Johann Wolfgang von Goethe
Torquato Tasso

ATTO SECONDO

SCENA III. Tasso e Antonio.

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SCENA III.

 

Tasso e Antonio.

 

Tasso.

Oh! benvenuto

tu che in questo momento io raffiguro

pressochè primamente. A me giammai

in più bella maniera annunzïato

altri non fu. Sii benvenuto. Or tutto

io veramente il tuo valor conosco,

e senza indugio la man t'offro e il core,

tu, spero, mi sdegni.

Ant.

Incliti doni

liberal profferisci; e poi che il prezzo

ben ne estimo al dover, pria d'accettarli

mi consenti indugiar. Pur non so bene

se pari io posa ricambiar l'offerta.

avventato parer sconoscente

volentieri torrei; lascia ch'io sia

per entrambi prudente.

Tasso.

E chi vorrebbe

biasmar prudenza? Nel mortal cammino

necessaria si sente a ciascun passo,

ma lieta è l'ora quando il cor ne dice

che non è d'uopo di sottil cautela.

Ant.

Ognuno in questo si consigli seco;

chè in lui cadrebbe del fallir la pena.

Tasso.

E sia così. Mio debito ho compiuto.

Di Leonora, che ne vuole amici,

onorai la parola e a te mi offersi.

Starmi ritroso io non dovea; ma certo

non vo' troppo pressarti. Un tu forse,

meglio avvisato, agognerai quel dono

che freddamente or da l'un canto poni

pressochè disdegnando.

Ant.

Ai moderati

taccia di freddi assai fiate appone

chi di più caldo cor si usurpa il vanto

perchè lo assale passegger bollore.

Tasso.

Ciò che tu biasmi io biasmo e schivo. Anch'io

sempre preferirò, mentre ch'io viva,

la durata al fervor.

Ant.

Saggia parola!

Questa ti stampa saldamente in petto.

Tasso.

Consigliarmi e ammonirmi è il tuo diritto,

perchè al tuo fianco esperïenza viene,

quale amica da lunghi anni provata.

Questo sol credi, che un tranquillo core

sempre veglia ad udir gli ammonimenti

d'ogni giorno e d'ogni ora, e in suo segreto

a ogni bene si prova in che erudirlo

tu presumi severo.

Ant.

È dolce cosa,

ma non utile al pari, il trattenersi

con medesmo. Quel mortal che sempre

si fa specchio di , mai non acquista

di contezza; perocchè, la sola

sua misura adoprando, or troppo a vile,

ora, ahi! più spesso, in troppo onor si tiene.

Sol guardando in altrui l'uom si conosce,

solo la vita il suo valor gl'insegna.

Tasso.

Te ascolto e plaudo riverente.

Ant.

E pure,

malgrado esta parola, altro, ben altro

da quanto io voglio dire è il tuo pensiero.

Tasso.

Impossibile egli è che più d'accosto

per tal via ci facciam. Pensatamente

disconoscere un uomo, e sia qual vuolsi,

opra non tengo gentil saggia.

La parola di lei fu appena d'uopo

a conoscerti tosto: io so che il bene

brami e procuri. Di tue proprie sorti

a te non cale; altrui tu pensi, altrui

porgi soccorso, e nel mar della vita,

che in tempesta ogni lieve aura commove,

saldo il cor serbi. Tal ti veggio: or quale

mi sarei, se a te incontro io non venissi?

se del chiuso tesor che tu custodi

non cercassi bramoso io pur mia parte?

So che, se t'apri, non dovrai pentirti;

so che amico t'avrò, se mi conosci.

Di cotale un amico è a me mestieri

già da lunga stagion. Dell'immatura

inesperta etá mia non mi vergogno;

tacita ancora alle mie tempie intorno

l'aurata nube del futuro, impende.

Tu al cor mi accogli, o nobile mortale,

e a me, fervente ed inesperto, insegna

l'uso temprato della vita.

Ant.

Quello

che solo il tempo consiglier ne dona,

tu lo vuoi nell'istante.

Tasso.

In un istante

ciò che fatica in lenti anni raggiunge

amor largisce. Io non ti prego, io 'l chieggo;

e dritto n'ho. Per la virtù ti appello

ch'ama stringere i buoni in gentil nodo.

E dir deggio altro nome? Ella lo spera,

ella il vuol... Leonora ambo ne brama

annodar d'amistade. Al suo desio

deh ci tardi obbedire! A offrir moviamo

cuore e mano alla diva, onde, congiunti,

compier per essa le più belle imprese.

Un'altra volta... ecco mia man! la stringi!

Non ritrarti, o gentil, non star più incerto

e mi assenti il più bel gaudio de' buoni:

riposar confidenti in un migliore.

Ant.

L'acque tu solchi a piene vele, e pare

che se' a vincere avvezzo e mai non trovi

o rinchiusa la porta o angusto il calle.

Ogni merto io ti assento, ogni ventura

di grado assai, ma chiaramente veggio

come ancor troppo largo è l'intervallo

che diparte noi due.

Tasso.

D'età, il concedo,

e d'esperto valor; d'allegro zelo

me non vince mortal.

Ant.

L'opra non segue

sempre al volere, e troppo brevi sogna

il cor le vie. Chi tien la meta ha il serto,

e sovente il più degno il brama indarno.

V'ha nondimen di facili corone,

v'ha corone diverse; e queste spesso

si colgono tra via senza fatica.

Tasso.

Ciò che spontaneo il Nume all'un concede

e niega austero all'altro, è cotal dono

che nol coglie a talento ogni mortale.

Ant.

Se il nume a cui ringrazii è la Fortuna,

volentier t'odo; perchè cieca elegge.

Tasso.

Porta sue bende la Giustizia ancora,

e a ciascuno abbarbaglio ha chiusi gli occhi.

Ant.

Ben dee 'l felice glorïar Fortuna:

occhi mille ei le finga al merto intenti

e indagine severa e savia eletta;

ei la appelli Minerva, o di qual altro

nome è piú angusto; il grazïoso dono

mercede ei chiami, e il casuale ornato

debito fregio.

Tasso.

Favellar più aperto

no davver non potevi; or non t'è d'uopo

d'altra parola. Io l'imo cor ti vidi,

ti conobbi per sempre. Oh conosciuto

Leonora t'avesse! In serbo tienti

dello sguardo gli strali e della lingua.

All'alloro immortal della mia fronte

gli avventi indarno. Con sublime core

ne deponi l'invidia. E che? Potresti

disputarmelo forse? Egli mi è sacro,

è il supremo ben mio: pur se m'additi

chi la meta toccasse, alta mia brama,

se m'additi l'eroe di che a mia mente

sol le storie parlâr, se un vate mostri

che tra Omero e Virgilio osi sedersi,

se mi mostri un mortal (dirò più assai)

cui più che a me questa mercè si addica,

che più di me del bello serto arrossi,

tu vedrai genuflettermi alla diva

che di tanto onorommi, e non alzarmi

fin che tolto alla mia non lo deponga

in fronte a lui.

Ant.

Fino a quel tu a dritto

il lauro porti.

Tasso.

Mi si ponga in lance;

ricusar non vogl’io, ma non ho mai

meritato il dispregio. Il nobil serto

che il mio signore mi stimò dovuto,

che alle mie chiome Leonora ordìo,

inforsare o schernire alcun non deve.

Ant.

Gli alteri detti e il subito bollore

mal si addicono a te, meco, e in tal loco.

Tasso.

Ciò conviensi anco a me che tu qui ardisci.

Forse al vero vietata è questa soglia?

è al libero pensier carcer la reggia?

può un magnalmo che tacervi oppresso?

Eccellenza, m'è avviso, ha qui suo loco,

eccellenza dell'alma. O non puote ella

starsi de' grandi della terra accanto?

Ben lo puote e lo deve. Il varco al prence

sola ne schiude nobiltà di sangue,

avito dono; or perchè no lo spirto,

cui non a tutti diè Natura eccelso,

come d'inclita stirpe a pochi solo

esser larga poteo? Viltà soltanto

star dovrebbe a disagio in queste mura

e Invidia che a sua propria onta si svela;

così a queste marmoree pareti

non dee sordido ragno appender tela.

Ant.

Tu mostri a me come spregiarti ho dritto:

l'avventato fanciul per forza e insulti

l'amistade e la cerca dell'uomo!

Così rozzo, qual sei, buono ti chiami?

Tasso.

Ciò che voi dite rozzo è a me più caro

assai di ciò ch'io dovrei dir viltade.

Ant.

Tu se' ancor sì garzon che saggia scuola

ben può avvïarti per miglior cammino.

Tasso.

Onde orar falsi dei già troppo adulto,

adulto assai per affrontar l'orgoglio.

Ant.

Se di bei motti è gara e di concenti

tu sempre il prode, il vincitor ne sei.

Tasso.

Audacia fora il millantar mio brando,

perchè vergine ancor; ma in lui mi fido.

Ant.

Nell'altrui troppa cortesia tu fidi

che al corso audace di tua sorte indulse.

Tasso.

Ben adulto or mi sento. Io non bramava

con te, no certo, cimentar mia spada;

ma tu vampa su vampa ognor più attizzi.

M'ardon l'intime fibre, e in cor mi bolle

l'affannoso desio della vendetta.

Se tal sei qual ti vanti, or stammi a fronte.

Ant.

Chi tu sei non avverti ed in qual loco.

Tasso.

Santuario non è dove l'uom debba

patir l'insulto. Tu bestemmi; il loco

tu sconsacri, non io, che confidenza

e onore e affetto, il piú bel don, t'offersi.

Tuo spirto a questo paradiso è sfregio,

questa sala profanano i tuoi detti,

non il vivo sentir dell'alma mia,

ch'arde, sdegnosa d'ogni lieve macchia.

Ant.

Che spiriti sublimi in petto angusto!

Tasso.

I miei sensi a sfogar petto ho che basta.

Ant.

A parole si sfoga anche la plebe.

Tasso.

Se sei nobil, com'io, mostralo a prova.

Ant.

Ben io lo son, ma questo loco onoro.

Tasso.

Meco discendi dove il brando vaglia.

Ant.

Poi che sfidar non devi, io non ti seguo.

Tasso.

Ben viene acconcio alla viltà il pretesto.

Ant.

Solo allor che è securo il vil minaccia.

Tasso.

Posso a tal schermo rinunciar con gioia.

Ant.

Te offendi pur; nulla tu offendi il loco.

Tasso.

Perdoni il loco, s'io patii quest'onta.

(snuda la spada)

Traggi il brando e mi segui, ov'io non debba,

come t'abborro, averti sempre a vile.

 

 


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