Emilio De Marchi: Raccolta di opere
Emilio De Marchi
Oggi si recita in casa dello zio Emilio

UN UOMO AMANTE DEL QUIETO VIVERE (SCHERZO IN UN ATTO PER GIOVINETTI).

SCENA QUINTA. Don Ippolito e Don Tranquillo.

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SCENA QUINTA.

 

Don Ippolito e Don Tranquillo.

 

Don Ippolito entrando.

 

Si può venire?

 

Don Tranquillo.

 

Don Ippolito, venite pure.

 

Don Ippolito.

 

raccoglie l'ombrello caduto in terra e lo colloca in un cantuccio.

 

Mi rincresce disturbarvi, Vostra moglie vi cerca per mare e per terra, caro don Tranquillo, Ha cento cose da dimandarvi.

 

Don Tranquillo.

 

A me basta questo piede da grattare.

 

Don Ippolito.

 

Che ci avete fatto a quel piede?

 

Don Tranquillo.

 

Non sapete! poco fa, laggiù, nella folla, una bestia ferrata l'ha creduto un ciottolo.... e paf! sicuro.... Un male, vi dico, che fa vedere tutte le stelle come un telescopio.

 

Don Ippolito con interesse.

 

O diavolo, vi siete fatto molto male? Lasciate vedere.

 

Don Tranquillo.

 

Ahi ah! non toccate.... La bestia dalle lunghe orecchie ha voluto vendicarsi.

 

Don Ippolito.

 

Perchè vendicarsi?

 

Don Tranquillo.

 

Ora che hanno fatta la ferrovia ci sarà meno lavoro per lei; e poichè si sa che anch'io sono azionista.... ahi! ahi!

 

Don Ippolito.

 

Volete che faccia venire il dottor Cerotti? è qui.

 

Don Tranquillo.

 

No, no, è quasi passato: è una semplice contusione. Vedete la differenza, cognato mio, tra noi; io li porto gli asini, e voi.... vi fate portare.

 

Don Ippolito.

 

Pare che il vostro piede non v'impedisca di fare dello spirito. Comincio quasi a dubitare che sia un male, dirò così, diplomatico.

 

Don Tranquillo.

 

Pigliatelo come volete, ma non toglietemi alle mie pantofole.

 

Don Ippolito.

 

E se invece io vi pregassi d'un piccolo sacrificio?

 

Don Tranquillo.

 

Volete che io sottoscriva ancora diecimila lire per una strada ferrata nelle nuvole?

 

Don Ippolito.

 

Vi ringrazio: nelle nuvole ci si va anche senza strade. Vengo a darvi la bella notizia che avremo tra i nostri invitati anche il Segretario generale del Ministero dei Lavori Pubblici.

 

Don Tranquillo.

 

Davvero? è un onore che mi fa dolere anche l'altro piede.

 

Don Ippolito.

 

Io devo molta gratitudine al Segretario generale perchè, si può dire, è merito suo se Crescentino oggi ha una strada ferrata.

 

Don Tranquillo.

 

Davvero? se mi capita nelle mani sta fresco.

 

Don Ippolito.

 

Egli viene apposta per voi.

 

Don Tranquillo.

 

Per me? io non ho strada in aria.

 

Don Ippolito.

 

Nella mia molto specificata relazione al Ministero, intorno all'esecuzione di questo nuovo tronco che allaccia Crescentino coi principali centri industriali dell'Alta Italia....

 

Don Tranquillo brontolando.

 

E colla casa del diavolo....

 

Don Ippolito seguitando.

 

....insieme ai sacrifici compiuti dai diversi comuni ho dovuto naturalmente tener conto delle offerte dei privati e specialmente di quelle date a premio perduto. Quindi il vostro nome figura primo nella lista.

 

Don Tranquillo.

 

Dovevate dire ch'è stata mia moglie.

 

Don Ippolito.

 

O voi o vostra moglie poco importa nel caso nostro. Il fatto è questo: che Sua Eccellenza il Ministro, sensibile come sempre per tutti coloro che cooperano direttamente o indirettamente alla prosperità e al miglioramento morale e materiale del paese, ha preso nota della mia relazione e

 

con rilievo

 

vi manda oggi per mano del suo Segretario generale le insegne di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro....

 

Don Tranquillo.

 

Ahi! ahi! queste sono pugnalate al cuore d'un galantuomo che ama il suo quieto vivere. Caro cognato, e non potreste pigliarle voi queste insegne?

 

Don Ippolito ridendo.

 

Vi farei volentieri questo piacere se potessi.

 

Don Tranquillo.

 

E perchè non potete?

 

Don Ippolito.

 

Son già cavaliere.

 

Don Tranquillo.

 

Guarda che disgrazia! anche questa mi doveva capitare quest'oggi.

 

Don Ippolito.

 

Io capisco, caro cognato, che un uomo possa amare il suo quieto vivere; ma ci sono dei doveri sociali, ai quali un buon cittadino non può sottrarsi senza incorrere nel biasimo delle persone oneste.

 

Don Tranquillo.

 

Tra i doveri del buon cittadino mettete anche quello di lasciarsi crocifiggere?

 

Don Ippolito.

 

Capisco la semplicità della vita o dei costumi, ma guardate che questo eccessivo amore al riposo non sia poi in fondo della poltroneria bella e buona. E la poltroneria è sorella dell'egoismo.

 

Don Tranquillo.

 

Non è la prima volta che noi disputiamo su questo argomento o pur troppo, come due filosofi di scuole diverse, siam fatti per non intenderci. Voi avete scritto (scusate la mia franchezza), sulla vostra bandiera: Seccare il prossimo come stesso. Io invece: Vivere e lasciar vivere. Son due bandiere che possono liberamente sventolare all'aria libera. Io non impedisco che voi conduciate in casa mia non soltanto il Segretario generale, ma anche il Ministro se vi garba, il prefetto, il maresciallo e tutta la guarnigione di terra e di mare, non esclusa l'artiglieria e qualche fregata. Similmente non impedisco a mia moglie d'invitare non solo il sindaco e il segretario comunale, ma anche, se occorre, l'organista, il sagrestano e il facente funzione di vice - campanaro. Ma invoco per me.... un pajo di pantofole.

 

Don Ippolito un poco irritato.

 

Nessuno vuol rubarvele le vostre pantofole.

 

Don Tranquillo.

 

Ma non posso ricevere quei bravi signori in questo arnese.

 

Don Ippolito c. s.

 

Non vi manca nemmeno un pajo di scarpe.

 

Don Tranquillo più eccitato.

 

Mi manca la volontà di metterle.

 

Don Ippolito c. s.

 

Son cose di convenienza, meno faticose di quel che credete.

 

Don Tranquillo.

 

Ho io cercato qualche cosa al signor Ministro?

 

Don Ippolito.

 

E allora perchè siete venuto al mondo, se vi seccano tanto gli uomini?

 

Don Tranquillo.

 

Ho io domandato al buon Dio che mi mettesse al mondo?

 

Don Ippolito stizzosamente.

 

Voi fareste uscire gli usci dai gangheri.

 

Don Tranquillo irritato.

 

E voi pure se la mia pazienza non avesse gangheri d'acciaio.

 

Don Ippolito.

 

E non vi pare che per troppo amore al vostro quieto vivere facciate vivere molto incomodamente gli altri?

 

Don Tranquillo.

 

Lasciatemi nel mio guscio.

 

Don Ippolito.

 

Forse che è minor fatica calzare una scarpa, infilare un abito, che fingere la parte di zoppo, tossire e starnutare per forza, inventare bugie e paradossi, tormentare il vostro servo con centomila bisognini e fare innanzi al mondo la figura d'un orso selvatico?

 

Don Tranquillo.

 

E aggiungete: ascoltare delle prediche noiose....

 

Don Ippolito.

 

Noblesse oblige.

 

Don Tranquillo seguitando.

 

....con citazioni.

 

Don Ippolito.

 

Voi non siete un egoista, no....

 

Don Tranquillo.

 

Meno male.

 

Don Ippolito.

 

Il vostro cuore è aperto a tutti i buoni affetti del bene.

 

Don Tranquillo con ironia.

 

Grazie!

 

Don Ippolito.

 

La vostra mano soccorre e benefica largamente; ma avete un gran torto....

 

Don Tranquillo c. s.

 

Oh, oh!

 

Don Ippolito.

 

Invece di lasciar venire da quella pace che tien dietro naturalmente ad ogni buona azione, vi affaticate a cercarla dove non c'è....

 

Don Tranquillo.

 

con curiosità e ironia.

 

Dove?

 

Don Ippolito.

 

con un senso di sarcasmo.

 

Nelle pantofole.

 

Don Tranquillo offeso.

 

Ah cognato! che direste di me s'io vi rinfacciassi tutto quel che penso di voi in questo momento?

 

Don Ippolito.

 

Avrei la pazienza d'ascoltarvi e di perdonarvi.

 

Don Tranquillo.

 

Credete forse che non vi sia un mestiere più degno di un libero cittadino, di quello di mettere il naso

 

con sarcasmo

 

nelle pantofole altrui!..

 

Don Ippolito.

 

Scusate, non lo farò più. Dirò dunque al Segretario generale che una bestia ferrata....

 

Don Tranquillo.

 

Dite pure un asino.

 

Don Ippolito.

 

Come vi piace. Dirò che un asino vi ha morsicato....

 

Va via con passo risoluto.

 

 

 


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