Johann Wolfgang von Goethe
Faust

PARTE II

ATTO QUINTO

Notte oscura e profonda

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Notte oscura e profonda

 

 

Linceo (guardiano della torre, cantando mentre sta alla vedetta). Nato per vedere, messo qui per osservare, inchiodato alla torre, il mondo mi piace. Spingo lo sguardo alla lontana, e vedo come se fossero a me vicini la luna le stelle, il bosco ed il cerbiatto. Così io vedo in tutto la magnificenza eterna, e nella stessa guisa che ciò mi piacque, ciò mi piace sempre. O fortunate pupille, tutto ciò che vedeste, qualunque cosa essa sia, è però magnifico. (Pausa.)

Non è solo per il mio diletto che mi collocarono in questo luogo così elevato. Quale orribile spavento mi minaccia dal seno di questo mondo di tenebre! Vedo lampi fiammeggianti attraverso la doppia oscurità dei tigli; l'incendio si ravviva e divampa sempre più attizzato dal vento. Ah! la capanna brucia all'interno, essa che sorgeva umida e coperta di muschio. Si sente chiamare soccorso ma invano! Ah buoni vecchi, che un tempo vegliavano vicino al fuoco con tanta cura alimentato e custodito, diventano ora preda dell'incendio! Qual orribile caso! la fiamma divampa, il cupo mucchio di muschio non è più che un braciere di porpora. Possa almeno quella brava gente salvarsi da quell'inferno incandescente e furioso! Vivi lampi s'accendono, fra i cespugli, fra il fogliame; i rami secchi che ardono scintillando, si accendono in un batter di ciglio e vanno in cenere. Toccava dunque a voi, o miei occhi, di fare una simile scoperta! Perché mi fu dato di spingere lo sguardo così lontano? La piccola cappella crolla ad un tempo sotto la caduta ed il peso dei rami; acute fiamme serpeggiano già intorno alla cima degli alberi. I ceppi vuoti e scavati s'infiammano fino alla radice, mostrando una tinta rossastra. (Lunga pausa. Canto.)

Il paesello così bello allo sguardo si è dileguato coi secoli.

Faust (alla finestra che sulla duna). Quali lamentevoli accenti scendono dall'alto! grida e gemiti giungono troppo tardi qui. La mia sentinella si duole, e questo dolore mi conturba il fondo dell'anima. La piantagione dei tigli è annientata, non ne rimane altro che un orribile mucchio di rami riarsi e consunti; ma noi avremo fra poco un belvedere dal quale l'occhio si spingerà nell'infinito; da quella parte vedrò pure la nuova dimora di quella vecchia coppia, che nel sentiménto della mia magnanima clemenza, passerà in pace i suoi ultimi giorni.

Mefistofele ed i Tre (dal basso). Noi ritorniamo di gran corsa. Perdonate! le cose non riuscirono troppo bene.

Abbiamo bussato a quell'uscio, ma non venivano mai ad aprire: allora abbiamo atterrato l'uscio, il quale tutto rosicchiato dai tarli cadde sul pavimento. Abbiamo avuto un bel chiamare, minacciare, ma o non ci udivano o facevano mostra di non sentire; noi allora senza perder tempo te ne abbiamo liberato. La coppia non ha opposto una gran resistenza; essi caddero estinti e ciò fu cagionato dallo spavento. Un forestiere che si trovava colà e che cercò di resisterci, fu da noi freddato, e durante il breve intervallo scorso nel furioso combattimento, i carboni accesero la paglia sparsa intorno. Ora tutto ciò brucia liberamente come un rogo preparato per tutti e tre.

Faust. Ho io dunque parlato a sordi? Voleva una permuta e non già uno sperpero ed un devastamento. Quest'atto sciagurato e brutale, io lo disapprovo e lo maledico! Abbiatene ciascuno la vostra parte.

Coro. L'antica parola dice: obbedisci volonteroso alla forza! e se tu sei deciso, se vuoi sostenere l'assalto, metti a repentaglio la tua casa, il tuo focolare. — e te stesso. (Escono.)

Faust (dalla finestra). Le stelle velano i loro raggi ed il loro chiarore. Il fuoco diminuisce; un venticello che fa fremere lo attizza e mi porta qui il fumo ed il vapore. Fu un ordine dato in un attimo, ed eseguito troppo presto! — Chi è che svolazza così vicino a me coll'aspetto di uno spettro?

 



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