Enrico Morselli
Sessualità umana

PARTE TERZA PSICOPATOLOGIA SESSUALE

Perversioni morali e criminalità nel climaterio maschile.

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PARTE TERZA

PSICOPATOLOGIA SESSUALE

Perversioni morali e criminalità
nel climaterio maschile.

 

Non pochi studiosi degli ultimi tempi, anzi tutti l'alienista italiano Silvio Venturi, e poi l'Halford, il Curch, lo Skae, il Parisot, il Valleteau, il Bombarda, il Galdi, il Marcuse e più presso a noi il dott. prof. Isola, il prof. N. Pende, lo Zucchi, e altri medici, sociologi, psichiatri, eugenisti, sessuologi, hanno insistito e vanno insistendo sulla necessità di paragonare un dato periodo di anzianità preinvolutiva nel maschio alla fase denominata per l'appunto «climaterio» nella donna. La patologia e la psicopatologia conoscono da tempo le modificazioni che avvengono negli uomini giunti a questa età, le quali modificazioni ho altrove brevemente elencate: ma non so però che il «climaterio» maschile sia mai stato preso in considerazione dai psicosociologi e dai criminalisti come possibile fattore di mutamenti profondi nelle tendenze dominanti la nostra condotta e conseguentemente nel valore sociale e morale degli individui.

 

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Anche l'uomo avverte, come la donna, consciamente o no, gli effetti della declinazione delle sue attività genesiche. Forse è appunto in questa minorazione che il maschio prova, anche se non confessa, che risiede la principale causa del suo ripiegarsi su medesimo per il sentirsi meno virile, non tanto di corpo quanto di spirito, e del suo cadere poi in un comune quadro neurastenico. Non per nulla infatti l'Adler, per il successo nella vita e per la resistenza alle malattie neuropsichiche, ha dato importanza al «virilismo», che ci donerebbe un senso fisico generale ed un sentimento psichico correlativo di vigore personale, di energia, di superiorità. Si ritornerebbe così a Federico Nietsche!

Un segno dell'influenza dannosa che ha l'epoca climaterica sulla psiche umana, ci è fornito dalla grande proporzione dei suicidii fra gli uomini sopra ai quarant'anni: questo dato fu illustrato da me, or sono quasi cinquant'anni nel mio libro Il suicidio (Milano, 1879). Io mi valevo allora delle statistiche raccolte specialmente nel terzo quarto del secolo XIX nei varii paesi civili, massime di Europa; ma non so che quei miei risultati siano stati contraddetti dalle statistiche ulteriori. In Italia, in Francia, in Prussia, nell'Inghilterra (Galles), la proporzione massima delle morti volontarie cadeva tra i 40 e i 60 anni. Questi tardivi sono il più spesso legati a pazzia (forme involutive, depressioni presenili, ecc.), ma non mancano nelle statistiche gli accenni a passioni, ai vizii, alla miseria ed ai dissesti finanziarii, certo frequentemente in relazione alla diminuita capacità di lavoro fisico e mentale. Verso i 60 anni, periodo eminentemente climaterico nel maschio, si riaccende la tendenza suicida pel cosidetto taedium vitae, allorquando forse le gioie del vivere sono affievolite insieme al decadere degli istinti sessuali. Le statistiche ulteriori, siano nei quadri ufficiali (cfr. le belle pubblicazioni della nostra Direzione Generale di Sanità del Regno), siano quelle sistemate e commentate dai varii autori (p. es. dal celebre sociologo francese Durckheim nel 1897, dal Rost nel 1905, più recentemente dal Grotjahn nel 1924), confermano appieno questi fenomeni di psicosociologia.

Sulla neurastenia dei climaterici, che diventa sempre più comune, c'è da ritenere l'azione di un fatto «attuale», ossia non strettamente psichico ma fisiopatico e d'ordine sessuale. Si può dare importanza ai fattori psichici del «conflitto» e del «respingimento» anche senza adottare le tesi assolutistiche della Psicanalisi. Se non che, come ho già detto, io penso che negli individui maturi, che sono diggià nel declino della loro parabola vitale, non si possa trattare di reviviscenze dall'Incosciente di ricordi infanto-puerili, come sostiene la Dottrina freudiana, forse con ragione per le psiconeurosi della gioventù: nell'anziano «climaterico» i conflitti saranno di attualità e non di regressione. Se il fattore risiede nella involuzione organica più o meno diffusa, questa basterà a determinare le perturbazioni iniziali della vita emotivo-istintiva, e, per le leggi associative, la loro ripercussione nella sfera della sentimentalità più evoluta, nella intelligenza (rappresentazioni coscienti) e nella condotta.

Noi vedremo così a poco a poco sorgere ed affermarsi sempre più tendenze che nettamente contrastano con quelle manifestate durante tutta la vita anteriore, specie in quello che è la estrinsecazione dell'istinto genesico. Si cercano intanto nuovi stimoli per l'esausta o deficiente virilità; e si comincia col libertinaggio a vuoto, cioè con la frequentazione dei postriboli pel solo scopo di contentare i sensi, ma non più il senso. In molti si manifesta un narcisismo tardivo con ritorno alle abitudini adolescenti dell'onanismo; taluni, non potendo più avere rapporti normali, sostituiscono la masturbazione all'atto sessuale; e se nel contempo si affievolisce la loro virilità (ciò che è abbastanza frequente), richiedono, da parte della donna, manipolazioni od artifici. Non rari sono poi i casi nei quali il maschio esige dalla sua compagna una dedizione ancora più brutale: i rapporti contro natura.

Ciò costituisce un regresso freudiano verso fasi da gran tempo superate della sessualità, non raramente accompagnato a tendenze incestuose, massime dei padri verso le figlie, del che i giornali quotidiani dànno talvolta notizie che non stupiscono lo studioso di Sessuologia. Si scorge questa crisi della paternità specialmente nelle classi inferiori dei maggiori centri urbani, dove l'agglomeramento delle famiglie provoca più facili e frequenti occasioni di stimolazioni sessuali endofamigliali, e ne conseguono corruzione e sfruttamento di figlie minorenni, incesti, violenze carnali. Grave rischio corre perciò una vedova con figlia, che si mariti una seconda volta o conservi un legame amoroso con un vecchio amante; il maschio sarà indotto da una tendenza irresistibile verso la più giovane delle due, e se la coppia è unita legalmente, potrà provare tendenze incestuose verso la figliastra. Questa situazione ha dato motivi conosciutissimi all'Arte moderna: cito la bella commedia di Donnay, L'altro pericolo.

Molti individui tra il 50° ed il 60° anno provano delle abnormi inclinazioni sentimentali, la predilezione e tenerezza eccessiva per i bambini, cioè una facilmente deviabile pedofilia. Altri manifestano la tendenza alle minorenni, per un piacere perverso nella loro iniziazione. Numerosi i casi, in cui l'individuo, fin allora appagato dai rapporti sessuali normali, ricerca soddisfazioni più acute, quali i feticismi più svariati (veggasi nel troppo celebre romanzo di Mirbeau, Memorie di una cameriera), gli appagamenti del saffismo, gli artificii fellatorii, e nelle grandi Metropoli la frequentazione di bordelli per godimento di scene erotiche (visionisti, «voyeurs» dei sessuologi Francesi), dei quali il tipo classico è fornito dai due leggendari «vecchioni» estasiantisi davanti alla nuda bellezza di Susanna nel bagno. Non pochi passano alle perversioni della omosessualità e dell'esibizionismo.

Tutte queste aberrazioni appartengono, non solo alla Psicopatologia, ma anche alla Criminologia; ne deriva infatti una speciale forma di criminalità. In Germania, su 300 delitti contro la famiglia commessi nel 1914, ben 113, cioè circa un terzo, era imputabile ad uomini tra i quaranta ed i cinquant'anni. L'Henting ed il Viernstein hanno studiato 109 delinquenti di incesto, trovando che la maggioranza cadeva verso l'età di 47 anni, ossia, secondo queste mie note, in pieno climaterio.

Nella sua grande opera L'Uomo delinquente (5a ediz., tomo III, Torino, 1897), il Lombroso, che non ha lasciato in ombra nessuno dei problemi riguardanti l'etiologia del delitto, aveva già radunato alcuni dati sulla criminalità specifica alle diverse età dell'uomo. Egli rilevava fin d'allora che dalle cifre statistiche risultava in Austria essere il massimo della libidine offerto dalla giovinezza e dalla decrepitezza (termine, questo, forse troppo largamente applicato ad uomini di età avanzata). Anche in Francia i reati di libidine erano specialmente perpetrati da giovani fra i 20 e i 25 anni e da uomini al di dei 65, laddove in Inghilterra, il massimo dei crimini contro natura cadeva tra i 50 e i 60 anni: cifra, quest'ultima, assai significante per la nostra tesi. E a spiegazione di ciò il Lombroso osservava che in realtà la demenza senile e la paralisi generale progressiva, le due forme morbose cui si dovrebbe l'accendersi serotino dell'estro venereo, «scoppiano dopo i 50 anni» o, meglio, diremmo oggi, attorno ai 50 anni. Se alla qualifica di demenza senile, applicata a uomini cinquantenni e perciò eccessiva, sostituiamo invece il concetto etio-patogenico del climaterio, avremo risolto anche il dubbio espresso dal sommo antropologo-psichiatra: se, cioè, in detti casi non si sia scambiata la pazzia col delitto; ma evidentemente si tratta di modificazioni morbose nel carattere, che stanno di mezzo fra la pazzia e la criminalità.

Ma più notevole ancora fu uno studio fatto da Antonio Marro sull'età che avevano 500 delinquenti all'epoca in cui cominciarono a delinquere. Mentre i reati di sangue avevano il loro massimo nell'età giovanile, fra i 16 e i 25 anni, e cessavano fra i 41 e i 55 anni, e mentre anche i reati contro la proprietà spesseggiavano fra gli individui giovani (truffatori, ladri con scasso, ladri in genere), invece i rei di stupro avevano proporzionalmente un'età più avanzata. Sui 39 stupratori del gruppo esaminato dal Marro, ben 13, cioè il terzo, presentava un'età superiore ai 41 anni, anzi la metà di essi aveva dai 56 ai 65 anni. Un'altra figura di delitto, che si prolunga al di del periodo di maturità, sarebbe il furto domestico: frequente in gioventù, esso cesserebbe fra i 30 e i 40 anni, ma riprenderebbe fra i 40 e i 60.

Al Marro non era sfuggita la predilezione morbosa degli anziani per le bambine; ed in verità molti dei delitti di corruzione di minorenni, degli attentati al pudore, degli stupri, e specialmente dei delitti sadici, che tanto impressionano giustamente la pubblica coscienza morale, sono commessi da uomini sul declinare della vita. Esempio tipico recente, quello del rapinatore ed uccisore del piccolo fanciullo Palermi di Milano, del quale pare accertato che la tendenza sadica, preparata da una costituzione psichica abnorme, si sia rivelata per l'appunto dopo superata la maturità.

La suaccennata tendenza tardiva al godimento della vita, e sopratutto alle soddisfazioni voluttuose, trascina abbastanza spesso gli uomini oltrematuri, non solo al libertinaggio ed alla dissipazione, ciò che provoca con visibile frequenza dissesti finanziarii altrimenti inconcepibili, ma pur anche ad una forma particolare di delinquenza, ai fallimenti sproporzionati, alle bancherotte più o meno fraudolente, alle appropriazioni indebite, ai falsi... Se si tien dietro alla criminalità bancaria imperversante nella febbrile società moderna, massime nel dopo-guerra, non si può a meno dal rilevare come fra i rei predominino gli uomini anziani, i quarantenni e gli ultra. In questi ultimi tempi ha fatto molto rumore un processo di truffe e di appropriazioni gigantesche a danno di nipoti minorenni, perpetrate da un grande commerciante e finanziere ligure, che pure dalla giovinezza all'età matura aveva goduta l'estimazione generale, così da avere coperto eminenti cariche pubbliche.

Non si deve dimenticare, a proposito della criminalità più grave, uno dei delitti più comunemente legati alle funzioni sessuali: intendo l'uxoricidio. Se io riassumo le notizie rese pubbliche sulle caratteristiche personali dei colpevoli di questa figura di reato, siano essi spinti dalla passione di gelosia, o lo siano da altri motivi, io ho l'impressione che gli uomini maturi, anzi di una certa età, vi figurino in proporzione superiore al numero che essi hanno nella popolazione. Vero che in non pochi di questi rei, massime se pertinenti alle classi inferiori, agisce l'influenza dell'alcool, ma è anche d'ogni giorno l'osservazione che bene spesso si tratta di bevitori maturi, non ancora invecchiati, ma assai sovente resi impotenti dalla intossicazione cronica. Però, anche senza l'alcoolismo, l'uxoricidio e le figure affini di reati famigliari si connettono così frequentemente alla crisi di preinvoluzione individuale, che un rapporto etiologico generico non può essere negato.

Studiando poi questo argomento dal punto di vista psichiatrico, c'è da rilevare altresì la proporzione notevolissima di uomini colpiti da paralisi generale progressiva proprio nel periodo che, secondo queste mie osservazioni psicologico-cliniche, corrisponde al climaterio maschile. Ora, io avrei rilevato che sono i paralitici ultramaturi che più frequentemente commettono quelle azioni immorali e criminose, che costituiscono la manifestazione del così detto «periodo medico-legale» della malattia. Tutto si collega nella psicologia individuale e sociale; come il treponema, che si annidò per anni ed anni nel cervello dell'ex-sifilitico senza dare sentore della sua presenza e di quella delle sue tossine, può rivelare la sua terribile azione allorquando l'individuo generalmente si avvicina al periodo involutivo, cioè verso i quarant'anni, nel decennio fra i 35 e i 45 (gruppo massimo dei paralitici distinti per l'età), così è molto probabile che un processo insidioso di arteriosclerosi, con secondarie alterazioni trofiche del protoplasma delle cellule cerebrali, diggià «usurate» per la lotta della vita, sia il fattore più spesso capace di ingenerare negli uomini in climaterio quelle modificazioni peggiorative del carattere e degli istinti, che si traducono nelle perversioni morali e nella criminalità specifica, da me qui sommariamente rilevate.

Io mi auguro che gli studiosi di Psichiatria, di Criminologia e Statistica morale comparata, prendano in esame il climaterio maschile anche sotto l'aspetto di fattore etiologico del delitto o di determinati delitti, e su questo argomento portino più lume di quanto io abbia potuto arrecare sulla sola mia esperienza personale.

 


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