isforzarle a compiere un nuovo lavoro. Lo spavento è, fra tutte le emozioni, la più depressiva; esso produce rapidamente una completa prostrazione, che si prenderebbe per una conseguenza di prolungati sforzi fatti allo scopo di sfuggire al pericolo, e che infatti può riconoscere questa causa, abbenchè tali sforzi non sieno stati eseguiti realmente. Tuttavia un estremo terrore agisce spesso in sul principio come stimolante potente: tutti sanno che l'uomo o l'animale spinto dallo spavento alla disperazione acquista una forza prodigiosa e diviene pericoloso al massimo grado.

Riassumiamo e concludiamo. Nella determinazione d'un gran numero di espressioni, egli è mestieri attribuire una somma influenza al principio d'una azione diretta del sensorio sovra l'economia, azione unicamente dovuta alla costituzione del sistema nervoso, e fin dal principio indipendente dalla volontà. Il tremito dei muscoli, la traspirazione della pelle, le modificazioni delle secrezioni del canale alimentare e delle glandule, che si manifestano sotto l'influenza di diverse emozioni o sensazioni, ci fornirono esempi dell'applicazione di questo principio. Tuttavia i fenomeni di quest'ordine si combinano spesso con altri fenomeni derivanti dal primo principio che abbiamo stabilito e che richiamiamo: ogni atto il quale frequentemente fu di una utilità diretta od indiretta in alcune condizioni d'animo, per procurarsi certe sensazioni, soddisfare a certi desiderii, ecc., si compie ancora, in analoghe circostanze, per effetto della sola abitudine, anche quando è diventato inutile. Almeno in parte, noi rinveniamo combinazioni di questo genere nei gesti frenetici che inspira il furore, nelle contorsioni provocate da un'estrema sofferenza, e forse ancora nell'aumentata attività del cuore e degli organi respiratorii. Allora quando queste emozioni o sensazioni, od altro che sieno, si producono, anche ad un debolissimo grado, esiste ancora una tendenza a simili atti, dovuta alla forza dell'abitudine per lungo tempo associata, e fra questi atti, i meno soggetti al controllo della volontà sono generalmente i più duraturi. ci sfugga di mente la parte che in certi casi ha dovuto prendere anche il nostro secondo principio, quello dell'antitesi.

 

Spero di dimostrare nel seguito di quest'Opera che i tre principii da noi successivamente studiati possono già rendere conto di moltissimi movimenti espressivi; e ci è permesso di credere che un giorno verrà, nel quale tutti gli altri saranno alla lor volta spiegati con questi stessi principii o con altri molto analoghi. Peraltro, e' fa mestieri di confessarlo, è spesso impossibile decidere qual parte spetti, in ogni singolo caso, a tale o tal altro dei nostri principii, e molti punti restano tuttavia inesplicati nella teoria dell'Espressione.

 






46 Vedi i casi interessanti che raccolse G. POUCHET nella Revue des Deux Mondes, gennaio 1872, p. 79. Pochi anni sono fu comunicato un caso anche alla British Association di Belfast.



47 MÜLLER fa osservare (Elements of Physiology, traduzione inglese, vol. II p. 934) che sotto l'influenza di vivissime sensazioni «tutti i nervi spinali ricevono una impressione che può giungere fino a produrre una imperfetta paralisi o a determinare un tremito generale».



48 Leçon sur les propriétés des tissus vivants, 1866, p. 457-466.



49 M. BARTLETT, Note sur la naissance d'un hippopotame; Proc. Zoolog. Soc., 1871, p. 225.



50 Veggasi su questo Claudio BERNARD Tissus vivants, 1866, p. 316, 337, 358. VIRCHOW si esprime in un modo quasi identico nella sua Memoria Ueber das Rückenmarck (Sammlung wissenschaft. Vorträge, 1871, p. 28).



51 MÜLLER (Elements of Physiology, trad. ingl., vol. II pag. 932) dice, parlando dei nervi, che «ogni brusco cangiamento di stato, di qualunque ordine, mette in giuoco il principio nervoso». V. sullo stesso argomento VIRCHOW e BERNARD, ai passi citati nella nota precedente.



52 H. SPENCER, Essays Scientific Political, ecc., seconda serie, 1863, p. 109-111.



53 Sir H. HOLLAND, Medical Notes and Reflexions, 1839, p. 328) fa notare, a proposito di questo stato curioso dell'economia chiamato agitazione, ch'esso sembra prodotto da «un'accumulazione di qualche causa irritante che cerca di sollevarsi coll'esercizio dell'azione muscolare».



54 Devo i miei ringraziamenti al signor A. H. Garrod, che m'ha fatto conoscere un'opera di Lorain sui polsi, nella quale si trova il tracciato sfigmografico d'una donna in un accesso di furore; questo tracciato differisce molto, per la frequenza e per altri caratteri, da quello della stessa femmina nello stato ordinario.



55 La potenza con cui la gioia eccita il cervello e questo reagisce sulla economia, si manifesta in modo notevole nei rari casi di attossicazione psichica. Il dottore J. CRICHTON BROWNE (Medical Mirror, 1865) ricorda il fatto di un temperamento molto nervoso, il quale, apprendendo per un telegramma d'avere ereditata una grande fortuna, impallidì sul principio, poi si mise a ridere e divenne di una gaiezza irrequieta ed esaltata. Per tranquillizzarsi andò al passeggio con un amico, ma i suoi passi erano vacillanti. Sghignazzava, manifestando una grande irritabilità di carattere; parlava incessantemente e cantava ad alta voce in mezzo alla via. E si sapeva in modo positivo e sicuro che non aveva toccato alcun liquore spiritoso, avvegnachè sembrasse ubbriaco; dopo un certo tempo vomitò; esaminato il contenuto a metà digerito del suo stomaco, non s'ebbe a riconoscere il menomo odore alcolico. Infine s'addormì d'un sonno grave, e svegliatosi, era quasi rimesso, ma soffriva ancora mal di testa, nausee e gran debolezza.



56 Dottor DARWIN, Zoonomia, 1794, vol. I, p. 148.



57 Madama OLIPHANT, nel romanzo intitolalo Miss Majoribanks, p. 362.



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