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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Giacomo Leopardi si era espresso con molta acredine contro il cervello della donna. Tutti rammentano la sua famosa invettiva contro la lusingatrice e volubile Aspasia:
Sorge di rado il femminile ingegno;
E ciò che inspira ai generosi amanti
La sua stessa beltà, donna non pensa,
Nè comprender potrìa. Non cape in quelle
Anguste fronti egual concetto.
. . . . . . . . . . . . . . Chè se più molli
E più tenui le membra, essa la mente
Men capace e men forte anco riceve.
Ma il grande poeta Recanatese non era in questa faccenda un giudice sereno ed imparziale; troppe donne gli avevano opposto il più scortese diniego, ed è assai probabile, quasi certo (così io penso), che egli non abbia mai gustato con donna l'estasi d'amore. Proprio infelice! E la Aspasia, di cui egli scherniva la «fronte angusta», ossia il piccolo cervello, era pur la medesima che gli aveva offerto «l'angelica forma», e gli era apparsa «circonfusa di arcana voluttà», e gli aveva, civettando, mostrato il «niveo collo» e «la man leggiadrissima» e «il seno ascoso e desiato». Ce n'era abbastanza per esasperare un amante, sia pur «generoso» nell'attribuire all'amata anche il pregio della intelligenza, ma ostinatamente respinto.
Perciò Leopardi non ha voce in capitolo: era il dispetto che lo faceva poetare a quel modo così atrocemente antifemminista. Ed aveva torto completo perchè l'«angustia», ossia la piccolezza, non arreca con sè, inesorabilmente, l'inferiorità fisiologica, tanto meno quella psicologica. Dato pure che nel concepire, nell'ideare, nell'intendere, nel ponderare, nell'inventare, la donna sia sotto all'uomo, essa lo vince poi nella fantasia, che ci abbella l'esistenza, nella affettività che ci innalza e intenerisce l'animo, nella resistenza al dolore, che ci rende superiori al male, nella difesa del patrimonio ereditario della famiglia e della collettività.
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Il problema è stato esaminato fino dal tempo di Platone sotto tutti gli aspetti: biologico, psicologico, sociale, storico, etnico, perfin religioso; ma non si sono avute che risposte contradittorie. La maggioranza (degli uomini, s'intende) pensa, dice e scrive che la donna «ha meno cervello dell'uomo», e con ciò si allude più o meno discretamente alle sue facoltà mentali; e i maliziosi aggiungono che se il cervello femminile è men pesante di quello maschile, è perchè la donna è anche più... leggera; il che la donna stessa nega nel modo più reciso.
Apro il bel libro del Donaldson, vecchio di anni (1895) ma ricco di dati sicuri, ricorro al bellissimo articolo del prof. Manouvrier apparso sul Dizionario di Fisiologia di Carlo Richet, ritorno alla mia opera di Antropologia generale: e là rivedo, raccolte in poche cifre, le prove dell'inferiorità (anatomica) cerebrale della donna. Strano a dirsi, ma non abbiano su tale argomento molti dati antropologici: ne abbiamo parecchi sul cranio, non sull'encefalo.
Positivamente il cervello femminile è più piccolo, più leggero, meno denso del maschile. Si vuole qualche cifra per le stirpi e nazioni europee? Dai dati del vecchio anatomico Teodoro Bischoff riguardanti la stirpe tedesca, quella che si immaginava arbitrariamente e con spirito megalomane di essere il «sale della Terra», ci risulta che nei maschi, N. 559, il peso medio era di gr. 1362: nelle femmine, N. 347, il peso medio era di gr. 1219; ossia, la donna tedesca avrebbe, rispetto al «suo uomo», 143 grammi di cervello in meno. In Francia la donna con i suoi 1210 gr. ne ha 120 meno del maschio che arriva a 1330. In Italia la media del peso cerebrale maschile sembra essere di 1333 gr. e quella femminile di 1200, con un divario di 133 grammi. Peggio va per le Inglesi e Scozzesi che avrebbero, è vero, 1260 gr. di cervello, ma ne perderebbero ben 167 rispetto ai loro maschi provvisti di 1427 gr. Queste cifre debbono essere accolte con qualche riserva, data la tecnica forse diversa delle pesate anatomiche. Lo stesso dicasi per le pesate di cervelli di razze così dette inferiori: prendo dall'Hoernes queste altre cifre: Negri dell'Africa, maschi (15) media gr. 1273, femmine (4), media gr. 1150; Ottentotti e Boscimani, un maschio gr. 1417 (?!), due donne gr. 974. Questa ultima cifra mi richiama altri cervelli di donne di razza protomorfa, che davano pesi sotto ai 1000 gr.: per es. una Australiana soli gr. 907, ed una Boscimana appena gr. 872. Aggiungo (non per irriverenza verso il sesso gentile, ma per esattezza di antropologo) che un Gorilla ha fornito un cervello di gr. 567, per cui la donna o femmina di Homo arriverebbe col suo minimo normale a soli 305 gr. dall'Antropoide più grande e grosso, mentre si allontanerebbe di gr. 650 circa dalla media dei maschi pure di Homo meglio provvisti (Anglo-Sassoni).
L'inferiorità ponderale statica della donna, evidente nell'età adulta, ha però un compenso dinamico nello sviluppo, ossia nel modo con cui il cervello acquista nei due sessi il suo massimo peso. Le bimbe neonate hanno anche assolutamente un cervello più grosso dei neonati; ossia 397 grammi contro 367 secondo vecchi dati, e persino 360 contro 285 secondo qualche dato ulteriore (Wendt). Ma poi i maschi guadagnano rapidamente, perchè, sebbene in ambo i sessi l'encefalo col progredire degli anni si sviluppi sino a pesare il triplo e anche il quadruplo, questo incremento rimane minore nelle fanciulle. Tuttavia il maggior peso assoluto rispetto alla parabola vitale è raggiunto dal cervello umano alla adolescenza, e prima nella donna che nell'uomo; a 20-25 anni la donna è arrivata al suo massimo (in una serie di tedesche gr. 1226), ossia è cerebralmente maturata; ciò che, in fin dei conti, costituisce una certa superiorità, ma è in evidente dipendenza dalla secrezione riproduttiva: il maschio vi arriva soltanto nel periodo dai 25 ai 30 anni (nella serie tedesca gr. 1370); ciò che significa un divario sessuale evolutivo, che tutti i codici, anticipando l'età matrimoniale della donna, hanno empiricamente riconosciuto. Se facessimo eguale il complesso valore psicologico dei due sessi, e prescindessimo dalla loro diversa finalità biologica, noi dovremmo dire che la donna giunge più presto dell'uomo ad essere un «valore sociale». E chi non sa come anche dalla Scuola, le ragazze, prescindendo dalle specializzazioni culturali e parlando solo della grande massa, escono più maturate dei ragazzi per le finalità del loro sesso?
Il fenomeno è visibile pur qui nelle cifre; mentre il ragazzo pubere ha una massa di cervello che rispetto alla mole del corpo sta come 1 a 8,3, la ragazza ci porge un rapporto di 1 a 8; ossia ha un cervello proporzionalmente più sviluppato rispetto alla sua massa totale. Mi pare che ciò possa ben soddisfare l'amor proprio delle donne.
Posso aggiungere qui alcuni dati interessanti, togliendoli da un prezioso volumetto del dott. W. Wendt, dell'Istituto di Anatomia patologica di Monaco (Alte u. neue Gehirn-Probleme, 1909):
I. In rapporto alla statura. – Nei maschi da 20 a 25 anni, con la statura media di m. 1,66, il cervello pesava gr. 1358,45: il rapporto alla statura era di gr. 8,18 di sostanza cerebrale per ciascun centimetro di altezza. Nelle donne della stessa età, con la statura media di m. 1,54, le rispettive cifre erano gr. 1266,2 per massa e gr. 8,15 per ciascun centimetro.
Nei maschi da 25 a 40 anni, statura media 166,5, peso encefalico 1375,75: rapporto 8,26 a un centimetro. Nelle donne da 25 a 40 anni, statura media 155,75, e peso encefalico 1238,5: rapporto gr. 7,95 a 1 centimetro.
II. In rapporto al peso del corpo. – Maschi dell'età di 20-25 anni, peso medio del corpo kg. 48, peso encefalico gr. 1358,45: rapporto di 0,0283 di sostanza cerebrale per grammo. Donne dell'età di 20-25 anni, peso medio del corpo kg. 41,500, peso dell'encefalo gr. 1266,2: rapporto di gr. 0,031.
Maschi dai 25 ai 40 anni, peso medio del corpo kg. 53,750, dell'encefalo gr. 1375,75: rapporto gr. 0,0256. Donne dai 25 ai 40 anni, peso medio del corpo kg. 46,750, dell'encefalo gr. 1238,5: rapporto gr. 0,0265.
Adunque se la donna ha un po' meno di cervello rispetto alla statura, ne ha un po' di più rispetto al peso ed alla mole del suo organismo.
All'altro estremo dell'età, la donna conserva più a lungo (s'intende, sempre in media) il suo peso cerebrale; ossia se matura più presto, essa invecchia cerebralmente più tardi. Anche qui ci soccorrono alcuni dati cerebro-statistici (Wendt)
In 94 maschi di 60 anni la media del peso encefalico è di gr. 1340; in 61 donne della stessa età di gr. 1193.
In 74 maschi di 70 anni, peso medio cerebrale gr. 1256; in 53 donne della stessa età, peso medio gr. 1177,2.
In 32 maschi di 80 anni, peso medio cerebrale gr. 1244; in 48 donne della medesima età, peso medio gr. 1136.
Al di là di 80 anni, i dati maschili scarseggiano, riducendosi a due soli cervelli non comparabili; le donne nonagenarie sono invece sette e offrono un peso medio cerebrale di gr. 1090.
Ciò dimostra che non solo la donna è più longeva dell'uomo, essendovi in questa serie comparabile ben 55 donne ottuagenarie contro soli 34 maschi, ma che nell'encefalo esse fino agli 80 anni hanno perduto, dopo il sessantesimo anno, soltanto gr. 57 di cervello, mentre i maschi del gruppo corrispondente ne hanno perduto gr. 96. Il rapporto proporzionale della perdita è nella donna solo del 4,8%, nell'uomo del 7,9%!
Sarà vero che l'uomo si consuma più presto nelle lotte per la vita e non raramente anche nell'esercizio violento di certe funzioni che egli tiene accese, per così dire, anche negli anni di discesa della parabola vitale, mentre la donna, spinte o sponte, giunta ad una certa età non ha più questo motivo di sperpero delle energie. Ad ogni modo, anche questo è un fatto che può consolare le femministe più ardenti. Se è vero che ai Congressi per l'«emancipazione» della donna, son più numerose e faconde le vecchie delle giovani, ciò significa (senza fare della malignità!) che queste si sapranno «emancipare» alla loro maniera più presto e meglio delle anziane.
Ma il dato anatomico, bruto, per dir così, del peso vuol essere interpretato con criterii fisiologici: ossia sulla finalità della funzione che è compiuta dall'organo. Il cervello serve a tutto il corpo quale accentratore e distributore della energia: adunque, si metta la minor mole del cervello della donna in relazione, prima di tutto, con la sua minore statura, ossia con un minor complesso di parti corporee (ossa, muscoli, legamenti, visceri) da innervare, da coordinare, da dirigere, da far muovere. Ciò si verifica egualmente negli uomini di piccola statura che hanno, come la donna, un encefalo proporzionalmente più pesante e voluminoso di quelli di alta statura. Ma questo rapporto di massa, detto anche «ponderale», non infirma il dato generico che, espresso un po' grossolanamente in grammi di peso od in centimetri cubici di capacità cranica, non corrisponda nel maschio una potenzialità mentale (non psichica) più alta.
Se si adotta il punto di vista molto serio da cui si pose l'esimio mio amico prof. Manouvrier di Parigi, che fu un vero riformatore in questo capitolo della Biologia, se cioè non si bada soltanto al peso ed al volume assoluti del cervello, ma lo si mette in relazione con i caratteri somatici generali di statura e di mole, allora scompare quasi del tutto la pretesa inferiorità della donna, come aveva notato il Bischoff circa quarant'anni fa. La «superiorità» maschile intanto viene formulata solo in via astratta, generica; vi sono migliaia di donne che hanno un cervello più pesante e meglio sviluppato di milioni di uomini mediocri, come vi sono uomini che scendono molto al disotto dell'opposto sesso in tutti quei caratteri che significherebbero virilità, compreso il cervello.
Ho parlato di dati un po' grossolani, ossia soltanto di quantità; ma come un grammo di oro vale parecchi di rame o anche di argento, così si dovrebbe in questo problema parlare anche di qualità. Essa riguarda la composizione, la intima sostanza, la struttura del cervello; è questione di elementi minutissimi ossia staminali, di cellule e di fibre. Ad eliminare il significato del divario in meno di peso e volume, potrebbe bastare nei due casi comparati tra loro, come basta negli individui, un numero più grande di quei prolungamenti che mettono ogni cellula di un neurone in rapporto con le vicine e le lontane; basterà un anche lievissimo perfezionamento nella composizione biochimica della cellula e delle rispettive fibre; basterà poi, dal lato fisiologico, una agevolezza maggiore di quel trasferimento dell'energia neurale che è infine il sostrato di quella psichica. Non dico poi della conformazione complessiva e proporzionale dell'encefalo; dei suoi emisferi, dei lobi, delle circonvoluzioni o pieghe, che aumentano la superficie della corteccia grigia e sembrano in rapporto diretto con lo sviluppo della mentalità. Su tutto ciò sappiamo poco, ancora: è appena se qualche dato comparativo ci fa ritenere che esistono differenze morfologiche fra i diversi Hominidae!
Per la specie umana, come per le specie affini, l'Antropologia odierna non ammette più l'antico monogenismo, ossia che essa sia derivata da una sola coppia di Adamiti (Adamo ed Eva, del mito semitico, sono puri simboli di psicosessualità, come io ho dimostrato nella mia opera su La Psicanalisi); nè d'altra parte essa può moltiplicare di troppo gli stipiti; essa tempera le due teorie supponendo un moderato polifiletismo, cioè la primordiale differenza fra tipi locali che diventano poi le «razze» sotto l'azione dell'ambiente. Orbene, non presso tutte le specie o razze umane la donna è inferiore all'uomo; vi sono popoli dove essa, destinata ai lavori più materiali, tra cui la ricerca dell'alimento e la costruzione dei ripari, acquista una costituzione corporea più forte e specificata che non il suo «uomo», il quale rimane invece inoperoso, incaricandosi soltanto delle funzioni di difesa contro gli animali e contro le altre tribù. Non lo sappiamo di preciso perchè ci mancano ancora i dati, ma è assai probabile che il cervello di queste donne, dalla forza muscolare più potente e dalla attività mentale più energica, sia, se non più voluminoso e pesante, almeno eguale a quello dei loro maschi.
Presso le popolazioni e nazioni (e sono la immensa maggioranza nella Umanità più recente e a noi nota), dove la donna ha una funzione sociale ridotta, più domestica, più intima, dove non le è lasciata nessuna iniziativa nè inventiva, il cervello ha conservato più a lungo i prischi caratteri evolutivi, ossia è rimasto meno voluminoso, meno pesante, meno sviluppato che quello dei loro maschi, cui si apriva un più largo e vario campo di attività.
Alla donna, se pur viene a mancare il dato materiale della quantità cerebrale, rimane sempre dunque disponibile quello della qualità. Chi si azzarderà di negare a priori che la diversità fra cervello maschile e femminile in fatto di massa e di peso non sia compensata da un più fino coordinamento degli elementi che lo compongono nella sua corteccia, e che per merito dei due coniugi Vogt, questi grandi scrutatori del cervello umano ai quali va la gloria di avere svelato tanti misteri della struttura cerebrale e sopratutto della finissima architettura della corteccia, vi costituiscono un meraviglioso, stupefacente spettacolo?
Ma c'è di più: il volume del cervello non può essere un criterio esatto se non lo si mette in relazione ad altri elementi biologici, e sopratutto alle svariate esigenze fisiologiche del corpo del quale esso cervello accentra e coordina le funzioni supreme di innervazione, la sensibilità, la motilità, la ideazione, il sentimento, la consapevolezza dei proprii mutamenti. Non serve il cervello soltanto alla funzione di sentire, ma pur anche e sopratutto di reagire e di agire; ciò implica che, ricevendo le sensazioni esterne e le impressioni interne, esso vi risponda incitando i muscoli tanto se destinati ai rapporti con la realtà esterna, cioè col Mondo, col Macrocosmo, quanto se occupati a far funzionare la realtà interna, cioè l'organismo o Microcosmo. Questa è la funzione propriamente necessaria all'essere vivente che palesa d'esser vivo solo in quanto si muove, va in cerca di alimento, si protegge, aggredisce o si difende: questa è la psicomotricità, che è in proporzione con la massa delle ossa e dei muscoli che servono al movimento. Se la donna è dotata di «membra più molli e più tenui», è naturale che i suoi bisogni centrali o superiori di psicomotricità siano minori, ed ecco biologicamente spiegata una parte, e non la minore, della sua inferiorità cerebrale. Il suo cervello deve spendere minori energie per fare agire e reagire il corpo; e perciò risulterà più piccolo. Sempre per lo stesso motivo, gli uomini di piccola statura o di corpo costituzionalmente esile, così da assomigliarsi alla donna, hanno un cervello proporzionalmente più voluminoso dei soggetti di alta statura o di corpo più grosso, come ho già detto.
Il cervello propriamente detto, ossia gli emisferi, la cui superficie è coperta, come da un mantello o pallium, dalla corteccia grigia, organo delle più alte funzioni psichiche, deve essere tenuto distinto dal cervelletto, al quale si attribuiscono funzioni di equilibrio statico e di distribuzione di energia; dalla protuberanza, che rappresenta il tronco dal quale si separano i due emisferi; e dal bulbo, che costituisce il primo vitalissimo centro della vita organica, e si continua col midollo spinale chiuso entro lo speco vertebrale. Questi tre ultimi segmenti sono i centri encefalici detti inferiori, ed in parte sono anche i più antichi nella serie dei Vertebrati, dal Pesce all'Uomo. Orbene, essi si mostrano, nel tutt'insieme, relativamente più sviluppati nella donna; questo vuol dire che in questa gli organi incaricati delle funzioni biologicamente primitive e degli istinti fondamentali, mantengono in parte il loro prisco significato biologico. Ciò può chiarirci il perchè la donna sia più istintiva e più intuitiva (i maligni dicono più irrazionale!) dell'uomo.
Ed in realtà facendo dei rapporti proporzionali di peso tra emisferi, cervelletto e tronco, si vede che se la donna ha un po' meno sviluppati proporzionalmente gli emisferi che sono l'organo dell'intelligenza, ha in compenso più grossi i centri dell'equilibrio psicomotorio, della coordinazione energetica, degli automatismi fondamentali, che la lunghissima Evoluzione animale ha stabilizzato nei nuclei nervosi bulbari, e là dove hanno sede anche i nuclei superiori del parasimpatico, che ha (tra altri uffici) quello di regolare il cuore. E dico «cuore» in senso anatomo-fisiologico; ma si sa che in questo viscere si rispecchia la vita affettiva, emotiva, sentimentale! Se ne facciano un'arma le nostre care compagne ed emule (in gerarchia sociale); la donna possiede centri più evoluti per le funzioni di affettività in proporzione con quelle di intellettualità: non è forse un bel compenso alla lieve deficienza dei centri ritenuti superiori perchè sarebbero la supposta sede dei poteri intellettuali?
E si noti che questa «superiorità fisiopsicologica» della donna le è proprio connaturata; le bimbe nascono diggià con un cervello (emisferi) men proporzionalmente grande nella massa totale encefalica, ma mostrano fin da allora, e sempre relativamente, più evoluti i centri della vita instintivo-affettiva. Non basta: ho parlato delle vecchie rispetto ai vecchi; ebbene, la loro differenza nei segmenti dell'encefalo continua, anzi direbbesi che si accentua con gli anni: al di là dei 50-60 anni, e sopratutto nella tarda età dai 70 agli 80, l'uomo perde in peso degli emisferi più della donna, e questa aumenta per di più la sua relativa superiorità nei centri detti inferiori, cioè nel cervelletto, ponte e bulbo, ma che in realtà sono i più interessanti per la condotta dell'individuo. Se vogliamo tenere distinta, come oggi si scorge nella terminologia usata dai maggiori psicologi, la mente, che va intesa in senso più ristretto, dalla psiche, che per contro ha un significato più vasto, si vede che la donna, in sostanza, non viene psicologicamente a trovarsi ad un livello più basso del maschio: essa sta su una altezza diversa.
Un altro fatto curioso è questo, che nella donna il processo senile colpisce il cervello anteriore, o cervello mentale, men fortemente che nell'uomo. Ciò sta in relazione all'altro fatto che la donna è più longeva: tutti vediamo che il numero delle vecchie, che serbano più lungamente tutte le loro facoltà mentali, supera quello dei rispettivi vecchi.
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Certo le differenze non sono grandi, ma in Biologia ogni fatto positivamente osservato e confermato ha il suo significato e valore; non c'è nulla di inutile o di superfluo nella Realtà. Se volessimo personificare la Natura, dovremmo asserire che essa non è mai illogica; il principio di necessità la domina e da esso deriva l'altro principio che non erra mai; quello che è ragione del Sapere, ossia il principio di causalità. Noi non possiamo dire che quei pochi grammi di cervello, quelle piccole differenze di proporzione, rimangano senza effetti; a paragone di ciò che ignoriamo ancora sul cervello, questi dati sono una inezia, ma non sono privi di senso per chi li sappia interpretare. La Scienza considera, se non raggiunto, almeno avvicinato il suo scopo, allorquando può tradurre un fatto fisico o chimico, un fenomeno organico e, sotto alcuni riguardi, anche un fenomeno psicologico, in numeri e misure: il Mondo, cantava Pitagora, è il «Numero».