IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Qui si apre in mezzo ai pioppi, nel profumo
Del buon fieno, che a mucchi odora al sole,
Il mio regno, Tacete! ogni rancore
Di voce è spento e va lento per l'aria
La fatica degli uomini nel lento
Fumo dei campi. Oh quanto egli è soave
L'errar su l'orme di sè stessi, ignoti
Agli occhi dei saccenti! oh come il filo
Dolce si snoda dei pensieri all'ombra
Coperta d'una siepe! ecco ti sfugge
Di mano il libro che portasti grave
Di logorati sillogismi e stai
A leggere te stesso.
Una garrula allodola: si stende
Un vol di corvi a destra, che fan lunga
Macchia nel ciel; là svolgasi nel mezzo
Una gloria di nuvoli d'argento.
Se l'ora
Poi tramonta col sol dietro la rete
D'una boscaglia che s'incendia, o suona
Un cinguettìo di passeri raccolti,
Senti, amico, vibrar come d'un'ala
Di farfalla la morbida carezza
Sulla carne del cuor. Tu nel languente
Crepuscolo t'immergi e ti par quasi
Di spegnerti nell'ora che si spegne.
*
* *
Ma se porgi l'orecchio, è nel tramonto
Di quest'ora che parlano le oscure
Cose del mondo a chi timido veglia
Al lume d'una fede. Odi, son mille
E mille voci ch'escono dal campi
Ottenebrati, come se uno spirito
Pulsasse da ciascun filo dell'erba:
E nel passare fremon non so quanti
Altri spiriti spessi entro la chioma
Delle molli robinie: e luci e stridi
Corron per l'aria nera, in cui susurrano
Ignoti stillicidî di piangenti
Son le vostre
Anime antiche già passate a stormi,
Lavoratori della terra, stanchi
Di seminare il pan duro nel duro
Seno della natura. Or che disciolta
È la prigion del corpo e giace in polve
La struttura dell'ossa entro il recinto,
Che biancheggia laggiù dietro i cipressi,
Al morire del dì tornati le voglie
Dei buoni spirti a folleggiar tra i solchi,
E guizzando ti toccano, o vibrante
Anima mia. Mi parlano e rispondo
Un pensiero che sdegna il rauco suono
Della parola e non sarà mai scritto.
Che se per vago error non sbaglia il senso
Arcano che mi fa non istraniera
Questa tristezza, anch'io fui già del volgo
Forse altra volta o cadde alcun dei miei
Ne' rotti solchi. O forse in una sola
Anima ondeggia il mar delle tristezze
E in me percote, mormorando, il flutto
D'antichissimi pianti....
*
* *
Ancor non era
Nata in quei giorni, o verde Chiaravalle,
Nel dolente pensier d'un cenobita
Quest'abbazia, che in mezzo ai prati erompe
Gotica mole e par fatto di pietra
O Chiaravalle,
Quante migrar dalle tue chiostre al cielo
Consolate colombe e quante ancora
Vorrian fermar nelle tue nicchie brune
Una pace che fugge! A stento il nido
Nelle rovine tue nasconde il picchio,
A cui lacera il cor spesso il rimbombo
Del cacciator malvagio; e l'ombre stesse
Del padri incappucciati (s'egli è vero
Che si adunino a notte in mezzo al coro,
Quando la luna luccica inquieta
A turbare il gran sonno degli avelli)
L'ombre dei padri esterefatte balzano
Al reo fischiar della macchina nera,
Che solca l'orto del convento e versa
Bave di foco ed aliti d'inferno
Sulla mesta Certosa. O Chiaravalle,
Alle tue mura già scende l'insulto
Della vita che rugge e che trascina
Gli stridenti bisogni. Indarno all'urto
Potran dei vivi reggere le antiche
Mal sorrette dai santi absidi tue
All'incalzar del tempo. Alla cresciuta
Prole d'Adamo è scarsa aiola il mondo,
Sì che ogni valle ne trabocca e ingombra
È d'ogni solitudine l'asilo.
*
* *
Questi pochi che ancor restano a noi
Viottoli deserti assai più cari
Ci sian, fratelli, e per le ombrose vôlte
Andiam recando i desideri e i sogni
Cari agli dei, che il grosso volgo ignora.