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Nel 1890, la giovane letteratura in Italia contava, già qualche diritto: desiderava, se le fosse stato possibile, imporre un suo modo: credeva essere venuto il momento di sostituire le proprie personalità fresche alle altre troppo conosciute; sperava di poter dotare l'epoca di quello stile di cui mancava. In questo aveva innestato li elementi essenziali e li attributi dell'attualità, la permanente ragion naturale e le variazioni de' tempi, virtú certo reali: ma, certo, l'amalgama affrettata e mal fusa presentava molte scorie ed elideva molte proprietà necessarie, donde esuberanze e mancanze; un affidarsi, oggi, al ragionamento, domani, al senso, un vagellare: per di piú, l'ostilità ringhiosa, che accoglieva ogni nostro tentativo, cercava di scoraggiarci in sul principio: ed invano. — Sentimmo dei musi freddi venire ad annusarci dietro la schiena, per sapere veramente chi mai potevamo essere. Uno, dopo aver aspirato per le froge, abbondantemente, pensava: «Non è cosa che si mangia». — L'altro: «Né che si beve». — In coro: «Facciamoli fuggire coll'urlare e col ringhiare». I piú calmi, i piú metodici, quelli che avevano conservato abito umano e cortesia, dopo molto pensare e pesare e lambiccare, avevano sentenziato: «Stile sopra carico, conseguenza di povertà organizzatrice, accompagnata da una estrema prodigalità nei mezzi e nella intenzione. — Ed anche: secchezza, come al principio di un genere nuovo, infantili creazioni di fiabe e di miracoli. — Ed anche: massiccia struttura descrittiva, psicologia attiva ed acuta. — Ed anche: elasticità di stile, perversità che ride e sembra innocenza; equivoco, che è nel sangue di chi scrive, come una febre, col veleno della ironia, col disprezzo delle morali comuni. E delle fiammate di entusiasmo, di sacrificio. — In fondo che è? Che può essere?». Sotto voce suggerirono loro «Simbolismo». Accettarono il cartellino, che ci venne appiccicato alle spalle come una nota di caricatura; e noi lo portammo orgogliosamente a spasso per le città italiane.
Era il titolo ambiguo ed improprio; con questo credevano nominare una nostra malattia; hanno catalogato una loro insufficienza. E pure ci convenne, ed abbiamo, dalla lata designazione, estratta una definizione conseguente, organica e completa di cui darò piú avanti, la propedeutica col limitarmi qui ad usare del vocabolo, come già fosse conosciuto nel suo valore: confusero poi allegoria con simbolo, per cui le difficoltà di conoscerci meglio aumentarono e con quelle l'imbarazzo reciproco. Il Simbolo considera una realtà, un fenomeno naturale, un fatto storico, un dogma, una leggenda, un atto personale, e ne distingue, un dopo l'altro, non come intenderebbero li esoterici i tre sensi, ma le mille forze, le mille leggi, i mille rapporti, le mille significazioni, che formano quella entità e che ne promanano per azione e reazione. Cosí, la nozione del mondo diventa, per noi, chiara, non limitandosi la nostra curiosità a conoscere la superficie, la massa dell'oggetto ed i suoi piú evidenti e grossolani attributi. Ecco, la scienza si accosta al sentimento, la poesia al sapere per formole esatte; e la letteratura, quando ha raggiunto questo culmine, attesta di una grandissima civiltà, dove ogni espressione dell'utile e del bello si trova al proprio posto, a volta centro, a volta appendice, né superiore, né identica; non uguaglianza, ma equivalenza sull'equilibrio della vita collettiva, fisica e morale. L'Allegoria invece, è una astrazione della vita; in quella già intervenne, per comporla, un giudizio, una scelta, cioè una operazione retorica. Non promana dalli enti e dalle loro dirette od indirette relazioni, ma da un modo arbitrario di categoria, quindi da un preconcetto, il quale applica quella astrazione teorica, per cui, anche contro le leggi fisiche, tenta costruire una sua argomentazione.
Mentre il simbolo esprime successivamente la serie delle energie, l'allegoria sforza il mondo a ricevere una sua ipotetica concezione della energia, operando metafisicamente: sua base è il ragionamento, apriorismo, il diffidare delle sensazioni, il confidare al perché scolastico ed al principio d'autorità. L'allegoria è la delizia della letteratura d'academia; le letterature spontanee, originali, popolari e sincere sono simboliche. Tutti l'ingegni ben rigovernati dalle massime di moda possono fabricare delle allegorie che piacciono, l'architettura delle quali inganna a prima vista sulla solidità e la profondità dell'edifizio, mentre non è che un paravento di cartone dipinto, dietro cui non vi è nulla.
[Da Il Verso Libero, ed. di «Poesia», s.d. ma 1908.]