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La patologia del climaterio maschile.
L'esistenza di un «climaterio maschile» non è ammessa da tutti i biologi, tanto meno dai medico-legisti, i quali si basano sulla persistenza della secrezione testicolare in uomini di età avanzata. Questo fatto che avrebbe trovato una dimostrazione nel caso, fin qui unico nella Scienza, d'un vecchio ultra-centenario nei cui testicoli si scorgevano ancora degli spermatozoi (Kuczinski), non ha, secondo me, troppo valore, potendo anzitutto spiegarsi con una di quelle eccezioni che ogni legge della Vita ci offre nelle varietà individuali; d'altra parte non essendo dimostrato nè dimostrabile che a quella età, anzi oltre i 65-70 anni, gli elementi spermatici, se pur conservano una configurazione apparentemente normale (ma è dubbio che con indagini più fini ciò possa rimanere provato), conservino sempre le loro proprietà intrinseche, biochimiche, fisiologiche, attive rispetto all'elemento femminile. Perciò io condivido le opinioni di coloro (e sono molti) che ammettono nella specie umana una fase della vita in cui non soltanto nelle femmine (più precocemente), ma anche nei maschi (più tardi, con una differenza media di 10-15 anni), la funzione riproduttiva vada soggetta ad una vera involuzione, con le conseguenze fisiche e psichiche individuali e sociali che ognuno comprende.
Di questo climaterio, del quale ho cercato spiegare già le ragioni biologiche ineluttabili, un alienista tedesco di chiara fama, il prof. Hoche, combatte in questi giorni, in un piccolo libro, l'esistenza, sostenendo che nella donna avviene sì alla menopausa un profondo «mutamento» somatico ed anche psichico, in modo rapido ed evidente, ma che nell'uomo tale «mutamento» non si effettua se non lentissimamente e neppure esteso a tutti i caratteri individuali come nel sesso femminile. Io non nego che esista questa differenza tra i due sessi: che nell'uno (la donna) il mutamento si compia generalmente in poco tempo e nell'altro (l'uomo) in un tempo più lungo; ma basta il fatto che, giunti ad un certo svolto della vita, ambedue i sessi vanno soggetti ad un «mutamento». Inoltre, ci sono tanto nel femminile, quanto nel sesso maschile, delle varianti individuali, per cui i fenomeni del climaterio si manifestano in maniera, ora più lenta nella donna, che conserva più a lungo le sue attrattive fisiche, la vivacità dei desideri istintivi sessuali e tutte le loro conseguenze nella mentalità, nel carattere e nella condotta, ed ora più rapida nel maschio, che perciò in pochissimo tempo presenta i caratteri precoci della senescenza e si sente spegnere o morire, come dice l'Hèsnard, l'istinto sessuale, a sua volta con le naturali conseguenze di questa cessazione o diminuzione dello «slancio vitale» (la «libido» della Psicanalisi).
La prova più formale, del resto, di un climaterio maschile mi viene offerta dallo studio attento di ciò che avviene nei maschi tra i 45-50 ed i 60 anni. Durante questi anni, ora più presto ed ora più tardi, ora in modo completo ed ora parziale, avvengono in essi dei mutamenti visibili, direi tangibili, sia nel fisico, sia nel morale, equivalenti in modo evidente a quelli che qualche tempo prima, cioè, fra i quaranta e i quarantacinque-cinquanta, si verificano nelle donne. Questi fenomeni, che noi, checchè si pensi, dobbiamo dichiarare «involutivi», tanto nell'organismo corporeo, sue funzioni e sua morbilità, quanto nel sistema nervoso, quale strumento sopratutto dell'attività di relazione, nelle sue strutture, nelle sue manifestazioni funzionali, comprese le istintivo-sessuali, nella mentalità e nel carattere, infine nella morbilità psichica, saranno da me qui esposti in breve.
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Quando si inizia nella vita dell'uomo la parabola discendente, cioè a quella età nella quale avviene quello che diciamo il climaterio, si osserva anzitutto una morbilità maggiore e, come nella donna, una mortalità maggiore. Contemporaneamente all'apparire dei segni della senilità, diminuisce la resistenza organica, così da aversi nel 5° decennio la proporzione di morti del 12%: nella donna in climaterio la mortalità è invece solo del 9 per cento. Quel che più importa è che nel maschio di questo periodo preinvolutivo cresce la morbilità: i cinquantenni formano buona parte della clientela dei medici, massime nei grandi centri urbani; ma anche senza arrivare a tanto, ognuno vede che se nella donna il quarantennio è per lo più un promontorio di non «buona speranza» e con rapido avvizzimento, anche nel maschio possono verificarsi dei climaterii morbosi precoci, anche prima dei 40 anni. Ognuno di noi ricorderà casi di conoscenti riveduti dopo parecchi anni e affetti da più che perspicuo invecchiamento. Secondo lo Hirschfeld, questa precocità climaterica colpisce più specialmente i celibi ed i vedovi, men di frequente i coniugati: colpisce sopratutto i degenerati, i displastici (Kretschmer) dall'abito femmineo. Anche il Marcuse vede le cose sotto un aspetto non molto diverso; secondo lui, vi sono uomini dotati di una «costituzione sessuale adeguata» ed altri invece con vita sessuale «inadeguata»; su questi ultimi infierisce il destino, procurando un climaterio genitale prematuro e maligno, ossia ingeneratore di complessi disturbi somatici e psichici.
Noi vediamo infatti come nella grande maggioranza dei maschi, verso i 45 e 50 anni (talvolta anche prima), cominciano a presentarsi i segni ben noti della involuzione somatica, massime nei tessuti tegumentali. Mi limito ad indicare la calvizie, sia temporale, sia sincipitale, la canizie, le rughe sulla faccia e sul collo, le striature longitudinali sulle unghie, l'obesità addominale e la corpulenza; egli è che la nutrizione generale si muta e nel ricambio prevalgono i processi anabolici e braditrofici, sui catabolici e tachitrofici. Questi segni fisici di incipiente senilità sono stati sfruttati abilmente dall'Arte che ne ha anzi accentuato il valore fisionomico.
Come nella donna in menopausa si sviluppano caratteri di virilismo (peli e porri alla faccia, voce più grossa, avvizzimento delle mammelle, ecc.), così nel maschio in climaterio si veggono non di rado segni di effeminatio (grasso alle natiche, all'addome e alle mammelle, ginecomastia), massimamente nel biotipo megalosplancnico dei costituzionalisti nostri (Viola, Pende) o nel tipo picnico (Kretschmer). Nel biotipo microsplancnico e longilineo gli stessi connotati si esagerano e si veggono uomini cinquantenni diventar più poveri di grasso, segaligni. Non è rara una certa apparenza di eunucoidismo, che si fonde col femminismo.
La patologia del climaterio maschile è stata assai bene studiata dal prof. F. Galdi, ed io dai suoi lavori riporto alcune osservazioni interessantissime.
Cominciando dal ricambio materiale, è questo il periodo della vita in cui si verificano le prime manifestazioni della braditrofia generale, dell'uricemia, sopratutto della gotta, i cui primi veri attacchi scoppiano in generale verso i 50 anni; è allora che d'ordinario la litiasi renale e la biliare dànno luogo alle coliche caratteristiche. Pure l'artrite deformante comincia allora il suo subdolo decorso che mai più si arresta.
Nell'apparato respiratorio si accentuano i danni della obesità addominale, della pletora viscerale; la respirazione si sente ostacolata e si ha affanno negli sforzi; e sono di questa età le molestie alla regione precordiale, i catarri bronchiali duraturi, l'asma, ecc. Si presenta pure una maggiore suscettività verso il bacillo di Koch, donde alcune tubercolosi tardive; facili poi le polmoniti ad esito rapidamente letale, massime se l'organismo si trova in fase di strapazzo.
Dal lato cardio-vascolare, l'arteriosclerosi diffusa, anche se iniziale, spiega molti fenomeni morbosi: le palpitazioni cardiache, l'affanno nel salire le scale, massime nei corpulenti, la dispnea, le vertigini. La tendenza agli attacchi vascolo-cerebrali spesseggia a questa età, donde le facili e frequenti congestioni al capo, gli ictus apoplettici, i primi indizii, o, almeno, le minaccie di malattie cerebrali e di psicopatie da arteriosclerosi. Anche le così dette crisi emorroidarie debbono essere collegate all'accentuarsi delle difficoltà circolatorie alla periferia, dovute alle condizioni delle arterie.
Nell'apparato digerente le dispepsie, le iperacidità con pirosi, le sonnolenze post prandium, le stipsi ostinate, donde facili autointossicazioni d'origine intestinale con le loro ripercussioni sui centri nervosi (sbadigli, cefalee, vertigini, torpore). Frequenti gli ingorghi epatici, ed in chi trasmoda nel bere i primi segni delle affezioni, dapprincipio congestizie ed ipertrofiche, indi sclerosanti del fegato; frequentissimi poi gli abbassamenti viscerali con altrettanti riflessi nel campo del simpatico (neurosi e neuralgie celiache, ecc.).
Nell'apparato uro-poietico si manifestano alterazioni dell'urina e catarri vescicali dal frequente rincrudirsi di vecchi restringimenti uretrali. Comunissime sono poi le avvisaglie della vieppiù impellente calcolosi renale con l'improvviso comparire di coliche renali; perciò a questa età spettano in particolare i risentimenti della diatesi urica. Molte volte poi sorgono affezioni del rene, il rene insufficiente, gottoso, e poi l'atrofia lenta, brightica.
Nei tegumenti si svolgono molte dermatosi, oltre alle già indicate manifestazioni distrofiche annuncianti la presenilità: così le intertrigini, le prurigini, gli erpeti, gli eczemi, le prime ulcerazioni varicose...
Infine, nell'apparato endocrino, che in molte delle infermità fin qui nominate esercita la sua innegabile influenza, si vedono frequenti e varii mutamenti funzionali: l'ipertiroidismo, l'ipersurrenalismo, altre volte invece l'iposurrenalismo; donde sindromi basedowiane o addisoniane; donde anche ripercussioni nelle sfere dell'innervazione con predisposizione acquisita a determinate neuropatie.
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Nell'uomo, come nella donna, il climaterio è talune volte un vero periodo tragico, non tanto sotto l'aspetto fisiologico, chè al diminuire dell'attività genitale la maggioranza degli uomini soggiace con graduale rassegnazione, quanto dal lato psicologico sul quale la fase involutiva si riflette assai spesso senza che l'individuo stesso ne abbia il più lontano sentore cosciente. Le manchevolezze della virilità dànno a molti uomini quinquagenarii una fisionomia mentale particolare: il rendimento del loro lavoro generalmente diminuisce e compaiono certi vaghi disordini neurosici (neurasteniformi), che dalla comune vengono attribuiti per l'appunto alla faticabilità maggiore, al bisogno di rallentare l'opera propria, alla necessità di risparmiare le forze, ma che in realtà non sono che la trascrizione della diminuita virilità fisiopsichica.
Sotto l'aspetto del carattere sono degni di menzione la diminuzione della spontaneità, del coraggio, dell'aggressività tipica del sesso, la diminuzione dello spirito di iniziativa e di intraprendenza, la perdita del senso di opportunità energetica nell'azione. Talvolta si osserva un ritorno al sentimentalismo e romanticismo poetico dell'età adolescente (forse in compenso della diminuita virilità), con qualche analogia infatti alle fasi della pubertà: donde depressione morale, tristezza, allontanamento dalla vita sociale, taedium vitae, e non raramente desiderio di morte e propensione al suicidio, che potrà diventare un impulso irresistibile se dalle semplici modificazioni caratterologiche l'individuo passa alle psicopatologiche, ciò che accade spesso insensibilmente. Di questi suicidii di origine oscura i giornali quotidiani raccontano spesso dei casi tipici, e siccome rinascono le tendenze romantiche, i suicidii non raramente sono compiuti dai cinquantenni nei cimiteri.
Altri fenomeni fisiopsichici colpiscono l'uomo verso i 50 anni: diminuzione di memoria o almeno di ritenitiva, se non di rievocazione, minore facoltà di concentrazione del pensiero, comparsa di dubbi e incertezze sulla propria validità fisica e sul proprio valore mentale. Certuni dicono di sentirsi «cambiati», di «non sentirsi più maschi ma femmine»; essi divengono infatti di una sensibilità morbosa, si emozionano per un nonnulla, sono disillusi della vita, non hanno più fiducia in sè medesimi. Talvolta l'individuo avverte questo mutamento e ne prova inquietudine con senso di vaghe insoddisfazioni, che lo portano a cercare impressioni nuove; spesso la sua fin'allora rispettata monogamia si trasforma in poligamia (Ehrenfels). Talora anche avvengono mutamenti di opinioni politiche o religiose, per un fenomeno anch'esso molto analogo alle famose «conversioni» della adolescenza e giovinezza (Strindberg), oppure la vivacità ed intensità delle opinioni stesse si smorzano e si calmano.
La maggioranza degli uomini in climaterio va incontro a perturbazioni dell'istinto e della funzione sessuale. Qui diversa è la cosa fra celibi ed ammogliati; in questi ultimi l'azione genesica si può indebolire per l'ottundimento ingenerato dall'abitudine monogamica e quindi dall'infiacchimento del desiderio (si desidera sempre più vivamente ciò che ci è impedito di ottenere facilmente). Nel matrimonio avviene perciò spesso a questo periodo una rilassatezza nei rapporti sessuali; chè se la moglie è molto più giovane del marito, o si trova, per incongruenza fisiopsichica, in un periodo di eccitamento erotico (come accade a molte donne in menopausa o anche alla fine del quarto decennio, dai 35 ai 40 anni), nascono delle disarmonie materiali e morali che possono condurre la famiglia all'infelicità. Molte gelosie serotine di donne mature dipendono dall'infiacchimento climaterico del marito e questo non è uno degli aspetti meno caratteristici della lotta tra i due sessi.
Il maltusianismo prolungato per anni, se apporta la sterilità nella donna, che poi invano agogna le soddisfazioni della maternità, arreca pure l'indebolimento genitale del maschio. La donna resta sempre meno appagata, ma anche nell'uomo queste abitudini preventive creano molto spesso disturbi dell'atto sessuale, al quale si associa sempre un minorato senso di libido.
L'inferiorità della monogamia rispetto alla poligamia verrebbe provata dalla differenza cronologica sessuale fra uomo e donna; soltanto una grande e solida elevazione spirituale può mantenere la fedeltà coniugale, massime quando l'età degli sposi non sia molto diversa o, peggio, quando l'uomo sia più giovane della donna (moglie od amante); poichè avverrà allora quasi ineluttabilmente la sazietà con la ricerca di soddisfazioni più stimolanti ed insolite fuori del talamo coniugale. In generale si osserva che in certi cinquantenni sovreccitati l'aumento della libido psichica non corrisponde alla potentia fisica. A questa epoca le tendenze dongiovannesche possono essere orpelli di potenzialità: si vorrebbe poter bere insaziabilmente alla tanto auspicata «fonte di giovinezza» secondo la vecchia leggenda; ma in realtà gli ardori stantii si esauriscono nelle deficienze dell'età.
Nella donna il climaterio, anche il più normale, sveglia una serie multipla di cambiamenti nella cenestesi (senso incosciente dello stato fisico), che ci dànno la spiegazione più ovvia e legittima delle neurosi, psiconeurosi e psicosi femminili di questo periodo. Utilizzando questa età della donna come pietra di paragone, si comprende l'azione neuro- e psicopatogena dell'epoca critica nell'uomo.
Ho sempre sostenuta l'origine cenestopatica (affettiva, emotiva) di molte psicosi così dette funzionali, ma sopratutto questa genesi è, secondo me, applicabile alle psicosi climateriche. Ritengo poi che sulla cenestesi e sue modificazioni agiscano in primissima fila i fattori endocrini, e nel caso nostro gli ormoni genitali mediante il loro nesso e la loro azione reciproca col sistema nerveo-vegetativo (simpatico).
L'uomo in climaterio, come la donna in menopausa, è predisposto alle forme depressive, più che all'eccitate. Dalla sua cenestesi partono impressioni che ne abbassano il tono neuro-psichico, lo rendono pessimista, sfiduciato, conscio fino all'esagerazione del proprio mutamento minorativo. Un buon numero cade perciò in neurosi coatta: compaiono a quest'epoca molte ossessioni e fobie, massimamente a contenuto erotico (psichico) e genitale: qui debbo dar ragione su questa parte al Freud ed alla sua Scuola. Frequente è nei climaterici l'ipocondria e non meno frequente è la neurastenia.
Non si potrà certamente affermare, senza qualche riserva o misura, che tutte le neurosi o psiconeurosi che colpiscono uomini giunti alla «crisi di invecchiamento» siano in dipendenza esclusiva dalla sessualità; ma il raffronto con le analoghe forme del sesso muliebre conferisce a questa tesi un innegabile fondamento. Il Freud e la sua Scuola insistono sulla genesi dell'isterismo, della neurosi ansiosa, ecc. dalle lotte interiori che provoca la «libido», ora repressa nelle sue soddisfazioni fisiologiche, ora perturbata dai fattori etico-sociali, ed ora risvegliatrice di una specie di rimorso angoscioso o di improvvise penose motivazioni di igiene e di ritegno.
Si può dare importanza ai fattori psichici del «conflitto» e del «respingimento», anche senza adottare le tesi assolutistiche della Psicanalisi. Se non che, io penso che negli individui maturi, che hanno diggià sorpassata la maggior parte della loro parabola vitale, non si possa trattare di reviviscenze dall'Incosciente di ricordi infanto-puerili, come sostiene la Dottrina freudiana, forse con ragione per le psiconeurosi della gioventù; nell'anziano «climaterico» i conflitti saranno di attualità e non di regressione.
Come ho cercato di dimostrare in un mio recentissimo scritto sull'«Automatismo mentale», la massima parte delle percezioni e interpretazioni rappresentative (simboliche) dei dissesti organici incoscienti (involutivi, climaterici), le quali nascono e si sviluppano nella coscienza, si vale di elementi desunti bensì dall'esperienza individuale, ma non della sola infanzia o adolescenza, bensì di tutta la vita. Così, ad esempio, il sentimento di inferiorità che secondo la Scuola di Adler costituisce il fondo, la trama di tante neurosi e psiconeurosi ed anche psicosi del periodo climaterico, deriva propriamente dalla più o meno inconscia congerie delle oscure impressioni cenestesiche dipendenti dal processo involutivo corporeo, compreso, anzi preminente, quello cerebrale.
Dall'inglese Clouston che, per quanto io so, fu il primo a menzionare il climaterio maschile come causa di alienazione mentale, al Kraepelin, al Bleuler, a Hirschfeld, per citare alcuni tra i più eminenti ed i più recenti alienisti, tutti hanno rilevato caratteri peculiari nelle forme psicosiche insorte nel climaterio maschile, caratteri che non è il caso qui di esporre.
Accenno solo ancora alla frequenza con cui insorge, proprio in questa epoca, la paralisi progressiva. Su questo ultimo punto tutti gli psichiatri ed i neurologi sono d'accordo; le cifre statistiche dimostrano che la malattia scoppia per lo più tra i 35 e i 45 anni (per alcuni autori sino ai 50). Certo che dopo i 55 la malattia diventa sempre più rara; il che farebbe appunto coincidere l'epoca della «periencefalite» a quella «climaterica». Del resto nella donna la paralisi progressiva, sebbene meno frequente, è poi più precoce che nell'uomo; altro argomento questo che depone in favore di un nesso tra la declinazione dell'organismo e la sua aggredibilità per parte delle spirochete annidatesi nei centri nervosi superiori, dove esse tanto più agiscono patologicamente quanto più gli strapazzi, gli eccessi, le ansietà, i traumi e l'affievolimento della sessualità diminuiscono la resistenza organica del cervello oramai arrivato alla fase preinvolutiva.
Non è dubbio quindi che nell'uomo, come avviene nella donna, ad una età che è contenuta nei limiti dai 45 ai 60 anni, si producono modificazioni profonde ed insorgono disturbi ed alterazioni nella funzione dei diversi sistemi ed apparati. Per la patologia umana è questo un particolare capitolo che si inizia e si sviluppa appunto e solo in questo periodo della vita, e che si conchiude col sopravvenire della presenilità e della senilità propriamente dette.
Età dolorosa per molti che vi incominciano a «sentire il peso degli anni». Non certo a costoro è il teorico e leggendario sereno invecchiamento, poichè lo stridente divario del nuovo stato ed il forzato adattamento alle imposte rinuncie inducono con profonda amarezza alla rievocazione dei freschi e vigorosi anni giovanili.