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I CONSIGLI DEL VECCHIO MARINAJO
Che la tua nave o figlio abbia buon legno,
Che ben si regga sui fasciati fianchi,
E scarsa all'uopo ove una cosa manchi:
Dico la forza natural del core,
Che guarda le tempeste, e soffre, oblia
La noia e il male dell'incerta via.
Vero padron dell'acqua e degli scogli
Solo è colui che nel voler ripone
Dell'arrivar la scienza e la ragione.
Questo più che il timon, più che le vele,
Più che la scienza delle astruse stelle
Ti caverà dal sen delle procelle.
Nè per rumor di ciel, nè per incanto
Che dalle rive a te mandi l'invito
Tu dalla rotta non piegar d'un dito,
Ma sempre va dentro la notte oscura
Col lume a prora della vecchia fede,
Ch'oltre la notte e le tempeste vede.
Stolto è infierir coll'onda o contro i sassi
O colle rauche spume. Avanti! aspetta
A far dal lido una miglior vendetta!
L'agili brezze, i molli increspamenti
E gli abbracci del mar, sono pei forti:
Restano i cataletti agli altri morti.
È il mare, il mare il campo di battaglia;
Morti ci culla e ci porta alla sponda
L'irrequieto palpito dell'onda.
Il pigro no, meschin, nè il sonnecchiante
Non l'incostante o il pazzo arrischi il mare,
Ai vili resta il bere o l'affogare.
Sempre arriva chi vuole, e sempre vuole
Chi sull'antenna innalza una speranza
E nel pensier di chi l'aspetta avanza.