Enotrio Ladenarda (alias Andrea Lo Forte Randi)
La Superfemina abruzzese

IN CHE MODO IL VAPPO SCARFOGLIO spezza le sue lance combattendo pel bel Gabriele

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IN CHE MODO IL VAPPO SCARFOGLIO
spezza le sue lance combattendo pel bel Gabriele

Alla Renaissance di Parigi erano cominciate le rappresentazioni di La ville morte, giusto quando la città «cervello del mondo» era sossopra per lo affare-Dreyfus ed Emilio Zola aveva lanciato alle quattro plaghe della terra la sua famosa lettera «J'accuse». – Era ben naturale che cotesta lettera del più grande – o del creduto più granderomanziere della Francia in difesa di un innocente attanagliato dall'allora onnipotente militarismo francese, che lo voleva morto, sollevasse dovunque un immenso interesse e che ogni altro fatto passasse in seconda linea. Ciò non ostante, la réclame del Divo e dei suoi cointeressati fatta attorno alla Ville morte era stata così clamorosa, che un gran pubblico popolò il teatro della Renaissance la sera della prima recita dell'allora recentissimo «capolavoro» di Gabriele. Eminenti critici francesi trovarono e dissero e scrissero e stamparono che la Città Morta, messa su dalla réclame tapageuse, non era un lavoro drammatico, un lavoro d'arte, , infine, una qualche cosa che avesse un qualche valore; sicchè le rappresentazioni di quello sciagurato pasticcio – non ostante che non pochi critici da strapazzo, certo cointeressati, lo levassero ai sette cieli – furono sospese.

Ora, i giornali italiani che in quei giorni impiegavano quasi tutte le loro colonne all'affareDreyfus, il quale interessava al gran pubblico dei lettori assai più della Città morta di Gabriele, non espressero alcun risentimento in alcun modo protestarono contro i severi giudizî dei critici francesi indipendenti sulla Città morta, che dopo alcune recite – facendo onore al suo titoloera morta ed era stata anche seppellita. Ma giusto allora ritornava in Italia da Parigi, dove era stato ad ajutare il Divo nella gonfiatura della réclame, Edoardo Scarfoglio; ritornava sbuffante contro i giornali italiani, i quali, anzichè sciogliere i soliti inni a Gabriele e al suo nuovo immangiabile pasticcio, «si prostituivano allo Zola e alla cattiva causa che egli difendeva». E osò vappescamente stampare:

«Se davanti a questa perfidia, a questa malvagità, a questa viltà degli Italiani il D'Annunzio si naturalizzasse francese, si domiciliasse in Francia e non scrivesse più che in francese, chi gli potrebbe dar torto

Nessuno – dico io – come nessuno – dico ancora io – gli avrebbe dato torto se, di fronte a tanta perfidia, malvagità e viltà degli Italiani, egli avesse fatta – come si dice a Napolila bella pensata di annegarsi nella Senna. – Ma, scherzo a parte, gl'Italiani, sì, furono vili, ma per un motivo ben diverso: furono vili perchè nessun di loro ardì con argomenti ad hominem molto persuasivi, ricacciare in gola allo Scarfoglio la viltà degli Italiani.

Intanto, per consolarsi della viltà degli Italiani, monsù Edoardo, eroe genuino dalla faccia di bronzo, vappescamente affermava:

«L'accoglienza entusiastica fatta al D'Annunzio quale nessun altro scrittore straniero ha mai avuta in Francia34 ha fatto fremere di soddisfazione e di orgoglio il mio cuore d'amico e d'Italiano».

Sicchè, il buttero platonico aveva bisogno – per fremere d'orgoglio e di soddisfazione – dell'entusiasmo della Francia per Gabriele! – Ragionando da buttero, egli disse a stesso: La Francia ha applaudito il D'Annunzio, dunque il D'Annunzio è grande, e deve essere grande anche per gl'Italiani vili. – E allora si pose a parlar loro così:

«Da venti giorni il poeta abruzzese.... – (meno male: abruzzese, non italiano) – è l'uomo più alla moda di Parigi.... – (Che bel titolo di gloria! Come se le cose alla moda di Parigi avessero qualche virtù intrinseca oltre all'unica virtù estrinseca che le tiene su per qualche giorno!) – Egli è ricercato, assediato, festeggiato come nessuno fu mai».

Se questo egli avesse avuto la faccia tosta di dirlo e di stamparlo a Parigi!... Ma questo egli poteva solo farlo inghiottire ai barbieri lettori non vili del suo Mattino, i quali ogni mattino portano seco loro aux lieux d'aisance il Mattino per....... quando sonosi alleggeriti del troppo peso del corpo.

E lo Scarfoglio prosegue, crescendo di un tono:

«L'hôtel Mirabeau, ove egli abita (sic) è divenuto un vero porto di mare (?!) ove quanto di più illustre, di più ricco, di più bello vanta la Francia passa....» – Ed è sottinteso che tutto questo ben di Dio passa per l'hôtel Mirabeau, per far omaggio al D'Annunzio! – Il bel periodo scarfoglino esige, intanto, l'onore di un buon commento:

Di più illustre: perciò Zola, Taine, Brunetière. – Di più ricco: perciò i signori Rotschild e Compagni. – Di più bello; perciò le cocottes di fama mondiale. – E dire che le più celebri cocottes, i Rotschild, Brunetière, Taine, Zola fecero siffatto onore a Gabriele!

E lo Scarfoglio prosegue, crescendo di due toni:

«Dalle prime ore del mattino alle ultime ore della notte.... – (perciò tutte le ventiquattro ore!, giacchè la prima ora del mattino segue appunto dopo l'ultima ora della notte! E non si accorge lo strenuo spezzator di lance in pro di Gabriele che egli un tonfo in pieno ridicolo!) – le visite, i telegrammi, le lettere, i messaggi telefonici si accatastano in vere montagne... – (Ohimè!) – La politica, la letteratura, la stampa, l'accademia, la bellezza si disputano accanitamente l'ospite prediletto, al quale manca materialmente il tempo... – (il tempo materiale!?! ) – di rispondere a tutti, di accettare tutti gli inviti, persino di ringraziare – (e perfinodico io – di far la cacca e la pipì.)

E vi prego di ammirare la bella lingua e lo bello stile di cotesto grosso papero che è quotato come il più spirituale frai gazzettieri italiani, il quale, con un colpo della sua bacchetta magica, costringe la politica, cioè, tutti gli uomini politici, e costringe la letteratura, cioè, tutti i romanzieri, tutti i poeti, tutti i critici, e costringe l'accademia, cioè, tutte le quaranta oche, come Denis Diderot chiama i quaranta Immortali, e costringe la bellezza, cioè tutte le donne belle, e perciò tutte le prostitute d'élite, a disputarsi.... – (che baraonda, mio Dio!) – a disputarsi accanitamente... – (cioè, come fanno i cani fra loro quando si disputano il possesso di un osso a colpi di dentipovero D'Annunzio!) l’ospite prediletto!!!

E qui ci verrebbe il sospetto che lo Scarfoglio canzoni i suoi lettori mattinali e che si pigli giuoco del Divo, se già non sapessimo che monsù Edoardo è persona molto seria, incapace di abbandonarsi a cosiffatti scherzi. No, no, e no, monsù Edoardo dice sul serio: la politica, la letteratura, la stampa, l'accademia e la bellezza si disputano accanitamente l'ospite prediletto!

E detto ciò, egli incalza salendo di tre toni:

«Gli omaggi più iperbolici, le manifestazioni di ammirazione più singolari fioccano da tutte le parti». – (Capite? fioccano... La neve fiocca solo dal cielo, ma quegli omaggi iper-iperbolici, quelle manifestazioni di ammirazione iper-singolari fioccano da tutte le parti. E deve essere uno spettacolo assai bello a vedersi..... Ma non dimenticate che chi scrive di cosiffatte cose è monsù Edoardo, il quale ha la bontà d'informarci intorno alla natura e al numero di quegli omaggi e di quelle ammirazioni che fioccavano da tutte le parti). Uditelo:

«Egli era appena arrivato, e una coppia a lui sconosciuta e che probabilmente non conoscerà mai, gli mandava un gran fascio di fiori...» – (E dire che quella coppia sconosciuta non era che lo stesso Gabriele, il quale si faceva quell'iperbolicissimo omaggio per fare allocchire monsù Edoardo). – «Egli rientrava una sera stanco... – (circostanza, questa, che, per l'alta sua importanza, deve passare ai posteri) – e trovava in un canto un'alta e fiorita pianta di gigli inviata non si è mai saputo da chi»...., per la semplicissima ragione che chi aveva inviata quella iperbolicissima manifestazione di ammirazione era lo stesso Gabriele per fare ramminchionire ancora di più il già ramminchionito monsù Edoardo.

Il quale impertubabilmente prosegue crescendo di quattro toni:

«E intorno a lui perennemente.... – ossia, per un'eternità!) – è un coro di simpatia e d'entusiasmo per l'Italia....» – (cioè, per gl'Italiani vili).

E ammirate la proprietà di linguaggio. Egli dice coro: «intorno a lui perennemente un coro di simpatia». Il che vuol dire che sotto alle sue finestre, quando il Divo era in casa, e quando il Divo si degnava mostrarsi per le vie, i Parigini, certo guidati da un maestro di cappella, gli cantavano in coro: Viva l'Italia! zu! zu!».

Ma il periodo della laude a Gabriele, nel quale monsù Edoardo raggiunge le più alte vette del ridicolo, crescendo di cinque toni, è il seguente:

«Quelli dei Francesi che conoscono l'Italia raccolgono i loro ricordi, rinfrescano le sensazioni che ne riportarono e che s'erano appassite; chi non vi fu mai promette di andare subito a compiere il doveroso pellegrinaggio, a colmare la grande lacuna del suo spirito».

Perciò, giorno verrà che in Francia resteranno solo quei pochi francesi che han già visto l'Italia; gli altri francesi se ne verranno subito nella nostra penisola a colmare la grande lacuna del loro spirito!? E tutto questo in omaggio iper-iper-iperbolico al divo Gabriele. – E allora viva Gabriele!! – Ah! se i Francesi sapessero come scioccamente di loro pensa e parla monsù Edoardo! Essi proromperebbero in una tale risata da schiantare l'universo dai suoi cardini!

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Come avete visto, l'iperbole scarfoglina esce fuori da tutti i limiti che a questo traslato sono imposti dal senso comune. Monsù Edoardo non è precisamente di Napoli, ma ormai è più napolitano di quei napolitani che nascono, vivono e muojono tra bascio Puorto e Santa Lucia, frai quali nasce, prospera, muore e si riproduce il vappo, questo iperbolico incosciente, che, solo che apra la bocca, rallegra mezzo mondo. – In verità, ad udirlo senza guardarlo, vien voglia di chiamare le guardie e di farlo arrestare come soggetto pericoloso, anzi addirittura terribile. Immaginate! Egli è capace di ammazzare dieci, cento, mille dei suoi avversarii con un sol colpo di coltello; il suo schioppo, allorchè egli ne fa scattare il grilletto, fa fuoco per mezz'ora di seguito; egli è capace di spegnere con un soffio le fiamme del Vesuvio. Sono cose stomachevoli, contro le quali voi credete sia unico riparo quello di mandare il vappo al manicomio; ma se lo guardate in faccia, mentre sciorina le sue strabilianti iperboli, voi cambiate parere, poichè voi date in una grossa irresistibile risata che vi fa tanto bene; voi scorgete in lui un vero benefattore dell'afflitta umanità; gli è che il suo volto – mentre declama le sue goffe terribili iperboli – è estremamente serio: è il volto di chi crede con fede incrollabile a quello che dice. – E se volete una prova palpabile del salutare effetto che immancabilmente produce il volto del vappo, guardate il viso di monsù Edoardo nell'atto che ei si pone a spezzar le sue lance in difesa di Gabriele. Il suo è un crescendo rapido deliziosissimo, che – come avete sentitotermina, nientemeno!, col pellegrinaggio doveroso, perciò obbligatorio, di tutti i Francesi in Italia per fare omaggio a quel D'Annunzio che – viceversa – l'ha, con disprezzo, abbandonata e s'è domiciliato in Francia, e non parla e non scrive che solo in francese! – Sì, quella che è uscita dalla bocca di monsù Edoardo è una vera e propria sinfonia vappesca: «L'accoglienza entusiastica fatta al D'Annunzio nessun altro straniero l'ha mai avuta in Francia» – «Da venti giorni il poeta abruzzese è l'uomo più alla moda di Parigi» – «Egli è ricercato, assediato, festeggiato come nessuno fu mai» – «L'hôtel Mirabeau ove egli abita è divenuto un vero porto di mare, ove quanto di più illustre, di più ricco, di più bello vanta la Francia, passa» – «Dalle prime ore del mattino all'ultima ora della notte le visite, i telegrammi, le lettere, i messaggi telefonici si accatastano in vere montagne» – «La politica, la letteratura, la stampa, l'accademia, la bellezza si disputano accanitamente l'ospite prediletto» – «Gli omaggi più iperbolici, le manifestazioni di ammirazione più singolari, fioccano da tutte le parti» – «Coppie sconosciute gli mandano gran fasci di fiori e fiorite piante di giglio» – «Attorno a lui perennemente è un coro di simpatia e di entusiasmo per l'Italia» – «I Francesi che sono stati in Italia rinfrescano i loro ricordi per far piacere al D'Annunzio» – «Quelli che non ci sono stati – per far piacere al D'Annunzio – vi andranno in doveroso pellegrinaggio affine di colmare la grande lacuna del loro spirito».

A guardarlo, ascoltandolo, ad ascoltarlo guardandolo, voi ridete, sì, ma monsù Edoardo non ride perchè i vappi non ridono. Egli è serio; egli pensa che solo oggi la Francia è grande, e che la sua grandezza si fa visibile a traverso gli applausi entusiastici dei Francesi al D'Annunzio. – Egli è serio; egli pensa che Dio finalmente ha rivelato il sino ad oggi nascosto perchè del suo atto creativo.... Se egli creò il mondo e tutte le cose che sono in esso, ciò fu per fare un degno posto a Gabriele, suo legittimo ed unico figliuolo, al quale lascerà le redini dell'universo quando egli – vecchio – sarà costretto a giubilarsi.

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Tutto questo vappesco entusiasmo che nel 1898 l'insuperabile Edoardo «sentiva e manifestava pel Divo da qual causa procedeva? – Avvi una lettera di Gabriele, del 26 ottobre 1886 pubblicata sulla Tribuna, nella quale il futuro Superuomo allo Scarfoglio del miserabile, dell'immondo scribacchiatore, del buffone afflitto dal digiuno, dello scimiotto ammaestrato, del rospo saltato fuori dal fango dopo un acquazzone, del «paltoniere che nelle vie deserte ti costringe ad aprire la borsa, e, se gli dái l'elemosina, ti morde la mano, del vigliacco che non si batte, dello scroccone a mezzo di tranelli sottilmente meditati, e del Glaviot che rende servizii alla Questura».

Ora, il buttero già amato, poi abbandonato, poi riamato e, nell'ottobre del 1886 ri-ripudiato, anzi pubblicamente schiaffeggiato e preso a pedate dal Divo colla citata lettera alla Tribuna, nel 1898 eccolo ancora una volta – come si è vistolegato a fil doppio all'Immaginifico, intento a rompere per lui tutte le sue più formidabili lance di vappo senza pari. Perchè?

Avvi un detto, di cui ormai tutti ci serviamo a proposito di certi fatti delittuosi che pajono avvolti nel mistero: Cherchez la femme. Ma per ispiegare il mistero della lode vappesca scarfoglina in onore di chi già lo aveva chiamato miserabile, vigliacco, immondo, buffone, famelico, rospo, paltoniere e Glaviot, bisogna dire: «Cherchez l'argent qu'il a empoché».

Certo, chi vende la sua lode non è che fango; ma è certamente fango anche chi paga per esser lodato, a meno che chi paga non sia propriamente un Divo, ma una Diva, perchè, in questo caso, la Diva che paga per esser lodata agisce conformemente alla sua natura di femina tormentata da insaziabile vanità.





34 In Francia!? – Ahimè! Quale iperbole vappesca!... Per Francia intendasi solo una dozzina di giornalisti venderecci parigini, vuol dire ciò che può supporsi di più cinico per la coscienza, di più ignorante per la cultura, di più laido e più nauseante per il mestiere!

 



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