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Il morto passa in mezzo al rumor grande
Della città, che brulica e non sente
La voce che dal feretro si spande...
Ad altre cose ha da pensar la gente.
La gente? - butta la spregiata creta
Nell'angolo dei cocci e passa via.
Oh ch'io ti segua, io sol, zoppo poeta,
Col mio rosario e colla fede mia:
«Ave, corpo mortal, in cui piangea
Tra duri ceppi l'anima divina,
O rozzo vaso d'un'eterna Idea,
O diroccato altar, ave, o rovina!
«Ave, spirto immortale, che s'inciela
A terger l'ali in più sereni amori.
Farfalla nata per gli eterni fiori.
«Tu scendesti una notte al lume bianco
Degli astri in mezzo ai campi, ove ti accolse
La madre poverina entro il suo fianco;
Poi de' suoi baci tiepidi ti avvolse....
«Era di sangue e latte il picciol viso,
La bocca era una frugola vermiglia:
Il cor nel dolce mar degli occhi fiso,
Tutta stringendo in te la sua famiglia,
«Contemplò la tua mamma una gioconda
Della mente e che i sensi umani innonda:
Amor ti sprimacciò gli stracci lini.
«Di tua magrezza vergognoso al sole
Quindi posando sul materno petto,
Nel bel canto imparasti le parole
Che schiudono le porte all'intelletto.
«Poi corresti, fanciul, scalzo nel giallo
Frumento a fare l'eco alla cicala,
E a te dalla cascina ilare il gallo
Rispondea starnazzando sulla scala.
«Natura, al poverin sempre gentile,
T'empiè di bacche le siepi e di more,
Nè ti rifiutò del lieto aprile
Un bel raggio e d'un prato il più bel fiore.
«Te respinto dagli usci alfin raccoglie
Nelle sue braccia e t'offre un cataletto
Entro un lettuccio squallido di foglie
Pur dianzi cadute a farti il letto.
«E ancora, o Madre pia, culli i tuoi morti
A un modo istesso e il nome non ne chiedi;
Di pratoline e di virgulti smorti
A tutti una ghirlanda alfin concedi.
«Ave, corpo mortal, in cui piangea
Tra duri ceppi l'Anima divina,
O rozzo vaso d'un'eterna Idea,
O diroccato altar, ave, o rovina!