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CAPITOLO X.
Odio. - Furore, suoi effetti sul fisico. - Atto di scoprire i denti. - Furore degli alienati. - Collera e sdegno. - Loro espressione nelle varie razze umane. - Derisione e disfida. - Atto di scoprire il dente canino da una parte sola.
Se un individuo ci ha fatto volontariamente un torto, se ci ha offesi in qualsivoglia maniera, o se crediamo ch'egli abbia ostili intenzioni a nostro riguardo, nutriamo per lui avversione, che facilmente degenera in odio. Questi sentimenti, provati in debole grado, non hanno alcun particolare movimento che li esprima nettamente, toltone forse una certa rigidezza nell'atteggiamento od un poco di malumore. Nullameno pochissimi sanno fermare a lungo il pensiero sopra una persona odiata, senza provare e lasciarsi sfuggire segni d'indignazione o di rabbia. Che se però l'offensore ci sta molto al di sotto, null'altro sentiamo che sdegno e disprezzo. Se l'offensore, all'incontro, è molto potente, il nostro odio si trasforma in terrore; prova terrore uno schiavo pensando a un padrone crudele, o un selvaggio rammentando una divinità malefica e sanguinaria187. La maggior parte delle nostre sensazioni è così strettamente legata alla loro espressione, che nessuna di esse può esistere fin che il corpo sta inerte, poichè la natura della espressione dipende principalmente dalla natura degli atti che di solito si producono in questo o in quello stato speciale dell'animo. Per esempio, un uomo può sapere benissimo che la sua vita è esposta al maggiore dei pericoli e desiderare ardentemente di salvarla, eppure può dire, come Luigi XVI attorniato da un popolaccio furioso: «Credete ch'io abbia paura? Tastate il mio polso». Così ancora, un uomo può odiare con tutta la forza un altro uomo, senza che si abbia a supporre il furore che l'accende, sino a che questo non viene palesato dal corpo.
Furore. - Ebbi di già occasione di parlare intorno a questo sentimento nel capitolo III, quando mostrai la diretta influenza del sensorio sulla economia, combinata con gli effetti di atti ordinariamente associati. Il furore si palesa nelle più varie maniere. Il cuore e la circolazione sono sempre impressionati; il volto viene rosso o purpureo, e le vene della fronte e del collo si gonfiano. Il rossore della pelle fu osservato negli Indiani rossi dell'America del Sud188, ed anche, pare, sulle cicatrici bianche lasciate nella pelle dei negri da antiche ferite189. Anche le scimie arrossiscono di collera. Ho più volte osservato in un mio figliuoletto, a meno di quattro mesi, che l'afflusso del sangue che faceva rossa la sua calva testina, era il primo indizio di un accesso di collera. Talvolta invece il furore inceppa le funzioni del cuore così, da rendere il volto pallido o livido190, e bene di spesso si videro malati di cuore cascar morti sotto il peso di questa potente emozione.
La stessa respirazione ne è presa di mezzo: il petto si solleva e le narici si dilatano e fremono191. Tennyson disse: «Il soffio violento della collera gonfiava le sue narici di fata». Da ciò le espressioni: respirare la vendetta, e fumare di collera192.
L'eccitazione del cervello invigorisce i muscoli e nello stesso tempo rafferma la volontà. D'ordinario il corpo sta ritto, pronto a reagire; qualche volta peraltro si piega verso l'aggressore e le membra sono più o meno tese. Di solito la bocca, perfettamente chiusa, esprime una determinazione già presa, ed i denti o stanno stretti o battono gli uni contro gli altri. Spesse volte si alzano le braccia e si stringono i pugni, quasi a colpire l'aggressore. Al colmo dell'irritazione, ed intimando a qualcuno di uscire, è assai raro il caso che non si faccia il moto di batterlo o di cacciarlo fuori a violenza. Ben più; questo desìo di colpire è spesso potente così, che si percuotono o si gettano a terra corpi inanimati; del resto, le movenze diventano il più delle volte disordinate e frenetiche. Quando i fanciulli sono infuriati, si rotolano per terra, gridando, pestando i piedi, graffiando e percuotendo tutto quello che viene loro alle mani. Dalle informazioni di Scott risulta che i fanciulli Indù fanno lo stesso, e noi abbiamo visto che le scimie antropomorfe non si regolano in modo diverso.
Tuttavia il sistema muscolare può venire impressionato in maniera del tutto contraria; infatti, la conseguenza di un eccessivo furore è spesse volte il fremito. Allora le labbra, paralizzate, non rispondono più agli ordini della volontà, «e la voce s'arresta alla strozza»193; altre volte essa si fa più vigorosa e rauca e stuonata; e se si parla molto e con volubilità, la bocca si riempie di schiuma. Talora i capelli si rizzano; ma su questo punto tornerò in un altro capitolo, parlando del sentimento misto, composto di collera e di terrore. Nella maggior parte dei casi, si determina un pronunciatissimo increspamento dei sopraccigli, segno caratteristico della preoccupazione della mente, in faccia a qualche fastidio o a qualche ostacolo. Talvolta, all'incontro, la pelle del fronte, in luogo di venire contratta ed abbassata, si mantiene liscia, e gli occhi, scintillanti, stanno spalancati. Gli occhi brillano sempre, e, seguendo l'espressione di Omero, sono pieni di fiamme. In certi casi si veggono iniettati di sangue, e schizzano, come si dice, dalle orbite: conseguenza evidente dell'assoluta congestione cerebrale, congestione, del resto, manifestata dalla dilatazione delle vene. Secondo Gratiolet194, nei furiosi le pupille sono sempre contratte; il dottor Crichton Browne mi ha detto che altrettanto si avvera nel delirio violento della meningite: bisogna confessare peraltro, che i moti dell'iride sotto l'influenza dei vari sentimenti sono ancora assai poco conosciuti.
Shakespeare riassume così i caratteri principali del furore:
Nulla più l'uomo nella pace adorna
Dell'umiltà, della modesta calma.
Ma se di guerra vi sorprende l'ora,
Diventate del tigre imitatori.
Dure le membra, il sangue suscitato,
All'occhio date il più feroce aspetto,
Stringete i denti ed ampie fian le nari,
Raffrenate il respiro, ed all'estremo
Sian gli spirti vital sospinti, o Inglesi.
Sotto l'influenza del furore, talvolta si protendono le labbra; nè io so spiegarmi lo scopo di questo movimento, a meno che non si debba la nostra origine ad una qualche forma scimiesca. Se ne osservarono degli esempi non solo presso gli Europei, ma ben anco negli Australiesi e negli Indù. Più di spesso, peraltro, le labbra sono ritirate e lasciano allo scoperto i denti, stretti. È questa l'osservazione generale di tutti gli autori che scrissero sulla espressione195. Pare che i denti vengano messi a nudo per essere pronti ad assalire ed a stracciare l'avversario, anche se non v'ha alcuna intenzione di questo genere. Dyson Lacy osservò questa minacciosa espressione negli Australiesi, quando sono in alterco, e Gaika nei Cafri del Sud dell'Africa. Carlo Dickens196, narrando l'arresto di un bandito, descrive il popolaccio furioso che l'attorniava, «precipitandosi, digrignando i denti e mandando urli da bestie feroci». Tutti coloro che avvicinano dei bambini, sanno quanta disposizione abbiano a mordere, allorchè sono in collera. In essi, quest'atto è naturalissimo, e pare istintivo, quasi come nei giovani coccodrilli, che fanno crocchiare le loro piccole mascelle, appena usciti dall'uovo.
Qualche volta si vede che l'avanzamento delle labbra è accompagnato da un riso di minaccia. Un buon osservatore narra di aver potuto studiare l'odio (che quasi si confonde col furore più o meno dissimulato) sugli Orientali, ed una volta, sopra una donna inglese, alquanto avanzata in età. In tutti questi casi, si riscontrava «non un aggrottamento di sopracciglia, ma un riso minaccioso; le labbra sporgevano, le guancie erano rilassate, semichiusi gli occhi; la fronte perfettamente calma ed immobile»197.
Questo movimento che ritira le labbra e discopre i denti, negli accessi di furore, come per mordere un avversario, è molto notevole, avuto riguardo alla rarità dei casi nei quali, presso la specie umana, i denti sono impiegati alla lotta. Mi sono anche indirizzato al dottor G. Crichton Browne, per sapere se questa abitudine fosse comune agli alienati, che s'abbandonano senza ritegno alla foga della collera. Ei mi scrive d'averla realmente osservata a varie riprese negli alienati e negli idioti, e me ne cita i seguenti esempi
Pochi momenti prima di ricevere la mia lettera, egli era stato testimonio di un accesso di collera sfrenata e di mal fondata gelosia, in una donna pazza. Questa, colla schiuma alla bocca, cominciò dall'aggravare di rimprocci il marito; poi gli si avvicinò, colle labbra strette e le sopracciglia energicamente contratte. Infine ritrasse le labbra, sopratutto le estremità laterali del superiore, e mostrò i denti, scagliando un vigoroso pugno. Secondo esempio: un vecchio soldato, invitato a sottomettersi alle regole dello stabilimento, si disgusta e ne viene furioso. Per solito, ei comincia col domandare al dottor Browne se non sia cosa vergognosa trattarlo così. Allora si mette a giurare ed a bestemmiare, cammina a lunghi passi, si sbraccia a destra ed a manca, e scaglia invettive a tutti quelli che l'attorniano. Infine, giunto al colmo della esasperazione, si precipita sul dottor Browne con un movimento obliquo particolare, facendo crocchiare le mascelle e proferendo minaccie di morte. A questo punto può vedersi che il suo labbro superiore è sollevato, specialmente verso alle estremità, onde vengono messi a nudo i suoi enormi canini. Egli grida maledizioni coi denti stretti, e tutto l'assieme della sua espressione riveste un'estrema ferocia. La stessa descrizione può servire anche per un terzo individuo, eccettuato, peraltro, che questi quasi sempre schiuma e sputacchia, tutto abbandonandosi agli scambietti ed ai salti più strani, ed imprecando con una voce di falsetto acutissima.
Il dottor Browne mi comunica ancora l'osservazione di un idiota epilettico, incapace di ragionati movimenti, e che passa di solito tutto intero il giorno trastullandosi con dei balocchi; nullameno è di umore fastidioso e diventa facilmente intrattabile. Se qualcuno gli tocca un giocattolo, leva adagio adagio la testa, che d'ordinario tiene abbassata, e fissa gli occhi sull'importuno con sguardo arcigno ed irritato. Se poi lo si contraria ripetutamente, ritira le sue grosse labbra, e denuda una fila sporgente di ributtanti dentacci, fra' quali si distinguono sopratutto i canini; poscia colla mano aperta colpisce con rapidità e violenza colui che l'annoia. La rapidità di questo gesto, dice il dottore Browne, contrasta meravigliosamente col torpore ordinario di lui, tale ch'ei mette di solito quindici secondi a volgere la testa da una parte all'altra, quando la sua attenzione è risvegliata da qualche rumore. Allorchè trovasi in questo stato di esasperazione, se un oggetto qualunque, un fazzoletto, un libro, gli cade fra mano, lo porta alla bocca e lo morde. Nicol mi fece un'analoga descrizione, risguardante due alienati, le labbra dei quali si ritraevano anche negli accessi di furore.
Il dottor Maudsley, dopo aver riferiti parecchi atti che ravvicinano l'idiota al bruto, si domanda se non faccia d'uopo vedervi il ritorno di primitivi istinti, «un'eco affievolita di un remoto passato, che manifesta una parentela onde l'uomo si è quasi liberato del tutto». Ei rammenta che il cervello umano, nel corso del suo sviluppo, passa traverso vari stati, identici a quelli offerti dagli altri vertebrati; e siccome la condizione del cervello dell'idiota rappresenta uno sviluppo arrestato, è lecito supporre «che debba compiere la stessa funzione che aveva in origine, in luogo dell'ufficio più elevato del cervello dell'uomo sano». Secondo il dottore Maudsley, può dirsi altrettanto circa lo stato in cui sono ridotte le funzioni cerebrali di certi alienati. «Donde vengono in essi, ei si domanda, il grugnito selvaggio, la brama di distruggere, gli osceni discorsi, gli urli feroci, le abitudini di violenza? Come mai un essere umano, per ciò solo che manca della ragione, assumerebbe un carattere tanto brutale, se in lui non esistesse realmente una natura di bruto?»198. Ei pare che tale quistione debba risolversi affermativamente.
Collera e sdegno. - Queste condizioni dell'animo differiscono dal furore solo per il grado, nè havvi distinzione spiccata fra i gesti che li caratterizzano. Sotto l'impero di una collera moderata, l'azione del cuore si sovreccita leggermente; si colora la faccia e brillano gli occhi. Anche la respirazione è alquanto più celere, e siccome tutti i muscoli che servono a quest'ufficio agiscono assieme, le ali del naso si sollevano un poco, in modo da lasciare libero accesso all'aria, segno assai caratteristico della indignazione. Il più delle volte la bocca è chiusa, e le sopracciglia sempre contratte. Nessun gesto frenetico come nell'estremo furore; soltanto, l'uomo in preda allo sdegno si colloca, senz'averne coscienza, in un atteggiamento adatto per assalire o battere il nemico, che squadra talvolta, dal capo alle piante con aria di sfida. Alta la testa, il petto sollevato, ed i piedi premono fortemente il suolo. Le braccia assumono posizioni diverse: ora stanno tese lungo il corpo ed immobili, ora l'uno dei gomiti o entrambi sono piegati. Negli Europei spesse volte si vede che si stringono i pugni199. Le figure 1 e 2 della Tavola VI rappresentano assai bene uomini che fingono lo sdegno. Ciascuno può fare la seguente esperienza: si collochi davanti uno specchio, immagini di venir insultato, e, risentito, ne chieda soddisfazione; bentosto egli assumerà, senza pur rendersene conto, un atteggiamento simile a quello or ora descritto.
Il furore, la collera e lo sdegno si esprimono dovunque quasi nella stessa maniera; le descrizioni che seguono gioveranno a dimostrarlo e ad appoggiar con esempi le precedenti osservazioni. Ci ha peraltro una eccezione, relativa all'atto di stringere i pugni, e che sembra speciale a coloro che lottano usando di questi. Negli Australiesi, ad esempio, uno solo dei miei corrispondenti lo potè osservare. Tutti, del resto, concordano a dire che il corpo è mantenuto diritto, e tutti ancora, due soli eccettuati, constatano il pronunciato aggrottamento dei sopraccigli. Alcuni fanno menzione delle labbra totalmente chiuse, delle narici dilatate, dello sguardo lampeggiante. Secondo il rev. sig. Taplin, gli Australiesi esprimono il furore sporgendo le labbra e tenendo spalancati gli occhi; le donne corrono per tutte le bande e gettano polvere in aria. Un altro osservatore dice che gl'indigeni, quando sono infuriati, scaglian le braccia a destra ed a manca.
Quanto ai Malesi della penisola di Malacca, agli Abissini ed ai naturali del Sud dell'Africa, io raccolsi identici fatti, salvo per quello che si riferisce ai pugni. Posso citare eziandio gl'Indiani Dakota dell'America del Nord; secondo il signor Matthews, essi tengono la testa diritta, le sopracciglia aggrottate, e camminano sovente a gran passi. Il sig. Bridges notò che gli abitanti della Terra del Fuoco, sotto l'influenza del furore, spesse volte pestano la terra coi piedi, giran qua e là, e talora piangono e impallidiscono. Il rev. sig. Stack osservò un uomo e una donna della Nuova Zelanda, mentre altercavano, e raccolse nel suo portafoglio le note seguenti: «Occhio spalancato, corpo violentemente portato indietro ed innanzi, testa inclinata in avanti, pugni stretti, ora spinti dietro le spalle, ora messi a vicenda sotto il naso». Il sig. Swinhoe dice che la mia descrizione concorda colle sue osservazioni sopra i Cinesi; bisogna peraltro aggiungere la circostanza che un uomo in collera d'ordinario si piega verso l'avversario e lo tempesta d'ingiurie.
Ultimamente il sig J. Scott m'inviò una particolareggiata descrizione degli atti e delle espressioni degl'indigeni Indiani, quando sono infuriati. Due Bengalesi di bassa sfera altercavano per un prestito. In sulle prime, calma; ma ben tosto divennero furiosi e si scambiarono le più grossolane ingiurie, a carico degli amici e dei loro parenti, anche molto lontani. Gestivano assai diversamente dagli Europei: in fatti, benchè avessero il petto dilatato e rialzate le spalle, teneano rigidamente piegate le braccia ed i gomiti in dentro, aprivano e chiudevano successivamente le mani ed alzavano e abbassavano a varie riprese le spalle. I loro sguardi erano sguardi di belva e adombravano le sopracciglia abbassate e vivamente aggrottate; le loro labbra sporgeano e fortemente stringeansi. Si fecero l'un l'altro vicini, la testa ed il collo in avanti, e cominciarono a dimenarsi, a graffiarsi, a scuotersi. Questo atteggiamento della testa e del corpo sembra esser comune alle genti furiose: io lo notai in Inghilterra nelle femmine dell'infima classe, quando altercavano in mezzo alla via. In tal caso possiamo supporre che nessuno dei due avversari aspetta di venir assalito dall'altro.
Un Bengalese, impiegato al Giardino botanico, era accusato dal sorvegliante indigeno, in presenza di Scott, d'aver involata una pianta rara. Egli ascoltò l'accusa senza proferire parola e con disprezzo, tenendo il corpo eretto, il petto dilatato, la bocca chiusa, sporte le labbra, il guardo fisso e penetrante. Poscia, colle braccia rialzate e chiuse le mani, la testa sporta in avanti, gli occhi spalancati e le sopracciglia elevate, protestò arditamente la propria innocenza. Il signor Scott osservò pure due Mechis a Sikhim, mentre contendeano per la ripartizione del soldo. Montarono ben presto in violento furore, e a questo punto curvarono alquanto il corpo e piegarono la testa in avanti. Si faceano visacci, avean rialzate le spalle, le braccia rigidamente piegate coi gomiti in dentro, le mani strette convulsivamente, senza peraltro stringere proprio i pugni. Avanzavano e retrocedean di continuo, e spesso levavano le braccia come per iscagliare dei colpi, ma in allora tenevano aperta la mano e non colpivano. Scott fece analoghe osservazioni sopra i Lepchas, ch'ei vide spesse volte in disputa, e notò che teneano le braccia rigide e stese lungo il corpo, quasi parallelamente, mentre le mani erano portate alquanto indietro del dorso e chiuse a metà, ma senza che i pugni fossero stretti.
Sogghigno, aria di sfida, azione di scoprire il dente canino d'un lato. - L'espressione che ora passiamo a trattare differisce pochissimo dalle descritte, nelle quali le labbra sono ritratte, ed i denti, stretti, vengono messi a nudo. L'unica differenza sta nel modo d'elevare il labbro superiore, che lascia vedere solamente il canino d'un lato, mentre di solito la faccia è rivolta un po' in su e per metà allontanata dall'offensore. Gli altri sintomi caratteristici del furore posson mancare. Qualche volta questa espressione si nota in un individuo che si fa beffa di un altro o lo sfida, anche quando ei non è proprio in collera; la si osserva, a mo' d'esempio, sul volto d'una persona che viene per ischerzo accusata di qualche cosa e che risponde: «Tali imputazioni non giungono a me: io le disprezzo». Codesta espressione non avviene di spesso: l'ho peraltro osservata assai nettamente in una signora che era derisa. Parsons ne fece una descrizione che risale al 1746; ell'è accompagnata da una figura sulla quale si vede scoperto il dente canino sol d'una parte200. Il signor Rejlander, prima ancora ch'io gliene tenessi parola, mi chiese se avevo mai osservata questa espressione, ond'egli stesso era stato molto colpito. Ei fotografò per mio conto (Tav. IV, fig. 1) una donna, la quale talvolta scopre inavvedutamente il canino d'un lato, e può riprodurre a volontà, con una eccezionale precisione, questo espressivo movimento.
L'aria quasi festevole d'una persona che sogghigna può degenerare per via di successive trasformazioni in una espressione di estrema ferocia, se, mentre le sopracciglia si contraggono vivamente e brillan gli occhi, anche il dente canino vien messo a nudo. Un fanciullo bengalese era accusato d'un misfatto, in presenza del sig. Scott; il piccolo colpevole non osava esprimere il suo corruccio a parole, ma questo gli trasparia dagli atti e si faceva palese ora per mezzo di un superbo aggrottamento di sopracciglia, ora per «uno speciale movimento che scopriva il canino della parte rivolta all'accusatore; in quell'istante ei sollevava il lato del labbro corrispondente a questo canino, che in lui era largo e sporgentissimo». Sir C. Bell riferisce201 che il grand'attore Cooke sapeva esprimere l'odio più violento, «guardando obliquamente e sollevando la parte esterna del labbro superiore, in modo da mettere a nudo un canino tagliente ed aguzzo».
Questo scoprirsi del dente canino, sotto l'influenza di certi stati dell'animo, risulta da due movimenti. L'angolo o la commessura della bocca è alquanto tratta all'indietro, e nello stesso tempo un muscolo vicino e parallelo al naso tira in su la parte esterna del labbro superiore, e mette a nudo il canino del lato corrispondente. La contrazione di questo muscolo produce un distintissimo solco sovra la guancia e delle marcatissime rughe al di sotto, e specialmente all'angolo interno dell'occhio. Questo fenomeno è identico a quello che si nota in un cane che brontola; un cane che desidera di azzuffarsi alza spesse volte il labbro dalla parte dell'avversario. Il motto inglese sneer (sogghigno) in fondo in fondo è identico alla parola snarl (brontolìo), che tempo addietro era snar: la lettera l, aggiuntavi, «indica semplicemente la continuità di un'azione»202.
Io ritengo che quel che si chiama sorriso sardonico o beffa sia un vestigio di questa stessa espressione. Qui la bocca resta chiusa o quasi, ma uno de' suoi angoli è ritirato dalla parte della persona derisa; ora, questa contrazione all'indietro dell'angolo della bocca costituisce uno degli elementi del sogghigno propriamente detto. A dir vero, ci ha taluni i quali sorridono da un lato del viso più che dall'altro; tuttavia non è facile comprender perchè, nella espressione del motteggio, il sorriso, se pur ve n'ha uno, spesse volte si limiti ad una parte soltanto. Per giunta, io osservai un leggiero sussulto del muscolo che alza il labbro superiore; ora questo movimento, se si fosse più dichiarato, avrebbe scoperto il canino e determinata la vera espressione del sogghigno.
Il sig. Bulmer, missionario in un remoto distretto di Gipp's Land (Australia), risponde a quella fra le mie questioni relativa al movimento di scoprire il canino da una parte sola: «Ho notato che, quando gl'indigeni brontolano assieme, parlano coi denti stretti, col labbro superiore teso da un lato e nel complesso dei lineamenti esprimendo la collera; ma essi guardano in faccia il loro interlocutore». Tre altre persone che istituirono delle osservazioni in Australia, una quarta in Abissinia ed una quinta in Cina, rispondono affermativamente alla mia domanda; ma siccome questa espressione è rara ed eglino non entrano in verun dettaglio, così non oso prestare una completa fiducia alle loro parole. Tuttavia niente di più probabile che questa espressione semi-bestiale sia più frequente presso i selvaggi che nelle razze civilizzate. Il sig. Geach, il quale merita assoluta credenza, constatolla una volta sopra un Malese, nell'interno di Malacca. Il rev. S. O. Glenie mi risponde: «Abbiamo osservata questa espressione negl'indigeni di Ceylan, ma molto di rado». Recentemente, nell'America del Nord, il dottor Rothrock la riscontrò in alcuni Indiani selvaggi, e spesse volte in una tribù vicina agli Atnà.
Se avviene talora che sgridando o sfidando qualcuno, si sollevi il labbro superiore da una parte sola, ciò non vuol dire che questo fatto sia costante; perchè il viso di solito è mezzo rivolto, e l'espressione è di spesso fugace. Può essere che il movimento limitato ad una parte sola del volto non sia un'essenziale particolarità dell'espressione; ma dipenda dal fatto che i muscoli destinati a tal uopo sono incapaci di contrarsi simultaneamente da entrambo i lati. A rendermene ragione, pregai quattro persone onde cercassero di eseguire volontariamente il movimento in discorso; due di loro non seppero scoprire il dente canino che dal lato sinistro, una solo dal destro, e la quarta non riuscì a farlo nè dall'una nè dall'altra parte. Nessuno ci assicura però che, se queste stesse persone avessero sfidato qualcuno sul serio, non avrebbero scoperto, senza saperlo, il dente canino da quel lato, qualunque si fosse, che stava più vicino all'avversario. In fatti vedemmo che certe persone, le quali non possono rendere volontariamente oblique le sopracciglia, ci sanno dare peraltro questa posizione, quando sono realmente irritate, ne sia pure insignificante il motivo. Se dunque la facoltà di scoprire il dente canino da una parte sola è qualche volta perduta, ciò dipende dal fatto ch'ella è raramente messa a profitto e costituisce un gesto abortito. Con tutto ciò fa meraviglia che l'uomo possegga tal facoltà o mostri qualche tendenza ad usarne. In fatti, il signor Sutton, al Giardino zoologico, non ebbe mai ad osservare niente d'analogo sui nostri più vicini parenti, cioè sulle scimie; ed è certo che i babbuini, quando sono intrattabili e lì lì per assalire, benchè muniti di forti canini, non discoprono uno solo di questi, ma mettono a nudo tutti i denti nello stesso tempo. Ignoro se i maschi delle scimie antropomorfe adulti, che a paragone delle femmine hanno i canini molto più grandi, li discoprano al momento della lotta.
La presente espressione, sia che si tratti d'una lepida burla o d'un feroce grugnito, è una delle più curiose fra quelle offerte dall'uomo. Essa rivela la nostra origine animale; imperocchè nessuno, dibattendosi per terra in una stretta mortale, pensò mai di servirsi de' suoi canini, piuttosto che degli altri denti. In questo caso, in base alla nostra rassomiglianza colle scimie antropomorfe, possiamo supporre con molta probabilità che fra i nostri antenati, uomini a mezzo, i maschi possedessero forti canini: anche al dì d'oggi nascono talvolta uomini forniti di canini di straordinaria dimensione, con appositi diastemi nella mascella opposta per dar loro ricetto203. Possiamo ammettere ancora, quantunque ci manchi l'analogia, che i nostri antichi progenitori semibruti, preparandosi alla lotta, scoprissero i canini, come noi lo facciamo tuttora, quando siamo inferociti, o semplicemente quando sgridiamo o sfidiamo qualcuno, senza aver pure la menoma intenzione di assalire a colpi di denti.