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ESPRESSIONI SPECIALI DEGLI ANIMALI
Diversi movimenti espressivi nel cane. - Gatto. - Cavallo. - Ruminanti. - Scimie. - Espressioni di gioia e d'affetto, di dolore, di collera, di stupore e di spavento in questi animali.
Cane. - Ho già descritto l'aspetto d'un cane che s'avvicina ad un altro con ostili intenzioni (fig. 5 e 7); le orecchie si rizzano, il guardo si dirige fisso in avanti; il pelo si erige sul collo e sul dorso, l'andatura è notevolmente rigida, la coda levata in aria e in linea retta. Di questi vari caratteri, due soli, la rigidità dell'incesso e il rizzamento della coda, richieggono ancora qualche sviluppo. Sir C. Bell fa osservare92, che, quando un tigre od un lupo, battuto dal suo guardiano, monta improvviso in furore, «tutti i muscoli sono tesi e le estremità sono in una attitudine di contrazione forzata: l'animale è pronto a slanciarsi». Questa tensione dei muscoli e la rigidità dell'attitudine che ne risulta possono trovar spiegazione nel principio dell'associazione delle abitudini; infatti, la collera ha sempre spinto a sforzi furibondi e quindi a mettere violentemente in azione i muscoli tutti del corpo. Ora v'hanno ragioni per supporre che il sistema muscolare, prima di poter produrre un'energica azione, esiga in qualche modo una rapida preparazione, un certo grado di innervazione. Le sensazioni mie proprie confermano per conto mio questa ipotesi, che pure, a quanto ne so, non è ammessa dai fisiologi. Tuttavia sir J. Paget mi apprende che, quando i muscoli si contraggono bruscamente con grandissima forza, senza preparazione veruna, possono rompersi; gli è ciò che talora si osserva in un uomo, il quale fa un passo falso e sdrucciola improvvisamente e senza aspettarsela; una simile rottura al contrario si produce molto di rado, quando l'atto muscolare, per quanto violento, è compiuto di proposito deliberato e sotto l'influenza della volontà.
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Fig. 14 - Testa d'un cane che ringhia. Dal vero, del sig. Wood.
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Riguardo alla posizione rialzata della coda, sembra dipendere da un'eccessiva potenza dei muscoli elevatori sugli abbassatori: eccesso che avrebbe naturalmente per effetto di collocare quest'organo in posizione orizzontale, quando tutti i muscoli della parte posteriore del corpo sono contratti. Non posso asserir tuttavia che questa interpretazione sia l'espressione della verità. Un cane che trotta festevole innanzi al padrone con un'andatura gaia e briosa, tien d'ordinario la coda in aria, ma assai meno rigida di quando è irritato. Un cavallo che per la prima volta si slancia sulla libera via, corre d'un trotto grazioso ed aperto, tenendo alta la testa e la coda. Le vacche medesime, allorchè saltellano allegramente, alzano la coda in modo grottesco. Al Giardino zoologico si può fare la stessa osservazione su diversi animali. Tuttavia, in certi casi, la posizione della coda è determinata da speciali circostanze; ad esempio, appena un cavallo si slancia al galoppo, abbassa costantemente la coda, in modo da offrir meno presa che sia possibile alla resistenza dell'aria.
Quando un cane sta per islanciarsi sovra un nemico, manda un grugnito selvaggio; le sue orecchie si arrovesciano completamente all'indietro, e il labbro superiore si contrae per lasciar liberi i denti e specialmente i canini (fig. 14). Questi stessi movimenti possono pure osservarsi negli alani e nei piccoli cani, quando giuocano assieme. Tuttavia, se a mezzo del giuoco l'animale incollerisce sul serio, la sua espressione cangia immediatamente; il che consiste solo in ciò, che le labbra e le orecchie si contraggono con energia di molto maggiore. Se un cane brontola contro di un altro, il suo labbro si contrae generalmente da un lato soltanto, da quello cioè che guarda il nemico.
Ho descritto nel capitolo II le movenze di un cane ch'esprime il suo affetto al padrone (fig. 6 ed 8). La testa ed il corpo intiero si abbassano e si aggirano in movimenti flessuosi; la coda è distesa e si dondola da un lato a quell'altro. Le orecchie stanno abbassate e portate un tantino all'indietro, attitudine che sforza le palpebre ad allungarsi e modifica l'apparenza di tutta la faccia. Le labbra sono rilassate e pendenti; il pelo si mantiene liscio. Tutti questi movimenti e queste attitudini possono, io credo, spiegarsi col principio dell'antitesi; perocchè sono in completa opposizione con quelli naturalmente eseguiti da un cane irritato, cioè sottomesso ad uno stato d'animo precisamente inverso. Allorchè un uomo parla semplicemente al suo cane, o gli indica un oggetto da richiamar l'attenzione, si veggono le ultime vestigia di questi movimenti nel dondolamento della coda, che solo fra tutti persiste e nemmeno s'accompagna coll'abbassamento delle orecchie. Il cane manifesta eziandio la sua affezione sfregandosi contro il padrone; lo stesso sentimento lo porta a desiderare anche lo strofinamento o l'amichevole picchiar della mano.
Gratiolet rende conto delle affettuose manifestazioni ora indicate nel modo seguente: il lettore giudicherà da se stesso sul valore delle interpretazioni di lui. Parlando degli animali in generale, compresovi il cane: «È sempre, egli dice, la parte più sensibile del loro corpo che ricerca le carezze o le fa. Quando i fianchi ed il corpo sono sensibili per tutta la loro lunghezza, l'animale serpeggia e striscia sotto le carezze, e propagandosi le ondulazioni lungo i muscoli analoghi dai segmenti sino all'estremità della colonna vertebrale, la coda si piega e si agita»93. Più lungi egli aggiunge che i cani, esprimendo il loro affetto, abbassano le orecchie, onde scacciare ogni percezione sonora e concentrare tutta l'attenzione sulle carezze del loro padrone!
I cani hanno un'altra notevolissima maniera di palesare il loro affetto, e consiste nel leccare le mani od il viso. Talvolta si leccano fra loro, e in tal caso lo fanno sempre sul muso. Ho visto ancora dei cani leccare dei gatti coi quali vivevano in buona armonia. Codesta abitudine deriva probabilmente dal fatto che le femmine leccano i propri piccini, oggetto del loro più tenero affetto, onde pulirli. Di spesso si veggono ancora, dopo una breve assenza, dare alcune rapide leccate ai loro nati, che sembrano semplicemente destinate ad esprimere la loro affezione. È così che questa abitudine dovette associarsi colle emozioni affettuose, sia qualsivoglia l'origine di queste. Oggi ell'è sì fortemente acquisita per eredità od innata, che si trasmette egualmente ai due sessi. Ultimamente si uccisero a casa mia i piccoli d'una femmina di cane terriero, che io posseggo e che si è sempre mostrata affettuosissima; in questa circostanza fui veramente colpito dal modo con cui essa tentò di soddisfare il suo istintivo amore materno, riportandolo sopra di me: il suo desiderio di leccarmi le mani era passato allo stato di passione insaziabile.
Lo stesso principio spiega probabilmente perchè i cani, onde esprimere la propria affezione, amino di strofinarsi contro i loro padroni e di venirne strofinati o amichevolmente picchiati. Infatti, durante l'allattamento dei loro piccini, il contatto con un oggetto amato si associò fortemente nel loro spirito colle emozioni affettuose.
Il sentimento d'affezione d'un cane per il suo padrone si mesce ad un profondo sentimento di sommissione, che s'avvicina un po' alla paura. Anche certi cani non si limitano di abbassare le orecchie e di strisciare un po' approssimandosi ai loro padroni, ma s'allungano sul suolo, col ventre in aria. Gli è codesto un movimento assolutamente opposto ad ogni dimostrazione di resistenza. Ho posseduto un tempo un gran cane che non temeva punto di misurarsi con avversari della sua specie; nelle vicinanze v'aveva nullameno un cane da pastore, specie di cane-lupo, d'umore pacifico ed assai meno forte, che esercitava su lui una strana influenza. Quando per caso essi s'incontravano, il mio cane aveva costume di corrergli incontro, colla coda fra le gambe ed il pelo liscio; poi si sdraiava in terra col ventre in aria. Pareva che gli dicesse, meglio che per ogni discorso: «A te! io sono tuo schiavo».
Certi cani esprimono in modo assai particolare una disposizione dell'animo gioconda, gaia, e nello stesso tempo affettuosa, voglio dire con una specie di ghigno. Somerville aveva fatto già da gran tempo questa osservazione, quando diceva: «E il cane con ghignare giocondo ti saluta, dimenando la coda, s'accuccia, spalanca le ampie narici, e i grandi suoi occhi neri si effondono in dolci carezze e in umile gioia».
Il famoso levriere scozzese di Walter-Scott, Maïda, aveva quest'abitudine, comune del resto ai terrieri. Io l'ho constatato anche in un pòmero ed in un cane da pastore. Rivière, che s'è occupato con particolare attenzione di questa espressione, m'apprende ch'essa si produce assai comunemente ad un debole grado. Il labbro superiore allora si contrae come per il brontolio, in modo che i canini si scoprono; contemporaneamente le orecchie si portano indietro; peraltro l'aspetto generale dell'animale indica chiaramente ch'ei non è irritato. «Il cane, dice sir C. Bell, per esprimere la tenerezza, rovescia leggermente le labbra, e saltellando, fa smorfie e respira per le narici, in un modo che rassomiglia al riso»94. Alcuni considerano infatti queste smorfie come un sorriso; ma se realmente lo fossero, noi vedremmo in quest'animale, quando abbaia di gioia, un simile movimento delle labbra e delle orecchie, benchè più pronunciato. Ora ciò non avviene; solo si osserva che i due fenomeni succedonsi frequentemente. D'altra parte, quando i cani giuocano coi loro compagni o coi padroni, hanno quasi sempre l'aria di voler mordere, ed allora contraggono (poco energicamente, è vero) le labbra e le orecchie. Così pure io credo che in certi cani, quando provano un vivo piacere unito ad un sentimento affettuoso, esista una tendenza ad agire sui medesimi muscoli, per effetto dell'abitudine e dell'associazione, come se volessero ancor morsicchiare qualche compagno di giuoco o le mani dei loro padroni.
Nel capitolo II ho descritto l'attitudine e la fisionomia del cane allora ch'è festevole, e la distinta opposizione ch'esse presentano quando l'animale è abbattuto e scorato. Allora abbassa la testa, le orecchie, il corpo, la coda e la mascella, ed i suoi occhi divengono tristi. Se all'incontro un gran piacere l'attenda, ei balza e saltella in modo stravagante, abbaiando di gioia. In codesto stato dell'animo, la tendenza ad abbaiare fu acquistata per eredità; essa è penetrata nel sangue; si sa che i levrieri abbaiano di rado; osservate al contrario un pòmero che il padrone sta per condurre al passeggio: i suoi abbaiamenti continui diventano penosi.
Nel cane un vivo dolore si manifesta press'a poco come nella maggior parte degli animali, vale a dire con urli, contorsioni e movimenti convulsivi per tutto il corpo.
L'attenzione viene espressa sollevando la testa, raddrizzando le orecchie e dirigendo fisso lo sguardo sull'oggetto o sul punto che la provoca. Se trattasi di un rumore di origine ignota, vediamo di spesso il cane girare obliquamente la testa da destra a sinistra nel modo più espressivo, probabilmente per giudicare con maggior esattezza da qual parte venga lo strepito. Ho visto un cane, vivamente sorpreso di sentire un suono nuovo per lui, girare in questa maniera la testa, per effetto dell'abitudine, avvegnachè ne scorgesse chiaramente la fonte. Feci di già osservare che un cane, il quale stia comunque in attenzione, spii un oggetto o presti l'orecchia a qualche rumore, alza spesso una zampa (fig. 4) e la tien ripiegata, quasi volesse disporsi ad avvicinarsi lentamente e con precauzione.
Sotto l'influenza d'un estremo terrore, il cane si rotola a terra, urla e lascia sfuggire i propri escrementi. Io credo che in tali circostanze non gli si rizzi mai il pelo, a meno che non provi contemporaneamente la collera a un grado più o meno spiccato. Ho visto un cane spaventato all'udire una musica strepitosa eseguita in istrada da una brigata di suonatori: tutti i muscoli del suo corpo tremavano; il cuore gli palpitava con tale rapidità da poterne difficilmente numerare i battiti; la sua respirazione era anelante, ed egli spalancava la bocca: questi sintomi sono pur quelli che caratterizzano lo spavento nell'uomo. Ben inteso che questo cane non aveva fatto alcun esercizio; ei camminava placido e lento lungo la stanza; aggiungerò che faceva freddo.
Il terrore, anche a un debolissimo grado, si manifesta costantemente dalla posizione della coda che si nasconde tra le gambe. Nello stesso tempo le orecchie si portano indietro, ma senza applicarsi esattamente contro la testa e senza abbassarsi; movimenti che si producono, il primo quando il cane brontola, il secondo allora ch'è festevole e vuol dimostrare la propria affezione. Quando due giovani cani s'inseguono per giuoco, quello che fugge cela sempre la coda fra le gambe. La stessa attitudine vien presa dal cane che, al colmo della gioia, gironzola come pazzo attorno al padrone descrivendo dei cerchi o degli otto. Esso opera allora come fosse inseguito da un altro cane. Codesta foggia singolare di gioia, nota a tutti che abbiano osservato questo animale, è frequente in particolare allorchè è un po' sorpreso o spaventato, quando, ad esempio, il padrone si getta bruscamente su lui nell'oscurità. In tal caso, come pure quando due giovani cani s'inseguono l'un l'altro per giuoco, pare che l'inseguito tema di venir afferrato per la coda; eppure, a mio sapere, questi animali non si assalgono così che assai raramente. Un dilettante, il quale aveva osservato per tutta la vita cani in corsa, m'assicurò di non averne giammai visto uno afferrare una volpe per la coda; osservazione confermata da altri sperimentati cacciatori. Sembra che quando un cane è inseguito o corre pericolo di venir colpito per di dietro, od è esposto alla caduta di un oggetto qualunque, ei voglia ritirare il più presto possibile le estremità posteriori; allora, in seguito a qualche simpatia o a qualche connessione tra i muscoli, la coda si ritira completamente all'indentro e si cela in mezzo alle gambe.
Un analogo movimento, che talvolta interessa le estremità posteriori e la coda, può constatarsi nella iena. Secondo le osservazioni di Bartlett, quando due di questi animali lottano insieme, ciascun d'essi conosce perfettamente la potenza della mascella del proprio avversario, ed entrambi sono pieni di diffidenza e di precauzione. E sanno che se una delle loro gambe vien presa, sarà senza tempo di mezzo fatta in minuzzoli. Gli è perciò che s'avvicinano colle ginocchia piegate, colle gambe più che sia possibile in dentro e tutto il corpo curvato, in modo da non presentare alcun punto sagliente; nello stesso tempo la coda si cela affatto fra le gambe. In questa attitudine, essi s'approssimano di fianco ed anche un po' per di dietro. Parecchie specie di cervi, lottando, nascondono pur essi nello stesso modo la coda. Quando un cavallo tenta per giuoco di mordere le estremità posteriori di un altro cavallo, quando un brutale monello batte un asino per di dietro, si veggono ancora le gambe posteriori e la coda dell'animale portarsi in basso ed in dentro, quantunque sia difficile dire se unico scopo di tal movimento sia quello di mettere la coda al salvo da ogni lesione. Noi abbiamo parlato più in su dell'opposto movimento; quando un animale corre d'un trotto allegro ed aperto, la coda è quasi sempre sollevata in aria.
Siccome vedemmo, un cane inseguito e che fugge dirige le orecchie all'indietro; ma le conserva aperte, evidentemente allo scopo di udire i passi di chi lo insegue. Per effetto dell'abitudine, le orecchie si mantengono spesso nella medesima posizione, mentre la coda si cela fra le gambe, anche allora che il pericolo è manifestamente rimpetto. Ho sovente osservato in un mio pauroso terriero, che quando è spaventato da qualche oggetto che gli sta dinanzi, ond'ei sa la perfetta natura e che non ha bisogno di riconoscere, conserva tuttavia per lungo tempo la coda e le orecchie in questa posizione, mostrando un evidente malessere. La contrarietà, senza spavento, si esprime nella medesima foggia; così, io uscivo un giorno proprio al momento in cui questo stesso cane sapeva che gli si dava a mangiare: io nol chiamava; egli aveva voglia di accompagnarmi, ma contemporaneamente desiderava il cibo; e restava immobile, guardando ora avanti ora indietro, colla coda tra le gambe e le orecchie pendenti, presentando un'apparenza d'indecisione e di contrarietà intorno alla quale non si poteva ingannarsi.
Quasi tutti i movimenti descritti qui sopra sono innati od istintivi; perchè comuni a tutti gl'individui, giovani o vecchi, di tutte le specie; bisogna però eccettuare la piacevole smorfia ch'esprime la gioia. La maggior parte di questi movimenti è pure comune ai progenitori aborigeni del cane, cioè al lupo ed allo sciacallo, ed alcuni ad altre specie del medesimo gruppo. I lupi e gli sciacalli addimesticati quando si carezzano, saltellano di gioia, agitano la coda, abbassano le orecchie, leccano le mani del padrone, s'accosciano ed anche si rotolano sul suolo col ventre in aria95. Ho visto uno sciacallo d'Africa, originario dal Gabon, e molto rassomigliante ad una volpe, abbassare le orecchie allorchè lo si carezzava. Il lupo e lo sciacallo, atterriti, nascondono di certo la coda fra le gambe. Ho udito narrare che uno sciacallo addomesticato girava attorno al padrone descrivendo, proprio a somiglianza di un cane, dei circoli e degli otto, e celando la coda nella stessa maniera.
Si sostenne l'idea96 che la volpe, anche addomesticata, non eseguisce giammai alcuno dei movimenti espressivi or ora citati; tuttavia ciò non è rigorosamente vero. Da già molti anni io osservai al Giardino zoologico una volpe inglese domesticissima, la quale, accarezzata dal proprio padrone, agitava la coda, abbassava le orecchie, poi si rotolava in terra col ventre in aria. Questo fatto fu da me pubblicato in quell'epoca. La volpe nera dell'America settentrionale abbassa pure le orecchie a un debole grado. Ma io credo che le volpi non lecchino mai le mani dei loro padroni, e mi sono accertato che sotto l'influenza della paura non nascondono la coda. Ammettendo l'interpretazione ch'io diedi alla espressione dei sentimenti affettuosi nel cane, sembra che animali, i quali non passarono mai allo stato di domesticità - come il lupo, lo sciacallo ed anche la volpe - abbiano tuttavia acquisiti, in virtù del principio dell'antitesi, alcuni gesti espressivi; in fatto non è cosa probabile che questi animali, racchiusi nelle loro gabbie, abbiano potuto apprendere codesti movimenti imitando dei cani.
Gatto. - Ho già descritta la condotta di un gatto irritato, senza spavento (fig. 9). Ei s'accoscia e striscia sul suolo; talvolta avanza la zampa anteriore, facendo sporgere le unghie, ond'essere pronto a colpire. La coda è distesa e si move ondulando o batte vivamente da una parte all'altra. Il pelo non si rizza: ciò almeno è quello ch'io vidi nei casi in cui ebbi occasione di osservare. L'animale rovescia molto le orecchie all'indietro e mostra i denti mandando sordi brontolii. Perchè l'attitudine di un gatto che si dispone a lottare con un altro, o che è violentemente irritato in un modo qualunque, differisca così da quella che prende il cane in circostanze simili, si può comprendere pensando che il gatto colpisce colle zampe anteriori, il che rende comoda od anche necessaria la posizione accosciata. Per giunta esso, assai più che il cane, ha l'abitudine di imboscarsi per piombar bruscamente sovra la preda. Quanto ai movimenti della coda, è impossibile assegnarvi una causa con qualche certezza. Essi s'incontrano in molte altre specie, ad esempio nel Puma, nel punto in cui si dispone allo slancio97; non si osservano all'incontro nel cane, nè nella volpe, secondo le osservazioni fatte da Saint-John sopra una volpe in agguato, mentre appostava una lepre. Vedemmo di già che certe specie di sauriani ed alcuni serpenti agitano rapidamente l'estremità della coda in segno di collera. Ei sembra che, sotto l'influenza di una energica eccitazione, si produca un irresistibile bisogno di movimento di qualsivoglia natura dovuto alla sovrabbondanza di forza nervosa emanata dal sensorio; allora la coda, che resta libera e i di cui movimenti non turbano punto l'attitudine generale del corpo, si dondola o sferza l'aria da una parte e dall'altra.
Allorchè un gatto vuol palesare la propria affezione, tutti i suoi movimenti sono completamente in antitesi con quelli or ora descritti. Ei si tiene ritto sulle zampe, col dorso leggermente arcuato, la coda alzata verticalmente, le orecchie rizzate; nello stesso tempo strofina il muso ed i fianchi contro il padrone o la padrona. Questo desiderio di sfregarsi contro qualche cosa è così intenso nei gatti, che si veggono di spesso strofinarsi contro i piedi delle sedie o delle tavole, o contro gli stipiti delle porte. Codesta maniera di esprimere l'affetto deriva probabilmente, per via d'associazione come nel cane, dalle carezze che la madre prodiga a' suoi piccoli durante l'allattamento, e forse ancora dall'amicizia che i nati stessi si nutrono a vicenda e si manifestano nei loro giuochi. Ho già descritto un altro gesto, molto diverso, per cui questo animale esprime il piacere; intendo parlare del modo curioso col quale i gatti giovani, ed anche vecchi, avanzano alternativamente le zampe anteriori scostando le dita, quasi fossero tuttora sospesi alla mammella materna.
Quest'abitudine è così analoga all'altra di strofinarsi contro qualche cosa, che tanto l'una come l'altra devono derivare da atti compiuti durante il periodo dell'allattamento. Perchè il gatto manifesti il suo affetto sfregandosi molto più del cane, avvegnachè quest'ultimo ami il contatto del proprio padrone; perchè il gatto lecchi di raro le mani di coloro che ama, mentre il cane lo fa di continuo, non so dire. Il gatto si pulisce leccando la sua pelliccia molto più regolarmente del cane; eppure la lingua del primo parrebbe molto meno disposta per questo genere di lavoro in confronto della lingua molto più lunga e più flessibile del secondo.
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Fig. 15 - Gatto spaventato da un cane. Dal vero, dis. dal sig. Wood.
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Sotto l'influenza del terrore, il gatto si drizza più alto che può, arcuando il dorso in modo noto e ridicolo. Esso sputacchia, soffia o brontola. Il suo pelo si erige in tutto il corpo e particolarmente alla coda. Negli esempi osservati da me, la coda medesima si rialzava verso la base, mentre l'estremità si portava da un lato; talvolta quest'appendice si solleva un po' solo e s'inclina lateralmente quasi presso la sua radice. Le orecchie si portavano indietro; i denti scoprivansi. Quando due piccoli gatti giuocano assieme, noi vediamo di spesso che cercano di spaventarsi a vicenda coi gesti. Se rammentiamo quel che abbiamo veduto nei precedenti capitoli, possiamo spiegare tutti i caratteri espressivi qui sopra esposti, tranne uno solo, l'esagerata arcuazione del dorso (fig. 15). Io inclino a credere che, come molti uccelli rizzano le piume e distendono le ali e la coda per mostrarsi più grandi che sanno, così il gatto si rizza fin che può, inarca il dorso, solleva spesso la base della coda ed erige il pelo, tutto al medesimo scopo. Dicesi che anche la lince, quando è attaccata, inarca il dorso; gli è in codesta attitudine che Brehm l'ha rappresentata. I custodi del Giardino zoologico non ebbero mai a constatare la minima tendenza ad assumere questa posizione nei felini di grande statura, tigri, leoni, ecc., i quali, veramente, hanno pochi motivi per essere spaventati da alcun altro animale.
Il gatto impiega frequentemente la voce come mezzo di espressione; egli emette, sotto l'influenza di emozioni o di desiderii diversi, almeno sei o sette differenti suoni. Il mugolìo di soddisfazione ch'ei produce nella inspirazione e nella espirazione, è uno dei più curiosi. Il puma, il cheetah e l'ocelot fanno anche la ruota; la tigre esprime il piacere «con un breve soffio nasale tutto particolare, accompagnato dall'avvicinamento delle palpebre»98. Sembra che il leone, lo jaguar ed il leopardo non faccian la ruota.
Cavallo. - Quando vuole manifestare ostili intenzioni, il cavallo arrovescia completamente le orecchie all'indietro, avanza la testa e discopre in parte i denti incisivi, ond'essere pronto a mordere. Se è disposto a tirar calci, l'abitudine gli fa ancora rovesciare le orecchie; per giunta i suoi occhi si volgono indietro in modo particolare99. Per esprimere il piacere, quando, ad esempio, nella scuderia gli si mette davanti un pasto desiderato, solleva la testa e la porta indietro, drizza le orecchie, segue con attento sguardo l'amico che giunge a soddisfare il desiderio di lui, e spesso nitrisce. Egli esprime l'impazienza battendo il suolo col piede.
L'attitudine d'un cavallo improvvisamente atterrito è espressiva al massimo grado. Osservai un dì il mio cavallo spaventato alla vista d'una macchina seminatrice coperta da una tela incerata e abbandonata in mezzo alla via. Sollevò la testa tant'alto che il collo gli venne quasi verticale; era questo evidentemente un gesto di pura abitudine, perocchè, essendo la macchina collocata in un pendio sotto di lui, non potea giovare a fargliela veder più distinta, nè ad udir meglio il rumore ch'essa avrebbe potuto mandare. Gli occhi e le orecchie erano fissamente diretti in avanti. Attraverso la sella, io sentivo i rapidi battiti del suo cuore. Respirava con violenza per le narici, rosse e dilatate. La dilatazione delle narici non ha per iscopo di fiutare la sorgente del pericolo, perchè quando un cavallo fiuta con cura un oggetto, senz'essere spaventato, questa dilatazione non si produce. Per la presenza di una valvola nella gola, il cavallo che palpita non respira per la bocca aperta, ma per le narici, le quali per conseguenza hanno dovuto acquistare un'attitudine di espansione molto spiccata. Questa espansione, siccome l'ansare ed i palpiti del cuore, sono atti che, per lungo seguito di generazioni; dovettero fortemente associarsi alle emozioni del terrore; perocchè il terrore ha spinto abitualmente il cavallo al più violento esercizio, per fuggir a precipizio la causa del pericolo.
Ruminanti. - I buoi ed i montoni sono notevoli per la scarsità dei mezzi, coll'aiuto dei quali esprimono generalmente le loro emozioni o le loro sensazioni; bisogna però eccettuarne l'estremo dolore. Un toro furioso non manifesta il proprio furore che nel modo onde abbassa la testa, dilatando le narici e muggendo. Talvolta eziandio batte il suolo col piede, ma questo movimento dev'essere assai diverso da quello d'un cavallo impaziente; perocchè quando il terreno è polveroso, ei solleva turbini di polvere. Ritengo che il toro si comporti in siffatta maniera, allor ch'è vessato dalle mosche, allo scopo di liberarsene. Le razze di montoni selvaggi ed il camoscio, quando sono atterriti, batton col piede e sibilano per le narici, avvertendo così del pericolo i loro compagni. Il bue muschiato delle regioni artiche batte parimenti il suolo, in faccia a un nemico100. Qual sia l'origine di questo gesto, non saprei indovinare, perchè dalle mie ricerche non pare che alcuno di questi animali lotti colle gambe davanti.
Certe specie di cervi manifestano la collera in una maniera molto più espressiva che non i buoi, i montoni e le capre. Infatti vedemmo che questi animali arrovesciano le orecchie all'indietro, digrignano i denti, rizzano il pelo, mandano grida, battono il suolo col piede e scuotono le corna. Un giorno, al Giardino zoologico, il Cervus pseudaxis s'avvicinò a me in una singolare attitudine, colla testa un po' obliqua ed il muso levato in aria, in modo che le corna erano riverse sul collo. L'espressione del suo sguardo m'indicava evidentemente ostili intenzioni; ei s'approssimò lentamente, poi, arrivando all'inferriata, in luogo d'abbassare la testa per colpirmi, raccolse d'improvviso il collo e venne ad urtar fortemente colle corna le sbarre di ferro. Il Bartlett m'apprende che alcune altre specie di cervi, allorchè sono furiose, assumono la stessa attitudine.
Scimie. - Le scimie delle diverse specie e dei diversi generi esprimono i propri sentimenti in maniere assai varie. Questo fatto è interessante, perchè fino ad un certo punto sta in relazione colla questione di sapere se le pretese razze umane debbano venir considerate come specie o come varietà; in fatti, lo vedremo fra breve, le varie razze umane esprimono le loro emozioni e le loro sensazioni con una notevole uniformità su tutta la superficie del globo. Alcuni atti espressivi delle scimie riescono interessanti sotto un altro punto di vista, perchè, cioè, sono esattamente analoghi a quelli dell'uomo. Siccome non ebbi l'occasione d'osservare alcuna specie del gruppo in tutte le circostanze possibili, le sparse annotazioni che potei fare saranno meglio classate sotto il capitolo dei vari stati dell'animo.
Piacere, gioia, affezione. - Nelle scimie, almeno senza esperienza maggiore di quella ch'io m'abbia, è impossibile distinguere l'espressione del piacere o della gioia da quella dell'affezione. I giovani chimpanzè fanno sentire una specie di abbaiamento, ond'esprimere la gioia che provano pel ritorno d'una persona a cui nutrono affetto. Producendo questo rumore, che i custodi qualificano col nome di riso, essi sporgono le labbra. Questo movimento del resto è comune alla espressione di alcune altre emozioni; per altro, in seguito alle mie osservazioni, la forma delle labbra è un po' varia a seconda ch'esprime il piacere o la collera. Allorchè si solletica un giovane chimpanzè (come nei fanciulli, è sovratutto l'ascella che si mostra sensibile al solletico), esso articola un gaio suono od un riso abbastanza caratteristico, che però qualche volta è un riso muto. Gli angoli della bocca sono allora tirati all'indietro, il che talvolta increspa un poco le palpebre inferiori. Tuttavia questo increspamento delle palpebre, ch'è un tratto caratteristico del riso umano, s'osserva meglio in altre scimie. I denti della mascella superiore non si discoprono, ciò che distingue il ridere del chimpanzè dal nostro. D'altra parte, secondo le osservazioni di W. L. Martin, che studiò in una maniera affatto speciale l'espressione nelle scimie101, gli occhi del chimpanzè sfavillano e si fan più brillanti.
Quando si solletica un giovane orango, ci fa un'analoga smorfia piacevole e produce un rumore di soddisfazione, e, secondo Martin, i suoi occhi divengono nello stesso tempo più brillanti. Appena cessa questo riso, si vede passargli sulla faccia un'espressione, che, da un'osservazione di Wallace, può paragonarsi a un sorriso. Io ho notato qualche cosa di analogo nel chimpanzè. Il dottor Duchenne - nè potrei citare autorità migliore - mi narrò d'aver conservato per un anno in sua casa una scimia perfettamente addomesticata; quando, al momento del pasto, ei le dava qualche leccornìa, vedea leggermente elevarsi gli angoli della bocca di lei, ed allora distingueva assai nettamente sulla faccia di questo animale una espressione di compiacenza simigliante ad un abbozzo di sorriso e che richiamava quel che di spesso si osserva sul volto dell'uomo.
Anche il Cebus Azarae102 emette un suono particolare, una specie di ghigno (in tedesco kichernden), per esprimere la contentezza che prova nel rivedere una persona amata. Ei palesa eziandio sensazioni gradite tirando indietro gli angoli della bocca, senza produrre strepito alcuno. Rengger dà il titolo di riso a questo movimento, ma più esattamente si potrebbe chiamare un sorriso. La forma della bocca è affatto diversa nella espressione del dolore o dello spavento, i quali si manifestano inoltre con penetranti grida. Al Giardino zoologico si osserva un'altra specie di Cebus (C. hypoleucus), che palesa la propria soddisfazione mandando una nota acuta, penetrante, ripetuta, e tirando del pari all'indietro le commessure delle sue labbra, probabilmente per la contrazione dei medesimi muscoli che si contraggono in noi. Nella scimia di Barberia (Inuus ecaudatus), questo movimento è singolarmente pronunciato, e la pelle della palpebra inferiore s'increspa. Nello stesso tempo l'animale muove spasmodicamente la mascella inferiore o le labbra e scopre i denti; ma lo strepito ch'esso produce non è guari più distinto di quello che noi designiamo talvolta sotto il nome di riso muto. Quand'io non avevo ancora alcuna esperienza sulle abitudini di questi animali, avendomi un giorno due fra i loro custodi asserito che questo strepito appena percettibile costituiva realmente la loro maniera di ridere, io esposi qualche dubbio in proposito; allora essi collocarono uno di quegli animali in presenza d'una scimia Entellus che vivea nella medesima gabbia e ch'ei detestava. Ben tosto l'espressione della faccia dell'Inuus cangiò affatto: esso aprì molto di più la bocca, scoperse più completamente i denti canini e mandò un suono rauco e latrante.
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Fig. 16 - Cynopithecus niger, in riposo.
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Fig. 17 - Lo stesso accarezzato e ch'esprime la propria soddisfazione. |
Ho visto un guardiano provocar prima un babbuino Anubis (Cynocephalus anubis) e ridurlo così facilmente in uno stato di rabbia violenta, poi far la pace con lui e stendergli la mano. Al momento di questa riconciliazione, il babbuino movea rapidamente d'alto in basso le mascelle e le labbra, con una espressione di visibile compiacenza. Quando noi sghignazziamo, le nostre mascelle son agitate da un movimento o da un tremito simile più o meno distinto; solo, nell'uomo, i muscoli del petto sono più specialmente messi in azione; nel babbuino all'incontro e in alcune altre scimie, gli è sui muscoli delle mascelle e delle labbra che si produce questo movimento spasmodico.
Ebbi di già l'occasione di far osservare la singolare maniera onde due o tre specie di macachi ed il Cynopithecus niger esprimono la soddisfazione che loro procurano le carezze, contraendo le orecchie all'indietro e facendo sentire un leggiero cinguettare. Nel Cynopithecus (fig. 17) gli angoli della bocca sono nel medesimo tempo tirati indietro ed in alto, in modo che i denti si scoprono. Senza esserne prevenuti, riescirebbe difficile di riconoscere in questi caratteri una espressione di piacere. Il lungo ciuffo di peli che adorna la fronte si appiana e i tegumenti di tutta la testa sembrano tesi all'indietro. Anche le palpebre si sollevano un poco e lo sguardo assume un'aria sbalordita. Le palpebre inferiori s'increspano leggermente, ma quest'ultimo carattere non è molto visibile, in causa delle rughe che solcano in direzione trasversale e permanentemente la faccia.
Emozioni e sensazioni dolorose. - Nelle scimie l'espressione di un leggiero dolore o di qualsivoglia emozione penosa, affanno, contrarietà, gelosia, ecc., si distingue difficilmente dall'espressione di una collera moderata: d'altra parte questi stati d'animo si trasformano agevolmente e rapidamente gli uni negli altri. Tuttavia in certe specie l'angoscia si manifesta di certo col pianto. Una donna, la quale vendette alla Società zoologica una scimia che fu supposto provenisse da Borneo (Macacus maurus o M. inornatus di Gray), asserì ch'essa piangea di frequente; infatti, più tardi, Bartlett e Sutton videro a più riprese questo stesso animale piangere così quand'era affannato o semplicemente intenerito, che le lagrime gli colavano sulle guancie. Peraltro, in questo fatto v'ha qualche cosa di strano, perchè non si videro mai a piangere due altri individui, conservati dappoi al Giardino zoologico e considerati siccome appartenenti alla medesima specie, avvegnachè fossero stati attentamente osservati dal loro custode e da me stesso, quand'erano molto afflitti e gridavano con forza. Secondo Rengger103, gli occhi del Cebus Azarae, quando è assai atterrito o quando gli s'impedisce d'impadronirsi d'un oggetto molto desiderato, si riempiono di lagrime, ma non tanto in copia da poterne colare. Humboldt pretende ancora che gli occhi del Callithrix sciureus, colpito di paura, si riempiano istantaneamente di lagrime. Tuttavia, allorchè al Giardino zoologico si aizzava questa leggiadra scimietta, in modo da farle mandar forti grida, nulla si osservava di simile. Non è però ch'io voglia mettere menomamente in dubbio l'esattezza dell'asserzione di Humboldt.
L'aspetto abbattuto, negli orang e nei chimpanzè giovani, quando sono malati, è altrettanto manifesto e quasi altrettanto espressivo che nei nostri fanciulli. Questo stato dell'animo e del corpo è fatto palese dai movimenti trascurati, dalla fisionomia abbattuta, dallo sguardo languido e dal colorito alterato.
Collera. - Questa emozione, manifestata di spesso dalle scimie di diverse specie, si esprime nelle più differenti maniere. «Certe specie, dice Martin104, sporgono le labbra, fissano uno sguardo scintillante e feroce sul loro nemico; fanno ripetuti saltelli come per islanciarsi in avanti, ed emettono un suono gutturale e soffocato. Altre palesano la collera avanzandosi bruscamente, eseguendo salti interrotti, aprendo la bocca ed increspando le labbra in modo da nascondere i denti, fissando audacemente gli occhi sul loro nemico, quasi ad indicare una feroce diffidenza. Altre infine, e precipuamente le scimie a lunga coda o bertuccie, mostrano i denti ed accompagnano le loro maliziose smorfie con un grido acuto, tronco, ripetuto». Sutton conferma il fatto che certe specie, in segno di furore, scoprono i denti, mentre altre li nascondono avanzando le labbra. In talune le orecchie si arrovesciano indietro. Il Cynopithecus niger, onde abbiam già parlato, si comporta egualmente, nello stesso tempo in cui abbassa il ciuffo di peli che gli adorna la fronte e mostra i denti; dimodochè la disposizione dei lineamenti della sua faccia è quasi la stessa sotto l'influenza della collera e sotto quella del piacere, e senz'avere una grande esperienza sulla fisionomia dell'animale in discorso, riesce difficile distinguere l'una dall'altra queste due espressioni.
I babbuini manifestano spesso la collera e minacciano i nemici in un modo molto bizzarro: spalancano la bocca come volessero sbadigliare. Bartlett vide più fiate due babbuini, collocati per la prima volta nella medesima gabbia, assidersi in faccia l'uno dell'altro ed aprire alternativamente la bocca: atto che sembra per giunta terminarsi di frequente con un vero sbadiglio. Bartlett pensa che i due animali vogliano così mostrarsi a vicenda che son forniti di formidabili file di denti, il che è vero. Siccome io duravo fatica a prestar fede alla realtà di un tal movimento, il signor Bartlett provocò un giorno in mia presenza un vecchio babbuino e lo ridusse in uno stato di estremo furore; il babbuino quasi subito aprì la bocca. Alcune specie di Macachi e di Cercopitechi105 si comportano nella stessa maniera. In seguito alle osservazioni fatte da Brehm su quelli ch'ei tenne vivi in Abissinia, il babbuino manifesta la collera anche in un'altra maniera, battendo, cioè, il suolo con una mano «come un uomo irritato batte col pugno una tavola che gli sta dinanzi». Infatti io constatai questo gesto nei babbuini del Giardino zoologico; ma sembra piuttosto ch'essi abbiano sovente lo scopo di cercare una pietra o qualche altro oggetto nel loro strame di paglia.
Il signor Sutton osservò spesse volte che quando un Macacus rhesus montava nel massimo furore, la faccia di lui diveniva rossa. Nel momento stesso in cui mi descrivea questo fatto, un'altra scimia attaccò un rhesus, ed io vidi in realtà la faccia di quest'ultimo arrossare così palesemente come il volto d'un uomo in un accesso di collera violenta. Dopo la lotta, la faccia della scimia in capo ad alcuni minuti riprende il colorito abituale. Ei mi sembra che la parte posteriore, glabra, del tronco, la quale è normalmente rossa, lo divenisse ancor più insieme alla faccia; peraltro non posso asserirlo. Si dice che quando il mandrillo è irritato in un modo qualunque, le parti glabre della sua pelle, ch'hanno tinte vivaci, assumano un colorito ancora più spiccato.
In molte specie di babbuini la parte superiore della fronte sporge d'assai al di sopra degli occhi ed è fornita di un piccolo numero di lunghi peli, che rappresentano le nostre sopracciglia, Codesti animali osservano incessantemente da tutte le bande, e, per guardare in alto, sollevano questa parte del fronte. Secondo ogni apparenza, è così che dovettero acquistar l'abitudine di movere frequentemente i sopraccigli. Comunque sia, molte specie di scimie e specialmente i babbuini, sotto l'influenza della collera o in faccia ad una provocazione qualunque, li agitano rapidamente e continuamente dall'alto in basso insieme al peloso tegumento del fronte106. Siccome abbiam presa l'abitudine di associare nella specie umana l'elevazione e l'abbassamento dei sopraccigli con certi stati dell'animo, il movimento quasi incessante di questi organi nelle scimie dà loro una fisionomia affatto insensata. Ebbi l'occasione di osservare un individuo che avea il ghiribizzo di levar di continuo le sopracciglia senza che vi corrispondesse verun sentimento, cosa che gli dava l'aria di un imbecille. Ed è lo stesso di certe persone, le. quali hanno costantemente gli angoli della bocca un po' rialzati e tesi all'indietro, come per abbozzare un sorriso, senza che provino il minimo sentimento di gioia e di allegrezza il quale giustifichi una tale attitudine.
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Fig. 18 - Chimpanzè disgustato e di cattivo umore.
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Un giovane orango, geloso delle premure che il suo custode accordava ad un'altra scimia, scoprì leggermente i denti, poi, facendo sentire un grido di cattivo umore analogo al suo tish-shist, gli voltò la schiena. Sotto l'influenza d'una collera un po' più intensa, gli orang ed i chimpanzè sporgono molto le labbra e mandano un rauco guaìto. Un giovane chimpanzè femmina, in un accesso di collera violenta, offrì una curiosa rassomiglianza con un fanciullo che si trovi nel medesimo stato d'animo. Colla bocca spalancata, le labbre contratte ed i denti completamente scoperti, mandava risonanti grida. Lanciava d'ogni banda le braccia e le riuniva talvolta sopra la testa. Rotolavasi in terra, ora sul dorso, ora sul ventre e mordea tutto che gli era a portata. In base ad una descrizione107, un giovane gibbone (Hylobates syndactylus) in un accesso di collera si comportò quasi esattamente nella stessa maniera.
I giovani orang ed i chimpanzè in diverse circostanze sporgono le labbra, talvolta in modo meraviglioso. Essi operano così, non solo quando sono leggermente stizziti, sguaiati o disgustati, ma anche allorchè sono atterriti da un oggetto qualunque, - ad esempio, venendo ad un caso particolare, alla vista di una testuggine108 - ed eziandio quando sono allegri. Tuttavia io credo che nè il grado di questa proiezione delle labbra, nè la forma della bocca sieno esattamente identici in tutti i casi. Per giunta, i suoni emessi in queste diverse circostanze variano assai. Il disegno qui annesso rappresenta un chimpanzè ridotto di cattivo umore, togliendogli un arancio che prima gli era stato offerto. Nei fanciulli sguaiati puossi osservare un analogo movimento delle labbra, avvegnachè men pronunciato.
Alcuni anni or sono, io collocai un giorno sul pavimento, al Giardino zoologico, uno specchio dinanzi a due giovani orang, i quali, per quanto almeno mi consta, non avevano giammai visto nulla di simile. Essi cominciarono a guardarlo colla più manifesta sorpresa, cangiando spesso il punto di vista. Poi vi si avvicinarono affatto, sporgendo le labbra verso la loro immagine, quasi per darle un bacio, precisamente come aveano fatto fra loro alcuni giorni avanti, quand'erano stati messi per la prima volta nella medesima gabbia. Quindi eseguirono ogni specie di smorfie e si collocarono in faccia allo specchio nelle più svariate attitudini: s'appoggiavano sulla sua superficie e la sfregavano; mettevano le mani a diverse distanze dietro di esso; finalmente parvero quasi atterriti, rincularono alquanto, divennero di cattivo umore e rifiutarono di guardarlo più a lungo.
Allorchè noi cerchiamo di compiere qualche atto che richiede poca forza, ma è minuzioso ed esige precisione, quando, ad esempio, vogliamo infilare un ago, serriamo di solito le labbra con energia, allo scopo, io penso, di non turbare i nostri movimenti col respiro. Ho visto un giovine orang comportarsi in modo simile. La povera bestiuola era malata e si dilettava tentando di uccidere colle dita sui vetri le mosche che ronzavano attorno; ad ogni tentativo chiudeva esattamente le labbra e le sporgeva alquanto.
Così, in certe circostanze, nell'orang e nel chimpanzè la fisionomia e più ancora l'attitudine sono notevolmente espressive; tuttavia io credo che lo sieno ancor più in altre specie di scimie. Tale differenza puossi spiegare in parte coll'immobilità delle orecchie, nelle scimie antropomorfe, in parte colla nudità dei loro sopraccigli, i di cui movimenti sono quindi meno apparenti. Peraltro quando elevano le sopracciglia, la loro fronte si copre, come in noi, di rughe trasversali. Confrontata a quella dell'uomo, la loro faccia è inespressiva; il che dipende precipuamente da ciò che nessuna emozione fa in esse aggrottar le sopracciglia, per quanto almeno io potei osservare (ed è questo un punto sul quale portai la mia particolare attenzione). L'aggrottamento dei sopraccigli, uno dei segni più importanti nell'espressione del volto umano, è dovuto alla contrazione dei sopraccigliari, che abbassano gl'integumenti e li avvicinano alla radice del naso, in modo da produr sulla fronte delle pieghe verticali. Pare109 che l'orang ed il chimpanzè posseggano entrambi questo muscolo, ma pare altresì che lo mettano raramente in azione, almeno in maniera molto visibile. Avendo disposte le mie mani così da formare una specie di gabbia, ed avendovi chiuse delle frutta appetitose, lascia fare all'orang ed al chimpanzè tutti gli sforzi per impadronirsene: essi finirono col mettersi alquanto di cattivo umore, ma non osservai traccia veruna di sopracciglia aggrottate. Nè, quando montano in furia, se ne può scorgere alcuna. Due volte feci bruscamente passare due chimpanzè dalla relativa oscurità della loro gabbia alla viva luce del sole, che ad un uomo avrebbe di certo fatto aggrottare il sopracciglio; essi batteano gli occhi, ma solo una volta mi fu dato osservare un leggerissimo aggrottamento. In un'altra occasione, solleticai con una paglia il naso d'un chimpanzè, e siccome contraeva il viso, vidi apparire tra i sopraccigli delle grinze verticali poco distinte. Non ho mai osservato verun aggrottamento sulla fronte dell'orang.
Quando il gorilla è in furore, si dice che rizzi la cresta di peli, abbassi il labbro inferiore, dilati le narici e mandi spaventevoli urli. Secondo i signori Savage e Vyman110, il cuoio capelluto può muoversi libero dall'indietro all'avanti, e, sotto l'influenza della collera «si contrae» vivamente. Io credo che con quest'ultima espressione essi vogliano dire che il cuoio capelluto si abbassa, «quando grida, egli ha le sopracciglia molto contratte». La grande mobilità del cuoio capelluto nel gorilla, in molti babbuini e in parecchie altre scimie, merita di venir segnalata a causa del rapporto tra questo fenomeno e la facoltà che posseggono alcuni uomini di muoverlo anche volontariamente per un effetto di riversione o di persistenza111.
Stupore, spavento. - Un dì, al Giardino zoologico, feci collocare una testuggine d'acqua dolce, viva, nella medesima gabbia con molte scimie; esse manifestarono uno smisurato stupore, ed insieme un po' di spavento. Restavano immobili, guardando fisso, cogli occhi spalancati, e movendo frequentemente le palpebre dall'alto in basso. Il loro viso pareva alquanto allungato. Di quando in quando si sollevavano sulle gambe di dietro per veder meglio. Spesso rinculavano di alcuni passi, poi si rimettevano a guardare con attenzione, girando la testa sovra una spalla. Cosa curiosa, erano assai meno sgomentate dalla vista di questa testuggine che da quella di un serpente vivo da me giorni addietro collocato nella loro gabbia112; perocchè, in capo ad alcuni minuti, parecchie di esse s'azzardarono di avvicinarsi e di toccar la testuggine. Peraltro taluno fra i più grandi babbuini era atterrito al massimo grado, e mostrava i denti come fosse stato sul punto di mandar delle grida. Feci vedere al Cynopithecus niger una piccola fantoccia vestita: ei s'arrestò immobile, cogli occhi spalancati e fissi, e le orecchie piegate alquanto in avanti. Ma quando fu collocata la testuggine nella sua gabbia, questa scimmia cominciò a muover le labbra in un modo singolare, rapido e rumoroso, il che, a dir del custode, aveva per iscopo di carezzare o di allettar la testuggine.
Non ebbi mai agio di osservare nettamente se, nella espressione dello stupore, le sopracciglia della scimia si mantengono permanentemente elevate, mentre le ho viste spesse volte muoversi dall'alto in basso. Nell'uomo, l'attenzione, che precede lo stupore, si esprime con una leggera elevazione delle sopracciglia. Il dottor Duchenne m'ha narrato che, quando presentava alla scimia onde già m'intrattenni qualche novella e sconosciuta leccornìa, questo animale dapprima rialzava alquanto le sopracciglia e si dava un'aria di profonda attenzione; prendeva quindi l'oggetto tra le dita, e colle sopracciglia abbassate o rettilinee, lo grattava, lo fiutava, lo esaminava, ed in allora assumeva un'espressione riflessiva. Quando a quando rovesciava un po' la testa all'indietro e ricominciava il suo esame alzando bruscamente le sopracciglia; infine lo assaporava.
Le scimie non aprono mai la bocca in segno di stupore. Il signor Sutton, che per mio conto osservò a lungo un giovane orang ed un chimpanzè, non li vide mai aprire la bocca, nemmeno quando erano affatto sbalorditi o quando prestavano l'orecchio a qualche inusitato rumore. Questo fatto è curioso, imperocchè nell'uomo, sotto l'impressione della sorpresa, non v'ha forse carattere espressivo più generale della bocca spalancata. Per quanto potei osservare, la scimia respira per le narici più liberamente dell'uomo, il che può dare spiegazione al precedente fenomeno; infatti, vedremo in uno dei seguenti capitoli che l'uomo, colpito di stupore, apre probabilmente la bocca, prima per effettuare una profonda inspirazione, e in secondo luogo, per respirare più facilmente che sia possibile.
Molte specie di scimie esprimono il terrore mandando penetranti grida; nello stesso tempo le labbra si ritirano indietro, in modo da mettere a nudo i denti. Il pelo si erige, sopratutto quando un po' di collera si mesce al predetto sentimento. Il sig. Sutton vide distintamente la faccia del Macacus rhesus farsi pallida sotto l'influenza dello spavento. Il terrore fa tremare anche le scimie, che lasciano talora sfuggire i loro escrementi. N'ebbi a veder una la quale tutte le volte che la si afferrava, per eccessivo terrore cadeva quasi in deliquio.
In presenza al numero considerevole di fatti che abbiamo citati relativamente alle espressioni dei diversi animali, è impossibile condividere l'opinione di sir C. Bell, quando dice113 che «la faccia degli animali sembra principalmente capace di esprimere la collera e lo spavento», ed altrove, che tutte le loro espressioni «possono essere rapportate, più o meno completamente, ai loro atti di volizione o ai loro istinti necessari». Se vuolsi bene osservare un cane nel punto in cui si dispone ad attaccare un altro cane od un uomo, e lo stesso animale quando carezza il proprio padrone; se si studia la fisionomia d'una scimia allorchè è provocata e quando è carezzata dal suo custode, si dovrà ad ogni costo riconoscere che i moti dei lineamenti ed i gesti sono quasi altrettanto espressivi in questi animali che nell'uomo. Avvegnachè alcune di codeste espressioni negli animali non possano ancora ricevere interpretazione soddisfacente, nullameno già ci è dato spiegare il maggior numero di esse coi tre principii enunciati sul cominciar del primo capitolo.