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Il climaterio maschile.
Il climaterio maschile sino a poco fa era troppo poco conosciuto o, meglio, non era abbastanza valutato dai moderni patologi (gli Antichi e i vecchi vi avevano visto meglio di noi!), ed anche ora non è ammesso da tutti. Si crede che nell'uomo non si possa parlare di un simile fatto biologico, perchè non gli accade quella esplicita regressione ed involuzione delle funzioni e degli organi sessuali, che tocca alla donna. Eppure, solo che si voglia obbiettivamente, senza presupposti, esaminare a fondo la vita sessuale attiva dell'uomo, specie in quel periodo che segna l'inizio dell'«invecchiamento» dell'organismo, si ritrova con una analogia evidente la medesima legge biologica che regola la vita sessuale attiva della donna ed il suo spegnersi progressivo.
1° Periodicità biologica ed invecchiamento.
La vita dell'uomo è stata da secoli paragonata figuratamente ad una parabola, ossia ad una curva prima ascendente poi discendente; però non a linea uniforme, bensì di quando in quando interrotta da rialzi e ribassi, più o meno risentiti, che corrispondono ad altrettante «crisi» dello sviluppo e della decadenza individuale. Nella donna, specialmente due di queste crisi legate alle funzioni riproduttive, cioè la prima di mestruazione puberale e la seconda della menopausa, sono esattamente determinate; nell'uomo, quest'ultima è sostituita, secondo molti biologi, da una crisi piuttosto indeterminata, detta forse un po' impropriamente «di vecchiezza», che si può in sostanza considerare equivalente ad un più lungo climaterio, mentre anche alla pubertà maschile limiti cronologici netti non si possono stabilire.
In ciò si riflette una delle leggi fondamentali della vita, quella della periodicità. Se si studia la crescenza degli individui, come hanno fatto recentemente Godin in Francia ed il prof. N. Pende in Italia, si ha ragione di dividerla in periodi contraddistinti da fenomeni speciali, morfologici, neuro-chimici e psicologici, dei quali periodi ad esempio il primo, detto del turgor primus, termina verso i quattro anni; il secondo detto della piccola pubertà verso i sei anni e mezzo; il terzo verso i quindici e mezzo nel maschio e verso i quattordici e mezzo nella donna, così che anche prima della pubertà si avrebbe un succedersi di sbalzi, di momenti «critici».
Orbene lo stesso fenomeno deve ripetersi nella parte discendente della parabola, al di là della piena maturità che cade tra i 35 e i 40 anni, ma non lo si è ancora abbastanza studiato. Ad ogni modo, questo succedersi di «crisi» o «punti nodali» è senza dubbio legato alla grande, suprema funzione della riproduzione (conservazione della specie), nonchè, come insegna la Biologia moderna, all'equilibrio umorale di cui i più importanti fattori sono dati dagli organi riproduttivi.
Vi saranno anche nell'uomo, come vi sono nella donna, delle leggi periodiche nella secrezione delle ghiandole sessuali, e ad esse sarà connessa, più che non paia o non risulti dalle imperfette nostre conoscenze, l'attività integrale, somatico-psichica dell'individuo. C'è chi sostiene, ad esempio l'Hèsnard recentemente, che tutto il comportamento individuale, vita natural durante, abbia il suo fulcro o motore nell'istinto riproduttivo (sessuale).
Paolo Albrecht fu il primo, se non erro, a studiare molti anni fa la periodicità nella formazione ed emissione del liquido seminale, indugiandosi specialmente sulla eliminazione spontanea; egli trovò che vi è un periodo in codesta emissione spontanea involontaria di cellule germinali maschili, proprio come avviene nell'ovulazione. Non ho il ricordo preciso della data e del luogo di tale pubblicazione del geniale, ma infelice biologo belga (che finì col suicidio); ma son certo che cercando la si troverà, e forse qualcuno dei miei Lettori potrebbe casualmente rammentarsene.
Ma un altro ricercatore di molto tempo fa, e questi italiano, l'alienista Silvio Venturi, ha dato corpo nel 1892 al concetto che sullo sviluppo della psiche e sulla forma delle alienazioni mentali abbia la massima influenza la vita sessuale, così che si potrebbero seguire le sorti dell'individuo attraverso alle fasi della immaturità, della maturità e della involuzione delle funzioni genitali (v. Le Degenerazioni psicosessuali, Fratelli Bocca, 1892).
Il Venturi è stato un vero precursore delle dottrine Freudiane; ma non è di ciò che debbo parlare nè delle sue originalissime vedute sui rapporti fra sessualità e psicosi, bensì delle curiosissime osservazioni fatte sulla spermatogenesi nei pazzi. Egli ne desunse che la produzione dello sperma è diversissima: in alcuni moltissima o molta, in altri poca, ed in altri nulla; e su ciò, ecco quel che a noi importa, avendo egli diviso i malati secondo l'età, trovò che se dai 20 ai 29 anni il 50% ha una intensa spermatogenesi, e se dai 30 ai 39 ce l'ha solo il 33%, già dai 40 ai 49 la proporzione discende al 17% e scompare sopra i 50 anni. A sua volta una scarsa spermatogenesi si osserva già nel 50% dei malati tra i 20 e i 29 anni, del 55% tra i 30 ed i 39, sale al 60% tra i 40 e i 49, si trova ancora al 40% tra i 50 e i 59 (le cifre assolute sono però troppo piccole). Tra i 50 e i 59 anni il 46% dei soggetti, e sopra i 60 anni il 66%, non presenta più emissioni di sperma.
Questi dati starebbero a provare che nei pazzi la spermatogenesi comincia già a calare prima del 30° anno, diminuisce ancora di più tra i 40 e i 50, e ci si può chiedere se questo fenomeno non sia un vero climaterio che colpisca circa la metà ed anche i tre quinti dei soggetti.
Ora, o l'indebolita o mancante spermatogenesi è un coefficiente causale della psicosi e della sua continuità, oppure è lo stato dei centri nervosi che a sua volta induce la oligo- e l'azoospermia.
Se la Endocrinologia ci fa oggi propendere verso il fattore umorale, non è men vero che il punto di vista che dirò «neurogenetico», ha trovato recentemente un grosso appoggio nelle belle ricerche sperimentali del prof. Carlo Ceni. La questione merita di essere esaminata con spirito sereno e senza preconcetti dottrinali di nessuna specie; e il dilemma è: o prima i testicoli (e le ovaie), o prima il cervello?
Ma chi fra tutti i biologi ha insistito sul fenomeno della periodicità vitale, sin quasi al paradosso, è il viennese Hermann Swoboda in un'opera della quale non è apparso finora, per quanto io so, che il primo volume (v. Das Sebenjahr.-Untersuchungen über die zeitliche Gesetzmässigkeit des Menschenlebens, Vol. I: Vererbung; Vienna-Lipsia, Orion Verlag, 1917, in-lex. di pag. XII-580).
Nonostante le sue esagerazioni, che sollevano dubbi ed obbiezioni frequenti, le idee dello Swoboda meritano di essere ricordate, sia perchè pochissimo note in Italia, sia perchè contengono certamente un qualche nucleo di verità. Ora, secondo lui, la vita umana non è eguale ed uniforme, ma decorre ad onde, e la lunghezza di ciascun'onda equivale al periodo di sette anni. Gli anni 7, 14, 21, 28, 35, 42, 49, 56, 63, 70, 77, rappresentano altrettanti «punti nodali» cui corrisponde una crisi.
Accettando questo concetto biologico, io direi che i tre primi periodi sono di crescenza e di evoluzione, i tre altri rappresentano lo stato di maturità, gli ultimi cinque corrispondono alla fase discendente. Si capisce che in ciascun individuo ogni punto nodale può spostarsi di qualche anno; d'altra parte, esso dura in media dodici mesi, ma può durare molto di più, sino a due-tre anni, e con ciò lo Swoboda concede alla sua dottrina una maggiore elasticità.
Una volta maturato l'apparecchio riproduttivo, nei due sessi il periodo settennale comprendente il «punto nodale» rappresenta uno speciale ciclo nella procreazione; esso riposa su di un periodico specificarsi o attivarsi delle cellule germinali, le quali sarebbero soltanto allora utilizzabili (fecondazione).
D'altra parte, la sterilità di una coppia può dipendere tanto dalla femmina quanto dal maschio, come si scorge anche nelle unioni regolate dall'uomo negli animali domestici (cavalli, buoi, pecore), in cui non sempre lo stallone arriva a fecondare le femmine. Fino a poco tempo fa si attribuiva la mancanza di prole alla sola donna, ma questo fatto non dipende soltanto da essa, nè dall'età, nè da malattia, bensì spesso da una vera periodica sospensione nella attività genesica o fecondativa anche dell'uomo. Stando a questa teoria dello Swoboda si avrebbe il climaterio medio della donna verso i 6 × 7 = 42 e al massimo verso i 7 × 7 = 49; nell'uomo esso si protrarrebbe in media a 7 × 7= 49 e a 7 × 8 = 56.
L'opera dello Swoboda è piena di particolari genealogici interessantissimi, non sempre, è vero, convincenti nè dimostrativi come egli ritiene, ma nel complesso pur sempre impressionanti. In molte famiglie principesche, di cui è facile costrurre l'albero genealogico, si veggono dei frequenti, se non costanti, cicli settennali, sia rispetto all'età dei progenitori, sia nelle distanze fra le nascite. Notevoli sopratutto sono le ricorrenze settennali nella vita riproduttiva della donna, dove gli anni «critici» sarebbero i 14, 21, 28, ... 42 (49); ma il fenomeno si ripete pressochè eguale nell'uomo, salvo uno spostamento del ciclo settennale verso i 21, 28, 35, ... 49, 56 (63) ... Teniamo presenti queste tre ultime cifre: esse rappresentano una fase decisa di declinazione, di involuzione.
In sostanza tutto si riduce a stabilire quando cominci nella parabola individuale dell'uomo questa fase involutiva, primo inesorabile accenno della vecchiezza. Uno studio assai ben fatto sul climaterio maschile fu compiuto dal prof. F. Galdi nel 1911, diretto specialmente alla patologia, alla morbilità particolare che i singoli organi ed apparati presentano durante questo periodo critico: e qualche anno dopo lo stesso prof. Galdi ritornava sul problema biologico, medico ed igienico sociale della vecchiaia. In questa seconda pubblicazione, sorpassando sulla «crisi» climaterica, dava rilievo alla patogenesi endocrinica di tutte le modificazioni ed alterazioni caratteristiche della senilità, sostenendo che non con le sole ghiandole seminali potessero essere in relazione o dipendenza, ma con tutto l'insieme delle secrezioni interne, con particolare riguardo a tutti gli ormoni eccitatori. E con tutto ciò si intende che la stessa patogenesi varrebbe per l'incipiente processo senile, per la «crisi di vecchiezza».
Lo stesso concetto era stato diggià sostenuto dal prof. N. Pende di Genova, per il quale non la sola ghiandola genitale ma ben quattro ghiandole interne entrano nel fenomeno dell'invecchiamento: la tiroide e la ipofisi, poi le ghiandole genitali e le surrenali. La disfunzione delle due prime ghiandole spiegherebbe il sovraccarico adiposo dell'età involutiva, la intossicazione per i rifiuti proteici sclerogeni, il rallentamento del ricambio; si dovrebbero alle altre due ghiandole la ipertensione arteriosa del climaterio e, nel maschio, aggiungerei io, la formazione sempre più imperfetta dal lato morfologico, e quindi da quello funzionale, degli elementi spermatici.
La dottrina sarebbe seducente, se non rimanesse a spiegare il perchè di tale disquilibrio, che non può essere attribuito, per circolo vizioso, se non ad un «invecchiamento» delle ghiandole stesse; il che significa la non soluzione definitiva del quesito fondamentale.
2° Riproduttività e climaterio nell'uomo.
La donna precede in massima l'adolescente di tre o quattro anni nell'attitudine all'atto sessuale; ma poi, come fa notare lo Stratz, lo precede pure nell'epoca critica di 10-15 anni. Secondo Marcuse il climaterio maschile cade in generale tra il 50° ed il 55° anno; in alcuni, egli dice, può essere precoce ed avvenire sin dai 40 anni, in altri essere ritardato fino ai 60 (v. art. « Klimakterium des Mannes », in Handwörterbuch der Sexualwissenschaften, 2a edizione, 1927). A me pare che queste determinazioni cronologiche siano in media giuste; la precocità verso i 40 mi sembra però essere una circostanza patologica, non normale, e d'altronde molti uomini ultra-sessantenni sfuggono alla legge periodica. Ma certamente è un errore credere ancora che nel maschio non esista un fenomeno biologico analogo a quello della menopausa: esso esiste così negli animali, come nell'uomo. Questa sarebbe l'età del Reifung dei Tedeschi, l'âge de retour dei Francesi, la crisi di vecchiezza degli Italiani, e non vuol dire che, mancando un fenomeno perspicuo come la mestruazione, non se ne possa stabilire una generica, se non precisa cronologia.
Arrivato ad un certo punto della sua parabola vitale, anche l'uomo attraversa un periodo di complessi mutamenti che corrisponde a quello della donna, sebbene non gli coincida o, come dicono i sessuologi, non gli sia congruente. Ciò crea, come giustamente ha fatto osservare lo stesso Marcuse, importanti conseguenze nelle relazioni corporee e psichiche fra i due sessi, e quindi ha anche una importanza sociale di primo ordine (cfr. nel vol. Die Ehe, ihre Phys., Psych., ecc., Berlino, 1927, pag. 254). Per lo più si attribuisce alla donna il fatto che molte unioni manchino di prole, ma ciò, come si è detto, dipende abbastanza spesso invece dalla periodicità maschile, che intervalla (come sostiene lo Swoboda) periodi di sospensione ad altri di effervescenza nell'attività genesica dell'uomo, e può dar luogo ad incongruenze fisiologiche nell'attitudine procreativa della coppia, in quanto la fase di oligo- o di astenospermia del maschio venga a coincidere cronologicamente con la fase di attività ovulare della donna.
Le ghiandole seminali maschili, checchè l'uomo possa pensarne o sperarne nella vanità della sua «virilità», subiscono con l'età una regressione fisiologica che va di pari passo con un processo distrofico, involutivo, ed è rappresentato da alterazioni strutturali e funzionali degli elementi fondamentali della spermatogenesi. Di queste alterazioni gli istologi hanno descritto più volte le caratteristiche, e si possono qui citare le bellissime ricerche del nostro Sertoli, dalle quali parte ogni nostra attuale cognizione sulla struttura ed ontogenia testicolare.
Già verso i 50 anni (ricordiamoci del ciclo settennale 7 × 7 = 49 dello Swoboda), molti uomini raffreddano i loro ardori genesici, e la loro «crisi» si vede anche da osservatori superficiali: chè se vi sono casi in cui ancora nel 6° e persino nel 7° decennio permane la produzione di spermatozoi con una certa floridezza di corpo e di spirito, e se vi sono casi ancora più rari, anzi eccezionali, in cui la spermatogenesi è stata possibile nell'8° decennio, ciò non toglie che quegli elementi spermatici non mostrino ad un esame istologico accurato modificazioni caratteristiche, sia quantitative, sia qualitative.
Sulla involuzione degli organi sessuali maschili noi abbiamo finora ben poche osservazioni anatomo-fisiologiche, tanto più che si tratta di indagini molto delicate. Il Fürbringen aveva ben descritto alterazioni di quantità e di qualità, mentre per contro il Gueillot, non molto tempo fa, asseriva che «non v'erano esempi probativi di arresti di sviluppo o di modificazioni di forma dello spermatozoide». Ma un recentissimo lavoro di A. Branca riconferma le osservazioni del Fürbringen, dimostrando le frequenti anomalie e di forma e di istogenesi, nonchè le degenerazioni degli elementi testicolari dell'uomo, durante la loro parabola vitale. Vero è, egli rileva, che in un certo numero di individui il testicolo resta fecondo anche al termine della vecchiezza, ma questo prova tutto al più la «individualità» dell'organo, e non toglie il fatto che, al pari di tutte le altre cellule dell'organismo, anche quelle seminali vadano soggette all'invecchiamento, che può anche essere precoce a seconda delle circostanze. Il Branca conclude col rilevare che l'età sembra esercitare sulla ghiandola «una influenza preponderante, così che i termini estremi della vita si assomigliano»; e allora, se vi è nei primi anni di fanciullezza e di prepubertà un lungo periodo di preparazione evolutiva prespermatogena, ve n'è pure uno di decadenza graduale.
In Neuropsichiatria non possiamo dimenticare che una base primitiva per ammettere che il principio della decadenza individuale comincia già nel quinto decennio (cioè dai 41 ai 50 anni) la si trova nel diminuire di peso dell'encefalo. La perdita rispetto al peso del decennio di piena maturità (dai 31 ai 40 anni) non è grande, è di pochi grammi, al più di due o tre decine di grammi, e inoltre deve essere messa in rapporto coi caratteri somatici individuali (biotipo, statura, sviluppo muscolare, malattie superate, ecc.); ma per questo non è meno indiziaria di un processo regressivo che si inizia quando meno lo stesso individuo, per lo più nel pieno fervore della sua attività professionale e sociale, se lo aspetta o lo sospetta. Quanti insuccessi nella vita di individui giunti al cinquantennio, son dovuti a quel calo di sostanza cerebrale, cui certamente non è estraneo l'iniziarsi di un disquilibrio umorale!
So bene che i medico-legisti, sulla base di osservazioni anatomiche in individui di età avanzata, sostengono che la spermatogenesi non viene mai a cessare, essendosi trovati spermatozoidi in vecchi ottuagenarii ed ultra; so pure che sulla esistenza di rarissimi casi di attività fecondante conservata da uomini molto avanzati negli anni, la Medicina legale propende nelle questioni di paternità a sostenere che il maschio può sempre fecondare una donna. Ma io penso che altro sia trovare in età avanzata elementi spermatici ancora conformati mediocremente, altro il concedere loro in ogni caso la funzione fecondante. Le statistiche dimostrano che la facoltà di procreazione diminuisce e cessa col progredire dell'età anche nei maschi: ordinariamente le unioni di uomini ultrasessantenni con donne giovani, tuttora atte ad essere fecondate, rimangono sterili, e il motivo non può essere che la deficiente funzionalità degli elementi spermatici, anche se questi vengono sempre formati nelle cellule spermatogene e si presentano senza visibili modificazioni morfologiche.
Non si può supporre che nel maschio duri l'attività genesica solo perchè esso continua a provare degli eccitamenti ed a dare materia, spesso ridotta però al secreto prostatico. Il reflesso della erezione è assai complicato ed è risvegliabile anche con semplici stimolazioni psichiche (cerebrali) ed in molti uomini la funzione erettile è in dipendenza diretta della psicosessualità più che della genitalità immediata; del che è prova la persistenza dell'eretismo anche in chi ha subìto la doppia castrazione. Allo stesso modo la donna, pur perdendo al climaterio la facoltà procreativa perchè gli ovarii si atrofizzano, rimane pur sempre sensibile e capace di orgasmo per parecchio tempo dopo: anzi si citano casi di donne lussuriose anche ai 60 e più anni.
Del resto bisogna considerare la ghiandola testicolare non destinata soltanto a formare l'elemento cellulare che fuoruscendone va a fecondare l'ovulo; essa ha un'altra funzione, quella di segregare una sostanza endocrina che, circolando nel sangue, influisce sull'intero organismo e sembra sia quella che gli fa assumere i caratteri sessuali secondarii. È la sostanza «interstiziale», che secondo molti endocrinologi secerne questi ormoni, e sono propriamente essi, non gli elementi morfologici spermatici, gli stimolatori e i sensibilizzatori dei centri nervosi. Non soltanto essi conferiscono all'organismo le note somatiche esteriori della virilità (sviluppo e forma del corpo, sistema osseo e muscolare, sistema pilifero, ipogenesia della ghiandola mammaria, conformazione della laringe, ecc.), ma influiscono anche grandemente sull'attività sessuale, sulle funzioni di senso e di moto, sull'attività cerebrale, sul vigore delle facoltà intellettuali, sul carattere, sulla condotta; sono insomma i coefficienti massimi della virilità così corporea come mentale. Nè basta: c'è nell'uomo un'altra ghiandola che agisce nello stesso senso, ed è la prostata annessa all'apparato genitale maschile. Non solo essa è fornitrice di una secrezione esterna che, mescolandosi a quella testicolare, alimenta gli elementi sessuali, li mantiene vivaci e ne promuove l'attività motoria cotanto necessaria alla finalità fecondativa; ma per di più essa è la produttrice di una secrezione interna, cui si attribuisce la regolazione della stessa spermatogenesi e che agisce sulla funzione sessuale maschile, quindi indirettamente anch'essa sull'attività del doppio sistema nervoso, di quello vegetativo e di quello di relazione.
Data codesta importanza funzionale della ghiandola interstiziale e della prostata, non si può a meno di pensare che esse pure comincino a declinare verso la cinquantina, ed esercitino una attività, per così dire, negativa sull'organismo già predisposto alla inevitabile usura della età. La vecchiezza del testicolo, dice il già citato Branca, si manifesta in età abbastanza differente da individuo ad individuo, ma per noi l'interessante è che in qualche modo essa si manifesti, contrariamente all'opinione ottimistica che l'apparato sessuale maschile non subisca la legge inesorabile del tempo, come la subisce ogni altro apparato, ogni altro sistema, ogni altro tessuto del nostro corpo.
Per il successo nella vita e per la resistenza alle malattie neuropsichiche, l'Adler ha dato importanza al «virilismo», che ci donerebbe un senso fisico generale ed un sentimento psichico correlativo di vigore personale, di energia, di superiorità. Molti uomini in climaterio si sentono decadere, diventano meno «virili», non tanto nel corpo quanto nello spirito, e vorrebbero riavere il loro prisco vigore; ciò che è ben difficile, date le mutazioni biologiche indotte dal decrescere della vitalità generale e sopratutto della virilità. Nella lingua latina vis, vir, virtus, hanno la stessa radice!