Johann Wolfgang von Goethe
Faust

PARTE II

ATTO QUINTO

Il grande cortile nel palazzo

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Il grande cortile nel palazzo

 

Fanali.

Mefistofele, sul proscenio in tuono d'ispettore.

 

Venite, o Lemuri! o corpi sciancati, ignudi scheletri mostri che siete; venite qui, ibride larve formate d'ossa, di tendini e di nervi.

I Lemuri (in coro).

              Al lavoro con teco moviam;

            Che si voglia già in parte sappiam;

            Questo largo paese ove siam,

            Occupar, dominare dobbiam.

              D'aguzzi pali — la terra è piena;

            pel livello — v'è la catena.

            Chi n'appella e scongiura, in sì ridente

            Soggiorno omai più non abbiam in mente.

Mefistofele. Qui non si tratta di sforzi straordinari; ciascuno di noi proceda secondo le regole. — Qual è più lungo, si distenda per tutta la sua lunghezza; e voi altri strappate l'erba; come si fece per i nostri padri, scavate in quadro! Dal palazzo alla fossa così va ingenuamente il mondo.

I Lemuri (scavando la terra, con gesti maliziosi).

            Mentre ch'io vissi, gioventude, amore

            Eran cose per me soavi e belle:

            E dovunque rosai erano in fiore,

            O s'udieno cantar vispe donzelle;

            Così tutto prendeami un pizzicore,

            Che il lascivo mio piè correva ad elle:

            Poscia a smorzar l'impetuoso ardore

            Repente mi segnò colle stampelle

            La vecchiaja importuna, e il fu quello

            Che spalancossi l'uscio dell'avello.

Faust (uscendo a tentoni dal palazzo, mostrasi fra i pilastri della porta d'ingresso). Il rumore delle vanghe mi rende felice! Ecco la moltitudine che si affanna per me. La terra alleata con se stessa, segna un limite ai flutti, e contiene il mare con brevi ripari.

Mefistofele (in disparte). È per noi che tu lavori colle tue dighe e coi tuoi canali; e prepari un gran festino a Nettuno, il demone delle acque. In ogni modo voi siete perduti; — gli elementi sono contro di voi; tutto cammina verso la distruzione e la rovina.

Faust. Ispettore!

Mefistofele. Eccomi!

Faust. Procura che si accrescano gli operai per quanto è possibile; assegna ricompense, infliggi castighi, sii generoso nelle mercedi, attira la gente ed eccitala al lavoro! Voglio che ogni giorno mi si dica come procedono i lavori del nostro fossato.

Mefistofele (a mezza voce). Da quanto intesi dire, non si tratta di fossati, ma bensì di fossa.

Faust. Uno stagno ai piedi della m'infetta colle sue esalazioni gli acquisti già fatti; l'asciugarlo è per me un affare del massimo interesse. Io apro uno spazio per miriadi d'uomini che verranno ad abitarlo, se non rassicurati con certezza che non ammette dubbio, almeno colla speranza di goderci la libera attività dell'esistenza. Dalle verdeggianti e feconde campagne, uomini e greggi vengano a bell'agio sul nuovo terreno e stanzino luogo la collina dove formicola una popolazione ardita ed industriosa. Nel centro c'è qui un paradiso. Imperversi pure il tempestoso flutto fuori fino alla riva: ma se gli saltasse il ticchio di rompere violentemente gli argini, allora la folla si precipita per rinforzarli. Sì, io mi sento votato a quest'idea, ultimo fine di ogni saggezza. È solo degno della libertà e della vita colui che sa conquistare ogni giorno. Così in mezzo ai pericoli che lo circondano, qui il fanciullo, l'uomo ed il vegliardo vedano passare bravamente i loro anni. Oh! perché non mi è concesso di vedere una simile attività, di vivere in terra libera, in mezzo ad un popolo libero! Allora non tarderei ad esclamare: Sii lenta a scorrere, o vita, bella come ti mostri! La traccia della mia giornata terrestre non può essere inghiottita dall'Eunoè. — Nel presentimento di una simile e sublime felicità, io assaporo ora la gioja di quell'ora ineffabile. (Cade bocconi; i Lemuri lo prendono e lo coricano sul terreno.)

Mefistofele. Nessuna voluttà lo sazia, nessuna felicità può soddisfarlo; egli insegue nella sua demenza forme impalpabili; l'ultimo istante, misero ed abbietto, l'infelice vorrebbe abbrancarlo perchè non passi: ma colui che parvecoraggioso nel resistermi, vien trascinato dal tempo; il vegliardo giace sulla nuda terra, — l'orologio si ferma.

Il Coro. L'orologio si ferma! egli è silenzioso come l'ora di mezzanotte! L'ago cade.

Mefistofele. Cade, e tutto è consumato.

Il Coro. Tutto è finito.

Mefistofele. Finito! stupida parola! Perché finito? finito e nulla sono la stessa cosa. — Che cosa significa dunque l'eterna creazione, se tutto ciò che venne creato deve ridursi nel nulla! — tutto è finito! — Che cosa si deve concludere da ciò? che è né più né meno come se non fosse mai stato, eppure ciò s'agita e si muove come se fosse qualche cosa. In fede mia, io preferisco il mio eterno vuoto.

Canto funebre.

Un Lemure (solo). Chi mi preparò una casamalsana a gran colpi di vanga?

I Lemuri (in coro). Questo asilo è ancora troppo bello per chi fu fasciato nel ruvido lino.

Un Lemure (solo). Quale atmosfera densa e muta! dove sono gli arnesi domestici?

I Lemuri (in coro). Erano d'altri; e quando il fitto fu scaduto, il padrone venne a riprenderli.

Mefistofele. La salma giace, e se lo spirito cerca di fuggire, io gli presento il mio titolo scritto col sangue. Ma vi sono oggi tante arguzie per rapire le anime al demonio! L'antico giuoco non va più, e del nuovo abbiamo pochissima pratica. Altre volte avrei potuto trarmi d'impaccio da me solo, ma ora mi occorrono compagni nell'opera. — Oh miseria! Tutto va male, tutto va alla peggio! — Chi potrà mai fidarsi ancora all'usanza ed all'antico diritto? In altri tempi l'anima sfuggiva nell'ultimo sospiro, io la spiavo e, come il gatto fa col sorcio, l'afferravo coi miei artigli. Ma ora essa rimane nel suo covo schifoso, s'avvinghia al cadavere e non finisce mai colle sue incertezze; essa attende che gli elementi che si odiano la scaccino finalmente con onta ed ignominia. Invano cercherei di calcolare il giorno e l'ora; quando? dove? e come? Ecco una questione difficile! La morte non avrebbe più il suo potere subitaneo? Il stesso è dubbio da lungo tempo; chi lo sa?... Ho spesso guardato con ansia delle membra intirizzite sul suolo; — apparenza! esse si muovevano ad un tratto e palpitavano di nuovo! (Gesti di fantastici scongiuri al modo di un capofila.) Ora, signori, in guardia! di grazia, voi dalle corna dritte e dalle corna a chiocciola, veri diavoli di antica tempra, schiudete tosto un baratro dell'inferno; all'inferno non mancano i baratri e le celle; egli sa inghiottire ciascuno secondo il suo rango; l'avvenire avrà meno scrupoli a questo proposito. (La gola dell'inferno s'apre orribile a sinistra.) L'immenso gorgo si spalanca; le vampe traboccano fuori a torrenti, ed il mio sguardo vede attraverso a densi vapori il ribollire continuo della città del fuoco. L'incendio ondeggia, tuona e sibila. I dannati sperando il perdono si alzano nuotando fino all'orlo della voragine emettendo urla e rantoli orribili. Ma essa si rinchiude e li stritola, ed essi allora scendono il doloroso sentiero gridando e gemendo. Oh! quanti sono i dolori in quest'andito in cui mi tuffo! Oh! quante onde infuocate e quanti martiri in breve margine! Voi fate veramente bene a destare un vivo sgomento nell'animo dei peccatori che chiamano tutto ciò menzogne e gherminelle. (Ai diavoli corpacciuti dal corno breve e dritto.) E voi, melensi dalla gran ventraja, dalle gole tumide, o porci stupidi, grassi per il soverchio cibo di bitume e di zolfo! o vive fiaccole il cui grosso collo s'incaverna nelle spalle, non tralasciate di spiare laggiù, perché se qualche cosa splende, scintilla, fuma, od un palpito di fosforo vi si palesa, è l'anima, intendete! Psiche è colei che batte le ali, raggiante farfalla, aggraziata fanciulla; incarnate in essa le vostre ugne, ed essa sarà repentinamente un lurido verme. Io voglio segnarla col mio incancellabile marchio: indi si corra intorno ad essa in mezzo ai turbini di fiamme! E voi, ventracci, otri, infocate il fondo della voragine e sorvegliate bene, è vostro dovere. Se l'anima si trova dentro, lo si saprà forse un giorno. Ma l'umbilico mostrerà ch'essa si trova bene laggiù. Olà! ora siate guardinghi e badate che non esca dalla fessura. (Ai diavoli sciancati dal corno lungo ed attorto.) E voi, caporioni, manuali dell'inferno, attenti allo scandaglio! Stendete le vostre braccia, tirate fuori gli unghioni, e se la vedete dibattersi nell'aria afferratela al volo! io ve lo comando! ella sta certamente addolorata nel vecchio bugigattolo; ma essa ne fuggirà ben presto, perché il genio è impaziente di spiccare in alto il volo.

(Spiriti celesti che scendono dalle regioni superiori a dritta.)

Coro.               Falangi beate,

                        Arcangeli santi,

                        Essenze leggére

                        Di ben messaggere,

                        Sollecita aita

                        Recate — a' mortali,

                        Che oppressi da' mali

                        Gementipreganti,

                        Trascinan la vita!

                        Giù rapidi a volo

                        Scendete accorrete!

                        Al gelido frale

                        Rendete — o celesti

                        Lo spirto immortale!

                        E al vostro passaggio

                        Lo sguardo s'accenda

                        Di vampe d'amor;

                        E amica discenda

                        La grazia nei cor.

Mefistofele. To', quali stridule grida e quali voci di mal agurio scendono da lassù! Spiacevole cinguettìo, canti d'ermafrodita che potrebbero solo rallegrare un sagrestano! Voi sapete che laggiù nelle nostre ore dannate il nostro cuore è invaso dal desiderio di struggere l'universo, e più inventiamo cose sfrenate, più la vostra pietà se ne rallegra. Ecco che si avanzano quatti quatti! Canaglia! E dire che io lavoro spesso per loro e che mi strapparono dalle mani la già ghermita preda! Noi abbiamo per agire lo stesso ingegno e le stesse arti, e ci facciamo la guerra colle stesse armi; essi sono demoni come noi, ma demoni incappucciati. Non possiamo indietreggiare senza vergogna; dunque alla fossa! e saldi all'opera.

Coro d'Angeli (spargendo rose a piene mani).

                           Rose purpuree,

                        Candide rose,

                        Che i venti aggirano

                        Vaghe, odorose,

                        Immacolate,

                        Di verdi gemme

                        Rose adornate;

                        Rose di fiamma

                        Per che lo spirito

                        Forte s'infiamma;

                        Per che si destano

                        I bei desir;

                           Il vago calice

                        Un po' schiudete,

                        E in larga piova

                        Quivi traete,

                        Rose, a fiorir.

                           Fresco, gentile

                        Spunti l'aprile;

                        Chiuse a beato

                        Sonno ha le ciglia!

                        Di sparse foglie

                        La terra veggasi

                        Tutta giuncata.

                        Tutta vermiglia:

                        E gl'ineffabili

                        Gaudi ed il riso

                        Che l'alme godono

                        In paradiso

                        Trovi al destarsi

                        D'intorno sparsi!

Mefistofele (ai diavoli). Perché vi vedo io a tremare da capo a piedi? È forse questa un'abitudine dell'inferno? Oh stupidi! restate immobili nei vostri ranghi ed affrontate i nemici con intrepidità. I chiericucci credono veramente di provocarci: e si vantano già di vincerci con quei fracidi fiori ch'essi gettano sulla terra! Vincere noi diavoli avvezzi a resistere al fuoco! Attenti! Attenti! Mandate colle gote un forte buffo, tale da sparpagliare tutti questi nonnulla! — Basta! basta! basta! I giovinetti hanno impallidito. Ora chiudete le vostre orride boccacce, e state tutti quieti! — Avete soffiato troppo forte, imbecilli! Non saprete dunque voi mai contenervi nei limiti? Maledizione! tutto quanto doveva essere sperso, arde e divampa, e la fiamma eterea pronta ad innondarci, turbina nell'aria. Andate al vostro posto e facciamo buona guerra!... I demoni privi di forze e di coraggio sono ormai ebri sotto l'influsso di questo intenso e carezzevole fuoco.

Gli Angeli.                 O fiori lucenti,

                                   O fiamme felici,

                                   In queste pendici

                                   Recate l'amor!

                                     Di gioja languenti

                                   Si mostrano i cor.

                                     Del giorno la luce

                                   Per tutti riluce;

                                   De! Verbo si spandano

                                   Sull'alme i tesori

Mefistofele. Oh bile! Oh scandalo! Essi volteggiano sgominati sulla mia testa, fanno la ruota per aria e piombano giù nell'inferno! Andate, o maledetti, e che il diguazzarvi nelle fiamme sia per voi un piacere. Io solo resto impavido al mio posto, io solo combatterò. (Dibattendosi fra un denso nuvolo di rose.) O fuoco fatuo, indietro! va pure! potrai risplendere a tuo piacere; queste fiammelle si provino a scintillare più vivide per quanto lo consente il loro potere! Alfin sei mio, capoccino! Ah! tu vorresti svincolarti e ritornare nell'aria! ma no... Misericordia! Ahi! il folletto s'incolla al mio cocuzzolo, ahi! ahi! è pece! è zolfo!... Inferno! oh spasimo!

Gli Angeli (Coro.)

                                     All'astro felice,

                                   Fratello ten vai

                                     Ché sol si consente

                                   Non prendati mai

                                   Vaghezza di quanto

                                   Di pianto — è cagione

                                   A lui che ripone

                                   Sua speme lassù.

                                     E allora, se accada

                                   Che tedio t'invada,

                                   Noi spirti celesti,

                                   Apostoli santi,

                                   Farem che si desti,

                                   Correndo a' tuoi pianti

                                   L'antica virtù.

                                     Che sol si consente

                                   L'eterno splendor

                                   All'anima ardente

                                   Nel foco d'amor!

Mefistofele. Tutto il cervello è in fiamme, il sangue mi bolle nelle vene; questo elemento è veramente assai più che diabolico! le vampe stesse dei dannati sono assai meno ardenti! Ora comprendo gli spasimi dell'amore. Poveri amanti! ora mi è dato di conoscere il martirio che vi strazia; o voi il cui cuore sanguina ad una parola, ad un atto od un sorriso di colei che idolatrate; voi che turbati e melanconici, implorate torcendo il collo il perdono e la grazia di colei nell'istante in cui ella vi disprezza maggiormente. Ed io per qual destino sono congiunto alla vostra misera schiera? O Amore, non ti giurai io forse un odio implacabile? Quel tuo sguardo svenevole non è forse per me un atroce supplizio? Quale incognita dolcezza invade ora l'animo mio! Da che cosa proviene il piacere che provo, guardando il nobile aspetto, il volto, le venuste e candide membra di questi garzoncelli dai capelli d'oro? Perché non saprebbe ora il mio labbro proferire una bestemmia? — Ma se oggi sono così fatto ludibrio dell'arte magica, chi dunque sarà più pazzo in avvenire? Non importa; sono troppo belli quei bricconi che ho odiato finora! (Agli angeli.) O miei vaghi giovani, non vi spiaccia rispondermi. Ditemi, non siete voi pure della razza di Lucifero? or via! venite più vicino, più vicino ancora, perché io voglio stringere fra le braccia voi così freschi e belli. Al diletto che provo nel solo vedervi mi sembra di aver già vissuto in vostra compagnia! Più il mio occhio vi contempla e più esso vi trova amabili, aggraziati, teneri e seducenti, e le polpute e morbide vostre forme io ammiro e vagheggio sempre più: e più le mie ardenti vene divampano dei segreti desiderii del gatto che va in amore. Di grazia! avvicinatevi e volgete verso di me uno sguardo almeno dei vostri vividi occhietti! (Gli angeli si sparpagliano da ogni parte nell'aria.)

Gli Angeli.

            Or come va, che tu ci chiami, e poi

            Fuggi il nostro drappel che ti circonda,

            E vieppiù ti si accosta? Or sta, se puoi!

(Gli angeli si avvicinano occupando tutto quanto lo spazio.)

Mefistofele (in dietreggiando fin sul palcoscenico). Ah! fattucchieri, voi siete avvezzi a chiamarmi demone mentre siete così furbi e pratici a tessere sortilegi, o incantatori d'uomini e di donne! Oh! maledetta avventura! — Sarebbe forse questo il solletico dell'amore? D'amore? tutto il mio corpo è in fiamme. Io sento appena quell'indiavolato tizzo cadutomi sulla nuca da lassù. — Ahi! infame tradimento! — esso d'allora in poi non finisce di ardere. Voi gironzate qua e per i1 candido fulgore, ma abbassatevi un poco, come l'uccello scende sui rami. Oh! come siete belli e perfetti, o angioli di voluttà! Vorrei solo vedervi prendere atteggiamenti più mondani e più languidi. Quel severo contegno ben si confa colle vostre rosee membra, non lo nego; ma in fede mia, un bel sorriso vi starebbe assai meglio, e ne proverei un'estasi tale ch'essa non avrebbe più termine. Intendo per sorriso quell'allegra smorfia fatta dagl'innamorati quando si guardano sottocchi, corrugando lievemente la bocca senza che lo studio vi abbia alcuna parte perché si forma da sé. Ohe! ohe! tu mi sembri un vagheggino pretto e consumato, tu, mio gran furbaccio! E quanto più si avanzano le tue legioni, più ti vedo fatto a mio genio: sebbene io abbia in uggia quel tuo fare da chierico. Guardami con sguardo un po' più maliziato! Potresti certamente senza offendere le leggi del pudore, o mio bel zanzero, denudarti un po' più e sbarazzarti dell'impaccio di questa immensa tunica che ti avvolge e ti soffoca. Essi si voltano... Benissimo! Si trattenga chi può... l'amore mi una tanta smania... I cattivelli mi accendono col loro atteggiamento in guisa che vado in solluchero!

Coro di Angeli.          Viva fiammella

                                   Di puro ardor,

                                   L'ala tua bella

                                   Volgi al soggiorno

                                   Del santo amor!

                                      Per quanto il mondo

                                   Girasi a tondo,

                                   Del giusto sola

                                   Può la parola

                                   I lacci sciogliere

                                   D'un tristo cor.

                                      Del tentatore

                                   Sfugga agli agguati

                                   Chi anela vivere

                                   In fra' beati!

Mefistofele (rientrando in sé). Ora donde proviene questo? che m'avvenne? ahi misero! Ora sono tutto una piaga, e le ulceri pullulano come fiori d'acero. Io, come Giobbe un giorno, faccio schifo a me stesso. Non importa! io solo trionfo e sono ancora diavolo! Quest'orribile spettacolo mi richiama alla ragione... e saprò trarre profitto della lezione, o sciagurati: d'ora in poi staremo in guardia. Ho salvato la miglior parte di Satana; questa febbre d'amore colpisce la sola cute; io vedo già spegnersi l'atroce fiamma di quest'esecrabile flagello, e possa, come lo meriti, o razza d'ermafroditi lanciarti il vituperio e la bestemmia in faccia.

Coro d'Angeli.           Mirabil estasi!

                                   Chi in te s'accende

                                   Già in Dio s'inebria,

                                   Già Dio comprende.

                                   A schiere a schiere

                                   Riedasi al ciel!

                                      In laudi e cantici

                                   L'ardor disfoghisi

                                   Che il gaudio inspira;

                                   Azzurro è l'etere:

                                   Alfin respira

                                   L'alma fedel!

(S'ergono a volo, seco recando la parte immortale di Faust.)

Mefistofele (volgendo intorno lo sguardo). Ed ora, dove sono essi? — O sciocco, o zotico! che ti lasci sorprendere così da un piccolo drappello di fanciulli! guarda! essi fuggono!... e portano lassù quel tesoro che tu, o folle, non sapesti difendere. Ti è alfine chiaramente palese ch'essi vennero dall'oriente tratti dall'odore di questo ghiotto boccone. L'anima legata a te con un patto ti fu da essi rapita silenziosamente, e così tu perdi il maggiore dei tuoi beni! E lo perdi per sempre! Oh! chi, chi potrebbe renderti il tuo diritto, o miserabile? Sebbene inoltrato negli anni, o Satana, essi ti hanno ingannato e deriso! E ben ti sta... confessa chiaro e tondo che in quest'impiccio il tuo contegno fu quello di uno stupido! O fatiche inutilmente fatte! Cure e fastidi inutili! E tutto, oh mia vergogna! tutto il mio presente danno proviene da uno scempio desiderio, da un amorazzo inconcepibile che entrò nel cuore, a me, intonacato e lurido di pece e di ragia! Ora si può arguire da ciò, che l'uomo accorto se si lascia un bel giorno sedurre da questi stupidi, dovrà finalmente piangere la sua stoltezza.

 



«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License