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PREFAZIONE | «» |
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Questo dramma fu composto dal poeta nel 1790, a Firenze, sotto le dolci ombre delle Cascine.
Il Tasso è un dramma psicologico. L'intrigo è semplicissimo. Il Tasso si trova alla Corte di Alfonso II d'Este. Egli ha finito di scrivere la Gerusalemme liberata ed ha presentato il suo poema al duca. Una corona di alloro, intessuta dalle mani della principessa, sorella del duca, è offerta al poeta, il quale la riceve come la più dolce delle ricompense, essendo egli profondamente innamorato della vaga Leonora.
Questo attestato di predilezione suscita la gelosia del segretario di corte Antonio Montecatino, il quale con fredda abilità riesce a provocare la suscettibilità del Tasso, che lo sfida.
Indispettito dallo scandalo, il duca ordina che il poeta rimanga in camera in istato di arresto. Il Tasso prende la risoluzione di lasciare Ferrara. Commosso dalle dolci parole della principessa, la quale cerca di trattenerlo, si oblia fino al punto di abbracciarla. Il duca li sorprende ed ordina di arrestare l'audace poeta.
Non c'è nessun'altra opera, in cui Goethe abbia introdotto tanta parte di sè come nel Torquato Tasso; che, anche per questo riguardo, è interessantissima. Non se ne può anzi apprezzare il vero carattere, se non la si ricollega a certe complicazioni segrete della vita psicologica del Goethe, il quale amava questo genere di confessioni, che, erano per lui come un mezzo di scacciare i penosi ricordi e liberarsi dalle torture dell'anima.
Partendo precipitosamente da Weimar, stanco del giogo, avido di ozio e di sole, egli se ne venne verso la terra di Mignon, portando seco il doloroso abbozzo del dramma. Compiuta l'opera, l'anima sua fu sollevata. La lotta fra i sogni del poeta e le convenienze della vita si era quetata in fondo al suo cuore.
Il Tasso, nell'ultima scena, si riconcilia con Antonio, attaccandosi all'uomo che aveva provocato, come
a quello scoglio ove rompea suo schifo
aggrappasi dasezzo il navigante.
Parimenti in Goethe il genio dell'ideale trionfa delle sue ribellioni interiori e si sottomette alla realtà, senza che il poeta ci perda nulla.
Un sol conforto avanza:
a noi largìa le lagrime natura,
il grido del dolor, quando alfin l'uomo
più nol sopporta... E a me largì più ancora...
La parola lasciommi armonïosa
pure in mezzo agli affanni, ond'io lamenti
il crudele tenor di mia fortuna:
e se il mortale nelle angosce ammuta,
di cantar com'io soffro un dio mi dona!
Quest'opera, che offre al pensatore le più delicate analisi psicologiche, fu primieramente scritta in prosa e poi di nuovo rifatta in versi dal Goethe. In essa campeggia l'opposizione che esiste fra il carattere di un poeta e quello di un uomo di affari, piuttosto che l'eterno conflitto fra la vita ideale e la vita materiale, com'altri pensò.
Il Goethe ha dipinto a vivi e seducenti colori la pompa della vita di corte, con tutto il corredo del ridicolo, delle speranze e del disgusto che accompagna le feste; e volle anche rappresentare il danno della protezione sul carattere e sull'ingegno. Il Tasso e la principessa sono caratteri elevati e nobili; la contessa e Antonio, che operano di più e contribuiscono maggiormente all'azione del dramma, sono caratteri intriganti; mentre il duca è quasi il tratto d'unione fra l'idealità degli uni e la realtà degli altri.
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