Gian Pietro Lucini
Scritti critici

PROLEGOMENA

VI.

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VI.

Il simbolismo adunque fu jeratico, fu classico ed è personale: distrutta la ferocia, ardirono l'amore e la carità: dal Golgota discese alle bellezze reali dei sensi ed alle mirabili attività umane, poetando il panteismo di Spinoza: ora e queste e quelle si studia di spandere patrimonio a tutti in un mondo senza limiti ed in una felicità organizzata da nessuno ed a nessuno in ostacolo. — Ma io so per esperienza che esegesi di intenzioni non scifra intendimento, tanto piú per questa operetta che l'autore vede ingigantita sia pel lungo cercare, sia pel lungo lavoro: e so pure che queste poche parole non bastano a riflettere l'attuale stato della nostra forma poetica. — Altri studi e altre lene occorrono (come il Pica ottimamente osò coi precursori francesi) alla sua esplicazione, né il luogo qui si presta, che versi porgo, non saggi critici, futuri forse da me su questo argomento, ma non prossimi; e di piú so ed intendo, che ad orecchie che non vogliono udire nessun rumore giunge, fosse il rombo del tuono: onde faccio silenzio. Però ringrazio cordialmente l'amico Quaglino quando argutamente propone a sé e ad altrui il quesito: «Il simbolismo è arte di decadenza?». E valgami la sua amicizia e il mio studio come una speranza a proseguire.

[4-4-1894. Da Il libro delle Figurazioni Ideali, Libreria Editrice Galli di C. Chiesa e F. Guindani, Milano 1894.]


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