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SCENA II
(con ritenutezza) Tua grazia, che sovente m'hai mostra, oggi mi fulge in piena luce: perdonasti il fallo che avventato commisi e irriverente vicino a te, pacificasti meco il mio nemico, vuoi conceder ch'io dal tuo fianco mi parta a qualche tempo, vuoi serbarmi magnalmo i tuoi favori. Or con piena fidanza entro in cammino, e porto speme che da quante doglie qui m'attristan la vita abbia a sanarmi poco volger di sole. Un'altra volta sorgerà lo mio spirto e per le vie, che lieto e audace primamente io corsi |
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Prego amica la sorte al tuo viaggio, e di salute florido e di gioia riaverti mi spero. Allor tu lieto di ciascuna ora che ne involi adesso. Per mie genti sul Tebro e per gli amici ti darò lettre; e bramo assai che ovunque voglia in tutta fidanza a' miei tenerti, com'io di certo, tuttochè lontano, per mio ti tengo. |
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ricolmi un uom che se ne sente indegno, che nè ringraziar puote in quest'ora. Odi invece di grazie altra preghiera: nulla ho più a cor del mio poema; io molto feci, nè a cure perdonai nè a stenti, ma il da farsi è più assai. Nella cittade ove tuttora eccitator si aggira lo spirto de' magnanimi sepolti vorrei sedermi un'altra volta a scola; sì fia più degno de' tuoi plausi il carme. |
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Non sarà no che tu da me riprenda Lascia ch'arbitro io sia tra il vate e il carme; bada non forse per soverchia lima che ravviva tue rime, e non por mente ai consigli di tutti! In un raccoglie i diversi pensier di più mortali, nella vita discordi e nel sentire, il sagace poeta, e non gli cale di sgradire a talun, tanto che ad altri più piacevole torni. Io già non niego che modesto tu debba alcuni luoghi ripulir con più cura, anzi prometto che avrai la copia del tuo carme in breve; ma l'esemplare io tengo, onde primiero me colle suore rallegrarne io possa. Se il poema riporti piú perfetto, di più vivo piacere andrem giulivi, |
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Vergognando un'altra volta ti prego che l'esemplo io m'abbia in poco d'ora: or tutta in questo carme |
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Laudo la fiamma che t'accende. Pure se potessi, o buon Tasso, in pria dovresti vita goder per qualche tempo scevra di tutte cure, divagarti e il sangue ben medicar. Dei ricomposti sensi la serena armonia ti largirebbe |
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ma già son sano, se miei studi imprendo, anzi i miei studi mi ritornan sano. Già da lunga stagion tu mi conosci: in piaceri ozïosi io non fiorisco, il riposo mi tiene irrequïeto. Questo spirito mio, ben con dolore io me ne accorgo, non creò natura |
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Tutto che pensi ed opri in te medesmo ti profonda più sempre. Intorno all'uomo molti abissi scavò la man del fato; ma il più cupo di tutti è il proprio cuore, e gittarvisi dentro è dolce cosa. |
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Vanamente io resisto a questo impulso che giorno e notte nel mio petto alterna; se meditare e poetar non posso, mia vita è morte. Tu il filar divieta al verme industre quando a sè già fila l'ultima sorte; pur trarrà di sua intima essenza i prezïosi stami, né dall'opra starà, tanto che tutto in sua tomba si chiuda. Oh a me pur anco doni del verme invidïato i fati amico un nume, dispiegar giocondo |
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tu con tuoi carmi a mille genti addoppi il gioir della vita. Or dunque, io prego, tu pure il pregio della vita apprendi, che piena ancor ti ferve in petto. Addio; come più sarà presto il tuo ritorno, |