IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
«Nel 1882 Gabriele era nella bella e fresca ricchezza dei suoi venti anni.»
Negli uffici del Capitan Fracassa Edoardo Scarfoglio ricevette un giorno la visita di Gabriele, «piccolino, colla testa ricciuta e gli occhi dolcemente femminili. Egli nominò sè con una inflessione di voce anch'essa muliebre.»
«A tal vista – dice lo Scarfoglio – mi scossi e balzai su stranamente colpito. E l'effetto – aggiunge – fu in tutti quelli che lo videro uguale – cioè, tutti furono scossi, tutti balzarono su stranamente colpiti da quel giovanetto che pareva una giovanetta, o, che è lo stesso, da quella giovanetta travestita da giovanetto; giacchè è evidente che ciò che li aveva scossi e fatti balzare su, ciò che stranamente li aveva colpiti erano stati gli occhi dolcemente femminili e la voce muliebre, cioè, l'avere sospettato che sotto a quelle spoglie da giovanetto si nascondesse una giovanetta, nella bella freschezza dei suoi venti anni. Non era, infatti, possibile che gli scavezzacolli del Capitan Fracassa indovinassero, a prima vista, che «quel cosettino» fosse munito del segno, per quanto minuscolo, di una sporadica virilità. Ciò che essi vedevano erano i suoi occhi dolcemente femminili; ciò che essi udivano era la sua voce affatto muliebre, e perciò pensarono: È una femina.
-
Ed ora rappresentiamoci la scena che si svolse nella sala di redazione del Capitan Fracassa.
C'era, fra gli altri, Gennaro Minervini, un intenditor di selvaggina giovane, fabbricatore di spirito per professione, e c'era Cesare Pascarella, le cui narici solevano dilatarsi allorchè sentivano l'odor della femina: l'uno si pose a guardare la «giovinetta» vestita da omo con occhi umidi, nei quali luccicava il desiderio del maschio pel suo contrario; l'altro se ne stava in atto, come se volesse gittarsele addosso per abbracciarla.
Narra lo Scarfoglio: «Dovunque poi lo condussi era la medesima cosa: per fino la faccia incresciosa di Angelo Sommaruga, al primo aspetto di quel fanciullo – (creduto una fanciulla) – fu rasserenato da un sorriso.»
-
Meditiamo, intanto, sulle seguenti misteriose parole:
Dice lo Scarfoglio: «Collo spettacolo della sua estrema giovinezza, colla irradiazione di simpatia che la sua sembianza, le sue parole e i suoi atti di fanciulla mandavano, conquistò nel primo istante questa cittadella romana (la redazione del Capitan Fracassa) che a tanta gente parve inespugnabile...
«Nella primavera e nell'inverno... (il grand'uomo voleva dire: nell'inverno e nella primavera) del 1882 Gabriele fu per tutti noi argomento di una predilezione e quasi di un culto non credibile.... Ad ogni persona che novamente lo vedeva era un'esclamazione di meraviglia.» – S'intende per la sua sembianza, per le sue parole e pei suoi atti di fanciulla sotto spoglie maschili.
Il «grande» Giosue – quando i sileni del Capitan Fracassa gli presentarono Gabriele – esclamò colla sua voce di satiro in caldo: Come è bello! – E mai più, come in quel momento, egli si sentì greco; mai più.
Narra ancora lo Scarfoglio: «Ricordo anche il barone De Renzis, che molte cose ha vedute nella sua vita, con le mani in tasca e con la gamba destra tesa un po' innanzi, starlo a udire scotendo il capo, quasi non credesse alle sue orecchie (per quel che il D'Annunzio diceva con voce muliebre) e non credesse ai suoi occhi (per quello che la «femminea faccia del D'Annunzio gli mostrava).
-
E lo Scarfoglio tiene a farci sapere che «per lui, la cui vita era di solito quella del seccatore del prossimo letterario – (ed è vero) – Gabriele «fu nel primo anno il maggiore diletto – (oh Grecia!) – di tutta la sua vita di buttero platonico.»
Le quali parole hanno bisogno di una chiosa. Vuol dire lo Scarfoglio che egli – che era stato sin là un grossolano – (buttero, infatti, vuol dire guardiano di cavalli o di pecore) – cui ogni selvaggina era stata buona, sin là, a cavargli l'appetito – in compagnia del giovinetto-fanciulla si sentì ingentilite tutte le passioni. Il che non è poco trattandosi dello Scarfoglio, e non è scarso titolo per la fanciulla-giovanetto di avere operato così grande miracolo.
E parla della sua non mai sentita prima d'allora «tendenza d'espansione all'aperto e di riavviamento alla santa selvaggia natura», cioè alla natura propria delle bestie, che all'aperto e senza soggezione compiono «santamente» le loro voglie; la quale natura egli, però, dice «lo trasse a scrivere e a stampare bruttissimi versi.» – Già! I versi saranno stati bruttissimi, ma le altre cose, invece.... Infatti, egli dice subito dopo:
«In lui (in Gabriele) era tanto spontaneo il senso della barbarie.... (intendasi: il senso della libera natura, come presso gli Elleni) e tanto – (attenti!) – era cotesto senso commisto a una nativa gentilezza di donna, che lo avreste detto....
-
Mi perdonino i miei lettori se interrompo il bel periodo butterino; ma io debbo dir loro che ciò che a questo punto veniva sotto la penna del buttero Scarfoglio era una tal cosa che egli – per quanto amasse la selvaggia natura – non ebbe il coraggio di affidarlo alla carta, e però ripiegò sciorinando una suite di proposizioni degne di essere musicate. Giudicatene:
« – .... che lo avreste detto una di quelle querce.... – (quercia il minuscolo giovinetto-fanciulla!) – educate al tempo del barocchismo e potate in guisa da dar sembianza di una qualche cosa poco selvatica, educata questa, per altro, e potata da un meraviglioso artefice che avesse saputo dal taglio far nascere come un nuovo albero vivo e bellissimo». –
Ne capite niente? Eppure, per quanto rebus, un senso ci è; ed eccolo: Gabriele volle apparir diverso da quello che veramente era, e ci riuscì colle sue svariate effeminate moine verbali e verbose nelle quali egli era già maestro e dotto come nessuna femina è stata giammai.
Ora, erano coteste moine appunto che facevano andar lo Scarfoglio in solluchero e per cui egli giudicava il «piccolino» nuovo albero vivo e bellissimo.
-
Il suo innamoramento per Gabriele era – come ognun vede – completo. – «Noi due – egli dice – andavamo assai spesso a passeggiare insieme, e in quel lungo andare a piedi o in carrozza – (come appunto fanno gli innamorati) – e nei colloquî e nella comunione di tutti i pensieri, cementavamo il concorde amore.... dell'arte» – dell'ars amandi.
Ed esclama: «O Gabriele, te ne rammenti!?»
E qui si abbandona al latte e miele d'un ricordo, il quale si chiude con una frittata:
«Ed io, mangiando quella frittata benedetta, pur ti guardavo e ti spiavo negli occhi fanciulleschi... – (oh satiri! o gitoni!)... le ragioni e le origini del Canto novo.» – Il quale, come sapete, è tutto lascivie, pregno d'un acre putidore di ascelle e di inguini muliebri.
-
Le pagine che cotesto buttero platonico dedica al suo viaggio in Sardegna nel quale condusse seco Gabrieluccio, è un documento che prova tante cose: prova che lo Scarfoglio era allora (e, forse, lo è ancora) un parolaio, un verboso di prima forza; prova che financo Felice Uda, già quasi vecchio, – «si pose a guardare – (dopo però aver bevuto molto oliena) – quel ragazzo teneramente»; prova che «il piccolino – (così lo Scarfoglio chiama per vezzo il giovanetto-fanciulla) – sapeva dare ai suoi occhi ed alla sua persona espressioni ed atteggiamenti muliebri»; prova che il buttero era capace di sentire la «santa selvaggia natura» a fianco di lei-lui; prova che le grotte d'Alghiero, dove egli più d'una volta andò insieme con lui-lei, «contengono un nido per l'amore.»
-
Ma ohimè! all'amore non si addice la costanza.
Che orribile scoperta, mio Dio, il giorno in cui allo Scarfoglio – un mese dopo – «il piccolino parve stranamente mutato»!
«La fanciulla incosciamente timida – (egli scrive proprio così!) – e selvatica.... – non dimenticate che quest'ultima qualità a lui buttero riusciva caro oltremodo ritrovare nell'adorato «piccolino») – si era tramutata in una civetta, che sulla timidezza e sulla selvaticheria calcolava»!!!
Che schianto pel suo cuore d'amator sincero nello scrivere queste parole: «L'ingenuo, modesto, gentile giovanetto-fanciulla ritornò a Roma furbo, vanesio, sdolcinato. Fu una vera e propria prostituzione da lui-lei fatta di sè alla folla»!
Che sante collere furono quelle del buttero tradito, quando... – (è lui che lo dice, lo scrive e lo stampa) – ...egli-ella «radunò attorno a sè una volgare compagnia adulatrice di ragazzacci e di impiegati»!
E fu allora che egli vide «la fanciulla inconsciamente timida, la quale spesso dimenticava di ornarsi il collo con una cravatta», la vide, dico, – e lo dico perchè è lui che lo dice – la vide «addobbata e azzimata e profumata.» – Oh! che non fanno cosi tutte le prostitute?
«Sotto spoglie così ricercate – (egli scrive con amarezza) – Gabriele mi parve brutto». – Certo, quelle spoglie erano il segno evidentissimo che il suo nuovo mestiere di civetta fruttava bene. In quella vece il buttero platonico, un buttero, cioè, della peggiore specie, lo avrebbe voluto sempre povero per goderselo tutto lui.
-
Ma, tant'è: solo le sfarzose toilettes (e tutte le donne lo sanno) vantano dei privilegi alla considerazione presso la folla. Le rapide fortune sono quasi tutte dovute alle virtù suggestionanti delle toilettes. Gabriele in giacchettina di piccolo buttero – platonico o no – certo, avrebbe continuato a far girare la testa allo Scarfoglio, al De Renzis e ad altri cosiffatti ammalati del mal della ostentata scapigliatura; ma è certo del pari che quel «piccolino» sarebbe vissuto povero ed oscuro. Ma che farci? Quando si è del sesso e del mestiere delle prostitute, è certo che la giacchettina e il cappellino di cencio e le mani senza guanti non reggono, no, al paragone di una mise à quatre épingles, che ti pone, ipso facto, di pari colla gente di considerazione pel solo fatto che tu sei ben vestito. Che dire poi quando si nasce mima o ballerina? Allora la giacchettina è un non-senso, e a voler fare buona carriera occorre un ben fornito guardaroba.
E che! Lo Scarfoglio parla della «lode bugiarda e dell'adulazione sfacciata che il suo ben-amato lui-lei riceveva per buona», come se «la piccolina» tutte quelle lodi e quelle adulazioni non le contraccambiasse colla medesima falsità!
Per altro, le qualità eminentemente femminee del suo piccolo cucco.... – (non dice lo Scarfoglio che Gabriele aveva «la voce e i gesti femminili?») – potevano esse difenderlo contro le seduzioni dello specchio? E che! Ignora, forse, il buttero platonico quale fascino irresistibile esercita lo specchio su le femine in generale, e in particolare su quegli individui che, se per certi segni esteriori pajono maschi, sono poi femine per tutto il resto? E allora, invito lo Scarfoglio a leggere il capitolo seguente.