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Da mezzo il secolo XVIII al principio del XIX, le opere, che concorsero a rimutare il pensiero, la società, la struttura politica d'Europa, si chiamarono romanzi. Romanzi: Pamela, I viaggi di Gulliver, Il Viaggio sentimentale; romanzi: I dolori del giovane Werther, Wilhem Meister, Le ultime lettere di Jacopo Ortis; romanzi: Il Sopha, L'anno duemila quattrocento quaranta, Lettere a Sofia, La Giustina, Storia di un contadino pervertito, La Monaca, Zadig, Micromegas, Candido o l'Ottimismo, La nuova Eloisa; romanzo: L'Emilio.
Ciò che allora dicevasi romanzo, era divulgazione di filosofia e di scienza, di sentimenti, di personalità e di prescienze, alleati a letteratura, ad emozione, ad impeto di entusiasmo, condensati in pagine ardenti e fervide di vita e di desiderii, inchinati alla mente di tutti, alla grande folla cosmopolita della borghesia nuova, la quale fermentava i germini alacri e generosi della Rivoluzione. Il vento aspro e sano, gelato e critico delle dottrine sperimentali aveva liberato il cielo delle conoscenze dall'ingombro metafisico e dai fumi chiesastici della patristica; il sensismo innerbava le coscienze rudimentali, ripristinava, ad ufficio sociale, l'istinto, incoronava la sensibilità delle rose romantiche, la faceva cardine e principio d'arte e di poesia.
Da Locke, da Condillac, la formola scientifica ed aristocratica discese a Rousseau; egli ne fu il divulgatore, da lui datano Rivoluzione e Romanticismo, schiettamente francesi; mentre in Italia, il romanticismo, come bisogno ed espressione estetica, si era già affacciato col Tasso, come rinnovamento etico e filosofico, con Gian Battista Vico ed i Verri, organo massimo, in Milano, «Il Caffè». Rousseau esplode col Contratto Sociale, ne asseconda il movimento suscitato coll'Emilio, coi saggi Sulla Ineguaglianza delli uomini, sul Governo della Polonia, colle sintesi delle sue Confessioni, delle Memorie di un passeggiatore solitario. Egli ha dato dunque la ragion critica e la ragion pratica del suo metodo, che è norma di vita e vita vissuta.
Gittò l'opera sua come un enorme masso di granito nella palude delle consuetudini incipriate e scettiche del suo tempo, in cui si erano sdraiati, e marcivano, feudalismo, cattolicismo, burocrazia de' vecchi parlamenti provinciali, albagia ignorante del militarismo d'ingaggio. Ne sollevò una marata, un vortice, nel tonfo; e l'onde concentriche vibrano tutt'ora sulla superficie sociale. Nessuna perturbazione fu piú profonda e piú duratura di questa nella coscienza francese, quindi europea; la rivoluzione che volle Nietzsche l'uguaglia in intensità ma non in estrazione: e, senza l'uomo di natura, non poteva essere imaginato un iperuomo.
Quando le due attive concezioni si fondano, Max Stirner bandisce la sua anarchia individualista e stoica e fa l'individuo Stato. Per ciò, impropriamente, i socialisti si erano in sulle prime accostati al filosofo ginevrino, ma egli non li favorí; lo lasciarono in disparte, come deve essere, grandissimo indicatore di singole volontà non di comuniste remissioni irresponsabili.
La ventura dei piccoli libri, nella storia delle idee e dei fatti, è enorme e continuamente operante: Il Vangelo, opuscolo, dura tutt'ora per quanto apocrifo, ed ha in sé tanta energia da riapparire nei comma economici e catastrofici di Karl Marx: l'Emilio ritorna, a volta a volta, in Tolstoi ed in Gorki. La sua efficenza non è esaurita; venne testé attestata dalla rivoluzione russa, che si avvicendò e persegue sotto la sua guida: noi lo vedremo, libro di pedagogia, nelle mani di quelli istitutori che prepareranno le totali abolizioni legislative a profitto di masse e di classi, dividendole, per attestare un jus unico e di poche frasi, come il decalogo e la legge delle dodici tavole, a conforto ed a stimolo delle attività umane, nessuna esclusa e ad obbligo della ben distinta responsabilità individuale, capace di tutti li oneri, quindi di tutte le sanzioni passive ed attive.
Rousseau disse: «L'uomo della natura è buono, l'uomo dell'uomo è malvagio». L'espressione semplicista implica: non diffidate mai dell'uomo, ma de' suoi istituti sociali che operano fuori della sua volontà. Torniamo non allo stato di natura, allo stato selvaggio, ma allo stato della semplicità cordiale, usiamo delle nostre scoperte, del contributo della scienza, del lascito ricchissimo de' nostri padri, i quali conquistarono per noi strumenti, bellezza, vantaggi ed utilità, non da avidi usurai, speculatori, ma da confederati, in giuste ambizioni, e per il nostro benessere. Non si condanni il progresso e la civiltà, grido assurdo e mentecatto, ma il modo col quale ne andiamo sfruttandone i risultati ed i benefici.
L'Emilio40 imposta la sua pedagogia su queste prime assise. Coi suoi quattro libri: L'Età dell'allattamento, L'Infanzia, La Fanciullezza, La Giovinezza , proclama e determina la sua teorica: Rousseau, che ha creato una nuova letteratura, iniziò la psicologia del bambino, e ne prepara le nozioni alli studi del Preyer e del Perez, del nostro Pestalozzi: accordò alla educazione, oltre che una ragione morale, anche uno scopo fisico, ed avvalorò le vaghe indicazioni di Rabelais e di Montaigne, all'antichissimo precetto della scuola salernitana: Mens sana in corpore sano. Naturalmente i preti, i bigotti, li scaccini, li impostori e ruffiani di tutte le sette avversarono il volume, anfaneggiarono contro il suo autore. La Sorbona, il rettorato di Ginevra bruciarono pubblicamente l'Emilio, ma questo veniva letto, tradotto contraffatto e contro di lui sorsero li Anti-Emilio.
Goethe, olimpico, si chinò e lo disse Vangelo della natura della educazione; Maria Giuseppe Chénier il trageda, nell'anno III, lo istituí testo di pedagogia nelle scuole francesi. Rousseau distrusse tutte le religioni, mode e congiunture transitorie di credenze e di superstizioni: ma conservò piú lucida la Fede, la quale è uno stato d'animo permanente necessario e naturale. Abolí li Dei, ma attestò la Divinità; la quale rappresenta la costanza delle leggi e la successiva evoluzione delli organismi, cioè la Vita. Egli non fu ateo, né alcuno poeta e filosofo potrebbe vantarsi di esserlo, senza decapitarsi, perché senza Dio, energia per eccellenza, non vi è morale, e l'ateismo impaluda l'arte.
Rousseau riposa nel Pantheon a Parigi, dove la Convenzione gli diede sepoltura; vanta monumenti nei passeggi e tra le ombre verdi dei giardini popolari; oggi ritorna, sopra il breve fiato delle attualità di moda; Lasserre, Lemaître, Faguet ed il Rod, pro e contro di lui, a contrastarlo, ad esaltarlo, a fargli processi e difese postume ed inutili. La storia gli ha decretato l'immortalità, alla quale consentono il nostro cuore e la nostra mente,
….. e finché il sole
risplenderà su le sciagure umane.
[In «La Giovane Italia», n. 2, febbraio 1909.]