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Incolore, svagata, compresa preziosa delle sue palesi e recondite virtú, passò adunque vicino alle grandi e vere genialità contemporanee, senza conoscerle, senza avvisarle con simpatia. Sopra un piroscafo, che da Lione la conduceva ad Avignone, incontra lo Stendhal, uno degli scrittori piú in vista di questi tempi (ella dice nel capitolo XXXI della Histoire de ma vie) e lo confronta con Delatouche, giuocoliere parolaio da salotto mondano, per accordargli minor grazia e delicatezza, regalandolo di maggiore profondità. Per lei il Beyle è «alcun poco grottesco e niente bello»; le dispiace nella taglia grossa e nella maschera senza mobilità satirica beffarda e scherzosa. Con una leggerezza femminile, ch'ella stima profondità, non scoperse nulla sotto la gaiezza d'imprestito; non l'amarezza inquieta del pensatore e del delicatissimo turbato ed annoiato dalla borghesia invadente che non è sempre la democrazia; non vide l'eterno innamorato dell'amore, mentre avrebbe dovuto scoprirlo per affinità, se fosse stata una vera amorosa di razza; ma piú tosto stupí dello sforzo che usava per ricercare l'arguzia e l'indifferenza di un fuoco artificiale e capzioso di parole e di frasi, originali sino al paradosso.
Diversamente l'accoglieva il de Musset, quando gli si faceva compagno di gite a Civitavecchia:
Oú Stendhal, cet
esprit charmant
Remplissait, si dévotement
La sinécure;
gli vide il livido nel cuore e lo affermò:
Il existe un bleu dont il meurt
Par ce qu'il est dans des prunelles.
in tanto piú crudele, in quanto colla baja dava schermo alle sofferenze.
L'ottima Sand lo osserva invece «in un cattivo albergo di villaggio, dove Stendhal fu di pazza gaiezza, di una conveniente ebrietà, per danzare, levata la mensa, a torno alla tavola, col gran rumore de' suoi stivali impellicciati».
Dal canto suo, il cercatore d'anime dell'Amour, il touriste per elezione, l'innamorato invano di Matilde Viscontini, non si trattiene a lungo con lei; dopo lo sfoggio delle sue eccezionali e disinvolte capriole ideologiche, le volge le spalle e si domanda di che si impacci questa bas-bleu, fornicante pandemia per inquietudine e frigidezza; sorridendo la trascura e la dimentica.
Non cosí il Barbey d'Aurevilly.
La segue attento e la prova al suo giudizio severo. Nel Second Memorandum (1838), che venne in luce l'anno scorso sui fascicoli della «Renaissance latine», senza reticenze la riassume speditamente — 10 gennaio — «Madama Sand! Detestabile declamatrice. — Il regno di questa donna si schiude. Nulla v'ha di giusto e di vero nella reputazione di cui godono certe femine da Sapho alla Grisi cantatrice, proclamata bella, per cui, colle loro mani scioperate ma sapienti, hanno saputo costruire il piú impertinente degli orgogli».
E piú in giú — 15 gennaio — «Madama Sand prende delle arie sempre piú stravaganti di cattiva filosofessa». Ché, di quel tempo, l'influenza di Michel de Bourges le trasudava dai pori, e, sopra ad un falso falansterio alla Fourier, credeva ricondurre la felicità ed il benessere nella famiglia operaia.
Piú esplicito, meno cavalleresco, Baudelaire, nel segnare delle note per una prefazione, ch'egli intendeva apporre sulla vita e le opere di Choderlos de Laclos, lo psicologo amoralista delle Liaisons dangereuses, appunta: — «George Sand — Lordura e geremiadi. In realtà, il satanismo ha qui la sua vittoria. Satana si è fatto ingenuo: conoscendosi il male, ci diviene meno pauroso e meglio ce ne possiamo guarire. — G. Sand, inferiore a Sade».
Né si arresta. Nel Mon coeur mis à nu, una specie di diario e di autobiografia del poeta delle Fleurs du mal ritorna, spiega e distende la sua antipatia (Cap. XXII): «La donna Sand è il Prudhomme dell'immoralità. Costei fu sempre moralista: solamente faceva, altre volte, la contromorale. Per ciò non fu mai un'artista; ed usa il cosí detto style-coulant caro ai borghesi. Sciocca (bête), greve, verbosa. Conosce le idee morali e le giudica colla medesima delicatezza e profondità di un portinaio o di una mantenuta: leggiamo ciò che disse di sua madre, della poesia, del suo amore per gli operai. George Sand è una di quelle vecchie ingenue che non vogliono dimettersi dal palcoscenico. Vedetemi la prefazione di M.lle La Quintine, in cui ella pretende che il vero cristiano non debba credere all'inferno. Oh! la Sand sta per il bon Dieu des bonnes gens; il Dio dei portinai e dei domestici infedeli. E sopprimendo l'inferno ebbe per lei ottime ragioni».
Poi, al Cap. XVII, il demonologo se la richiama per un'ultima scudisciata: «Eccola, questa Sand! Essa è per certo ed assolutamente e sicuramente e piú d'ogni altra cosa un'enorme imbecille: e bene ella pure è posseduta; è il demonio che l'ha persuasa a fidarsi del suo buon cuore, del suo buon senso, perché a sua volta persuadesse tutti gli altri imbecilli di fidarsi del loro buon cuore, del loro buon senso. — Non posso pensare senza fremere d'orrore a questa stupida creatura. Se per caso l'avessi ad incontrare, nessuno mi potrebbe impedire di gettarle una pila d'acqua santa piena sulla testa». Dopo l'ingiuria verso la spregiudicata e la deista che non ammetteva il corollario dell'inferno, ecco un minacciato martirio. Che, se di fronte all'estetica ed alla sincerità dell'arte, il sognatore dei Paradis artificiels aveva mille ragioni; davanti ad una logica sana e determinista, aveva assolutamente torto.
Ma ognuno sa di che anima complessa vibrava Baudelaire, quanto lievito abbia suscitato tra noi, come e quanto sia stato grande poeta sí da farci dimenticare le sue anomalie di nevrastenico esacerbato.
Piú tosto sappiate come la giudichi una donna egregia, d'alti sensi, coraggiosa Giardiniera della Giovane Italia, per cui n'ebbe l'esilio, libera pensatrice, che non credeva in Cristo la divina natura, per dirla col Tommaseo; che a Parigi rimetteva alla volontà de' suoi figli adolescenti l'eleggere questa o quest'altra confessione religiosa, mentr'ella si accostava, per bisogno d'idealità al Calvinismo come a quella pratica meno assurda e meno ripugnante al suo esame; vediamo come la Bianca Milesi Mojon la consideri e la condanni.
Poche parole: Tommaseo, allora a Parigi, le ripeteva al Lambruschini in una lettera del 16 febbraio 1837. «Ma ora la mi dà del pedante (la Bianca) anche su questo titolo (ed in ciò non era triplice pedante cattolico sorretto dalla lussuria e dalla religione sino alla morte?); e perché la Sand vive ora con il Listz, ella, la Mojon, dice che quel nuovo predicare che fa la Sand n'est qu' un thème. E pare che tra l'ateo e la monaca non ci sia mezzo».
Certo che no, illustre compilatore del Dizionario estetico, come tra sincerità ed arte non vi si può immettere la punta di un ago: e questa non è certo una vostra convinzione se untuosamente, pure riverendo, dopo d'aver sparlato del Sismondi, sotto via glielo comparavate. Né Bianca Milesi, ardente e nobile educatrice delle Scuole di Mutuo insegnamento, né il Sismondi, repubblicano, che dedusse, dalle tradizioni della scienza italica e dal Vico, la sua istoria, preveggente, nell'ordine, le dottrine biologiche della Società, avete ben compreso.
Il gran cuore dell'una, la grande mente dell'altro avete trascurato; onde, sotto la vostra penna che non voleva l'elogio, l'elogio rimane se avete confermato: «Ma il Sismondi è una Bianca del sesso forte, e però bisogna compiangerlo ed onorarlo» (Lettera 9 febbraio 1837 da Parigi a Lambruschini). La vostra tolleranza e la vostra indulgente benignità si rivolgevano alla Sand, e noi dal nostro canto non sappiamo che compiangervi, onorandovi con parsimonia.
E bene? di tutto questo che importa alla fama della scrittrice francese? I poco delicati, coloro che prediligono la frase fatta ed il giudizio categorico, terranno l'autrice di Consuelo sulle cime della letteratura e rimarrà, per il sentimentalismo anodino delle ragazze provinciali, l'interprete delle loro aspirazioni e delle morbide avventure del loro cuore anemico e turbato dalla pubertà: non altro; non piú. Che la buona sorella di de Musset, Henriette Lardin de Musset, può lamentarsi di una postuma menzogna, scrivendo all'amico nostro Alberto Lumbroso, a proposito degli Amants de Venise: «Ho aperto il volume col cuore che mi batteva, non sapendo che mai potessi trovare in questo libro composto senza ch'io ne sapessi nulla; l'ho letto a piccole dosi, prima di prendere la penna per rispondervi.
A parte qualche calunnia, di Giorgio Sand contro mio fratello, che mi hanno ferita, lo credo ottimo». Ma perché Giorgio Sand ha scritto e giurato che tutte le lettere d'Alfredo furono bruciate, ed ora se ne ritrova una valigia piena di cui la chiave è a disposizione del primo venuto? Ed a chi fidarsi, e come lottare? Vanità di sopravvivere anche per un contatto di epidermide, per una ragione di alcova, in un temperamento calmo e calcolatore; fregola di passare alla posterità, sorretta dalle braccia di un amante poeta; di letteratura di documenti autentici. E lo scetticismo di Remy de Gourmont termina negli Epilogues del mese corrente sul «Mercure de France»: «E pure è bene che gli uomini e le donne si lascino vivere e distrarsi nell'esistenza come meglio intendono; cioè secondo le loro tendenze naturali, o seguendo quelle che determinano in loro l'idee in voga ed in moda»; il nostro determinismo non va piú oltre; ma si compartecipa di un sentimento molto diminuito dalla antipatia.
[Breglia, luglio. In «L'Italia del Popolo», a. XIII, n. 1286, 24-25 luglio 1904 e a. XIII, n. 1287, 25-26 luglio 1904.]