Enrico Morselli
Sessualità umana

PARTE TERZA PSICOPATOLOGIA SESSUALE

L'omosessualità antica e moderna nell'adolescenza dei due sessi.

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L'omosessualità antica e moderna

nell'adolescenza dei due sessi.

 

Tutto ciò che fino a qui si è scritto sull'amore è poco di fronte a quello che se ne scriverà ancora. L'argomento, se non inesauribile, parrà sempre inesausto, giacchè in mancanza di idee originali si ripeteranno, sotto altra forma, le antiche, anzi soltanto le vecchie; e tutte passeranno sempre quali novità. L'amore è un subbietto, che ciascun secolo riprende e riprenderà per suo conto, come se tutti i secoli precedenti non lo avessero mai toccato.

Ma sugli altri che lo han preceduto in questo eterno ritornello, il nostro tempo ha un merito di cui può giustamente gloriarsi. I poeti, i filosofi, i moralisti s'erano esauriti nel cantare in strofe alate la grande passione; nel descriverne con finezza le origini, le varianti, gli effetti; nel discuterne il valore etico e l'ufficio sociale: qualcuno, più fantastico, aveva chiesto all'amore perfino la chiave del gran mistero cosmico. Mancava, però, in tutta questa lirica ed ideale produzione dei cuori più caldi e delle menti più elette ciò che soltanto la scienza poteva dare: l'analisi serena del sentimento, la traduzione sua in puro fatto biologico. Ed è questo, per l'appunto, il frutto maturato dalla Psicologia degli ultimi quarant'anni. Con lo Stendhal e con il Michelet si era chiuso, per così dire, il periodo eroico della letteratura dell'amore; con lo Schopenhauer se ne è iniziato il metodo positivo.

L'analisi fisiopsicologica dell'amore è, senza dubbio, la prova più crudele cui la scienza abbia sottoposta l'anima umana. Delusione completa!

Al fondo d'ogni manifestazione più squisita del sentimento, all'inizio di ogni vaporosa idealità, alle origini di ogni più delicata emozione di simpatia, non s'è potuto trovar altro che la sessualità: anzi, le stesse manifestazioni ritenute più alte e spirituali del sentimento d'amore, dove dell'amore sessuale sembra perfino mancare ogni benchè minimo indizio, costeggiano quelle più grossolane e vili, dove la sessualità impera nella sua forma più brutale.

Certo che dal misticismo di Plotino e Porfirio alle più schiette manifestazioni sessuali, la distanza è enorme, sembra un abisso incolmabile: eppure, lo colma una scala intermedia, di cui la Psicologia odierna ha salito gradino per , e dall'alto abbraccia, con un colpo d'occhio, tutto ciò che sotto si offre e si lontana.

L'argomento, che fa l'oggetto di queste mie pagine, appartiene a quelle ricerche che la Psicologia ha compiuto sui mascheramenti o, se si vuole, sulle dissimulazioni dell'amore. Come certi esseri viventi, animali o piante, hanno la singolare facoltà di cangiare d'aspetto, di assumere transitoriamente o stabilmente forme diverse dalle generiche o specifiche loro proprie, così l'istinto sessuale (e come lui l'hanno altri istinti e sentimenti) ha una consimile facoltà di «mimetismo». Si traveste, si nasconde, inganna, per così dire, stesso e gli altri, mediante i più varii e paradossali infingimenti; le tendenze omosessuali degli adolescenti rappresentano per l'appunto uno di codesti infingimenti.

Il fenomeno dell'aberrazione dell'istinto sessuale è diffuso più che non si creda, anzi si può dire che è poco meno che universale e regolare ad un certo periodo della vita. Ma non già, come vuole il Freudismo, perchè siamo omosessuali, tutti, in latenza, ma perchè in una certa età e nel maggior numero dei casi agiscono potentemente sull'istinto, ancora incerto nel suo normale indirizzo, azioni puramente mesologiche, quali la convivenza, l'esempio, la vita di collegio, la casuale giacenza in letto con coetanei, le seduzioni ancillari, ecc. questo è da ritenersi proprio solo dei tempi moderni: esso, come è della quasi totalità degli individui, è stato di tutti i popoli, di tutte le epoche.

 

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La Storia ci ammaestra che durante uno dei più gloriosi periodi dell'incivilimento l'omosessualità non fu tenuta in dispregio, anzi fu, se non coltivata, certamente tollerata in ragione dei benefizii che si supponeva potesse dare. Nel mondo Ellenico l'amicizia fra i giovani, sia nelle palestre e sotto i portici dei ginnasi, sia sotto le tende degli accampamenti, aveva precisamente quei caratteri di amicizie, non prive da un contenuto sessuale, quali è dato vedere fra le collegiali ed i collegiali. Lo ha assai bene provato il Dugas in un'opera preziosa; egli ha saputo, con una finissima critica dei testi, con un giudizioso apprezzamento dei fatti, tracciare a distanza di secoli la discolpa di quei filosofi ed educatori Ateniesi, di quegli uomini di Stato, che non trovarono strane ed immorali le relazioni di tal genere fra gli allievi adolescenti di una stessa Scuola, fra i giovani soldati d'uno stesso accampamento. E qui gioverà dare uno sguardo rapidissimo a questo capitolo di psicologia pedagogica.

Si è accusato Socrate di avere contribuito a corrompere la gioventù, sicchè quelle relazioni fra adolescenti, dove il sentimento di amicizia assume un carattere sessuale, sono tuttodì oggetto di fieri rimproveri sotto il nome ingiusto di «amore socratico». Si è schernito il gran Platone, perchè nella sua dialettica dei sentimenti non seppe sempre tracciare confini netti fra amicizia ed amore sessuale, conforme al principio che lo stesso amore «intelligibile» abbia per oggetto la bellezza assoluta, e che la stessa bellezza corporea, cui si attacca l'amore «concupiscibile», sia il riflesso della bellezza eterna. Infine, si è rinvenuto anche in Aristotile la identica confusione fra i due sentimenti. Lo Stagirita non scrisse forse che l'amicizia ha due gradi, l'«in potenza » e l'«in atto»; che atto dell'amicizia è la vita in comune; e che l'obbietto dell'amicizia è duplice, il bene ed il piacere?

Al pari della filosofia, il mito classico ci ha trasmesso un concetto molto indeterminato degli elementi affettivi costituenti l'amicizia. Non a torto gli omosessuali veggono l'idealizzazione dell'omosessualità nelle coppie mitiche o leggendarie di Castore e Polluce, di Oreste e Pilade, di Niso ed Eurialo. Ma giova osservare, col Dugas, che gli antichi davano al termine amicizia (ϕιλία) l'estensione amplissima che noi diamo al termine amore. Noi diciamo: amor paterno, amor figliale, ecc.: mentre essi dicevano: amicizia paterna, amicizia figliale, e simili. La loro ϕἴλία comprendeva, adunque, tutte le affezioni: l'amore propriamente detto; l'amore della patria, così potente e nello stesso tempo così ristretto in allora; l'amore del genere umano; l'amicizia nello stretto senso della parola. Che anzi, l'amicizia era presa per tipo di tutti gli affetti, e fu, per tale motivo, l'affezione più forte e sviluppata fra i Greci, il sentimento più elogiato dai filosofi per la felicità dell'uomo singolo, il vincolo simpatetico (ϕιλότης) più auspicato dai legislatori e dagli uomini politici per la fortuna della Città, dello Stato.

L'amicizia, soggiunge lo scrittore che cito, «fu nel mondo antico ciò che l'amore fu nel mondo medievale, cavalleresco e cristiano: la passione dominante, il centro della vita morale; e per una curiosa illusione di ottica psicologica, parve pure la legge del mondo fisico, la forza che riunisce gli elementi, il principio dell'organizzazione e della vita».

Troppo, dunque, fu chiesto dai Greci all'amicizia; e di questa loro pretesa la ellenica civiltà pagò largamente il fio. Siccome l'amicizia era il tipo anche dell'amore, le tendenze e le soddisfazioni, palesi o latenti, di questo penetrarono, dalle relazioni fra le persone di sesso diverso, anche nei rapporti fra le persone del medesimo sesso: così i costumi fecero, purtroppo, degenerare la teoria astratta, la dialettica filosofica dei sentimenti.

I legami fra i giovani, che dovevano servire allo sviluppo esclusivo della socialità; che dovevano rivolgersi unicamente all'acquisto della virtù (intesa alla moda antica, come valore e coraggio); che dovevano aiutare la formazione dei puri sentimenti simpatici, della benevolenza, della pietà, del disinteresse, dell'abnegazione; che dovevano cementare la solidarietà fra i cittadini, traviarono ben presto in unioni di carattere sessuale: «amori» furono, non amicizie. Ma poichè cotali «amori» nell'antichità si stabilivano, si incoraggiavano fra i maschi, stante l'esclusione della donna da ogni sorta di istituzioni pubbliche, era logico che non si arrestassero al punto previsto, nel loro ottimismo teorico, da Pitagora, da Socrate, da Platone, da Epicuro, dallo stesso sereno Aristotile e dai severissimi stoici: era da aspettarsi che sdrucciolassero ben oltre, verso le soddisfazioni mutue dell'erotismo, verso gli appagamenti abnormi della sessualità. E il peggio fu che quei legami non si strinsero soltanto fra' giovani, ma servirono pur anco ad annodare il maestro ai suoi allievi; onde lo strano pervertimento della pedagogia in omosessualità.

L'«amicizia» degli antichi ebbe, tuttavia, un ufficio utilissimo: occupò, nei costumi e nella teoria della vita, il posto lasciato vuoto dall'amore, e specialmente dall'amor coniugale che fu ignoto, o quasi, al mondo Ellenico. Socrate si legò ad Alcibiade e a Critone, perchè aveva in casa una moglie intollerabile come Xantippe. Oltre a ciò, l'«amicizia» fra giovani della sacra falange, non solo addolcì loro la dura esistenza dei campi, ma li spinse all'eroismo, quando di fronte all'oste avversaria l'amico difendeva, a spese del proprio corpo, l'amico: e Tebe informi. D'altra parte, l'«amicizia» fra gli adolescenti della stessa Scuola fu preludio quasi necessario a quei sentimenti di simpatia fra i cittadini di un medesimo Stato, che noi, oggi, avvenuta la naturale evoluzione dei sentimenti, allarghiamo vieppiù nella sfera umanitaria. Di essi, gli uomini politici antichi non si curavano affatto, contentandosi di un patriottismo razionale, esclusivo all'estremo, costituito quasi soltanto dal sentimento dei doveri dell'individuo verso lo Stato.

Un mondo, in cui la schiavitù era considerata una istituzione indispensabile; in cui mancava il sentimento di compassione verso i deboli e gli infermi; in cui il matrimonio non adempieva che ad uno scopo religioso-politico, doveva essere tratto inesorabilmente a considerare l'amicizia come la condizione, il principio e la fine di ogni virtù, e l'educazione come una vera generazione conforme allo spirito. L'educazione, specialmente, non si concepiva disgiunta da quel sentimento che noi diciamo, ora, affettuosità, amorevolezza, amicizia pura, ma che gli antichi, meno avanzati di noi nelle distinzioni psicologiche, denominarono «amore». Lo studioso, che analizza le ragioni del fatto e le trova nella costituzione mentale dell'uomo, potrà dolersene e definirla come un'aberrazione; non potrà, però, meravigliarsene e negarle un significato storico.

 

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Ed è lo stesso che rivive o si continua nelle «fiamme» più o meno platonico-sentimentali dei Collegi femminili, negli intrighi pseudo-galanti o nelle sozzure omosessuali dei Convitti e degli aggruppamenti maschili. Il fenomeno appartiene, in vero, a quelli che diremmo di atavismo psicosociologico, se pur non preferiamo (come forse è più giusto) dirlo una semplice sopravvivenza. Nessuna epoca di civiltà raffinata andò mai priva di sì fatte dissimulazioni o, se si vuole, perversioni dell'istinto sessuale.

Molto si è scritto fin qui sulle «amicizie» nei Collegi, tanto nelle biografie ed autobiografie, quanto nei romanzi e nei saggi di morale e di pedagogia; troppo, anche, se n'è discorso in certi studii moderni sulle anomalie e perversioni dell'istinto sessuale. Se bene si considera, si vede che due degli infingimenti più comuni dell'istinto sessuale offrono fra loro curiose analogie: l'amore sentimentale, o idealistico, che volgarmente si chiama «amore platonico» o platonismo, quantunque nulla abbia in che ricordi la filosofia del grande scolaro di Socrate; e le amicizie ardenti, le simpatie calde e appassionate fra individui del medesimo sesso. Ma del primo l'aureola, onde l'avevano circondato la male intesa pietà dei romantici e il languore dei precocemente esauriti, è già stata sfrondata: rimane da scoprire il fuoco sacro della sessualità nel così detto sentimento di amicizia dell'epoca pubere e dell'adolescenza.

L'occhio dello psicologo distingue con poca fatica che l'amore «platonico» si risolve o in una falsa etichetta per far passare merce avariata, sia pure all'insaputa dello stesso amante, o in un fenomeno psicopatico della degenerazione mentale. Il Lombroso, felicissimo sempre anche nella creazione e scelta dei nomi, ne aveva descritta la forma principale come «monomania dell'amore casto». Ma i silenzi significanti, le mute dichiarazioni d'amore, le gite solitarie al chiaro di luna, e tutte le altre romanticherie caratteristiche del platonismo lasciano, in fondo al crogiuolo dello psichiatra analizzatore, soltanto la tendenza imperiosa del puro bisogno fisiologico. E più l'innamorato idealista fa proteste di purezza e di castità, più la sua coscienza si mostra assediata, dominata dalle immagini sessuali: il suo pseudo-idealismo è la naturale trasformazione della sessualità irrompente dai bassi fondi dell'inconscio.

Anche nelle amicizie dei Collegi femminili si odono e si leggono ad ogni istante le più ingenue proteste di assoluta purezza sentimentale. E niuno dubita che quelle giovinette non sieno, generalmente parlando, in buona fede: ma esse camminano, a loro insaputa, per una strada pericolosa. La dolce simpatia che parla al loro cuore, è purtroppo, nella immensa maggioranza dei casi, un inganno dell'istinto. Sotto le grazie e la finezza dell'aspetto, sotto il mite carattere e l'elegante disinvoltura dell'«amica», l'istinto, aberrante e quasi cieco nelle sue prime manifestazioni, cerca la virilità, la soggiogazione, la rozza tirannia del futuro amante e marito. E così avviene che il platonismo di cui si compiace la fervida imaginazione di quelle adolescenti, duri tanto poco e concluda, più presto o più tardi, verso i soliti due esiti di ogni sentimento nato da una tendenza istintiva: o verso la soddisfazione, qualunque essa sia, del bisogno; o verso la stanchezza fisica e la delusione morale, che susseguono al mancato appagamento della tendenza.

Giacchè – a che cosa, qui, servirebbero i sottintesi e i falsi pudori? – di quel «platonismo» o «idealismo» sentimentale, agitato da dolori e da lagrime, a quando a quando violento e irragionevole, repentino ardente e consumatore come una «fiamma» (e lo chiamano proprio così, nella ingenuità metaforica del loro gergo di Collegiali), di quell'amicizia protestata cotanto intellettuale, eppur troppo sentita, le radici si approfondano al di o al di sotto dell'anima, in pieno istinto fisico. Tutti i suoi caratteri psicologici, dal modo con cui il più delle volte insorge, alle emozioni intense che procura, sono quei medesimi che compaiono nelle tendenze omosessuali: ora, l'omosessualità, questa aberrazione dell'istinto, può prendere due vie: o restare nella pura sfera del sentimento; o spingersi fino alla traduzione della tendenza in atto.

L'omosessualismo dei maschi giunge, più sovente che quello femminile, a cercare una soddisfazione delle tendenze; ma anche se vi furono, durante quelle epoche della vita, delle curiosità malsane e dei contatti e degli appagamenti di quel genere, la maggior parte dei soggetti ricorda ed espone poi i fatti relativi con molta indifferenza, dandone una spiegazione naturale e logica.

La omosessualità femminile rimane, nella grande maggioranza delle coppie di «amiche», al grado quasi idealistico di «fiamma»: ben poche volte si è vista deviare e traviare, come tanto spesso succede fra i maschi, giovanetti ed adulti, conviventi sotto una data regola. Il vero è che noi, uomini, siamo propensi invece a ritenere il contrario. Fra di noi, anche il più schivo di ogni omosessualità maschile, guarda con una certa indulgenza queste brutture nel sesso «gentile». Dirò di più: Saffo non ci sembra men grande e meno ingiustamente sfortunata, se anche il suo Faone (come vuole un'antica leggenda) cambia di sesso, e diventa una leggiadra e tenera giovinetta di Lesbo.

Ma noi siamo evidentemente in errore. Non solo le donne sane, che hanno tutti i caratteri della «femminilità» normale, aborrono dagli affetti e dalle pratiche omosessuali (ne ho interrogato parecchie, della cui sincerità ero sicuro, e tutte si sono espresse allo stesso modo, con sdegno e schifo), ma le stesse giovanette che inconsapevolmente si sentono «fiammeggiare» per qualche loro coetanea, sono, in massima, lontane dal cercare più in delle semplici manifestazioni di simpatia e di amicizia. Simpatia, indubbiamente unilaterale e «di coppia»; amicizia, indubbiamente troppo calda nelle sue espressioni, troppo egoistica nei suoi gelosi timori: ma omosessualità pur quasi sempre ignorata da quella fanciulla medesima che la sente, e che ne è spinta a prediligere quell'una fra le tante sue compagne.

Perchè, in sostanza, le «amicizie» di Collegio, sono inganni dell'istinto sessuale, e avvengono nella psiche umana allo stesso modo, e per gli stessi motivi, con cui e per cui si verificano in natura altre aberrazioni consimili di altri istinti.

È curioso che l'amore, pur non essendo altro che il travestimento psichico della vis riproduttiva, possa talvolta insorgere alla vista ed al contatto di una persona del proprio sesso, e avere tutta la subitaneità, tutta la violenza, tutta la impulsività, che importerebbe l'attrazione elettiva di una persona del sesso opposto. Non è un lusus o ludus naturae, questo di uno sperpero così inutile, e alla fine pur anco dannoso, di energia, di vitalità, di potenza psichica?

Ebbene: esso non è il primo, e neppure il più espressivo, fra i casi di aberrazione d'istinti che ci offra lo studio della natura vivente. Per nostra fortuna, la Psicologia comparata è per ammaestrarci che non si tratta, qui, di un privilegio della sola specie umana, di una anomalia del solo istinto sessuale.

Nella serie animale, nella stessa serie vegetale, i naturalisti sanno che possono deviare dalla norma, aberrare e falsificarsi quasi tutti gli istinti fondamentali, tanto i necessarii alla conservazione dell'individuo, quanto i necessarii alla riproduzione della specie. Carlo Darwin, Giovanni Lubbock, Giorgio Romanes (per non citare che autori universalmente conosciuti) hanno dato le prove più sicure degli errori cui gli animali vanno soggetti nel migrare, nel nidificare, nel tessere o costrurre i loro mezzi di difesa e d'offesa, nella paura verso l'ignoto, nel riconoscimento dei loro simili e persin dei piccoli di una loro covata, nell'assunzione di alimenti nocivi, nel mimetismo, e, sopratutto, nel corteggiamento di individui del medesimo sesso; nell'inutile accoppiamento con individui appartenenti a specie diversa ed organicamente conformati per la sterilità dannosa a tali unioni.

Senza dubbio, le aberrazioni di istinti succedono soltanto in determinate circostanze. Fra queste cause attrae sopratutto il nostro esame la condizione di domesticità. E non è forse vero che tra l'allontanamento dell'animale domestico dalle sue condizioni naturali di esistenza, e la segregazione cui si riduce la vita di convitto o di convento, di prigione o di caserma, passano analogie numerose?

Come nella gabbia, ove lo si è tenuto isolato, il giovane canarino corteggia ciascun nuovo compagno che gli venga dato, e come l'illusione del suo istinto giunge fino a fargli compiere sterili atti di cova; così nei Collegi femminili, che sono mezze cattività, si svolge il fenomeno semipatologico della «fiamma». Quelle amicizie che scoppiano in modo fulmineo al pari dell'amore sessuale, che salgono per ogni ostacolo incontrato al grado di vera passione, che non vanno mai senza gelosie e senza lagrime, che si estrinsecano in giostre sentimentali, dove si fa ostentazione di grazia, di dolcezza, di fierezza, di eleganza, di tatto, di buon gusto, pur di attirare gli sguardi di colei o di colui verso cui si sente genio o simpatia, sono pel biologo un equivalente dello stesso fenomeno istintivo.

E non possiamo meravigliarcene. Che cosa è un istinto se non una tendenza ereditaria, trasmessa cioè attraverso alle generazioni, la quale sorge nel sub-cosciente di ciascun individuo sotto l'eccitazione di determinati stimoli, sotto il risveglio di determinate impressioni sensitive? Queste impressioni possono provenire dal di fuori, dall'ambiente, dalle circostanze esterne: ed ecco perchè la vista di una bella persona, di un viso armonico, di un portamento gentile e distinto, ovvero anche la semplice imagine di tutto ciò (per notizie ricevute su di una persona ignota, della quale si sentono elogiare i rari pregi fisici e morali), fanno nascere il sentimento rapido di simpatia che è il nucleo della «fiamma». Codesta è l'origine, che diremo esteriore o puramente psichica, dell'«amicizia»; ma a volte questo stimolo, che fa parte della sfera intellettuale, sia esso una sensazione, sia esso un'imagine, ed eccita in via indiretta la sfera emotiva, non ridesta altro che il ricordo di una vaga ed oscura emozione sessuale precedente, così da farla aderire al nuovo obbietto. E in questo ha ragione il Freudismo.

Ma quelle impressioni eccitatrici possono anche venire dall'interno; consistere, cioè, in stimolazioni embrionali, elementari (direbbe Ribot) delle attività superiori, per opera degli organi di cui si apre alla pubertà la capacità funzionale e si inizia, ad un tempo, l'ufficio cotanto attivo nella psiche individuale. In allora è l'irrompere delle impressioni genesiche che imprime, per così dire, una nuova direzione al sentimento, che lo polarizza e lo fa volgere, quasi alla cieca, verso l'oggetto che sembra appagarlo. Questa volta lo stimolo è, invece, di indole strettamente fisiologica o fisica, e l'eccitazione della sfera emotiva precede e prepara quella della ideativa.

Ma non meno del biologico è importante l'aspetto sociologico di questo argomento. Nello sviluppo dell'affettività la simpatia pei proprii simili si collega in ciascuna specie, e sopratutto nella umana, con i sentimenti che si svolgono dalla grande funzione di riproduzione. In ogni società il vincolo primordiale è di origine schiettamente sessuale: tutto ciò che nel fenomeno sociologico spetta alla sfera affettiva nasce, in seguito, dalla maternità.

Ai gradini infimi della serie animale, dove una sola cellula rappresenta tutto l'organismo, il simile non cerca il simile se non per raggiungere lo scopo della coniugazione plasmo-nucleare; ma, questa effettuata, ciascun individuo vive per e da ; e qualora ivi si formino aggregati, non esiste riconoscimento fra i coloni, appena appena un vincolo di necessaria vicinanza. La vera associazione comincia tardi e solo allora vediamo gli individui aggregarsi per ricognizione di somiglianza, e nascere così gli istinti sociali.

I sociologi discutono se la famiglia, in cui si rendono definitivi e si sistemano i sentimenti di origine sessualematernità, tenerezza, attaccamento figliale, paternità, vincolo di sangue, compassione, ecc. – sia il nucleo primo attorno al quale si depositano, come per cristallizzazione, gli aggregati comuni; o se, piuttosto, non sia la famiglia un derivato interiore, una formazione secondaria del processo di aggregazione.

È verosimile che la soluzione del problema non possa darsi assoluta in un senso o nell'altro. Presso alcune razze e popolazioni l'orda, la tribù ed il clan si saranno formati per vincoli di sangue: le cause economiche dell'istituto saranno venute ulteriormente. Ma presso altre razze e popolazioni, la famiglia fu certo una struttura interna, acquistata piuttosto tardivamente dal gruppo, sull'aggregarsi del quale avranno agito fin da principio ragioni imperiose di nutrimento e di mutua difesa: in questo caso le relazioni di parentela saranno venute poi, come una conseguenza necessaria della organizzazione del gruppo stesso.

Checchè si creda di ciò, ci fermeremo sul fatto indiscutibile che, nelle specie superiori, associazioni degli individui e mentalità sessuale si svolgono insieme. Ecco perchè in tutte le razze umane i sentimenti di affinità e di solidarietà sociale sono legati in modo costante a quelli sessuali, come ho detto essere avvenuto presso il mondo Ellenico, nell'antichità. E siccome anche pei fatti psichici vige la legge che l'evoluzione individuale od ontogenia ricapitola quella seriale o filogenia, così noi scorgiamo che nell'uomo singolo le due categorie di emozioni tuttora nascono, crescono e si sviluppano di pari passo.

Il bambino non presenta mai sentimenti altruistici: egli è un egoista sfrenato, e tutte le sue preferenze, malamente interpretate per manifestazioni di affettività, sono dettate invece dal suo schietto istinto di conservazione. Anche i ragazzi non si amano, generalmente, se non in quanto han bisogno gli uni degli altri per giocare. Durante la fanciullezza l'abitudine tien posto, nelle relazioni, di simpatia; si hanno dei compagni, non mai degli amici: le vere amicizie non si contraggono che alla pubertà, al risveglio dell'attività sessuale. È allora che l'adolescente comincia quel suo lento, talvolta anzi improvviso, distacco dalla famiglia, che in lui si rivela coll'aspirazione alla libertà, colla ricerca della compagnia di coetanei aventi, come lui, gli stessi bisogni. Tutti i genitori, che osservano questa modificazione nei sentimenti e nella condotta dei loro figli, e non ne comprendono il motivo, ne restano accorati ed ansiosi. Ma è dessa una legge psicologica fatale, che risponde a necessità biologiche: è il preludio alla ricerca della donna, è la preparazione alla futura indipendenza dai genitori, che farà di quell'adolescente un nuovo padre di famiglia, una individualità autonoma nel corpo sociale.

Alla pubertà avvengono mutamenti profondi del modo di sentire, di pensare e di agire, nei quali si riflette l'acquisto e il risveglio delle nuove funzioni. Ma ciò che ci interessa in rapporto alla evoluzione sentimentale dell'adolescenza, è il raffreddamento degli affetti domestici, è la loro surrogazione, almeno fin che dura l'influsso psicologico delle prime impressioni sessuali, con le calde, le strettissime amicizie giovanili.

Certamente, in seguito, l'amore figliale, massime verso la madre, si rifarà di questa eclissi più o meno lunga dell'epoca pubere; e, se pur non tornerà alle antiche espressioni di tenerezza, sarà però nuovamente invigorito dalla riflessione, dalla memore consapevolezza dei benefici ricevuti, per durare, ultimum moriens, fino all'estrema disintegrazione della personalità! Ma, intanto, quel periodo scabrosissimo della vita è come un mare pieno di sorprese e di scogli: molti vi navigano senza pericolo, e la rivoluzione, che abbiamo detto avvenire nei sentimenti, è non rare volte un naufragio.

In sostanza, le «amicizie» della pubertà e dell'adolescenza sono dovute a due fattori: la socialità e la sessualità; e il loro pericolo risiede, per l'appunto, nella soverchia fusione di questi due elementi affettivi e nella facile preponderanza del secondo sul primo.

Niun può stupirsi che, nei Collegi ed Educandati, dove le relazioni sociali tengono così piccola parte nella esistenza monotona e fredda dei convittori e delle educande, la prima voce dell'istinto sessuale svegli, per aberrazione, un'eco troppo ripercosso nella sfera dei sentimenti sociali che contemporaneamente, per le ragioni suindicate, si schiude ed allarga alla pubertà. Ne vediamo la prova anche in questo: che i giovanetti e le giovanette cercano, nell'amico o nell'amica, da un lato quelle doti fisiche che rispondono al bisogno sessuale – la bellezza, l'eleganza, la distinzione dei modi, – dall'altro, quelle doti morali che rispondono più specialmente all'utile sociale – l'affettuosità, la dolcezza, la costanza del carattere, l'ingegno, la coltura.

In fondo a quelle unioni vi è sempre uno scopo: rendersi omogenee a due per due, fare della coppia come una sola ed unica personalità, con gli stessi sentimenti, con le stesse idee, con gli stessi bisogni. Ora, non è questa la tendenza che domina tutte le simpatie, siano inspirate dal vincolo di affinità sociale, siano dovute all'affinità sessuale? In ambo i casi, il simpatizzare di due anime, e di due corpi, può tenere a cause intime diverse. Talvolta è la somiglianza che provoca la mutua loro attrazione. Più spesso, però, così nell'amicizia come nell'amore, l'affinità si fa per un vero contrasto, per dissimiglianza: ciascuna delle due personalità cerca nell'altra ciò che manca a medesima. Ma nell'uno e nell'altro caso, se fosse possibile sovrapporre le personalità umane come le superficie geometriche, si troverebbe il completo combaciarsi delle loro rugosità, delle loro anfrattuosità inverse.

Le amicizie, che ci offrono tutti questi fenomeni, si possono, dunque, dire un prodotto curioso di amalgama psicologico fra le tendenze simpatetiche pure e le sessuali. Se ne vuole un'altra prova? La si troverà nel fatto che la «fiamma» è un fuoco effimero di passione, malgrado la sua duplice sorgente. L'«amicizia» fra collegiali è subitanea, è intensa, ma dura poco; e dura tanto meno, quanto più l'affinità tra i due si sia originata per le sole doti fisiche o per le sole doti morali. La causa del quale immaturo spegnersi di un'amicizia cotanto calda sta, evidentemente, in questo: che il fisico ha poca parte nella costituzione della simpatia sociale (salva, s'intende, la simiglianza nel tipo), mentre, a sua volta, il morale è insufficiente, da solo, ad alimentare la «fiamma». Che se poi mutano le condizioni di vita od impressioni diverse indirizzano per la via normale l'istinto aberrante, è chiaro che l'appassionata «amicizia» si spegne perchè o priva di stimoli, o svuotata del suo primitivo contenuto.

Del resto, mai più nelle ulteriori manifestazioni dell'istinto sessuale, nelle relazioni a base di vero amore fra individui di sesso diverso, si vedrà un'analoga partecipazione dei sentimenti sociali. Non v'è che il platonismo, o l'amore sentimentale, in cui si idealizzino le qualità morali della persona amata, e in cui si mostri più noncuranza per le sole qualità fisiche. Anche questa, però, è un'illusione: e la «bellezza dell'anima», che il platonico attribuisce al soggetto della propria passione, rappresenta soltanto una allegoria, una metafora del linguaggio retorico e romantico in cui si avvolge e tanto spesso si perde il suo pensiero.

Agli Autori, che si sono occupati di questo argomento, è sfuggito il fatto non dubbio che nel sesso maschile gli infingimenti dell'istinto durano assai meno, e sono anche molto più superficiali; che nel giovine la maschera cade più presto, e facilmente, che nella fanciulla. Tutto ciò che si è scritto sulle unioni omosessuali, considera prevalentemente questi fenomeni dell'età pubere: e collegi, convitti, seminarii, conventi e caserme, case di correzione e reclusorii, hanno offerto larghissima copia di esempii.

L'inversione, il conträres Sexualgefühl, è un pervertimento congenito, o di buon'ora acquisito, dell'istinto genesico, ed è dovuto ad una anomalia costituzionale; quando non è primigenio, può anche nascere per morbose ed abnormi associazioni o per il permanere od il rivivere di emozioni sessuali subìte in passato, in soggetti predisposti. Ma tutte le relazioni omosessuali della fanciullezza ed adolescenza non sono vere inversioni, alla stessa guisa che tutte le manifestazioni di incompleto sviluppo dei sentimenti altruistici non sono pazzia morale, delinquenza costituzionale. Si avrà, pertanto, un numero grande di «amicizie» impure e di legami erotici fra gli anomali costituzionali e gli inferiori, che popolano le case di correzione, i reclusorii, i bagni, i manicomii; ma nelle comunità unisessuali, composte prevalentemente di individui sani sotto il doppio aspetto fisico e morale, la formazione di tali «amicizie» a base sessuale non sorpasserà il periodo di chiusura, di convivenza disciplinata, di separazione forzata dalle persone del sesso opposto. Sarà, insomma, un fenomeno transitorio ingenerato da cause esteriori di ordine sociale; non sarà, nella immensa maggioranza dei casi, la manifestazione di un pervertimento connaturato nella psiche della educanda, del convittore, del giovane soldato.

 

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A questo punto – e, poichè vi sono arrivato, concludo – mi sembra che l'argomento tocchi assai davvicino l'avvenire teorico e pratico della scienza pedagogica.

Poichè una seria ed efficace divisione delle funzioni individuali sarà senza dubbio la caratteristica dell'età futura, l'educazione dei due sessi, pur mantenendoli insieme nell'epoca prepubere, dovrà poi dividerli e nella scuola e nella palestra, non appena lo sviluppo della pubertà avrà determinato il loro differenziamento psichico. Ebbene: eccettochè non si modifichi la struttura mentale umana, tutte le riunioni di individui del medesimo sesso, sotto un tetto comune e sotto un regime uniforme e sistematico di vita, condurranno, sempre inevitabilmente, al risveglio della omosessualità.

Il pedagogista futuro, per motivi non diversi, dovrà preoccuparsi del fenomeno psicologico, di cui io ho detto più sopra: dovrà anche, più dei nostri odierni educatori, sorvegliare queste forme di sentimentalità così facili a pervertirsi e a degenerare; dovrà viemeglio tentare di sorprenderne i primi sintomi, per impadronirsene, per spegnerle in sul nascere, se esse avranno le stimmate perniciose dell'omosessualità sensuale, per moderarle e dirigerle se avranno, invece, fortunatamente, i caratteri della pura simpatia per affinità di simiglianza.

 

 

 


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