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CAPITOLO VI.
ESPRESSIONI SPECIALI ALL'UOMO: DOLORE E PIANTO
Grida e pianto nel fanciullo. - Aspetto dei lineamenti. - Età in cui comincia il pianto. - Effetti della repressione abituale del pianto. - Singulto. - Causa della contrazione dei muscoli che attorniano l'occhio durante le grida. - Causa della secrezione delle lagrime.
In questo e nei seguenti capitoli mi propongo di descrivere e di spiegare - per quanto è possibile - le espressioni manifestate dall'umana fisonomia sotto l'influenza dei vari stati dell'animo. E disporrò le mie osservazioni secondo l'ordine che a me pare più logico, vale a dire facendo, in maniera generale, succedere l'una all'altra emozioni o sensazioni di carattere opposto.
Dolori fisici e morali; pianto. - Nel capitolo III ho già descritto con sufficienti dettagli, quali segni di un estremo dolore, le grida o i gemiti, le convulsioni di tutto il corpo, il restringimento delle mascelle o il digrignare dei denti. Questi segni sono spesso accompagnati o seguiti da un abbondante sudore, dalla pallidezza, dal tremito, da una completa prostrazione, dal deliquio. Non v'ha dolore più grande di quello cagionato da una paura o da un orrore spinto all'ultimo limite; ma, in questo caso, entra in giuoco una speciale e distinta emozione, sulla quale avremo a ritornare. Il dolore prolungato, sovratutto il dolore morale, si trasforma in abbattimento, tristezza, scoraggiamento, disperazione; questi stati diversi formeranno soggetto del seguente capitolo. Per ora m'intratterrò quasi esclusivamente sul pianto e sulle grida, in particolare nel fanciullo.
Quando il bambino soffre un dolore anche leggiero, una fame moderata, una semplice contrarietà, manda grida violente e prolungate. Infrattanto i suoi occhi si chiudono energicamente e si cingono di pieghe; la fronte s'aggrinza e il sopracciglio s'increspa. La bocca spalancasi e le labbra contraggonsi in un modo speciale, che dà a questo orifizio una forma pressochè quadrangolare; le gengive od i denti si discoprono più o meno. La respirazione si precipita e diviene quasi spasmodica. Non è cosa difficile far codeste osservazioni sopra un fanciullo mentre grida; ma io credo si ottengano migliori. risultati ricorrendo a fotografie istantanee, le quali si possono studiare a bell'agio e con ogni attenzione. Io riunii una dozzina di queste fotografie, la maggior parte eseguite per conto mio: esse rappresentano tutte gli stessi generali caratteri; ond'io ne feci riprodurre sei (Tavola I) coll'incisione eliografica114.
L'energico rinserrar delle palpebre, che costituisce un elemento di primo ordine nelle varie espressioni della fisonomia, e la compressione esercitata sui globi oculari, che n'è la conseguenza, proteggono gli occhi, come sarà or ora spiegato, contro il pericolo di un afflusso sanguigno troppo considerevole. Quanto all'ordine, secondo il quale i vari muscoli si contraggono per produrre tale compressione, fu questo, da parte del dottor Langstaff, di Southampton, l'oggetto di alcune osservazioni, cui mi volle comunicare e ch'io ho verificate dappoi. A rendersene conto, il miglior mezzo è quello di pregare una persona a voler alzare dapprima le sopracciglia in modo da solcare la fronte di rughe trasverse, poi di contrarre lentamente tutti i muscoli che attorniano gli occhi con una energia gradualmente crescente ed infine con tutte le forze. Prego qui il lettore poco famigliarizzato colle cognizioni anatomiche di gettare lo sguardo sulle figure 1, 2 e 3. Pare che i corrugatori sopraccigliari (corrugatores supercilii) sieno i primi muscoli che si contraggono; essi attirano gli integumenti in basso ed in dentro verso la base del naso, facendo comparire le pieghe verticali che costituiscono l'aggrottamento dei sopraccigli, e tolgono nello stesso tempo le grinze trasversali del fronte. Quasi simultaneamente, entrano in azione i muscoli orbicolari ed increspano gl'integumenti che attorniano gli occhi; tuttavia sembra che la loro contrazione acquisti una maggiore energia, appena quella dei sopraccigliari ha dato loro un punto d'appoggio. Ultimi entrano in giuoco i piramidali del naso, abbassando ancora le sopracciglia e la pelle del fronte, e producendo delle corte rughe trasverse sulla radice del naso115. A dir breve, noi distingueremo spesso l'insieme di questi diversi muscoli col termine generale di muscoli orbicolari o peri-oculari.
Tav. I |
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Quando gli anzidetti muscoli sieno energicamente contratti, quelli che corrono al labbro superiore116, entrano alla lor volta in azione e lo elevano; conseguenza facile a prevedersi, allorchè si rammentino le connessioni esistenti almeno fra uno di loro, il malaris e l'orbicolare. Contraete grado grado i muscoli peri-oculari, e sentirete quasi subito, a misura che lo sforzo diverrà più energico, il vostro labbro superiore sollevarsi alquanto in uno alle pinne del naso, che in parte sono dirette dai medesimi muscoli. Nello stesso tempo tenete la bocca perfettamente chiusa, poi lasciate andar bruscamente le labbra e sentirete ben presto farsi maggiore la pressione esercitata sui vostri occhi. Esaminate parimenti una persona che, esposta ad una vivida luce o volendo fissare un oggetto lontano, è costretta a chiudere in parte le palpebre, - e quasi sempre osserverete che il suo labbro superiore leggermente s'innalza. In alcuni individui, i quali, per una miopia, hanno l'abitudine di restringere, guardando, l'orifizio palpebrale, si vede che la bocca assume, dopo lungo tempo, un'espressione di smorfia.
L'elevazione del labbro attira la parte superiore delle guancie, e dà luogo su ciascuna di esse ad uno spiccatissimo solco, il solco naso-labiale, che, partendo daccanto alla pinna del naso, si prolunga fino al di sotto della commissura. Questo solco può osservarsi su tutte le mie fotografie; esso costituisce un segno assai caratteristico della fisonomia del fanciullo che piange; per altro se ne produce uno quasi eguale nell'atto del riso o del sorriso117.
Mentre, come abbiamo spiegato, il labbro superiore, durante le grida, è a questo modo teso in alto, i muscoli abbassatori degli angoli della bocca (fig. 1 e 2 K), per mantenere questa spalancata e lasciar passare un volume considerevole di suono, vengono energicamente contratti. Codesta azione antagonista dei muscoli superiori ed inferiori tende a dare all'apertura boccale una forma oblunga, pressochè quadrata; gli è ciò che si vede nelle annesse fotografie. Un romanziere, osservatore eccellente118, descrivendo un bambino che grida mentre gli si dà a mangiare, dice: «La sua bocca si faceva quadrata, e la zuppa sfuggiva dai quattro angoli». Io penso - e d'altra parte torneremo su questo punto in un altro capitolo - io penso che gli abbassatori degli angoli della bocca sieno meno soggetti al controllo isolato della volontà che i muscoli vicini; dimodochè, quando un fanciullo si dispone a piangere senza esservi ancora ben deciso, questi muscoli sono in generale i primi a contrarsi, e gli ultimi a cessare d'essere contratti. Allorchè un fanciullo d'età più avanzata comincia a piangere, i muscoli che corrono al labbro superiore sono spesso i primi a contrarsi; forse perchè il fanciullo più avanti cogli anni ha meno tendenza a piangere fragorosamente e di conseguenza a tener la bocca spalancata, dimodochè i muscoli abbassatori su accennati non agiscono tanto energicamente.
Ho osservato di spesso in uno de' miei figliuoli, a partire dall'ottavo giorno dalla sua nascita e per qualche tempo dopo che il primo segno d'un accesso di grida, quando pure lo si poteva cogliere, era un leggiero aggrottamento delle sopracciglia dovuto alla contrazione dei sopraccigliari; nello stesso tempo, i vasi capillari della faccia e della testa, sprovvista di capelli, si riempiono di sangue. Appena l'accesso cominciava realmente, tutti i muscoli peri-oculari si contraevano con forza e la bocca si spalancava nel modo su esposto; per la qual cosa, fin da un'età così tenera, i lineamenti assumono già la medesima forma che ad un'epoca più avanzata.
Il. dottor Piderit119 insiste molto sulla contrazione di certi muscoli che tirano in basso il naso e restringono le narici, come se questo fosse un segno eminentemente caratteristico della espressione del pianto. I depressori (depressores anguli oris), siccome vedemmo, sono generalmente contratti nel medesimo tempo, e, secondo il dottor Duchenne, tendono indirettamente ad agire nello stesso modo sul naso. Questa stessa apparenza di restrizione del naso si può notare nei fanciulli molto infreddati: apparenza in parte dovuta, come m'ha fatto osservare il dottor Langstaff, al loro continuo respirar per il naso ed alla pressione dell'atmosfera che in seguito si esercita da ciascun lato. Lo scopo di questa contrazione delle narici nei fanciulli che sono infreddati o che piangono, sembra esser quello d'opporsi al flusso del muco o delle lagrime e d'impedire a questi fluidi di riversarsi sul labbro superiore.
Dopo un accesso di grida prolungato e violento, il cuoio capelluto, il volto e gli occhi si fanno rossi, in seguito all'ostacolo arrecato alla circolazione centripeta dagli sforzi violenti di espirazione; ma l'arrossamento degli occhi irritati si deve all'abbondante spargimento di lagrime. I vari muscoli della faccia, che furono energicamente contratti, stirano ancora un po' i lineamenti, ed il labbro superiore è leggermente rialzato o rovesciato120, mentre gli angoli orali un poco si abbassano. Ho provato io stesso, ed osservai su altre persone adulte, che quando si dura fatica a trattenere le lagrime, siccome alla lettura di un commovente racconto, è quasi impossibile impedire che i vari muscoli, i quali agiscono così energicamente nei fanciulli durante gli accessi di grida, sussultino o tremino leggermente.
Nelle prime settimane di vita il bambino, come san bene le nutrici ed i medici, non isparge lagrime. Nè ciò dipende solo dall'inettitudine delle glandule lacrimali a secernere; imperocchè (l'ebbi a notare per la prima volta) avendo sfiorato accidentalmente colla fodera del mio soprabito l'occhio aperto di un mio figliuolino di settantasette giorni, glie ne venne un'abbondante lagrimazione; e quantunque il bambino mandasse grida violente, l'altro occhio si mantenne asciutto, o per lo meno non s'umettò che assai leggermente. Dieci dì avanti, in un accesso di grida, avevo osservato questo debole spargimento di lagrime su entrambi gli occhi. In questo medesimo pargoletto, a cento e ventidue giorni, le lagrime non celavano ancora sotto le palpebre, nè discendevano lungo le guancie. Ciò avvenne per la prima volta diciassette giorni più tardi, cioè all'età di centotrentanove dì. Feci sottoporre all'osservazione anche altri bambini, e l'epoca in cui appaiono veramente le lagrime mi sembra molto variabile. In un caso gli occhi si umettano leggermente a soli venti giorni di vita; in un altro a sessantadue. In due altri bambini le lagrime non colavano ancora sul viso a ottantaquattro e a cento e dieci giorni; in un terzo, a cento e quattro. Mi venne asserito che in un pargoletto si videro colare le lagrime all'età notevolmente precoce di quarantadue giorni. Sembra che le glandule lacrimali abbiano uopo di una certa abitudine acquisita prima di poter entrare agevolmente in azione, quasi nella stessa maniera con cui i vari movimenti e gusti consensuali trasmessi per eredità richiedono un certo esercizio prima d'essere stabiliti e ridotti al loro stato definitivo. Questa ipotesi è sovratutto verosimile per un'abitudine qual è quella del pianto, che dev'essere stata acquisita posteriormente all'epoca in cui l'uomo si è separato dalla origine comune del genere Uomo e dalle Scimie antropomorfe, le quali non piangono.
Ell'è cosa notevole che nè il dolore, nè alcun'altra emozione provochi nel primo periodo della vita la secrezione delle lagrime, le quali più tardi diventano l'espressione più generale e più spiccata. Una volta che il fanciullo acquistò l'abitudine, essa esprime nel modo più chiaro la sofferenza di ogni genere, il dolore corporale come l'angoscia dell'anima, anche allora che questa si accompagna ad altre emozioni, come la paura o la collera. Peraltro il carattere del pianto si modifica molto per tempo, siccome osservai sui miei propri figli, ed il pianto della collera differisce da quello del dolore. M'ha narrato una madre, che la sua figliuolina, di nove mesi, quand'è in collera, grida con violenza, ma senza piangere; ma se la si punisce facendola sedere col dorso contro la tavola, le sue lagrime cominciano a cadere. Questo divario deve forse attribuirsi al fatto che, avanzando in età, noi reprimiamo il pianto nella maggior parte dei casi, tranne nell'angoscia; e a quell'altro che l'influenza di codesta abituale repressione si trasmette per eredità ad un'epoca della vita più precoce di quella in cui fu dapprima esercitata.
Nell'adulto, e sovratutto nel sesso maschile, il dolore fisico non provoca più lo spargimento di lagrime, e questo espressivo carattere sparisce assai presto. Ciò si spiega pensando che tanto le nazioni civilizzate quanto le razze barbare considerano una indegna viltà per un uomo di manifestare con segni esteriori il dolore fisico. Fattane questa eccezione, si sa che i selvaggi versano abbondanti lagrime per cause estremamente futili. Sir J. Lubbock raccolse «molte osservazioni in proposito121. Un capo della Nuova Zelanda «si mise a piangere come un fanciullo, perchè i marinai avevano lordato il suo mantello prediletto spandendovi della farina». Nella Terra del Fuoco ho visto un naturale, orbo appena del fratello, che, passando alternativamente dal dolore alla gaiezza, piangeva con una violenza isterica, e un momento dopo sghignazzava di tutto che poteva distrarlo. Del resto le nazioni civilizzate dell'Europa, in riguardo alla frequenza del pianto, presentano spiccatissime differenze. L'Inglese non piange che sotto l'incubo di un eccessivo dolore; in alcune parti del continente, all'incontro, gli uomini spargono lagrime molto più facilmente ed in copia maggiore.
È noto che gli alienati si abbandonano senza ritegno, o quasi, a qualunque emozione. Secondo le informazioni fornitemi dal dottor J. Crichton Browne, il sintomo più caratteristico della semplice malinconia, anche nel sesso maschile, è una tendenza a piangere per i più futili motivi, ed eziandio senza causa veruna, o a piangere in un modo affatto esagerato in presenza d'un reale argomento d'affanno. Il tempo per cui possono piangere certi malati di questa categoria, siccome la quantità delle lagrime sparse, son veramente prodigiosi. Una giovinetta, colta da malinconia, dopo aver pianto per tutto un giorno, finì col confessare al dottor Browne che ciò dipendeva unicamente dalla ricordanza di essersi rase un dì le sopracciglia, onde avessero a crescer più fitte. Nell'Asilo si veggono talvolta malati star ore intiere a dondolarsi dall'avanti all'indietro, e «se si fa per parlare a loro, s'arrestano, increspano gli occhi, abbassano gli angoli della bocca e scoppiano in lagrime». In certi casi sembra che un motto, un saluto benevolo bastino ad inspirar loro qualche idea fantastica e mesta; altre volte, è uno sforzo di qualunque natura che provoca il pianto, indipendentemente da ogni doloroso pensiero. Gli individui colti da acuta manìa hanno anche, in mezzo al loro incoerente delirio, violenti accessi di pianto. Non bisogna peraltro considerare questi abbondanti spargimenti di lagrime negli alienati, siccome unicamente dovuti alla mancanza di ogni ritegno; perocchè certe affezioni cerebrali, come l'emiplegia, il rammollimento e il marasmo, presentano pure una speciale disposizione a provocare le lagrime. D'altra parte, negli alienati il pianto è frequente anche poichè hanno raggiunto uno stato di completa imbecillità e perduta la facoltà di parlare. I nati idioti piangono pur essi122; sembra che così non avvenga dei cretini.
In seguito a ciò che osserviamo nel fanciullo, sembra che il pianto costituisca l'espressione naturale e primitiva di ogni dolore, del dolore morale, e del dolore fisico quando questo non è spinto agli ultimi limiti. Tuttavia i precedenti fatti e la continua esperienza ci mostrano che uno sforzo ripetuto sovente per soffocare le lagrime, associato a certi stati dell'animo, agisce molto efficace, ed alla fine ci dà, sotto questo riguardo, un grande impero su noi medesimi. Sembra all'incontro che l'abitudine abbia anche il potere di accrescere la facoltà di piangere: così il reverendo R. Taylor123, che tenne a lungo sua residenza nella Nuova Zelanda, asserisce che là le donne possono volontariamente spargere abbondanti lagrime: elleno si riuniscono a pianger sui morti, e si gloriano di farlo «a gara nel modo più compassionevole».
Sembra che uno sforzo isolato allo scopo di reprimere le lagrime eserciti poca influenza sulle glandule lacrimali, ed anzi che abbia di spesso un effetto contrario a quello che se n'attende. Un vecchio medico, ricco d'esperienza, mi dicea di non aver mai trovato che un solo mezzo per metter un termine agl'indomabili accessi di pianto che talvolta vediamo prodursi nelle donne: ed era di pregarle con insistenza onde non facessero sforzo veruno per contenersi e d'assicurarle che nulla porterebbe loro sollievo meglio d'un lungo e copioso spargimento di lagrime.
Nel bambino le grida consistono in prolungate espirazioni, interrotte da inspirazioni corte e rapide, quasi spasmodiche; ad un'età più avanzata appare il singhiozzo. Secondo Gratiolet124 la glottide ha il principale uffizio nell'atto del singhiozzo, che si produce «al momento in cui l'inspirazione vince la resistenza della glottide e l'aria si precipita nel petto». Nullameno l'atto completo della respirazione è parimente spasmodico e violento. In generale le spalle si sollevano, moto che rende più facile la respirazione. In un mio figliuoletto, quand'avea settantasette giorni, le inspirazioni erano sì rapide e forti, che il loro carattere s'avvicinava a quello del singhiozzo: solo all'età di cento e trentotto giorni notai per la prima volta un distinto singulto, e da questo momento, ogni accesso violento di pianto era seguito da singhiozzi. Come si sa, i movimenti respiratorii sono in parte volontari ed in parte involontari, ed io credo che il singhiozzo, almeno parzialmente, sia dovuto al fatto che il bambino, poco dopo la nascita, acquista una certa potenza per comandare ai propri organi vocali e per arrestare le grida, mentre fruisce d'un potere ben inferiore sui muscoli respiratorii, i quali, messi violentemente in azione, continuano ancor qualche tempo ad agire in modo involontario o spasmodico. Il singulto sembra speciale alla specie umana; infatti, i custodi del Giardino zoologico mi hanno asserito di non aver giammai osservato nulla di simile in veruna specie di Scimia; quantunque le Scimie, inseguite o prese, mandino spesso acute grida e restino dappoi per lungo tempo anelanti. Così tra il singhiozzo e l'abbondante spargimento di lagrime esiste un'intima analogia; infatti, il singulto non comincia dalla più tenera infanzia, ma comparisce più tardi e quasi improvviso, per seguire in avanti ogni accesso di pianto, fino a che codesta abitudine col progredir dell'età venga repressa.
Cause della contrazione dei muscoli, che circondano l'occhio, durante le grida. - Vedemmo che i bambini, nell'infanzia ed anche nella puerizia, allora che gridano, per la contrazione dei muscoli circostanti, chiudono invariabilmente gli occhi con energia, in modo da produr sulla pelle delle pliche caratteristiche. Nel giovinetto ed eziandio nell'adulto, tutte le volte in cui si produca un accesso di pianto violento e senza ritegno, puossi pure notare una tendenza alla contrazione di questi medesimi muscoli; tuttavia la volontà fa spesso ostacolo a tal contrazione, onde la vista non ne sia incomodata.
Sir C. Bell spiega questo fatto nel modo seguente125: «Quando si produce un violento sforzo di espirazione, sia che si tratti di ghigno, di pianto, di tosse o di starnuto, il globo dell'occhio vien fortemente compresso dalle fibre dell'orbicolare; questa compressione ha lo scopo di proteggere il sistema vascolare dell'interno dell'occhio contro un impulso retrogrado comunicato in tal momento al sangue venoso. Allorchè si contrae il petto per espellere l'aria, il sangue s'arresta nelle vene del collo e della testa, e, nei più energici sforzi, esso non si limita a distendere i vasi, ma rifluisce nei ramoscelli vascolari. Se in questo momento l'occhio non andasse soggetto ad una conveniente pressione, opponendo resistenza all'urto sanguigno, potrebbero avvenire irreparabili lesioni nei delicatissimi tessuti del globo oculare». E più avanti, lo stesso autore aggiunge: «Se si sollevano le palpebre d'un fanciullo per esaminare i suoi occhi, nell'istante in cui piange e grida con collera, la congiuntiva s'inietta bruscamente di sangue e le palpebre vengono respinte, perchè a questo modo è soppresso il punto d'appoggio naturale del sistema vascolare dell'occhio ed insieme l'ostacolo opposto alla corrente circolatoria d'invadere i canali sanguigni».
In base alla nota di sir C. Bell, spesso confermata dalle mie proprie osservazioni, i muscoli peri-oculari si contraggono con energia non solo durante il pianto, il riso, la tosse e lo starnuto, ma ancora in vari altri atti di analoga natura. Osservate ad esempio un individuo che si soffi il naso con forza. Pregai un dì un mio ragazzo a mandar con ogni sua possa un grido violento; ben tosto ei prese a contrarre i muscoli orbicolari: ripetei varie volte la stessa esperienza col medesimo risultato; e quando gli chiesi perchè ad ogni momento chiudesse tanto gli occhi, conobbi ch'ei non se n'accorgeva nemmanco; per la qual cosa egli agiva per istinto e affatto inconscientemente.
Affinchè questi muscoli entrino in azione, non è indispensabile che l'aria sia realmente cacciata fuori del petto; basta che i muscoli del torace e dell'addome si contraggano con gran forza, mentre l'occlusione della glottide impedisce all'aria di sfuggire. Nel vomito e nella nausea, l'aria riempie i polmoni e fa scendere il diaframma, che in seguito è mantenuto in posizione dalla chiusura della glottide «e dalla contrazione delle sue proprie fibre»126. I muscoli addominali si contraggono allora vigorosamente, comprimendo lo stomaco, le di cui fibre agiscono contemporaneamente, ed il contenuto ne viene così espulso. Durante ogni sforzo di vomito, «nasce una forte congestione alla testa, il viso si fa rosso e si gonfia, e le grosse vene che solcano la faccia e le tempia si dilatano visibilmente». Io ho constatato che nel medesimo tempo i muscoli circostanti dell'occhio sono in istato di forzata contrazione. Ed è pur così quando i muscoli dell'addome agiscono dall'alto in basso, con insolita energia, per espellere il contenuto del canale intestinale.
L'azione dei muscoli del corpo, per quanto sia energica, non provoca la contrazione dei muscoli peri-oculari, se anche il torace non agisce vigorosamente per espellere l'aria o per comprimerla nei polmoni. Osservai i miei figliuoli al momento in cui facevano gli sforzi più violenti nei loro esercizi ginnastici, quando, ad esempio, si sollevavano sulle braccia più volte di seguito, o quando portavano pesi notevoli, ma non vi seppi scorgere che una traccia appena apprezzabile di contrazione nei muscoli peri-oculari.
Siccome la contrazione di questi muscoli, ad uno scopo di protezione per gli occhi durante una espirazione violenta, costituisce indirettamente, come vedremo più tardi, un elemento fondamentale di molte fra le nostre più importanti espressioni, così io bramava moltissimo di sapere fino a qual punto l'opinione di sir C. Bell fosse suscettibile di dimostrazione. Il professore Donders, d'Utrecht127, conosciuto come una delle più competenti autorità in Europa su tutte le quistioni che si riferiscono alla visione ed alla struttura dell'occhio, volle, dietro mia inchiesta, intraprendere questo studio, giovandosi dei processi così ingegnosi della scienza moderna; ed ha recentemente pubblicati i risultati ottenuti128. Ei dimostrò che durante una violenta espirazione, i vasi intra-oculari, estraoculari e retro-oculari sono tutti impressionati in due modi, prima per l'aumento della pressione sanguigna nelle arterie, e in secondo luogo per la impedita circolazione centripeta nelle vene. Per conseguenza egli è certo che le arterie e le vene dell'occhio, durante ogni energico sforzo di espirazione, vengono più o meno distese. In quanto alle particolarità sulle prove offerte dal professore Donders, mi limito a rimandare alla sua pregevole Memoria. L'iniezione delle vene della testa si riconosce facilmente al loro turgore ed al colore purpureo che assume la faccia, ad esempio, in un uomo che quasi si soffoca perchè tosse con violenza. Appoggiandomi alla stessa autorità, posso aggiungere che il globo oculare, nel suo complesso, senza alcun dubbio sporge alquanto ad ogni violenta espirazione. Questo fenomeno è dovuto alla dilatazione dei vasi retro-oculari, e poteva agevolmente prevedersi in seguito alle intime connessioni esistenti tra l'occhio ed il cervello; infatti, levando una porzione della volta craniana, si vide il cervello sollevarsi ed abbassarsi ad ogni movimento respiratorio; movimento che nei bambini può constatarsi alle suture non ancora chiuse. Ed io credo che tale sia pur la ragione per cui gli occhi di un uomo strangolato sembrano sporgenti e lì lì per ischizzar dalle orbite.
In riguardo a ciò che concerne l'influenza protettrice della pressione delle palpebre sugli occhi, durante violenti sforzi di espirazione, il professore Donders, in seguito a svariate osservazioni, conclude che codesta pressione certamente limita, anzi inceppa affatto la dilatazione dei vasi129. In tali circostanze, egli aggiunge, noi vediamo varie volte le mani portarsi involontariamente al volto e poggiarsi sovra le palpebre, quasi per venir loro in aiuto e prestare più efficace protezione agli occhi.
Bisogna però convenire che i fatti sui quali ci è dato di basarci per dimostrare che gli occhi possono infatti soffrire più o meno pel difetto d'un resistente punto d'appoggio nelle violente espirazioni, non sono fino al presente molto numerosi; nullameno alcuni se ne possono citare. Egli è certo «che energici sforzi espiratorii, durante la tosse od il vomito ed in particolare nello starnuto, producono talvolta delle rotture nei vasellini (esteriori) dell'occhio»130. Il dottor Gunning ebbe a riferire di recente un caso di tosse canina, seguita da esoftalmia, attribuendo questa complicazione alla rottura dei vasi profondi dell'orbita. E s'osservarono parecchi analoghi fatti. Ma è probabile che una semplice sensazione di tormento abbia dovuto bastare per condurre all'abitudine associata di proteggere i globi oculari colla contrazione dei muscoli circostanti. E senza dubbio dovette bastarvi l'attesa di una lesione e la sua possibilità; gli è così che un oggetto che s'avvicina troppo agli occhi provoca un involontario ammiccar delle palpebre. Per le quali cose, dalle osservazioni di sir C. Bell, e meglio dalle ricerche più precise del professore Donders, noi possiamo con ogni sicurezza conchiudere che l'energico serrar delle palpebre in un fanciullo che grida, è un atto pieno di senso e di una reale utilità.
Vedemmo di già che la contrazione dei muscoli orbicolari fa pur sollevare il labbro superiore, ed in appresso, se la bocca si tiene spalancata, deprime le commessure per la contrazione dei muscoli abbassatori. La formazione del solco naso-labiale è pure una conseguenza della elevazione del labbro superiore. Così i principali movimenti espressivi del volto, mentre si piange, sembrano tutti risultare dalla contrazione dei muscoli che attorniano gli occhi. E vedremo bentosto che anche lo spargimento delle lagrime dipende dalla contrazione di questi stessi muscoli, od almeno vi ha un certo rapporto.
In alcuno dei precedenti fatti, e particolarmente nella tosse e nello starnuto, può darsi che la contrazione dei muscoli orbicolari serva accessoriamente a proteggere gli occhi contro la scossa o la troppo intensa vibrazione prodotta dallo strepito che accompagna simili atti. Io credo che sia così; imperocchè i cani ed i gatti, quando maciullano ossa dure fra' denti e talvolta anche quando starnutano, chiudono certamente le palpebre; eppure i cani nol fanno allorchè abbaiano fragorosamente. Il signor Sutton, avendo, dietro mia inchiesta, osservato con cura un giovane orang ed un chimpanzè, constatò che l'uno e l'altro serravano sempre gli occhi tossendo o starnutando, giammai all'incontro quando gridavano violentemente. Avendo io stesso amministrata una presuccia di tabacco ad una scimia americana, un Cebus, vidi che starnutando serrava le palpebre; mentre in altra occasione, mandando acute grida, tenea gli occhi aperti.
Causa della secrezione delle lagrime. - In ogni teoria riguardante l'influenza esercitata dallo stato dell'animo sulla secrezione delle lagrime, v'ha un fatto importante che fa d'uopo tenere a memoria. Ed è questo. Tutte le volte che i muscoli peri-oculari si contraggono involontariamente e con energia onde proteggere gli occhi comprimendo i vasi sanguigni, la secrezione lacrimale è attivata, e spesso diventa tanto abbondante, che le lagrime colano giù giù per le guancie. Questo fenomeno si osserva sotto l'influenza delle più varie emozioni, come pure quando non ce n'ha veruna. L'unica eccezione - ed anche questa solamente parziale - presentata da codesto rapporto tra l'energica ed involontaria contrazione di questi muscoli e la secrezione delle lagrime, esiste nei bambini; allorchè, tenendo le palpebre perfettamente chiuse, gridano con violenza: in fatto, si sa che il pianto non apparisce che all'età di due a tre o quattro mesi. Tuttavia, anche avanti quest'epoca si veggono gli occhi leggermente umettarsi. Ei sembra, come abbiam già fatto notare, che nel primo periodo della vita le glandule lacrimali non posseggano tutta la loro attività funzionante; in seguito ad un difetto d'abitudine o per qualche altra causa ignota. Quando il fanciullo è giunto ad un'età più avanzata, le grida ed i pianti ch'esprimono il dolore s'accompagnano così regolarmente allo spargimento delle lagrime, che le parole piangere e gridare sono quasi sinonime131.
Finchè il riso, ch'è una manifestazione delle emozioni contrarie alle precedenti, vale a dire della gioia o del piacere, si mantien moderato, si produce appena una leggiera contrazione dei muscoli peri-oculari, dimodochè le sopracciglia non s'aggrottano; ma alloraquando passa allo stato di sghignazzata, con espirazioni rapide, violente, spasmodiche, il viso si asperge di lagrime. Osservai a varie riprese la figura di certe persone, in seguito a violenti accessi di riso, e rimarcai che i muscoli degli occhi e del labbro superiore erano ancora parzialmente contratti; le guancie si vedeano umettate di lagrime, e queste due circostanze davano alla metà superiore della faccia una espressione, cui sarebbe riescito impossibile distinguere da quella che caratterizza la figura d'un fanciullo ancora agitata dai singhiozzi. Come vedremo più tardi, lo spargimento delle lagrime sul volto, sotto l'influenza del riso violento, è un fenomeno comune a tutte le razze umane.
In un violento accesso di tosse, e specialmente in uno stato di semi-soffocazione, la faccia diventa purpurea, le vene distendonsi, i muscoli orbicolari si contraggono energicamente e le lagrime grondano sulle gote. Anche dopo un accesso ordinario di tosse, si sente quasi sempre il bisogno di asciugarsi gli occhi. Nei violenti sforzi della nausea o del vomito, i muscoli orbicolari son vivamente contratti, e talora le lagrime scorrono copiose sul volto: ebbi a fare queste osservazioni su me stesso e su altri. Avendo udito avanzar l'opinione che tali fenomeni poteano essere semplicemente dovuti alla introduzione nelle narici di sostanze irritanti, la cui presenza provocherebbe per azione riflessa una sovrattività della secrezione lagrimale, io pregai un medico - uno di quelli che mi furono cortesi d'aiuto in questo lavoro - a rivolgere la propria attenzione sugli effetti degli sforzi di vomito, allorchè nulla venisse espulso dallo stomaco. Per una singolare coincidenza, all'indomani questo medico fu preso egli stesso da nausee violente, e tre giorni dopo ebbe l'occasione d'osservare una cliente in simili circostanze. In ciascun dei due casi, non v'ebbe un atomo di materia reietta fuor dello stomaco, eppure i muscoli orbicolari si contrassero con forza e sgorgarono lagrime copiose. Posso eziandio indubitatamente asserire che gli stessi muscoli si contraggono con energia e che questa contrazione è accompagnata dalla secrezione delle lagrime, quando i muscoli addominali agiscono con forza insolita dall'alto in basso sul canale intestinale.
Lo sbadiglio principia con una profonda inspirazione, seguita da una espirazione lunga ed energica; nello stesso tempo quasi tutti i muscoli del corpo, compresi quelli che circondano gli occhi, sono vivamente contratti: spesso si attiva la secrezione delle lagrime e talvolta ancora si veggono colar per le gote.
Osservai di sovente che, quando in causa d'insopportabile prurito ci grattiamo, chiudiamo con forza le palpebre; ma non credo che si cominci dal fare una profonda inspirazione per cacciar quindi rigorosamente l'aria; nè ebbi mai a notare che in simili circostanze gli occhi si riempissero di lagrime: non posso peraltro dire con certezza che così mai non avvenga. Forse l'energica occlusione delle palpebre si rannoda semplicemente all'azione generale che ritira nello stesso momento tutti i muscoli del corpo. Ell'è affatto diversa da quel dolce chiuder degli occhi che, secondo un'osservazione di Gratiolet132, accompagna spesso la percezione d'un soave profumo per mezzo dell'odorato o d'uno squisito sapore per via del gusto, e che senza dubbio è dovuto in origine al desiderio di sbandire ogni estranea impressione.
Il professore Donders mi descrive il fatto seguente: «Ho osservato, egli dice, alcuni casi d'una curiosissima affezione: in seguito ad un leggiero tocco, prodotto, per esempio, da un vestito e che non cagiona lesione, nè contusione, si manifestano spasimi nei muscoli orbicolari, accompagnati da copiosissimo spargimento di lagrime, che può durare per circa un'ora. Più tardi, e tal fiata dopo un intervallo di molte settimane, si rinnovellano spasimi violenti dei medesimi muscoli, pur accompagnati da lagrime e da antecedente o susseguente arrossamento degli occhi». Casi affatto analoghi vennero talvolta osservati dal signor Bowman; in taluno fra questi non ci avea arrossamento, nè infiammazione agli occhi.
Ero molto curioso di sapere, se in qualche animale esistesse un analogo rapporto tra la contrazione dei muscoli orbicolari durante una espirazione, e la secrezione delle lagrime. Per disavventura non ci ha che assai pochi animali i quali contraggano questi muscoli in modo prolungato, ed assai pochi che piangano. Il Macacus maurus, ch'altra volta vedeasi piangere, al Giardino zoologico, tanto copiosamente, sarebbe stato un eccellente individuo per tali osservazioni; ma le due scimie che attualmente vi sono e che si crede appartengano alla medesima specie, non piangono. Nullameno vennero studiate con cura dal signor Bartlett e da me, mentre mandavano acute grida, e ci parve che contraessero questi muscoli; ma esse saltellavano da un lato all'altro della gabbia con tale rapidità, che riesciva difficile istituire osservazioni precise. Per quanto io mi sappia, nessun'altra scimia, gridando, contrae i muscoli orbicolari.
Si sa che qualche volta l'elefante indiano piange. Sir E. Tennent, descrivendo quei veduti da lui catturati e prigioni a Ceylan, si esprime così: «Alcuni si manteneano immobili, accosciati sul suolo, senza manifestare il proprio dolore altrimenti che per mezzo di lagrime le quali bagnavan loro gli occhi e sgorgavano incessanti». E parlando d'un altro elefante: «Quando fu vinto e legato, mostrò estremo dolore; la violenza die' luogo ad una completa prostrazione, ed ei piombò a terra, mandando grida soffocate e colla faccia bagnata di lagrime»133. Al Giardino zoologico, il custode degli elefanti indiani m'ha positivamente asserito d'aver visto molte volte cascar delle lagrime sulla faccia della vecchia femmina, allorchè la si separava dal suo piccino. Mi pungea gran vaghezza di constatare un fatto che veniva in appoggio della relazione esistente nell'uomo tra la contrazione dei muscoli orbicolari e lo spargimento delle lagrime, e di verificare se gli elefanti, quando gridavano o soffiavano fragorosamente colla proboscide, mettessero questi muscoli in azione. Alla preghiera del signor Bartlett, il custode ordinò ai due elefanti, giovane e vecchio, di gridare e noi constatammo, a varie riprese, sull'uno e sull'altro, che quand'essi cominciavano a gridare, i muscoli peri-oculari, e sopratutto gl'inferiori, si contraevano assai nettamente. In un'altra occasione, avendo il custode fatto gridar l'elefante molto più fortemente, vedemmo volta per volta i medesimi muscoli contrarsi energicamente, così i superiori che gl'inferiori. Cosa singolare, l'elefante d'Africa - il quale, bisogna dirlo, è tanto diverso da quello delle Indie, che certi naturalisti ne fanno un sotto-genere distinto - non mostrò, in due circostanze in cui si provocarono le sue grida, la menoma traccia di contrazione dei muscoli peri-oculari.
Concludendo dai vari esempi citati relativi alla specie umana, par cosa certa che la contrazione dei muscoli peri-oculari, durante una violenta espirazione od un'energica compressione del torace dilatato, sia in un modo o nell'altro intimamente connessa colla secrezione delle lagrime; d'altra parte questi fenomeni si osservano sotto l'influenza di emozioni affatto diverse, ed anche senza il concorso di emozione veruna. Ciò non vuol dire di certo che la secrezione delle lagrime non possa prodursi senza la contrazione dei muscoli in discorso; tutti sanno infatti che le lagrime sgorgano spesso copiose senza che le palpebre sieno chiuse e le sopracciglia aggrottate. La contrazione può essere talvolta involontaria e prolungata, come durante un accesso di soffocamento, o rapida ed energica, come in uno starnuto. Il solo ammiccar involontario delle palpebre non porta lagrime agli occhi, benchè si ripeta frequente; nè basta la volontaria e prolungata contrazione dei numerosi muscoli circostanti. Siccome nell'infanzia le glandule lacrimali entrano facilmente in azione, io indussi i miei figli e molti altri di età diversa a contrarre questi muscoli più volte di seguito, con tutta la forza e per quanto poteano durarvi: l'effetto riescì quasi nullo. Talvolta osservai una leggiera umidità degli occhi, che potea perfettamente spiegare la semplice espulsione di lagrime già esistenti nelle glandule dopo una secrezione anteriore.
Non si può precisare con esattezza la natura della relazione fra la involontaria ed energica contrazione dei muscoli peri-oculari e la secrezione delle lagrime; nullameno possiamo emettere una ipotesi probabile. La principale funzione della secrezione lacrimale è quella di rendere lubrica la superficie dell'occhio, insieme a un po' di muco; di più, secondo l'opinione di alcuni fisiologi, essa giova a umettare costantemente le nari, in modo da saturare d'umidità l'aria inspirata134, e favorire così l'uffizio dell'odorato. Ma un'altra funzione delle lagrime, almeno tanto importante quanto le precedenti, consiste nel portar via le particelle di polvere, o qualunque altro corpuscolo che può cascar sugli occhi. L'importanza di quest'uffizio è dimostrata in quei casi nei quali la cornea s'infiamma e diventa opaca, in seguito ad aderenze tra il globo oculare e la palpebra, che rendono quest'ultima immobile ed impediscono il trasporto di queste molecole135. La secrezione delle lagrime sotto l'influenza dell'irritazione prodotta dalla presenza di un corpo straniero è un atto riflesso: questo corpo irrita un nervo periferico che impressiona alcune cellule nervose sensitive, le quali trasmettono l'impressione ad altre cellule, e queste alla lor volta reagiscono sulla glandula lagrimale. L'impressione trasmessa alla glandula produce (si hanno almeno buone ragioni per crederlo) il rilassamento della tonaca muscolare delle piccole arterie; il sangue allora passa in maggior quantità traverso il tessuto glandulare, e provoca una copiosa secrezione di lagrime. Quando le piccole arterie della faccia, comprese quelle della retina, si dilatano sotto l'influsso di circostanze assai varie, particolarmente durante un intenso rossore, le glandule lagrimali sottostanno talvolta ad una simile impressione, e gli occhi si umettano di lagrime.
Ell'è cosa difficile rendersi conto sul modo d'origine di certe azioni riflesse; tuttavia, in rapporto al caso attuale della impressionabilità delle glandule lagrimali prodotta da una irritazione portata sulla superficie dell'occhio, è forse utile cosa notare che, appena alcune forme animali primitive acquistarono una maniera di esistere per metà terrestre, e gli occhi poterono quindi ricevere particelle di polvere, queste, se non fossero state cacciate, avrebbero provocata una intensa irritazione; allora, solo in virtù del principio dell'azione della forza nervosa irradiante verso le cellule vicine, le glandole lagrimali dovettero essere costrette ad entrare in azione. Essendosi ripetuto di frequente questo fenomeno, e per la tendenza della forza nervosa a ripassare agevolmente per le vie da lei d'ordinario seguite, una leggiera irritazione dovette alla fine bastare per produrre una copiosa secrezione di lagrime.
Una volta che codesta azione riflessa, con questo meccanismo o con qualunque altro, fu stabilita e resa facile, irritazioni di varia natura cagionate alla superficie dell'occhio - l'impressione d'un vento freddo, una lenta azione infiammatoria, un colpo sulle palpebre - dovettero provocare un'abbondante secrezione di lagrime. Ed infatti sappiamo che avviene proprio in tal modo. Anche in seguito ad una eccitazione portata sugli organi vicini, le glandule lagrimali entrano in azione. Così, allorchè le narici vengono irritate da acri vapori, sgorgano le lagrime, anche se le palpebre stanno completamente serrate; e la stessa cosa si nota dopo un colpo ricevuto sul naso, per esempio facendo le pugna. Ho visto che una scudisciata sul viso produce il medesimo effetto. In questi ultimi casi, la secrezione delle lagrime è un fenomeno accessorio e senza utilità diretta. Siccome tutte le parti della faccia, comprese le glandule lagrimali ricevono le ramificazioni d'uno stesso tronco nervoso, il trigemino od il quinto paio, ci è dato di comprendere fino ad un certo punto come gli effetti dell'eccitazione d'una delle sue branche possa propagarsi alle cellule nervose che sono le origini delle altre branche.
In certe condizioni, le parti interne del globo oculare agiscono pure, per azione riflessa, sulle glandule lagrimali. Le osservazioni seguenti mi vennero gentilmente comunicate dal signor Browman: tali quistioni del resto sono molto complesse, per le intime connessioni che legano tutte le parti dell'occhio e per la loro estrema sensibilità ad ogni eccitazione. Se la retina è nel suo stato normale, una intensa luce provoca assai difficilmente le lagrime; ma in alcune malattie, per esempio nei fanciulli che hanno piccole e vecchie ulcere sulla cornea, la retina diventa estremamente impressionabile, e la semplice azione della luce diffusa provoca una energica e prolungata occlusione delle palpebre, accompagnata da un copioso spargimento di lagrime. Quando si comincia a far uso di lenti convesse e si sforza il potere affievolito dell'accomodamento, la secrezione lagrimale si esagera spesso in modo eccessivo e la retina si fa sensibilissima alla luce. In generale, le affezioni morbose della superficie dell'occhio e degli organi ciliari che agiscono nel fenomeno dell'accomodamento, s'accoppiano d'ordinario ad un'anormale secrezione di lagrime. L'indurimento del globo dell'occhio che non giunge all'infiammazione, ma indica semplicemente un difetto d'equilibrio tra il circolo diretto e quello in ritorno nei vasi intra-oculari, non è d'ordinario seguìto da lagrimazione. Questa si produce piuttosto quando il difetto dell'equilibrio s'inverte e l'occhio si rammollisce. Infine, ci ha molteplici stati morbosi ed organiche alterazioni dell'occhio, ed eziandio gravissime infiammazioni, che possono essere semplicemente accoppiati ad una secrezione lagrimale nulla od insignificante.
Bisogna pur notare, siccome cosa che sta in rapporto indiretto colla quistione in discorso, che l'occhio e le parti vicine sottostanno ad un numero considerevole di movimenti, di sensazioni, di atti riflessi ed associati, esclusi quelli che interessano la glandula lagrimale. Una vivida luce colpisca la retina d'uno fra gli occhi: l'iride si contrae; ma dopo un notevole intervallo di tempo, l'iride dell'altro occhio entra alla sua volta in azione. L'iride eseguisce dei movimenti anche nell'atto di accomodamento a lontana od a breve distanza, come pure quando si fanno convergere gli occhi136. Tutti provarono con quanta irresistibile forza le sopracciglia si abbassino sotto l'azione di vivissima luce. Noi ammicchiamo pur involontariamente le palpebre, allorchè un oggetto s'agita presso ai nostri occhi, o quando ci perviene un imprevisto rumore. Il caso comune dello starnuto provocato in certe persone da una viva luce, è più curioso; imperocchè qui la forza nervosa irradia da alcune cellule in connessione colla retina alle cellule sensorie destinate alla mucosa nasale, producendovi un pizzicore, e di là alle cellule che presiedono ai vari muscoli respiratorii (compresi gli orbicolari), i quali espellono l'aria così, ch'ella esce per le sole narici.
Ritorniamo al nostro argomento: perchè ci ha secrezione di lagrime nel momento di un accesso di grida o durante altri sforzi respiratorii violenti? Giacchè un leggiero tocco alle palpebre provoca un abbondante spargimento di lagrime, è almeno possibile che la spasmodica contrazione di questi organi premendo vivamente il globo dell'occhio, agisca in simile foggia. È certo però che la volontaria contrazione dei medesimi muscoli non produce effetto veruno; ma ciò non mi sembra possa creare obbiezione al precedente modo di vedere. Sappiamo che un uomo non può volontariamente starnutare, nè tossire con quella energia che spiegherebbe ove questi atti fossero automatici: la stessa cosa avviene per la contrazione dei muscoli orbicolari. Sir C. Bell, con parecchie esperienze, constatò che chiudendo bruscamente e vivamente gli occhi all'oscuro, si scorgono delle scintille luminose simili a quelle che produconsi battendo lievemente le palpebre coll'estremità delle dita; «ma nello starnuto, egli dice, la compressione talvolta è più rapida ed energica, e le scintille sono più brillanti». D'altra parte egli è certo che queste sono dovute alla contrazione delle palpebre, imperocchè, «se nell'atto dello starnuto si tengono aperte, ogni luminosa sensazione scompare». Nei casi particolari citati dal professore Donders e dal signor Bowman, vedemmo che, alcune settimane dopo una leggera lesione dell'occhio, sovraggiungono spasmodiche contrazioni delle palpebre, accompagnate da una copiosa lagrimazione. Nell'atto dello sbadiglio, le lagrime senza dubbio sono esclusivamente prodotte dalla contrazione spasmodica dei muscoli peri-oculari. Malgrado questi ultimi esempi, è malagevole a credere che la pressione esercitata dalle palpebre sulla superficie dell'occhio, benchè spasmodica e quindi più energica che non se fosse volontaria, possa bastare a provocar per azione riflessa la secrezione delle lagrime in molti casi nei quali questa si produce durante violenti sforzi respiratorii.
Un'altra causa può ancora concorrervi. Vedemmo che, in certe condizioni, le parti profonde dell'occhio agiscono, per azione riflessa, sulle glandule lagrimali. D'altro canto si sa che negli energici sforzi di espirazione è aumentata la pressione del sangue arterioso nei vasi oculari, mentre si turba la circolazione che torna per le vene. Sembra quindi probabile che la distensione dei vasi oculari, a questo modo prodotta, possa agire per azione riflessa sulle glandule lagrimali ed unire fin d'allora i suoi effetti a quelli dovuti alla compressione cagionata dalle palpebre alla superficie dell'occhio.
Per giudicare su codesta probabilità, rammentiamo che gli occhi dei fanciulli per innumerevoli generazioni funzionarono in queste due maniere, tutte le volte in cui mandavano grida; e siccome la forza nervosa tende a passare lungo le vie da lei abitualmente seguìte, così una compressione anche poco considerevole dei globi oculari ed una moderata dilatazione dei loro vasi dovettero alla fine bastare per agire sovra le glandule lagrimali. Noi troviamo un analogo fenomeno nella leggiera contrazione dei muscoli peri-oculari, contrazione che si produce eziandio in un moderato accesso di grida, allorquando non può esservi dilatazione dei vasi, nè sensazione dolorosa agli occhi.
Inoltre, quando atti o movimenti complessi, dopo essere stati compiuti e strettamente associati fra loro, vengono poi per una ragione qualunque impediti, prima dalla volontà e quindi dall'abitudine, ove si presentino convenienti condizioni eccitatrici, la parte dell'atto o del movimento meno sottoposta al controllo della volontà sarà ancora spesso involontariamente compiuta. La secrezione delle lagrime in generale è assai indipendente dall'influenza della volontà; anche allora che, in seguito all'avanzare dell'età nell'individuo, od al progresso della civilizzazione nella razza, venga repressa l'abitudine del pianto o delle grida, e quindi non vi abbia più dilatazione dei vasi sanguigni nell'occhio, anche allora, dico, può avvenire che si secernano lagrime. Come ho fatto notare, possiamo vedere i muscoli peri-oculari d'un individuo che legge un'istoria commovente, ammiccare e tremolare così leggermente, da renderne quasi impercettibile la contrazione. In tali casi, non v'ebbero grida, nè dilatazione dei vasi sanguigni, e pur tuttavia, per effetto dell'abitudine, alcune cellule nervose inviarono una piccola quantità di forza nervosa alle cellule donde dipendono i muscoli peri-oculari, ed esse ne trasmisero al pari quelle dalle quali dipendono le glandule lagrimali, perocchè gli occhi, precisamente nel medesimo istante, s'umettano spesso di lagrime. Se lo stiramento dei muscoli peri-oculari e la secrezione delle lagrime fossero stati completamente repressi, egli è quasi certo che sarebbe nullameno esistita una tendenza della forza nervosa a trasmettersi in queste stesse direzioni. Ora, siccome le glandule lagrimali sono assai indipendenti dal controllo della volontà, elle dovevano essere eminentemente suscettibili di entrare ancora in azione, richiamando così, in difetto d'ogni altro segno esteriore, i commoventi pensieri che attraversano lo spirito di colui che legge.
A conferma della su esposta ipotesi, posso fare un'osservazione: se nel primo periodo della vita, quando è facile che si stabiliscano abitudini di qualunque natura - i nostri fanciulli fossero stati accostumati ad esprimere la gioia con fragorosi scoppi di risa (nei quali i vasi oculari vengono distesi), così spesso ed a lungo come furono avvezzi ad esprimere l'affanno col mezzo di grida, è probabile che in progresso di tempo si sarebbe prodotta un'abbondante e regolare secrezione di lagrime nell'uno stato e nell'altro. Un riso moderato, un sorriso, spesso ancora un'idea gaia avrebbe in tal caso potuto provocare un leggiero spargimento di lagrime. Ed infatti, esiste un'evidente tendenza in questo senso, come vedremo trattando dei sentimenti affettuosi. Secondo Freycinet137, presso gl'indigeni delle isole Sandwich, il pianto viene considerato proprio come segno di prospera fortuna; per altro sarebbe buona cosa avere di un tal fatto prova migliore che non sia l'affermazione d'un viaggiatore che vi fu solo di passaggio. Così pure, se i nostri fanciulli, vuoi considerati tutti assieme durante parecchie generazioni, vuoi individualmente per molti anni, avessero sofferto quasi ogni giorno accessi prolungati di soffocamento, nei quali i vasi dell'occhio dilatansi e le lagrime sgorgano abbondanti, è probabile (tanto potente è la forza delle abitudini associate) che in seguito avria bastato la sola idea d'uno di questi accessi per trarre le lagrime agli occhi, senza che l'animo fosse menomamente attristato.
A riassumere questo capitolo, diremo che il pianto, in fine dei conti, risulta probabilmente da una successione di fenomeni più o meno analoga alla seguente: il fanciullo, reclamando il cibo o provando un dolore qualsiasi, cominciò dal mandare acute grida, come fanno i piccoli di molti animali, in parte per chiamare i genitori in aiuto, in parte ancora perchè queste grida costituiscono da per se stesse un sollievo. Strilli prolungati cagionarono inevitabilmente l'ingorgo dei vasi sanguigni dell'occhio, ingorgo che dovette provocare, prima scientemente e poi per semplice effetto dell'abitudine, la contrazione dei muscoli che attorniano gli occhi, per proteggere questi organi. Nello stesso tempo, la pressione spasmodica esercitata sulla superficie degli occhi e la dilatazione dei vasi intraoculari, senza svegliare per ciò veruna sensazione cosciente, ma solo per effetto di azione riflessa, dovettero impressionare le glandule lagrimali. Infine, in virtù dell'azione combinata di tre principii, cioè: - il facile passaggio della forza nervosa traverso le vie da lei abitualmente percorse, - l'associazione, ch'è tanto potente, - la differenza che esiste fra atti diversi relativamente all'impero esercitato su loro dalla volontà; - in virtù di questi tre principii ne venne che il dolore provoca agevolmente la secrezione delle lagrime, senza che queste debbano essere accompagnate da verun'altra manifestazione.
Secondo questa teoria, il pianto non sarebbe che un fenomeno accessorio, senza utilità veruna, come lo spargimento di lacrime in seguito ad un colpo alla superficie dell'occhio o lo starnuto prodotto da vivida luce. Nullameno ciò non toglie menomamente valore al fatto che la secrezione delle lagrime allevia il dolore. Quanto più violento e nervoso è l'accesso di pianto, tanto maggiore sarà il sollievo provatone: vediamo infatti che le contorsioni del corpo, il digrignare dei denti e le emissioni di grida strazianti diminuiscono la intensità di una sofferenza fisica.