Johann Wolfgang von Goethe
Torquato Tasso

ATTO SECONDO

SCENA V. Antonio e Alfonso.

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SCENA V.

 

Antonio e Alfonso.

 

Ant.

Che delira il fanciul! Con quai colori

il suo merto ei dipinge e il suo destino!

Circoscritta pur sempre ed inesperta,

gode la gioventù credersi un ente

pellegrino, anzi solo, e tutte cose

di fronte a tutti oltracotata imprende.

Ch'ei si senta punito! È benefizio

al giovine la pena, e tal che l'uomo

poi ne sa grado.

Alf.

Anche di troppo, io temo,

egli è punito.

Ant.

Se vêr lui clemente

vuoi mostrarti, o signor, libero il torna,

indi risolva nostre liti il brando.

Alf.

Ciò forse fia, se opinion lo imponga:

ma dimmi or via come in furor l'hai tratto?

Ant.

Dirti appena or saprei come ciò fosse:

forse è ver che in Torquato io l'uomo offesi,

ma il nobile non mai; a lui di labbro,

pur nel vampo maggior del suo corruccio,

parola uscì di gentiluomo indegna.

Alf.

Cotal parve a me pur vostra tenzone,

e i tuoi detti m'affermano l'avviso

che di subito io m'ebbi. Ove una lite

infra gli uomini sorge, ivi il più saggio

se ne incolpa a ragion. Tu non dovevi

corrucciarti con esso; essergli guida

più ti si addice. Ancor n'è tempo; e lite

questa non è da disputarsi a spade.

Finchè il ciel mi pace, io ne' miei lari

goderla vo'. Tu qui ripon la calma,

chè di lieve lo puoi; prima il blandisca

con soave parlar la Sanvitale;

poi tu a mio nome libertà gli annunzia

e t'acquista sua con generose

vere parole. Non appena il puoi,

reca a fin l'opra bella e con lui parla

quasi padre ed amico. Anzi al partire

vo' tornata la pace, e non è cosa

impossibile a te, quando tu voglia.

Grazïoso ne fia tardar d'un'ora

nostra andata a Ferrara; indi le donne

compiran l'opra tua soavemente,

e del subito fuoco in ritornando

troverem spenta la favilla estrema.

Ben parmi, Antonio, che tu stil non muti;

giunto appena alla fin di scabra impresa,

riedi a prenderne un'altra. In questa ancora

fortunato io ti spero.

Ant.

Emmi vergogna

il veder come in lucido cristallo

in tue miti parole il fallo mio.

Lieve è obbedire ad un signor gentile

che comanda ad un tempo e persuade.

 

              


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