Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Nuove storie d'ogni colore

LORD FROM OSSIA LA CORDA DEL SENTIMENTO

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

LORD FROM

OSSIA LA CORDA DEL SENTIMENTO

 

Dal Maloja-Kulm alla morena del Forno, passando pel selvatico e alpestre laghetto di Cavoloccio, è una passeggiata di poco più di due ore per una stradicciuola un gran tratto carrozzabile, che il grande Hôtel Kursaal adatta, aggiusta ogni anno e rende «digeribile» ai piedi più delicati.

L'aria a due mila metri d'altezza è d'una leggerezza esilarante; e quel che si domina dai bricchi, non vestiti che da poche ginestre, è quanto di più lucido e colorito possa desiderare un dilettante di oleografie. Le vette son candide di neve; le schiene dei monti son brulle, d'un bigio ferro; il laghetto di Silz d'un celeste carico; il cielo più celeste del lago; e qua e si stendono tappeti verdi, d'un verde tenero con su delle capannucce di legno, dei casini traforati, delle casette bianche coi tetti d'ardesia; in mezzo torreggia il massiccio edificio del grand Hotel, d'un pesante gusto normanno, salvo errore, che non dispiace agli inglesi, i quali, una volta dentro, s'immaginano di essere a casa loro.

Questo piacere raffinato di desiderare dappertutto il chez soi, quanto progredirà nei gusti, finirà col rendere quasi inutile il viaggiare. Quando sarò ben sicuro che dappertutto troverò i comodi di casa mia, e nient'altro di quel che ho in casa mia, potrò viaggiare pacificamente seduto in una poltrona. E sarà anche più economico.

A questa raffinatezza di godimenti casalinghi non era ancora arrivata la bella bionda miss Dy, che da tre mesi viaggiava l'Europa in compagnia di sua madre e di miss Tennis sua istitutrice. Giovine e vivace, miss Dy non approvava il contegno irrigido di molto sue compatriote, che fanno consistere la superiorità dello spirito nel non aver viscere di curiosità o di tenerezza per nulla al mondo, come se sapessero già tutto a memoria. Al contrario miss Dy (abbreviatura di Diana), come la dea di cui portava il nome, amava correre sui prati, gridare sullo cime, esaltarsi all'italiana davanti a un bel punto di vista, suscitando i più vivi scandali in miss Tennis, che trovava tutto ciò molto shocking. «Una vera signorina inglese - soleva dire la vecchia istitutrice - quando muore ed entra in paradiso, si mette a sedere al suo posto, non si meraviglia di quel che vede e aspetta contegnosa e indifferente che finisca l'eternitàMiss Dy non sapeva rassegnarsi a questo sistema colle stecche e usando della forza del suo carattere, riusciva spesso a trascinare la povera maestra fin sulla soglia della sconvenienza e dello snobismo, ridendo in cuor suo un po' crudelmente degli spaventati shocking, con cui la rigida creatura cercava di esorcizzare se stessa e l'allieva.

Un giorno, più disobbediente del solito, col protesto di cercare degli Edelweiss, la biricchina cominciò a scalare la rovinosa morena del ghiacciaio, sorda ai rimproveri della istitutrice, che non voleva assolutamente seguirla. Sebbene non ci sian pericoli gravi, e all'orlo del ghiacciaio si vada quasi di piano, tuttavia il camminare tra i massi granitici, le erosioni e i detriti non è come andare al corso. Miss Tennis, sfiatata, colle gambe rotte, dopo un po' si posò a sedere, mentre la fanciulla arrestavasi, presa e imprigionata tra enormi blocchi ammassellati in uno spaventevole disordine, come la rovina d'un immenso castello ciclopico. Il luogo era bello, sublime, ma da quella sorta di buca non si poteva uscire se non scalando coi piedi e colle mani tre o quattro macigni duri, ostinati, che parevan messi a cozzar l'un contro l'altro. Provò due o tre volte, ma non si arrischiò; finalmente, aiutandosi colle delicate unghiette, potè mettere un piede di qua, l'altro di , tentare un saltuccio... ma il piedino scivolò in una fratta e vi restò impigliato come dentro una tagliola. Nel cadere confregò il ginocchio lungo le scabrosità del sasso e sentì quel che costa il disobbedire. Il dolore le cavò un grido; al grido rispose un altro grido. La fanciulla non era in grado di muoversi e Miss Tennis ancor meno di lei. E non c'era anima viva... Mio Dio, che fare? gridare ora l'unico rimedio. E il gridare di quelle due colombe fu tale, che ben presto si vide sbucar della gente (ce n'è sempre nei dintorni, che va o torna colle guide). Un signore, vista la povera signorina impotente a muoversi, superò con prestezza alcuni scaglioni, giunse fino a lei, la prese rispettosamente per le braccia, sotto le braccia.... (eh, ci vuol pazienza in certi casi) la trasse fuori dalla trappola: la fece sedere, lo spruzzò il viso d'un licor forte che aveva con , e parlando italiano, la compassionò, la confortò e usò verso di lei quello cortesie, che ogni animo pietoso sa trovare in questi momenti.

Miss Dy, stringendo nelle mani il suo povero ginocchio, ringraziò anche lei in un italiano duretto, come una penna d'acciaio, ma raddolcito dalla voce e dallo sguardo pieno di riconoscenza; e poichè il male si riduceva a una scalfitura, pregò il suo bravo salvatore d'aiutarla a discendere fino al luogo, dove miss Tennis più morta che viva raccomandava gli spiriti alla boccetta della canfora.

Quando l'istitutrice fu certa che non c'era nessuna gamba rotta, ringraziò in un suo francese sconnesso lo sconosciuto signore, sforzandosi di fargli capire che ora sarebbe stato molto convenable che andasse a raggiungere i suoi compagni di viaggio; ma il bravo uomo non capiva il francese; e l'inglese ancor meno. Credendo di essere gradito, offrì di accompagnare la signorina fino alla Latteria, dove avevano lasciata la carrozza. Il moto e il discorrere in una lingua non sua fecero dimenticare a Miss Dy il dolore del suo povero ginocchio.

- Siete italiano?

- Sì, damigella.

- Toscano?

- Milanese.

- Amo molto io gli italiani. Siete pittore?

- Musicista, damigella,

- Oh, adoro la musica!

- È il linguaggio degli angioli, - esclamò lo sconosciuto, con una nota tenuta, come si dice nel gergo del mestiere. E su queste frasi, giunti alla Latteria, sedettero ad aspettare la povera miss Tennis, che tremando ancora in tutto il corpo, stentava a levar le gambe dalle ultime asprezze del sentiero.

Si ripassò tutto il repertorio classico e romantico, Beethoven, Chopin, Berlioz, Wagner e la musica italiana, che miss Dy amava sopra ogni altra.

- Se le signore sono alloggiate al Kursaal, avremo occasione di rivederci - disse finalmente l'italiano, offrendo il suo biglietto di visita sul quale miss Dy lesse: Napoleone Barbetta, professore d'orchestra nel Regio Teatro della  Scala.

- Lei pure è dell'orchestra che deve dare concerti all'Hotel?

- Vous aussi...?

- Sì, yes, per compiacerle, - rispose Napoleone Barbetta, arrossendo come un ragazzo.

- Bravo, applaudiremo di cuore... con gratitudine..., - soggiunse la bionda e cara fanciulla, stendendogli la mano con franchezza inglese e stringendo quella del suo salvatore con un moto del braccio che pareva dire;

- A rivederci, caro,

Cinque minuti dopo, la carrozzella partì, lasciando lord From quasi estatico.

 

*

* *

 

Lord From era il soprannome che i compagni d'orchestra davano a Napoleone Barbetta, primo contrabasso di sinistra; e glielo appioppavano non solamente per un non so che di roseo e di biondeggiante, che lo facea somigliare a un aristocratico inglese, ma anche, e più, per un certo sussiego di carattere e per un'aria grave di diplomatico, per un tono quasi sdegnoso ch'egli aveva per ogni cosa che non fosse all'altezza de' suoi meriti. Ritto, composto, un po' calvo, elegante e irreprochable nelle sue camicie di porcellana e nelle sue cravatte, lord From, nella sua austera semplicità, aveva una grandissima fede nel suo fascino sulle belle signore; e s'illudeva al punto d'innamorarsene sul serio e d'ammalarsi, quando alle dolci illusioni succedevano gli amari disinganni.

Appoggiato colla schiena alla cancellata dell'orchestra dominava dal suo posto la scena, la platea e tre quarti dei palchetti, dove brillano gli astri più luminosi della bellezza milanese, e di qua durante le battute d'aspetto, i suoi grandi occhi azzurri e sentimentali giravano come due cannocchiali. Puntiglioso o suscettivo come ogni vero artista, viveva nel consorzio non sempre elevato de' suoi compagni d'arte un po' in disparte, per paura che le gente ordinaria non entrasse a parte de' suoi riservati pensieri, non accorgendosi che nulla è più ridicolo a questo mondo quanto un uomo che non ride mai. Ma i compagni ridevano anche la parte sua, e il nome di lord From, trovato in un momento di buon umore dal celebre violinista Bernardini, parve a tutti così fatto al suo dorso, che ormai non lo chiamavano in nessun'altra maniera.

- Questa volta lord From naviga nelle acque inglesi, - -disse il primo clarinetto.

- Volete credere ch'egli s'illude di saper parlare inglese? mi ti liebig plk nik jes... oh, jes! - soggiunse ridendo il Bernardini, un piccoletto brutto, con una zazzera da can barbino.

- È capace di dare a intendere alla bionda ch'egli è un ambasciatore russo in viaggio...

- State attenti che s'innamora anche questa volta...

Non eran, così dicendo, molto lontani dal vero. Miss Dy era una ragazza da innamorare anche un contrabasso, con quel suo fare espansivo, un po' bohême, con quegli occhi intelligenti e buoni; e poi, non doveva al gentile italiano un tributo di sincera gratitudine?

Nei tre o quattro giorni che precedettero il concerto, essa presentò il signor Barbetta a sua madre, che si mostrò molto riconoscente anche lei, per quanto egli potè capire dal bisbiglio sibilante della vecchia e veneranda matrona. Lord From imparò a stringere anche lui la mano alla moda inglese e a dire Good by, adieu, for ever. Nelle ore che gli lasciavano libere le prove, andava a collocarsi sulla strada per cui la bionda e ideale creatura passava, quando recavasi coll'album a disegnare sulla piattaforma del castello. Si accompagnava un tratto a lei, arrestavasi a discorrere con lei, cogli occhi incantati sulla testolina fina e aristocratica di miss Lutzon (s'era fatto dire il nome dal cuoco dell'albergo) e tornavano qualche volta insieme per la promenade des artistes, passando dalla chiesa cattolica, fino alla sorgente.... La musica era generalmente il discorso favorito. Miss Lutzon confessò di preferire tra tutte le opere del repertorio italiano la Favorita del Donizetti, di cui sapeva gorgheggiare (non troppo bene) qualche motivo.... Insomma la faccia di Lord From divenne così seria, che i compagni giurarono di divertirsi un poco alle sue spalle; e il tiro questa volta riuscì per caso più terribile delle altre volte.

Barbetta non alloggiava al grand Hotel, dove non vanno che gl'inglesi veri, ma teneva una stanzuccia ammobigliata al più modesto albergo Lunghin, alquanto in disparte e segregato, in compagnia di due suoi compagni meno rumorosi degli altri. Con uno di questi, il primo corno inglese, si lasciò andare a qualche confidenza una sera mentre passeggiavano lungo la bella strada del lago. Tanto bastò perchè il Bernardini concertasse uno scherzo, che doveva riuscire funesto al povero innamorato.

Mentre tutti dormivano al Kursaal, tra l'una e le due di notte, con un bianchissimo chiaro di luna, il piccolo diavolo andò a mettersi sotto la finestra di miss Dy, nell'ombra dell'edificio, e cavando dal suo venerabile Stradivari i suoni più teneri e parlanti, eseguì, come non sa eseguire che un Bernardini, la Romanza "Spirto gentil" della Favorita. Non era un violino, no: era la voce d'un angelo o d'uno spirito dolente e vagolante per la luminosa solitudine della notte. Quella voce non dovea parlare inutilmente al cuore d'una giovinetta entusiasta; ed ecco infatti aprirsi una finestra del secondo piano, comparire un non so che di bianco e un mazzetto di fiori cadere ai piedi del delicato ammiratore.

Miss Tennis dormiva il sonno della sua vecchia innocenza, Lord From non si accorse di nulla.

Dormiva anche lui.

 

*

* *

 

Venne il giorno del primo concerto. Grande come sempre fu il concorso dei viaggiatori e dei toristi a questa festa dell'arte, che raccoglie ogni anno i migliori elementi della Scala e del Regio di Torino. Il programma era ricco e svariato, per tutti i gusti, come un menu di table d'hôte. C'era del Weber, del Verdi, del Wagner e per fino del Mascagni di contrabbando. (Maloia è a trenta chilometri dal confine italiano). Miss Dy fece il suo ingresso trionfale nel salone del teatro in un vestito tutto bianco, sul quale l'oro de' capelli spiccava mirabilmente: non era una donna, ma una visione, secondo ebbe a dichiarare lo stesso Bernardini, un matto che a tutti gli astratti preferiva un arrosto annegato. Nel mettersi al suo posto la giovine cercò collo sguardo il suo salvatore, che stava confuso cogli altri sul palco, estatico, coll'archetto in mano, sul quale faceva scorrere della polvere di pece, e gli sorrise graziosamente.

Questo sorriso voleva dire; - Grazie della gentile serenata; voi avete parlato col cuore nella voce del vostro magico strumento.... - Lord From non seppe interpretare il senso di questo delizioso ed eloquente sorriso, ma rimase in piedi, astratto, confuso al punto, che non sentì il primo tac-tac del direttore.

Tutti si mettono a posto: si fa un gran silenzio.

Barbetta, attaccato al collo del suo contrabasso, ha la fortuna di non volgere le spalle alla platea e di potere, tra un from e l'altro, attingere l'ispirazione a quel volto divino. S'incomincia con un notturno di Chopin a soli archi, nel quale egli ha poca parte, tranne un sommesso accompagnamento; ma Bernardini è insuperabile, elettrizzante, un mago incantatore, non un suonatore di violino. All'ultima volata scoppia un applauso universale, in cui si sentono rumoreggiare le grosse mani dei compatrioti di Beethoven; applaudirebbe anche miss Tennis, se ciò fosse propre. Ma applaude per lei miss Dy, sul volto della quale erra e si confonde una strana impressione di sorpresa, mista a una curiosità non soddisfatta e ad un senso quasi di rincrescimento.

Essa ha riconosciuta la voce parlante del vecchio Stradivari; oh, non è possibile che ce ne siano due al mondo di quelle voci....

Lord From, per natura invidioso, cerca inutilmente di attrarre gli occhi della bella straniera e ne soffre, se ne rode, si morde il labbro. Ma non c'è tempo di far dei romanzi. Il direttore batte di nuovo la bacchetta sul leggìo, fa un segno speciale al contrabasso di sinistra, che non smette dal voltare pagine di musica, e.... tac-tac si affronta una indemoniata sinfonia di Berlioz, nella quale tutti hanno da sudare un paio di camicie, specialmente il contrabasso, che nell'orchestrina limitata, deve sostenere quasi tutto il motivo dominante. Non senza un po' d'emozione lord From si attaccò questa volta al fidato compagno della sua vita, al segreto confidente de' suoi misteriosi pensieri. La prima parte va piana.

Ogni quattro battute il contrabasso entra regolarmente con from grave, solenne come la parola di un giudice. Poi il tempo stringe; e il from scatta ogni tre battute più secco, più nervoso: finchè par che diventi irascibile.... Entriamo nel fitto della tempesta sinfonica. Pare che Berlioz voglia descrivere lo scatenarsi degli elementi: squillano gli ottoni raucamente, e il contrabasso deve segnare delle ripide scale decrescenti, oscure come quelle dell'inferno. L'occhio alla musica, la sinistra alle chiavi o alle corde, la destra alla pancia dello strumento, ecco comincia il rinforzato; le scale si fan sempre più lunghe, più buie, più cromatiche e obbligano Napoleone Barbetta a scendere in cantina a prendere una nota grossa e pesante per riportarla su su, assottigliandola, fino alle chiavi. E nello sforzo, nella tensione, la faccia è pallida, la fronte è bagnata di sudore, l'occhio esce dall'orbita e le falde dell'abito nero svolazzano di dietro e gli danno l'aspetto d'uno scarabeo che tenti di volare. Finalmente, dopo il finale scatenamento, il direttore, volgendosi direttamente a lui coll'archetto appuntato come una spada, lo sostiene nell'ultima stretta.

E lui con tutta la forza de' suoi trent'anni si butta sulle corde di mezzo e corre disperatamente in uno affrettato infernale, fino all'ultimo from. Il pezzo bizzarro non piace. Miss Dy ride dietro il ventaglio e fa fare a miss Tennis un bocchino di clarinetto....

Lord From da rosso infiammato diventa bianco come lo sparato della sua camicia. Invano egli invoca uno sguardo di lode, o almeno di compatimento: gli par di capire la ragione di questo improvviso mutamento. Forse istintivamente l'aveva prevista fin da principio, quando aveva evitato, parlando con lei, di dirle tutta la verità... Un suonatore di contrabasso non può essere ideale. Non importa ch'egli sia giovine, bello, elegante gentiluomo, colto, educato: non ch'egli abbia esposta la vita per la patria; che abbia salvata quella di una creatura umana... Che, che! il contrabbasso è la prosa; la poesia è di ... sulle corde del violino. Ah donne, donne, tutte eguali! Le donne non vi stimeranno e non vi ameranno per le vostre qualità e per le vostre virtù, ma per la corda che voi saprete toccare.

Questi furono gli irritati pensieri che passarono nella testa dell'infelice e che vennero a mescolarsi alle note e agli applausi per tutto il tempo che durò il concerto. Il quale si chiuse con un nuovo trionfo di Bernardini. Tutti salutarono il valente artista gridando bravo, applaudendo, agitando i fazzoletti. Anche lei applaudiva colle sue piccole mani inguantate: quindi uscì senza nemmeno degnare d'uno sguardo colui che l'aveva scampata da un mortale pericolo e che, ritto sulla soglia della gran porta d'ingresso, pareva messo a supplicare una limosina di compatimento.

 

*

* *

 

Lord From non chiuse occhio tutta la notte. - Questa volta il colpo ora stato più forte del suo orgoglio, Egli sentì che non avrebbe avuto più il coraggio di ricomparire sul palco in compagnia del suo sventurato strumento per farsi compatire e canzonare dalla ingrata creatura. Gli pareva che le voci dei violini avessero a ridere di lui.

Il secondo concerto doveva aver luogo tre giorni dopo, ma lord From non si lasciò vedere alle prove. Mandò a dire che si sentiva poco bene, stette chiuso in camera, e dopo un'altra notte non dormita, il suo pensiero era fatto.

Ordinò che gli si portasse nella stanza il contrabasso, che di solito rimaneva nella sala dei concerti e quasi gli ripugnasse la vista, lo coprì della sua veste di panno verde, allacciata con bottoni e nastri rossi, che davano all'istrumento l'aspetto d'un grasso servitore in livrea. L'appoggiò al muro e gli voltò le spalle con un grugnito che voleva dire: - Sta , maledetto.... - e uscì a passeggiare solo per la deserta stradicciuola del Lunghin.

Quel giorno non pranzò, non parlò con nessuno, finchè non calarono le tenebre a velare i dolori e i rancori del mondo. E quando fu buio del tutto, tolse sulle spalle il contrabasso, e appoggiato a un bastone di montagna, prese una stradina a man destra, svoltò in un'altra e si avviò per quella che costeggia il taglietto di Silz, deserta in quell'ora come ogni altro viottolo del monte.

Da lontano torreggiava nell'ombra la mole massiccia del Kursaal, che guardava nelle tenebre coi cento occhi delle sue finestre illuminate.

L'acqua aveva dei bagliori lividi. Grosse nuvole velavano la cima dei monti circostanti.

Lord From camminò quasi un'ora alla volta di Silz, finchè giunse in un punto ove il lago, restringendosi, s'incanala in un fiumiciattolo. Di qui, passando sotto un ponte di legno, l'acqua scorre più rapida verso gli altri laghetti di Silvaplana e di S. Moritz.

Il luogo era deserto e la notte chiusa.

Stette un istante sul ponte a guardare l'acqua corrente, girò lo sguardo intorno, e quando fu ben sicuro di non essere veduto, attaccata una grossa pietra al collo del contrabasso, con un battito violento di cuore, lo lasciò scivolare nell'acqua fredda e nera.

La cassa dette un piccolo tonfo sonoro, poi venne a galleggiare a fior d'acqua, come se invocasse misericordia; ma il crudele padrone ve la rituffò colla punta ferrata dell'alpenstok e la spinse egli stesso verso il fondo. Un rantolo come di morte gli disse che l'acqua entrava nelle viscere dell'affogato che, gorgogliando, sparì.

Lord From si passò il palmo della mano sugli occhi e voltando le spalle al Maloja e a' suoi abitanti, giunse sul far del mattino a S. Moritz. Di qui per il Bernina scese in Italia, lasciando negli impicci il direttore d'orchestra che, non potendo far senza di un contrabasso, (e questa era la vendetta) dovette sospendere i concerti fino a nuovo avviso.

Lord From non si è più riveduto a Milano; e v'è chi assicura che, rifugiatosi a Trieste, vi abbia aperta una bottega di formaggio parmigiano e di Gorgonzola.

Qualche anno dopo, alle cascate del laghetto di S. Moritz veniva ripescato un cadavere vestito di verde con bottoni rossi, non ancora corrotto, quantunque, preso e conficcato tra gli sterpi e le rupi, fosse rimasto tutto il tempo in molle.

Accorsa l'autorità cantonale, si verificò che l'annegato non era un uomo, ma un contrabasso colle corde spezzate. Nel ventre gli trovarono un piccolo guanto di donna.

Il giornalista locale nel registrare in cronaca lo strano e curioso avvenimento, finiva il suo cenno con una frase, che a quei buoni svizzeri dell'Engadina parve nuova. - Sembra - conchiudeva - che anche questa volta sia il caso di esclamare: "Cherchez la femme!"


 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License