Carlo Darwin
L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali

CAPITOLO IX.   RIFLESSIONE - MEDITAZIONE - CATTIVO UMORE - BORBOTTAMENTO - DETERMINAZIONE

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CAPITOLO IX.

 

RIFLESSIONE - MEDITAZIONE - CATTIVO UMORE - BORBOTTAMENTO - DETERMINAZIONE

 

Corrugamento delle sopracciglia. - Riflessione accompagnata da sforzo o dalla percezione di una cosa difficile o disaggradevole. - Meditazione astratta. - Cattivo umore. - Tetraggine. - Ostinazione. - Borbottamento, smorfia. - Decisione o determinazione. - Energica chiusura della bocca.

 

La contrazione dei sopraccigliari abbassa ed avvicina le sopracciglia, producendo sul fronte le strie verticali che si distinguono col nome di corrugamento dei sopraccigli. Sir C. Bell, il quale credeva a torto che il sopraccigliare fosse proprio soltanto della specie umana, lo considerava come «il più notevole fra i muscoli facciali dell'uomo. Esso contrae le sopracciglia con un energico sforzo, ch'esprime il pensiero, in maniera inesplicabile sì, ma certa». Ed altrove aggiunge «Quando le sopracciglia sono increspate, l'energia intellettuale è fatta evidente, e si produce in allora una espressione ove lottano insieme il pensiero ed il sentimento dell'uomo e la feroce brutalità della bestia172. In codeste osservazioni ci ha molto di vero, ma non però tutto. Il dottor Duchenne chiamò il sopraccigliare il muscolo della riflessione173; peraltro tale qualifica dev'essere considerata esatta solo con certe restrizioni.

Supponiamo un uomo assorto in profondi pensieri; fino a che nessun ostacolo sorgerà a contrastare il corso dei suoi ragionamenti, fino a che questi non saranno sturbati o interrotti, il sopracciglio di lui potrà restarsene immobile; ma se gli avvenisse l'uno o l'altro di tali inconvenienti, vedremmo corrugarglisi tosto la fronte. Un uomo affamato riflette profondamente ai mezzi per procurarsi il cibo; ma, in generale, ei non increspa il sopracciglio che quando gli si pari dinanzi una qualche difficoltà, sia nel progetto, sia nell'esecuzione, o quando trovi cattivo il nutrimento ottenuto. Ho notato una cosa quasi a tutti comune; se, mangiando, avvenga di sentire qualche strano o disaggradevole sapore, le sopracciglia si increspano. Un giorno pregai molte persone, senza dir loro a che scopo, di prestare l'orecchio ad un leggerissimo strepito, onde conoscevano perfettamente e natura e sorgente: nessuno corrugò il sopracciglio; ma un tale giunto in quel mentre, e che non poteva concepire ciò che noi facevamo in così profondo silenzio, pregato alla sua volta di porgere ascolto, increspò energicamente le sopracciglia, avvegnachè non fosse di cattivo umore, dicendo che non capiva quel che noi cercavamo. Il Piderit174, che pubblicò delle osservazioni sullo stesso fenomeno, aggiunge che i balbuzienti, parlando, increspano generalmente, le sopracciglia, e che per solito si fa altrettanto, levandosi gli stivali, se sono troppo stretti. Alcune persone sono abituate a ciò da tanto tempo, che il semplice sforzo della parola basta quasi sempre per provocare in essi un tal movimento.

Dalle risposte ricevute ai miei quesiti, gli uomini di tutte le razze increspano il sopracciglio, quand'hanno l'animo perplesso per una causa qualunque; ma devo confessare che tali quistioni erano mal redatte, avendo io confuso la semplice meditazione colla perplessità. Tuttavia è certo che gli Australiesi, i Malesi, gl'Indù ed i Cafri del sud dell'Africa corrugano le sopracciglia quando sono imbarazzati. Dobritzhoffer fa notare che i Guaranesi dell'America del Sud, in simili circostanze, si comportano nella stessa maniera175.

Dalle precedenti considerazioni possiamo conchiudere che l'increspamento delle sopracciglia non esprime la semplice riflessione o l'attenzione, sieno pur desse profonde od elevate, ma bensì una difficoltà, un ostacolo nel corso dei pensieri o nell'azione. Nullameno, siccome è cosa rara che una profonda meditazione possa seguitare a lungo senza qualche impedimento, così essa è d'ordinario accompagnata dal corrugamento dei sopraccigli. Da ciò viene che per solito questo increspamento alla fisonomia, come fu osservato da sir C. Bell, una espressione di energia intellettuale. Ma, perchè quest'effetto possa aver luogo, il guardo dev'essere sereno e fisso, o ben diretto in basso, il che avviene appunto di spesso nella profonda riflessione. Per giunta la fisionomia non dev'essere turbata da verun altro pensiero. Così, ad esempio, in un individuo di cattivo umore o affannato, in un uomo che, all'occhio spento e alla mascella pendente, manifesta gli effetti di un lungo dolore, in un tale che trova disaggradevole il cibo, o prova qualche difficoltà a compiere un atto minuzioso, valga ad infilare un ago, in tutti codesti, dico, le sopracciglia si corrugano, sì, di spesso, ma questo corrugamento è accompagnato da qualche altra espressione, che scaccia affatto ogni apparenza di energia intellettuale o di profonda riflessione.

Ed ora possiamo chiederci donde venga che un aggrottamento dei sopraccigli può esprimere l'idea di qualche cosa di difficile o di sgradevole, pensiero od azione. Nello studio dei movimenti della espressione, conviene adottare, per quanto è possibile, il metodo dei naturalisti, i quali stimano necessario di seguire lo sviluppo embrionale di un organo, per comprenderne perfettamente la struttura. La prima espressione, la sola quasi che sia visibile nei primi della vita, in cui appare di spesso, è quella manifestata durante le grida. Ora, nella prima età e qualche tempo dopo, le grida vengono eccitate da ogni sensazione, da ogni emozione dolorosa e spiacevole, come la fame, la sofferenza, la collera, l'invidia, la paura, ecc. In quei tempi, i muscoli che stanno attorno agli occhi sono vivamente contratti, e questo fatto spiega, io credo, in gran parte il corrugamento delle sopracciglia, che si mantiene per tutta la vita. Più volte portai l'attenzione sui miei figliuoli, a partire dall'ottavo di lor vita all'età di due o tre mesi, ed osservai che, quando capitava grado grado un accesso di pianto, il primo indizio visibile era la contrazione dei sopraccigliari, che produceva un leggiero aggrottamento, tosto tosto seguito dalla contrazione degli altri muscoli che stanno attorno agli occhi. Quando un fanciullo è inquieto o sofferente, io constatai che sul volto di lui corrono continui e ratti come ombra, leggieri increspamenti dei sopraccigli. Di solito, peraltro non sempre, essi sono presto o tardi seguiti da un accesso di pianto. Per esempio, osservai spesse volte un bambino di sette ad otto settimane, mentre succiava del latte freddo, che doveva certo riescirgli sgradito. Per tutto questo tempo, scorsi sul viso di lui un continuo aggrottamento di sopracciglia, leggiero, sì, ma ben caratterizzato; peraltro nol vidi mai degenerare in pianto, benchè si potessero notare le diverse fasi che l'annunziavano vicino.

Codesta abitudine di contrarre le sopracciglia al cominciar di ogni accesso di pianto e di grida, essendosi mantenuta nei bambini per innumerevoli generazioni, finì coll'associarsi strettamente ad ogni sensazione dolorosa o sgradita. Donde consegue che, in circostanze analoghe, questa abitudine può conservarsi nell'età matura, benchè allora mai non degeneri in pianto. Fin dai primi anni si comincia a frenare il pianto e le grida, mentre in nessuna età si riesce a reprimere lo aggrottamento dei sopraccigli. Forse è bene notare che in que' fanciulli i quali piangono facilmente, la minima inquietudine provoca subito lo spargimento di lagrime, mentre nella maggior parte dei ragazzini darebbe luogo soltanto ad un increspamento delle sopracciglia. In alcune forme di alienazione mentale avviene lo stesso: il minimo sforzo morale cagiona indomabile pianto, mentre invece in un individuo allo stato ordinario, provocherebbe semplicemente un aggrottamento dei sopraccigli. ci deve stupire se l'abitudine di contrarre le sopracciglia trovandoci bruscamente in faccia ad una impressione penosa qualunque, benchè assunta nell'infanzia, si conserva per tutta la vita; non vediamo forse molte altre abitudini associate, acquisite nell'età giovanile, persistere sempre nell'uomo e negli animali? I gatti adulti, ad esempio, provando una sensazione di benessere e di calore, stendono ancora le zampe anteriori, facendone uscire le unghie, abitudine alla quale si abbandonavano con uno scopo determinato allorquando poppavano alle mammelle materne.

Anche un'altra causa di ordine diverso ha probabilmente corroborata l'abitudine di aggrottare le sopracciglia ogni volta in cui l'animo si applica a qualche cosa o trovasi di faccia a qualche difficoltà. Fra tutti i sensi, la vista è la più importante: nelle prime epoche, dev'essersi fatta una grandissima e continua. attenzione agli oggetti lontani, tanto allo scopo di procurarsi una preda, quanto per evitare un pericolo. Nei miei viaggi in alcune parti dell'America del Sud, resi pericolosi dalla presenza degl'Indiani, mi ricordo d'essere stato colpito dalla persistenza con cui i Gauchos semi-selvaggi esaminavano attentamente tutti i punti dell'orizzonte, quasi direi per istinto e senza mostrare d'averne coscienza. Ora quando un individuo a capo scoperto (il che dev'essere stato la prima condizione dell'uomo) si sforza di distinguere di giorno, sopratutto se splende il sole, un oggetto lontano, contrae quasi invariabilmente le sopracciglia, per impedire l'accesso di una luce eccessiva; nello stesso tempo, la palpebra inferiore, le guancie ed il labbro superiore si sollevano in modo da diminuire l'apertura delle palpebre. A questo fine (poste le su accennate circostanze) chiesi a molte persone giovani e vecchie di guardare degli oggetti lontani; facendo credere ad essi che avevo il semplice scopo di provare la loro vista; tutti si comportarono come ho detto poc'anzi. Taluno giovossi ancora della mano per difendere l'occhio da un eccesso di luce. Gratiolet, dopo avere riferite alcune osservazioni del medesimo genere176, aggiunge: «Codesti sono atteggiamenti di difficile visione». Ei conclude che i muscoli peri-oculari si contraggono in parte per allontanare l'eccesso di luce (ciò che infatti sembra il punto di maggiore importanza), in parte per permettere di colpire la retina soltanto ai raggi che provengono direttamente dall'oggetto esaminato. Bowman, ch'io consultai in argomento, pensa che la contrazione di questi muscoli «può inoltre giovare più o meno ai movimenti sinergici degli occhi, dando loro un punto d'appoggio più fisso, mentre i muscoli dell'orbita mettono i globi in posizione adatta alla visione binoculare».

Siccome riguardare attentamente un oggetto lontano, anche di giorno, è cosa difficile e penosa; siccome questo sforzo fu accompagnato di solito, per innumerevole corso di generazioni, dalla contrazione dei sopraccigli, così tal contrazione dovette divenire inveterata. Nullameno la sua origine si rinviene in fenomeni di un ordine affatto diverso: noi la dobbiamo cercare nell'infanzia; essa ha dato un primo mezzo di protezione agli occhi durante le grida. Dal lato della condizione morale esiste certamente una grande analogia fra l'attento esame d'un oggetto lontano, una serie complicata di pensieri e l'esecuzione di qualche lavoro meccanico, minuzioso e difficile. L'idea che l'abitudine di contrarre le sopracciglia si continui anche quando non v'ha più bisogno di allontanare un eccesso di luce, è confermato dal caso su esposto, nel quale le sopracciglia e le palpebre sono messe in moto senza necessità, e solamente per ciò che codesti organi vennero messi in azione in analoghe circostanze e ad un utile scopo. Ad esempio, quando non vogliam vedere un oggetto, chiudiamo volontariamente gli occhi, e siam portati a chiuderli anche allora che rigettiamo una proposta, quasi non potessimo, volessimo vederla, o quando pensiamo a qualche cosa che ci mette orrore. Se vogliam guardare rapidamente tutt'attorno di noi, alziamo le sopracciglia, ed avviene spesse volte lo stesso sforzandoci di richiamare un pensiero; in allora operiamo come se il nostro sguardo potesse cercarlo e scoprirlo.

Distrazione, Meditazione. - Quando una persona è assorta nei suoi pensieri, collo spirito distratto, quando noi siamo, come talvolta si dice, «immersi in una tetra meditazione», le sopracciglia non ci si aggrottano, ma il nostro sguardo sembra vuoto; le palpebre inferiori in generale si elevano e si raggrinzano, come avviene in un individuo miope che si sforza di distinguere un oggetto lontano; nello stesso tempo la parte superiore dei muscoli orbicolari si contrae leggermente. L'increspamento delle palpebre inferiori in tali circostanze fu osservato in alcuni selvaggi: Dyson Lacy l'ha constatato negli Australiesi di Queensland, e Geach l'osservò spesse volte nei Malesi dell'interno di Malacca. Fino al d'oggi è impossibile determinarne la causa ed il significato: notiamo soltanto che si ha in ciò esempio novello d'un movimento dei muscoli peri-oculari avente un determinato rapporto con una speciale condizione dell'animo.

L'espressione vuota degli occhi è assai particolare; essa indica a un tratto che un uomo è assorto ne' suoi pensieri. Dietro mia inchiesta il professore Donders, colla consueta sua gentilezza, si compiacque d'instituire studi accurati su tale argomento; egli esaminò questa espressione in un certo numero di persone, e sottomise se stesso alle osservazioni del prof. Engelmann. Sembra che in allora gli occhi, a vece di fissarsi sovra un oggetto lontano, come avevo creduto, non guardano alcun punto preciso. Spesso ancora gli assi visuali dei due globi si fanno un po' divergenti; posta la testa verticalmente ed il piano della visione orizzontale, questa divergenza può raggiungere un angolo massimo di . A ciò si venne osservando la immagine doppia e incrociata di un oggetto lontano. Nasce di spesso che, quando un uomo è assorto in pensieri, la testa gli s'inchina sul petto, causa il generale rilassamento dei muscoli; in questo caso, se il piano visuale resta ancora orizzontale, gli occhi sono necessariamente volti un po' in su, ed allora la divergenza arriva a o ,5'; se l'elevazione degli occhi è anche più notevole, la divergenza oscilla da a . Il professore Donders attribuisce questa divergenza al quasi completo rilassamento di alcuni fra i muscoli degli occhi, il quale risulterebbe dall'eccessivo travaglio dell'animo177. Infatti, quando agiscono i muscoli dell'occhio, i globi sono convergenti. Il professore Donders, a proposito della loro divergenza nel caso presente, fa osservare che un occhio cieco dopo breve tempo devia sempre all'infuori; infatti i muscoli che di solito servono a ricondurre il globo all'indentro per permettere la visione binoculare, non vengono più messi in azione.

Quando riflettiamo e siamo perplessi, compiamo per solito certi movimenti, certi gesti. È così, per esempio, che si porta la mano alla fronte, o alla bocca, o al mento. Per lo incontro, non ho mai osservato niente d'analogo in chi sta semplicemente immerso in una profonda meditazione, senza dar di cozzo a veruna difficoltà. Plauto, descrivendo in una commedia178 un uomo imbarazzato, dice: «Guardatelo , col mento poggiato sovra la mano». E questo medesimo gesto, che in apparenza è sì futile, sì poco espressivo, questo portar la mano al viso, fu riscontrato in certi selvaggi. J. Mansel Weale l'osservò nei Cafri del sud dell'Africa, ed il capo indigeno Gaika narra che «in codeste circostanze si tirano qualche volta la barba». Washington Matthews, che studiò alcune fra le più selvaggie tribù indiane delle regioni occidentali degli Stati Uniti, dice d'aver visti questi Indiani, «mentre erano assorti in pensieri, a metter la mano, e più di solito il pollice e l'indice, a contatto con qualche parte del viso, e sopratutto col labbro superiore». Se si riesce a comprendere per quale ragione chi è travagliato da qualche serio pensiero si comprima o si strofini la fronte, egli è assai meno facile spiegare perchè si porti la mano alla bocca ed al volto.

Cattivo umore. - Vedemmo che, quando si incontra qualche difficoltà, o quando sopravviene un pensiero, una sensazione sgradevole, si aggrottano le sopracciglia: una persona la quale vada spesso soggetta ad impressioni di questo genere e vi s'abbandoni facilmente, sarà predisposta a mostrarsi di cattivo umore, irritabile e scortese, e manifesterà un tale stato dell'animo con un continuo aggrottare di sopracciglia. Tuttavia la sgradita espressione che consegue da questo increspamento può venir neutralizzata dalla dolce espressione d'una bocca sempre sorridente e da uno sguardo gaio e brillante. Così è parimente se l'occhio è risoluto e sereno, la fisionomia seria e meditabonda. L'aggrottamento delle sopracciglia, accompagnato dalla depressione degli angoli della bocca, segno caratteristico di affanno, una stravagante apparenza. Quando un fanciullo, piangendo (vedi la Tavola IV, fig. 2)179, corruga energicamente le sopracciglia, senza vivamente contrarre, come di consueto, i muscoli orbicolari, la faccia di lui assume una marcata espressione di collera ed anche di rabbia, mista a dolore.

Allorchè il sopracciglio si aggrotta e nello stesso tempo si abbassa di molto, causa la contrazione dei muscoli piramidali del naso, - il che produce alcune rughe o pliche trasversali alla base di quest'organo, - la fisonomia esprime umore tetro. Il dottore Duchenne ritiene che la contrazione di tali muscoli dia una netta espressione di durezza180, quando non è accompagnata dall'aggrottare dei sopraccigli. Io però dubito assai che la sia codesta una vera o naturale espressione. Mostrai ad alcune persone (fra cui alcuni artisti) una fotografia del sig. Duchenne, che rappresentava un giovinotto nel quale i piramidali erano vivamente contratti per azione dell'elettricità; nessuno seppe rendersi conto di ciò che quella espressione significasse, eccettuata una ragazza che vi scoperse con giustezza una «riserva arcigna». Quando io stesso vidi la prima volta quella fotografia, sapendo ciò ch'esprimeva, credo che la mia fantasia v'abbia aggiunto quel che mancava, le pliche, cioè, della fronte, ed allora l'espressione mi parve vera ed estremamente stizzosa.

Labbra serrate e sopracciglia abbassate e corrugate dànno alla fisonomia un che di risolutezza e possono renderla anche ostinata e stizzosa. Perchè l'increspamento della bocca impartisce questa espressione di pertinacia? Discuteremo fra poco codesta quistione. L'espressione dell'ostinazione affannata fu distintissimamente riconosciuta dai miei corrispondenti nei naturali delle sei diverse regioni dell'Australia. Secondo il sig. Scott, ell'è molto spiccata negl'Indù. La si rinvenne nei Malesi, nei Cinesi, nei Cafri, negli Abissini; il dottor Rothrock la constatò ad un grado notevole nei selvaggi dell'America del Nord, il sig. D. Forbes negli Aymaras di Bolivia. Io pure l'osservai negli Araucani del Chilì meridionale. Dyson Lacy ebbe a notare che gl'indigeni Australiesi, sotto l'influenza di questa disposizione morale, incrociano tal fiata le braccia sul petto, atteggiamento che qualche volta si vede anche presso di noi. Una ferma risoluzione, la quale giunga alla caponaggine, si esprime pure in certi casi alzando continuamente le spalle, gesto di cui spiegheremo il significato nel seguente capitolo.

I fanciulli manifestano il malumore brontolando o, come si dice, facendo il viso duro181. Quando gli angoli della bocca sono molto abbassati, il labbro inferiore si rovescia e sporge alquanto: ciò s'appella parimente una smorfia. Ma la varietà di smorfie a cui facciamo qui allusione consiste nello avanzamento di entrambe le labbra a foggia di tubo, avanzamento che talvolta le fa giungere a livello della punta del naso, posto sempre che questo sia corto. Le smorfie sono di solito accompagnate da un increspamento dei sopraccigli, e talvolta dall'emissione di un rumore particolare. Codesta espressione è notevole per ciò ch'ella, a quant'io so, è quasi la sola che (almeno negli Europei) si manifesta più nettamente nell'infanzia che non nell'età matura. Tuttavia in tutte le razze, gli adulti, in preda a gran collera, hanno qualche tendenza a sporgere le labbra. Alcuni fanciulli fanno il cattivo viso per timidezza, ma allora non si può dire che fanno il broncio.

In base alle informazioni che mi son procurate da varie famiglie assai numerose, non par che le smorfie sieno molto comuni nei fanciulli europei; ma esistono in tutti, e probabilmente sono assai diffuse e spiccate nella maggior parte delle razze selvaggie, perocchè molti osservatori ne furono sorpresi. Le si constatarono in otto diversi distretti dell'Australia, e la persona che mi fornì queste informazioni dicevami d'essere stato colpito dall'allungamento onde in tali occasioni sono suscettibili le labbra dei fanciulli. Due osservatori trovarono le smorfie infantili negli Indù; tre nei Cafri, nei Fingi del sud dell'Africa e negli Ottentoti; due negli Indiani selvaggi dell'America settentrionale. Furono pure osservate nei Cinesi, negli Abissini, nei Malesi di Malacca, nei Dyak di Borneo, e spesse volte negl'indigeni della Nuova Zelanda. Il sig. Mansel Weale mi apprende d'aver visto un allungamento pronunziatissimo delle labbra nei Cafri, quand'erano di cattivo umore, non pur sui fanciulli, ma ancor sugli adulti d'entrambi i sessi. Il signor Stack fe' qualche volta la medesima osservazione negli uomini, e assai frequente nelle donne della Nuova Zelanda. Per ultimo, anche nell'adulto europeo si riconoscono tal fiata traccie di questa stessa espressione.

Per lo che si vede che l'allungamento delle labbra, particolarmente nel fanciullo, è un segno caratteristico del malumore, presso quasi tutte le razze umane. E' pare che questo movimento risulti dall'essersi conservata un'antica abitudine, specialmente nella gioventù, o da un momentaneo regresso verso la medesima. Come abbiam già veduto, i giovani orangotani ed i giovani chimpanzè, quando sono scontenti, leggermente irritati o di umore cattivo, allungano oltremodo le labbra; e le allungano pure, quando provino una viva sorpresa, un po' di paura ed una lieve soddisfazione. Allora essi sporgono il labbro, certo allo scopo di emettere i diversi suoni propri a questi diversi stati dell'animo. Come già dissi, la forma della bocca nel chimpanzè varia leggermente, sia che si tratti di grida di piacere, sia di collera. Appena questi animali montano in furore, la forma della bocca cangia del tutto ed i denti vengono messi allo scoperto. Pare che, quando l'orango adulto è ferito, «mandi un grido speciale, che incomincia acuto e finisce in un sordo muggito; mentre emette le note elevate, sporge le labbra a foggia d'imbuto, ma, quando giunge alle gravi, tiene spalancata la bocca»182. Sembra che il labbro inferiore del gorilla possa allungarsi moltissimo. Se noi ammettiamo che i nostri antenati, uomini a mezzo, quand'erano stizziti o alquanto irritati, sporgessero le labbra, come ora fanno le scimie antropomorfe, riesce un fatto interessante, ma non anomalo, che i nostri fanciulli, sotto l'influenza di analoghe impressioni, ci presentano traccie della stessa espressione e tendono insieme ad emettere alcuni suoni. Ed invero gli animali nella giovane età mantengono spesso in un modo più o meno perfetto (per perderli poi) certi caratteri, propri in origine ai loro antenati adulti e che si trovano ancora in altre specie distinte, loro vicini parenti.

Ed è pur naturale che i fanciulli selvaggi, a paragone di quelli europei, manifestino, quando sono stizziti, una più viva tendenza a sporger le labbra; imperocchè la caratteristica della condizione selvaggia sembra appunto risiedere in questa conservazione d'uno stato primitivo, conservazione che talora si fa pur palese nelle qualità fisiche183. Nullameno, a codesta foggia di vedere intorno l'origine delle smorfie, potrebbesi opporre che le scimie antropomorfe allungano parimente le labbra sotto l'influenza dello stupore ed anche d'un leggiero contento; in noi, per lo incontro, questa espressione apparisce soltanto allora che siamo di cattivo umore. Ma in uno dei susseguenti capitoli vedremo che in certe razze umane la sorpresa produce talora un lieve avanzamento delle labbra; peraltro una viva sorpresa, un profondo stupore si palesano più di sovente collo spalancar della bocca. Del resto, siccome, ridendo o sorridendo, tiriamo indietro gli angoli della bocca, così noi dovemmo perdere ogni tendenza a sporger le labbra sotto l'influenza del piacere, pur supponendo che i nostri antichi progenitori abbiano veramente espresso in siffatta maniera il loro contento.

E qui dev'esser fatta menzione d'un altro piccolo movimento che s'osserva nei fanciulli stizziti, e cioè l'alzare una delle spalle. Questo gesto ha un significato diverso da quello che consiste nell'alzare ambedue le spalle. Un fanciullo, di cattivo umore, seduto sulle ginocchia del padre o della mamma, alza la spalla ch'è più vicina a chi lo porta, poi con atto brusco la ritira, quasi a sottrarsi da una carezza, e quindi una scossa all'indietro, come per respingere qualcuno. Io vidi un fanciullo, il quale, sebbene alquanto lontano da ogni persona, espresse nettamente i suoi sentimenti alzando una spalla, imprimendole poscia un leggiero movimento all'indietro, ed infine tutta scotendo la sua personcina.

Risolutezza o determinatezza. - L'energico serrar della bocca tende a dare alla fisonomia un'espressione di risoluzione o di determinazione. Probabilmente non s'è mai visto un uomo di carattere risoluto tener la bocca aperta. In generale si considera pur come indizio di fiacchezza morale una mascella inferiore piccola e debole, onde sembra che la bocca non sia d'ordinario ben chiusa. Uno sforzo prolungato, di qualsivoglia natura, fisico od intellettuale, implica una precedente determinazione; ora, s'egli è dimostrato che prima e durante un violento e continuato esercizio del sistema muscolare si chiude forte la bocca, il principio dell'associazione fa prevedere quasi certo ch'esso si chiuderà parimente quando prendesi un'energica risoluzione. Molti osservatori notarono infatti che quando un uomo imprende qualche esercizio muscolare violento, comincia sempre col gonfiar d'aria i polmoni, che poscia comprime contraendo vigorosamente i muscoli toracici e tenendo perfettamente chiusa la bocca. Inoltre, anche quando quest'uomo è costretto a riprendere fiato, tien dilatato il petto, più ch'è possibile.

A codesto modo d'agire si attribuirono parecchie interpretazioni. Sir C. Bell sostiene184 che, in tali circostanze, gonfiasi il petto e lo si mantiene disteso, per fornire uno stabile punto d'appoggio ai muscoli che vi s'inseriscono. Donde, egli aggiunge, consegue che, quando due uomini sono impegnati in disperata lotta, regna fra loro un terribile silenzio, solo interrotto dal respiro soffocato e penoso. Questo silenzio dipende da ciò che l'espulsione dell'aria per emetter dei suoni indebolirebbe il punto d'appoggio dei muscoli delle braccia. Che se la lotta avvien fra le tenebre, e si ode un grido, quel grido ne avverte che l'uno dei rivali non ha più speranza di vincere.

Secondo Gratiolet185, un uomo che voglia lottare all'ultimo sangue contro un altr'uomo, o che dee sostenere un pesante fardello, od anche mantenere per lungo tratto di tempo un atteggiamento penoso, deve bensì far dapprima una forte ispirazione, e poi lasciar di respirare; ma nullameno quest'autore ritiene come erronea la spiegazione di Bell. Egli sostiene (cosa alla quale, a mio credere, è impossibile mettere dubbio) che arrestare il respiro è ritardare la circolazione del sangue, e qui chiama in aiuto curiosissime prove, tratte dalla struttura degli animali inferiori, per dimostrare, primieramente, che, onde prolungare lo sforzo muscolare, è necessario ritardare la circolazione, in secondo luogo, che senza un rapido circolo non avvengono rapidi movimenti. Quindi, quando noi ci disponiamo ad eseguire un grande sforzo, chiudiamo la bocca e cessiamo dal respirare, per ritardare la circolazione del sangue. Gratiolet riassume la quistione dicendo: «Ecco la vera teoria dello sforzo prolungato»; peraltro non so sino a qual punto venga ammessa questa teoria dagli altri fisiologi.

Il dott. Piderit186, per ispiegare onde avvenga che durante un energico sforzo muscolare si chiude perfettamente la bocca, ricorse alla seguente teoria: l'influenza della volontà non si estende soltanto a que' muscoli che sono necessariamente messi in azione da un particolare sforzo qualunque; è dunque naturale che i muscoli i quali servono alla respirazione, e quei della bocca, che vengono usati tanto di spesso, sieno più specialmente soggetti a questa influenza. Mi sembra che in ciò siavi pur qualche cosa di vero, imperocchè, compiendo un violento esercizio, ci sentiamo inclinati a chiudere i denti con forza, il che non serve ad impedire la circolazione, mentre i muscoli del petto sono vivamente contratti.

Per ultimo, un uomo chiude generalmente la bocca e cessa un istante di respirare, anche quando si accinge a un lavoro, delicato e difficile sì, ma che non richiede alcuno sforzo. In questo caso peraltro egli agisce così, solamente perchè i movimenti del petto non gl'inceppino quei delle braccia. Per questa ragione, ad esempio, una persona che infili un ago stringe le labbra, ed anche sospende il respiro o respira lievissimamente. Come abbiamo già detto, la stessa osservazione fu fatta sopra un giovane chimpanzè malato, mentre dilettavasi ad uccidere le mosche che ronzavano sui vetri della finestra. Un atto, quando è difficile, sia pure insignificante, richiede sempre fino a un certo punto un'antecedente determinazione.

Egli è probabile che le diverse cause su accennate abbiano potuto venir messe in giuoco in differente grado, sia complessivamente, sia separatamente, in diverse occasioni. Ne dovette seguire un'inveterata abitudine, oggi definitivamente ereditaria, di chiudere strettamente la bocca prima e durante ogni sforzo prolungato e violento, prima e durante ogni delicato lavoro. In virtù del principio di associazione, non appena lo spirito abbia preso una risoluzione relativa a qualche atto speciale, a qualche via da tenere, deve esister puranco una spiccata tendenza a riprodurre quell'abitudine, tendenza che può manifestarsi prima che sia necessario ogni sforzo fisico, e pur allorquando non ve ne sarebbe bisogno veruno. Così l'abituale ed energico serrar della bocca giunse sino ad esprimere la risolutezza del carattere, ed è noto quanto facilmente la risolutezza degeneri in ostinazione.

 






172 Anatomy of Expression, p. 137-139. Non è a stupire se i sopraccigliari assunsero maggior sviluppo nell'uomo che non nelle scimie antropomorfe, imperocchè l'uomo li mette in moto continuamente e nelle più svariate circostanze, ond'essi ebbero a fortificarsi per l'uso, e questo carattere dovette trasmettersi per eredità. Vedemmo l'importanza del loro uffizio, in uno a quello dei muscoli orbicolari, proteggendo gli occhi contro i pericoli di un afflusso sanguigno troppo notevole durante violente espirazioni. Quando si chiudono gli occhi con ogni possibile forza e prestezza, per esempio a schivare una percossa, si contraggono le sopracciglia. Nei selvaggi ed in generale presso gli uomini che stanno abitualmente a testa scoperta, le sopracciglia sono sempre abbassate e contratte per riparare gli occhi da troppo vivida luce; questo movimento, in parte effettuato dai sopraccigliari, dovette riescire specialmente utile ai primi antenati dell'uomo, allorchè cominciarono ad assumere la stazione eretta. Recentemente il prof. DONDERS espose l'opinione che i sopraccigliari giovino a spingere il globo dell'occhio in avanti per la visione degli oggetti vicini (Arch. of Medic., ed. da L. BEALE, 1870, vol. V, p. 34).



173 Mécanisme de la Physionomie Humaine. Album, leggenda III.



174 Mimik und Physiognomik, p. 46.



175 History of the Abipones, trad. ingl., vol. II, p, 59, citata da LUBBOCK, Origin of Civilization, 1870, p. 355.



176 De la Physionomie, p. 15, 144, 146. - HERBERT SPENCER attribuisce l'increspamento dei sopraccigli esclusivamente all'abitudine di contrarli, onde far ombra agli occhi e proteggerli contro una troppo vivida luce. Vedi Principles of Psychology, seconda ediz., 1872, p. 546.



177 GRATIOLET osserva (De la Physionomie, p. 55) che: «quando fissa l'attenzione su qualche immagine ideale, l'occhio vaga nel vuoto e s'associa automaticamente alla contemplazione dell'animo». A vero dire, è già molto se a questa osservazione si il nome di schiarimento.



178 Miles Gloriosus, atto II, scena seconda.



179 La fotografia originale del sig. Kindermann è molto più espressiva di questa copia, perocchè si distinguono assai meglio le pieghe della fronte.



180 Mécanisme de la Physionomie humaine. Album, leggenda IV, fig. 16-18.



181 HENSLEIGH WEDGWOOD in The origin of Language, 1866, p. 78.



182 MÜLLER, citato da HUXLEY, Man's Place in Nature, 1863, p. 38.



183 Ne ho dato molti esempi nella mia Origine dell'Uomo (vol. I, cap. IV).



184 Anatomy of Expression, p. 190.



185 De la Physionomie, p. 118-121.



186 Mimik und Physiognomik, p. 79.



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