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PARTE II ATTO QUINTO Dirupi, boschi, rocce, luoghi solitari | «» |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Santi anacoreti, dispersi qua e là sulle alture dei monti
e ricoverati nei crepacci del granito
Sui massi di granito il bosco ondeggia,
Ove stan le radici abbarbicate;
E spessa in fino al ciel bella corona
D'alberi annosi intorno lo circonda.
Un'onda mormorando un'altra incalza,
S'aggira intorno solitario e cheto
Portato dal desio che lo governa
Quasi al sacro mistero ei renda onore,
Pater Extaticus (vagando or sulle alture, or al basso).
Doglia atroce che il petto ange e martira
Anelante a quel Dio e che a sè mi tira!
O folgori, o catene, o lance, o strali
Me colpite!
Me stringete!
Me ferite!
Me pungete!
Ma di colpi e di punte aspri e mortali,
Così che il periglioso
Fral nella tomba alfine abbia riposo:
né altro resti di me, che il dio fulgore
Ove s'imperna l'eternale amore!
Pater Profundus (da una regione al basso). Come la rocca eterna che passa sul profondo abisso, come l'onda che all'onda si mesce nell'orribile inondazione, come la magnifica quercia che si solleva repentinamente nell'aria per forza arcana, così l'amore possente, che tutto informa e nutre, al cielo ci guida. Odo un immenso e selvaggio fragore intorno come se le foreste e gli enormi massi di granito a somiglianza dell'oceano, vagassero per il cielo!
In mezzo allo strepito si avanza la piena degli agitati flutti per fecondare gli aperti campi. La cascata che di balza in balza si frange spumeggiando, e la divina folgore che percorre lo spazio e purifica l'atmosfera dei pesanti vapori che ci velavano il giorno, che cosa sono essi se non messaggeri d'amore? Essi annunziano a tutti questi forza profonda che sempre operosa, abbraccia l'universo. Oh! arda ella dunque nel mio seno dove il mio spirito, triste, inquieto e gelido soffre e si accascia, imprigionato nella chiostra dei sensi e oppresso dalle catene della terra! Oh Signore, dà pace ai miei pensieri! ed a questo cuore che geme risplenda la sospirata tua luce!
Pater Seraphicus (regione media). Qual nebbia porporina ondeggia in mezzo ai rami degli abeti? Ah! il core ben lo indovina: sono queste le beate schiere dei fanciulletti portate dal desio della viva luce; il giovine coro degli spiriti eletti!
Dinne, chi siamo? o a quale
Parte drizzato, o padre, è il nostro volo!
È ognun di noi; che solo
Dell'esser nostro vaghi,
Nulla ha il mondo oggimai che più n'appaghi!
Pater Seraphicus. Usciti appena alla luce del giorno, saliti al cielo dal grembo della madre a mezzanotte, ed aggiunti alle schiere degli angioletti; sentite voi dunque l'appressarsi di un Ente pieno d'amore? Andategli incontro e che il vostro cuore non sia turbato dal timore, o voi felici fanciulli morti innanzi tempo. Voi, affatto ignari dei guai della terra, scendete tutti nelle mie pupille e mettetevi a contemplare questa regione dal luogo dove più vi aggrada! Ecco dinanzi a voi montagne e piante; eccovi rupi coperte di neve; ecco un torbido torrente che spumando affretta il suo corso per aspri dirupi.
I Fanciulli beati (dal fondo del suo cervello).
Bello a veder, ma di mestizia pieno
Luogo ne pare orribile, selvaggio!
Trema di freddo e di paura il seno;
O buon padre, ne dà che il bel viaggio
Ricominciam per l'etere sereno!
Pater Seraphicus (ridonando ai pargoli il volo). Andate verso più sublimi vertici fino ai cerchi estremi della luce, crescete sempre attoniti del come, ignoto a tutti, come avviene fra i celesti. Andate sempre più rapidi per l'azzurrino vuoto attratti dalla somma virtù della divinità che è pascolo dell'anima! essa è colei che vaga nell'etere; essa è colei che apprende i santi pensieri alle menti ottuse dei mortali; essa è colei che sola prepara la tazza nella quale si diffonde l'estasi del primo vero.
Coro dei Fanciulli beati (che sorvolano a tondo le alture più sublimi).
O garzonetti.
Delle manine
E senza fine
Da' nostri petti
Noi di supreme
Noi dalla speme
Sempre si celebri,
Al beatifico
Della sua faccia
Noi pure raccogliere
In paradiso!
Gli Angeli (aggirandosi in un'atmosfera superiore, seco traendo la parte immortale di Faust).
Osanna, e gloria! alfin ritorna in vita
Chi già stette agli spiriti in balìa;
Sol questa a chi l'età non ha compita
Noi rechiam di salvezza unica via
E se la grazia di lassù lo invita,
Di beati ver' lui schiera s'avvia;
E scioglie all'alta sua ventura un canto
Colla gioja nel cor, negli occhi il pianto.
In coro — accompagnar.
Che invece dell'eterno
Ei solo, il vincitor.
Dura impresa è la nostra a trar codesto
Velo mortal su per l'eterea via;
Impuro tuttavia.
Quando la possa arcana
Dello Spirto immortal che fonda e crea
Gli elementi d'un mondo a sè rappella,
Di loro stretta e duplice natura
Agli angioli del ciel non è concesso
Perfetto amor di svincolarle è dato.
Nebbia e a' vapori onde ricinte sono
Codeste rocce di granito, un suono
Di spirti che qui presso errando vada.
Il vel frapposto, e a noi l'avventuroso
De' beati fanciulli eletto stuolo
Si distende pel liquido sereno.
Vanni, e il bel manto di rugiada aspersi;
E già delle superne
Sfere pregusta le dolcezze eterne,
Or che pronto è a salir, lasciam, fratelli,
Che il suo cammin, misto agli eletti, imprenda
E le prime con lor rote trascenda.
(Trasmettono la parte immortale di Faust ai Fanciulli Beati, i quali s'incaricano d'iniziarla.)
E a noi questa crisalide
Raccogliere non pesa,
Non si palesa ancora,
Strappateli una volta;
Doctor Marianus (nell'interno della cella più elevata e più pura). Di qui lo sguardo spazia intorno e lo spirito ondeggia fra l'Eterno ed il mondo. Ma nel seno delle nubi accese, scorgo uno stuolo di sante donne che volano in cielo. Ne vedo una in mezzo coronata di astri fulgidissimi. È la regina dell'impero, il mio cor ben l'indovina a quel vivido raggio. O immacolata Donna dell'universo, sotto la stellata volta del cielo, lasciami leggere nella luce del cielo infuocato il tuo divino mistero, o Madre dell'Eterno Vero.
Consacra l'austera tenerezza che agita ed illumina i più gelidi cori e li trascina dinanzi a te nell'estasi e nella preghiera. Quando regni nel nostro seno il nostro coraggio è indomabile. Alla tua voce, o Dea, ineffabile, la nostra collera si addormenta repentinamente come l'onda sulla sabbia. Vergine, nel tuo seno prese stanza l'Onnipotente, egli scelse te fra tutte per un tanto onore! Prima di te sulle stellate sfere non vedi altri che Dio. — Intorno a lei s'aggirano senza posa, per onorarla, vaghe fiammelle: sono anime penitenti spiranti l'odorosa aura che parte da lei, e che intente ed assorte nelle belle pupille chiedono umilmente grazia e salute.
Regina di purità! Vergine immacolata e santa, tu puoi lasciare senza tema venire vicino a te le peccatrici che ti si accostano con amore e fede! Cedendo alle prave voglie scorsero i loro giorni nel piacere; nessuno può resistere da sé al seducente invito della soave voluttà; l'umano desiderio corre ahimè troppo facilmente il lubrico pendìo. Uno sguardo od un sorriso sfavillante sul viso di una vaga donna lega ed incatena l'uomo; e tosto l'ebbro suo cuore arde alla vampa di lascivo amore. (Mater Gloriosa si aggira per l'atmosfera.)
Coro di Penitenti. Dall'alto empireo
Ove risplendi,
Vergin sovrana, i nostri voti intendi;
O tu cui non fu mai par né simile!
Magna Peccatrix. Per l'amore che con pure lagrime come eletto balsamo bagnò i piedi divini di Gesù Cristo, a dispetto della farisaica rabbia; per l'urna profonda che versò soavi essenze d'ambra; per la bionda capigliatura che asciugò le sue sante membra; —
Mulier Samaritana. Per la profonda e fredda cisterna dove in altri tempi il vecchio Abramo guidava il suo armento a pascolare; per il vaso che porse ristoro alle labbra del Figlio; per la viva sorgente che appena uscita di là versò poscia perenni acque di vita sull'umana razza;
Maria Aegyptiaca. Per la sanguinosa e fredda pietra che raccolse un giorno le membra del divino martire; per il poderoso braccio che si alzò minaccioso e mi respinse dal santo luogo; per quell'acerbo dolore sofferto da me dolente e pentita stando per quarant'anni in guerra con me stessa e colla prima colpa, di che io ringrazio il Sommo Fattore; per quell'addio che lasciava in terra prima di partire; —
A Tre. O tu che non negasti mai alle anime peccatrici di varcar la soglia del cielo; tu che concedi al sincero pentimento la forza sufficiente per lottare collo spirito maligno, o Maria, tu non negherai il tuo perdono a noi che in mezzo ai contrasti del mondo smarrimmo la retta via inconscie di fallire, e che ora piangenti imploriamo il tuo ajuto.
Una Pœnitentium (altre volte per nome Gretchen, in atto umile). Degnati, o Immacolata, di rivolgere a me i tuoi pietosi e divini occhi, a me santa e beata in quel giorno, scevro di ogni dolore in cui ritornò a Dio colui che amai in terra.
I Fanciulli Beati (intanto che si accostano lievemente roteando).
Già di quella virtude
Ei tanto in sé racchiude,
Che ciascuno in fra noi di troppo avanza.
Qual conviensi a fratel fedele e degno.
Presto, ben si può dir, fummo rapiti:
Ma questi, ch'è del mondo assai più esperto,
La Peccatrice (detta prima d'ora Gretchen). Circondato dal coro degli Spiriti angelici il felice Novizio non può comprendere se dorme o veglia. Egli batte salendo rapide le ali; appena tocca col piede il sacro limitare lo si vede tramutarsi in Arcangelo. Come si sveste tosto dalle sue terrene spoglie! Egli è ringiovanito, splende di una bellezza celestiale, ed un fiammante velo cinge le sue sante membra. Oh! dolce madre, concedi che io gli apprenda il tuo santo e puro nome, perchè il vivo raggio del giorno abbaglia già la sua pupilla!
Mater Gloriosa. Egli vola più in alto verso le divine sfere; se t'indovina egli ti seguirà ben tosto.
Doctor Marianus (boccone sul suolo pregando). Ricerchiamo in quei soavi e cari sguardi dai quali viene solo la grazia e la salute, la virtù che meglio ci prepari il cuore a ricevere con gratitudine le eterne fiamme della beatitudine; onde gli umani affetti si rivolgano con viva fede a te, Vergine, Madre, Imperatrice e Dea. Dal sublime e stellato tuo seggio mostrati a noi propizia.
Altro non è che simbolo e follia;
Pentimento e dolor schiude la via;
Compiuto fu;
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