Pietro Blaserna
La teoria del suono nei suoi rapporti colla musica

II.a CONFERENZA. 1. Trasmissione del suono. – 2. Propagazione nell'aria, – 3. nell'acqua e in altri corpi. – 4. Velocità del suono nell'aria, – 5. nell'acqua ed in altri corpi. – 6. Riflessione del suono. – 7. Eco.

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II.a CONFERENZA.

1. Trasmissione del suono. – 2. Propagazione nell'aria, – 3. nell'acqua e in altri corpi. – 4. Velocità del suono nell'aria, – 5. nell'acqua ed in altri corpi. – 6. Riflessione del suono. – 7. Eco.

1. Noi possediamo nel nostro organismo un'istrumento speciale, l'orecchio, atto a percepire i suoni. Ma se le vibrazioni del corpo sonoro sono la causa del suono, sorge ora la domanda, come queste vibrazioni arrivino fino al nostro orecchio per produrvi la sensazione sonora. Una vibrazione non può evidentemente propagarsi, se non in un mezzo atto a propagarla. Questo mezzo è generalmente l'aria; ma lo può essere qualunque altro corpo solido, liquido o gassoso, purchè sia elastico.

L'elasticità dei corpi è una condizione necessaria non solo alla formazione del suono, ma ben anco alla sua trasmissione. Perchè le vibrazioni non si propagano altrimenti che trasmettendo il proprio movimento agli strati più vicini al corpo vibrante. Questi strati lo comunicano a nuovi strati vicini e così di seguito.

La vibrazione pare dunque che cammini di strato in strato, e quando le circostanze lo permettono, in tutte le direzioni. Il movimento vibratorio non è possibile, se ciascuna particella del mezzo trasmettente non è capace di vibrare per proprio conto, vale a dire, se il mezzo non è elastico. Ed anzi la possibilità, che un corpo possiede di trasmettere dei suoni, costituisce uno de' criterii più sicuri, per stabilire l'elasticità del corpo medesimo.

Per avere un'immagine molto chiara della trasmissione di un movimento vibratorio, basta osservare una grande superficie d'acqua perfettamente tranquilla. Gettandovi dentro una pietra, si vede dal punto urtato partire una serie di onde concentriche, le quali si allargano, diventano meno pronunziate e finiscono per divenire insensibili. Sarebbe un errore il credere, che l'acqua stessa si trasporti da un punto all'altro. Ogni particella rimane, per così dire, al suo posto e compie soltanto una vibrazione perpendicolare alla direzione delle onde; compiuta la quale essa si trova esattamente al medesimo posto di prima. Che ciò accada così, può facilmente dimostrarsi. Basta gettare sull'acqua della segatura di legno o altri corpi galleggianti, per vedere che essi sono scossi dal movimento ondulatorio, che passa sotto di essi, senza essere sensibilmente . È dunque soltanto il movimento vibratorio, che si propaga da un punto all'altro e non il corpo o frazione del corpo medesimo.

Più complicato, e nell'istesso tempo più interessante, è il caso di parecchi movimenti vibratorii, che provenienti da punti diversi vengono a urtarsi o ad incrociarsi l'uno contro l'altro. Se gettiamo nell'acqua tranquilla due o più pietre in punti diversi, si formano due o più sistemi di onde, le quali allargandosi devono incontrarsi. L'esperienza dimostra, che in alcuni punti comuni alle due onde diverse avvengono fenomeni speciali che vogliamo chiamare interferenze. Ma al di di questi punti ciascuna onda si propaga nell'istesso modo, come se l'altra non esistesse, e come se l'altra non fosse mai esistita.

Questo è il grande principio della coesistenza dei movimenti vibratorii, principio che l'esperienza insegna e che l'analisi matematica ha dimostrato fino all'ultima evidenza. Esso è applicabile a tutti i casi, qualunque sia il corpo elastico che si esamini e qualunque sia la natura delle sue vibrazioni. Applicato al caso delle vibrazioni sonore ed all'aria, esso conduce a questa conclusione: che venti, trenta, cento suoni diversi possono trasmettersi in tutte le direzioni, senza perturbarsi reciprocamente.

2. Ma voglio innanzi tutto dimostrarvi che realmente l'aria è capace di trasmettere i suoni. Prendo un pallone di vetro, nel quale penetra un bastone d'ottone che porta alla sua estremità, attaccato con un fascio di cotone non elastico, un campanello c [fig. 15]. Il pallone porta al suo collo una chiavetta a, che permette di chiuderlo o di aprirlo. Dal pallone ho estratta l'aria per mezzo della macchina pneumatica tanto perfettamente, quanto lo era possibile. Voi vedete che posso scuotere il pallone e quindi il campanello quanto voglio, e non si ode alcun suono. Soltanto se tengo l'orecchio attaccato al pallone medesimo, sento un suono debolissimo, il quale proviene da ciò che l'aria non è estratta completamente, e che il fascio di cotone, sul quale è appeso il campanello, non è completamente privo di elasticità e trasmette quindi leggermente il suono. Ma il fenomeno è debolissimo e non è avvertito che da me, che gli sto vicino. Apro ora per un momento la chiavetta e la chiudo di nuovo: un po' d'aria è entrata nel pallone ed il suono del campanello incomincia a farsi sentire. Le sue vibrazioni trovano già un mezzo elastico, quantunque molto rarefatto, capace di trasmetterlo fino all'inviluppo di vetro del pallone. Il vetro, che è fortemente elastico, le trasmette all'aria esterna e quindi al nostro orecchio, ed è perciò che il suono si sente quantunque debolmente.

Apro di nuovo la chiavetta. Man mano che l'aria vi entra, il suono diviene più forte, e quando l'aria è arrivata ad avere nell'interno del pallone la stessa densità dell'aria esterna, il campanello si fa sentire con tutta la sua intensità. Questo dimostra, che l'aria è capace di trasmettere le vibrazioni sonore; che in questo caso essa era necessaria a tale trasmissione, e che essa trasmette il suono tanto meglio, quanto più grande è la sua densità.

3. Ma non solamente l'aria, tutti i corpi solidi, liquidi e gassosi, purchè elastici, sono capaci di trasmettere le vibrazioni sonore. È un fatto notissimo, quando si prendono dei bagni di mare che, tuffando la testa sott'acqua o tenendo almeno gli orecchi sott'acqua, si odono distintamente i rumori prodotti dall'urto dell'acqua contro le roccie. È un fatto ugualmente conosciuto che per sentire i rumori lontani, prodotti dal passo di persone o di animali, conviene tenere l'orecchio a terra; il che dimostra che la terra non solamente trasmette i suoni, ma li trasmette in certi casi anche meglio dell'aria.

Quasi tutti i corpi conosciuti sono capaci di trasmettere i suoni e fra tutti, i metalli sono i più adatti.

Tale trasmissione riesce specialmente bene, quando il suono rimane circoscritto, ed è obbligato a propagarsi in una direzione sola. Questo non è il caso di una campana, che suona nell'aria libera; il suono si trasmette in tutte le direzioni e si affievolisce presto. Ma se invece la trasmissione si fa in una direzione sola, un suono anche debole può udirsi a grande distanza. Su questo principio sono fondati i tubi acustici o tubi parlanti, che sono tanto in uso. Sono tubi cilindrici, per lo più di gomma elastica, che si dispongono a volontà da un punto all'altro; sola condizione, che non vi siano curvature brusche. Parlando ad una estremità, il suono si trasmette di strato in strato, ed arriva facilmente all'altra estremità. Si può così comunicare fra due parti distanti d'un edifizio. Teoricamente, non vi è limite a tale trasmissione in tubi cilindrici: in pratica, il suono poco a poco si affievolisce nei lunghi tubi, perchè l'aria vibrante si sfrega contro le pareti del tubo e vi perde una parte del suo movimento. Tuttavia si può arrivare fino a grandi distanze.

Una elegante esperienza sulla trasmissione dei suoni è stata descritta da Wheatstone. Una bacchetta di legno della lunghezza di molti metri, passa da una stanza ad un'altra, per esempio, da una stanza a quella del piano sottostante. Per preservarla da contatti con altri corpi, la circondiamo con un tubo di latta, e con gomma elastica; ma le due estremità rimangono libere. Una estremità è messa in comunicazione colla cassa armonica di un pianoforte, o con altro istrumento musicale, e trasmette fino all'altra estremità tutti i suoni di quello. Per rendere sensibili i quali, basta attaccare alla seconda estremità un altro istrumento, un violino, un'arpa, un pianoforte. L'effetto è sorprendente: si ode benissimo un pezzo musicale, suonato nell'altra stanza o in altro piano.

4. Ciò posto si presenta ora la seguente questione. Con quale velocità si trasmette il suono nei diversi corpi? È essa grande o piccola? È essa la medesima per tutti i corpi, oppure diversa?

Noi intendiamo per velocità lo spazio percorso in un minuto secondo, e passando ad un esempio vogliamo chiederci, quale sia lo spazio che una vibrazione sonora percorre nell'aria in un minuto secondo. È un fatto conosciutissimo, che questa velocità non è grande. Difatti, quando un uomo a una certa distanza batte con un martello sopra un'incudine, vediamo prima il movimento del martello e poi sentiamo il suono, e se la distanza è un po' grande, la differenza di tempo fra il vedere e il sentire diviene molto sensibile. Un colpo di cannone tirato a grande distanza si annunzia a noi prima sotto forma di una fiamma prodotta dall'esplosione della polvere, e poi soltanto sotto forma di rumore. Esempi simili sussistono in grande quantità. Essi dimostrano che il suono si trasmette molto più lentamente della luce, e che in ogni caso la velocità del suono non può essere grande.

Il metodo per determinare la velocità del suono è in molto semplice. Basta collocare in due stazioni differenti e alla più grande distanza possibile l'uno dall'altro due cannoni, misurare con esattezza la loro distanza, far tirare dei colpi in momenti già prima concertati, e osservare col mezzo di un contasecondi il momento, in cui il rumore della prima stazione arriva alla seconda e vice versa. Si conosce così il tempo che il suono impiega per percorrere lo spazio compreso fra le due stazioni; si conosce di più la distanza fra le due stazioni, e dividendo questa per quello si ha la velocità cercata.

Simili esperienze si devono fare di notte, per non essere disturbati da altri rumori. Si devono fare di più in notti calme senza vento, perchè il vento, non essendo altro che un trasporto di una grande massa d'aria, aumenta o diminuisce la velocità del suono a seconda che esso è favorevole o sfavorevole, vale a dire, a seconda che la sua direzione si trovi uguale o contraria alla direzione del suono. Ma siccome non siamo mai sicuri che vento non ci sia, si tirano appunto i colpi di cannone tanto alla prima quanto alla seconda stazione, perchè in tal caso il vento sarà favorevole all'uno, sfavorevole alla trasmissione dell'altro suono. L'una delle due velocità sarà quindi troppo grande, l'altra troppo piccola, e la media rappresenta con grande approssimazione il valore che si sarebbe trovato nel caso, in cui mancasse il vento.

Esperienze di questo genere sono state eseguite parecchie volte. Voglio citarvi specialmente quelle eseguite dagli accademici francesi nell'anno 1822 fra Monthléry e Villejuif, quelle eseguite da Moll e Van der Beek, e finalmente quelle fatte ultimamente da Regnault con metodi molto perfezionati.

Risulta da questo esperienze, che la velocità del suono nell'aria, alla temperatura dello zero, può fissarsi in cifra tonda a 330 metri al minuto secondo; e questa velocità cresce regolarmente colla temperatura in modo, che alla temperatura di sedici gradi essa è di circa 340 metri al minuto secondo; e, cosa che non si sapeva prima, che essa è alquanto più grande per i suoni forti che per i suoni deboli. Però questa differenza constatata da Regnault è molto piccola, e può nella massima parte de' casi essere trascurata. In conferma dell'influenza della temperatura sulla velocità del suono voglio citarvi anche le esperienze fatte dal Capitano Parry nell'isola di Melville, situata in mezzo al gruppo d'isole poste nell'America settentrionale, dalle quali risulta per la bassissima temperatura di 38,°5 sotto lo zero la minore velocità di 309 metri.

Un'altra questione è questa, se i suoni bassi o acuti si propaghino colla stessa velocità. Se voi udite da lontano una banda militare, osserverete che il pezzo musicale da essa eseguito conserva interamente il suo movimento ritmico. I suoni arrivano più deboli per la grande distanza, ma essi si mantengono esattamente nell'istesso ordine di successione. Questo non sarebbe possibile, ove i diversi suoni, alti o bassi che siano, non avessero la stessa velocità. Biot ha voluto eseguire delle esperienze più esatte in questo caso, facendo suonare col mezzo di un flauto una melodia determinata e semplicissima, in modo da fare entrare il suono in uno dei tubi condotti della città di Parigi. Udendo all'altra estremità del lunghissimo tubo, egli trovò il ritmo della melodia inalterato. Però non è del tutto impossibile, che esperienze più esatte ci rivelino qualche piccola differenza in proposito, come risulterebbe da alcune esperienze di Regnault. Ma sarà sempre una differenza piccolissima e in massima parte trascurabile.

5. La velocità del suono nell'acqua è stata determinata da Colladon e Sturm nel lago di Ginevra. Un timbro era collocato sott'acqua e destinato a dare dei suoni in tempi determinati. Ad una grande distanza da questo, un tubo era condotto dalla barca, ove trovavasi l'osservatore, fino nell'acqua. Il tubo era molto allargato nella parte inferiore a guisa di un colossale orecchio, ed era chiuso col mezzo di una membrana elastica, la quale pescava interamente nell'acqua. Le vibrazioni sonore provenienti dal timbro si propagavano attraverso l'acqua fino alla membrana, e da questa all'aria del tubo. L'osservatore che teneva l'orecchio al tubo, sentiva distintamente il suono. Per cui, misurando la distanza dal timbro fino all'osservatore e misurando il tempo impiegato dal suono per percorrere tutta la distanza, Colladon e Sturm trovarono la velocità di 1435 metri. La velocità del suono nell'acqua è quindi notevolmente superiore a quella del suono nell'aria.

Molte altre esperienze si sono eseguite per conoscere la velocità del suono in varii corpi. Mi sarebbe impossibile, senza oltrepassare i limiti tracciatimi, di entrare in maggiori dettagli su questa materia; tanto più che i metodi adoperati in tale ricerca sono molto svariati e richiedono conoscenze più approfondite della teoria del suono. Mi voglio quindi limitare a dirvi, che la velocità del suono è piccola per i corpi gassosi come l'aria, e che in questi essa è tanto più piccola quanto più denso è il gas; che essa è quindi la più piccola possibile per l'acido carbonico [262 metri], il quale è un gas una volta e mezzo più denso dell'aria, e la più grande possibile per l'idrogeno [1269 metri], gas leggierissimo e 14 volte meno denso dell'aria. Nei gas la temperatura aumenta notevolmente la velocità.

Per i liquidi la velocità è, generalmente parlando, notevolmente maggiore che per i gas [eccettuato l'idrogeno]. Per i solidi essa trovasi ancora molto maggiore, specialmente per i metalli, per i quali essa ascende fino a 20 volte la velocità nell'aria. Ma la temperatura diminuisce, generalmente e in quantità notevole, la velocità, salvo per il ferro, in cui la velocità cresce al principio colla temperatura fino a 100°, e poi diminuisce rapidamente.

Queste differenze e queste anomalie provengono dalla struttura intima dei vari corpi, e dal modo come questa varia colla temperatura. La velocità del suono dipende da due quantità: dall'elasticità e dalla densità del corpo; essa cresce quanto più cresce la prima e quanto più diminuisce la seconda. Ora le leggi, secondo cui variano l'elasticità e la densità colla temperatura, possono essere molto diverse, specialmente nei corpi solidi: ne viene, che anche le variazioni della velocità del suono nei solidi debbano seguire leggi complicate.

Per le diverse qualità di legni si hanno valori molto diversi a seconda della direzione delle fibre e degli strati.

La seguente tabella contiene alcune determinazioni fatte in proposito, e servirà a chiarire meglio quello che vi ho ora esposto.

 

Velocità del suono in alcuni corpi.

Aria a       

secondo diversi esperimentatori

  330 metri

Ossigeno 

»       »        Dulong

  317    »

Idrogeno 

»       »             »

1269    »

Acido carbonico

»             »

  262    »

Gas illuminante

»             »

  314    »

Acqua della Senna

a   15° secondo Wertheim

1437    »

Acqua di mare

a   20°       »             »

1453    »

Alcool assoluto

a   23°       »             »

1160    »

Etere solforico

a            »             »

1159    »

Piombo

a   20°       »             »

1228    »

id.

a 100°       »             »

1204    »

Oro

a   20°       »             »

1743    »

id.

a 100°       »             »

1719    »

id.

a 200°       »             »

1634    »

Argento

a   20°       »             »

2707    »

id.

a 100°       »             »

2639    »

id.

a 200°       »             »

2477    »

Rame

a   20°       »             »

3556    »

id.

a 100°       »             »

3292    »

id.

a 200°       »             »

2954    »

Ferro

a   20°       »             »

5127    »

   id.

a 100°       »             »

5299    »

   id.

a 200°       »             »

4719    »

Acciajo fuso

a   20°       »             »

4986    »

           id.

a 100°       »             »

4925    »

           id.

a 200°       »             »

4783    »

Legno d'acacia, nel senso delle fibre

4714    »

           id.           in senso trasversale agli strati

1475    »

           id.           nel senso degli strati

1352    »

Pino, nel senso delle fibre

3322    »

  id.   trasversalmente agli strati

1405    »

  id.   nel senso degli strati

  794    »

 

6. Quando un'onda sonora va a urtare contro un'ostacolo, essa mostra l'istesso fenomeno che ci dànno i corpi elastici, quando urtano contro una parete elastica. L'onda sonora viene riflessa in modo, che l'angolo d'incidenza sia uguale all'angolo di riflessione. Chiamasi angolo d'incidenza l'angolo formato dal raggio sonoro, che va a percuotere la parete, e dalla perpendicolare calata sul punto percosso della parete. Chiamasi angolo di riflessione l'angolo formato da questa medesima perpendicolare e dal raggio sonoro riflesso. Con questa legge è sempre perfettamente determinata la direzione, che un raggio sonoro deve prendere dopo la sua riflessione.

Fenomeni di riflessione esistono in quantità innumerevoli. Le due forme più distinte sono la risuonanza e l'eco. Quando un suono è prodotto in una stanza chiusa, le onde sonore si propagano in tutte le direzioni, vanno a colpire le pareti della stanza e sono da queste rimandate per riflessione, la quale può anche ripetersi molte volte da una parete all'altra. Un'osservatore che si trovi nella stanza, sentirà non solamente il suono che gli viene direttamente dal corpo sonoro, ma riceverà ben anco le vibrazioni, che gli vengono per riflessione da tutte le parti della stanza.

Il suono è quindi notevolmente rinforzato, ed è questa la ragione, per cui riesce assai più facile l'udire e il farsi udire in una stanza chiusa, anzicchè in un locale aperto. Evidentemente il suono rimane in tale caso non solamente rinforzato, ma ben anco alterato; perchè le riflessioni sulle pareti, stante la piccola velocità del suono, richiedono un certo tempo, e prolungano più o meno sensibilmente il suono. Finchè la stanza è piccola, tale prolungamento non è sensibile e può essere trascurato. Ma quando la stanza assume proporzioni vaste, come per esempio in un teatro, ogni nota che si parla, che si canta o che si suona, può prolungarsi notevolmente; essa si confonde colla nota successiva e tale fenomeno di risuonanza può divenire estremamente molesto, ove non vi si ponga riparo. Questo accade in tutti i grandi locali chiusi e vuoti, ove la riflessione si esercita liberamente. Per impedirlo non c'è che un mezzo, che consiste nel rompere le grandi pareti. I palchi di un teatro, le decorazioni fra palco e palco, le gallerie, le tende perfino, non servono soltanto per il comodo degli spettatori e per la bellezza interna del teatro, ma hanno bensì uno scopo molto più importante, d'impedire, cioè, la risuonanza spiacevole del locale. È questo uno dei problemi più difficili per un architetto, di costruire una sala acustica, vale a dire una sala ove il suono sia notevolmente rinforzato, senza che degeneri in risuonanza, e si può dire che in pochi teatri soltanto questo problema sia stato risoluto in modo soddisfacente.

La riflessione del suono è stata utilizzata in varie maniere. Natura ed arte si sono data la mano per risolvere alcuni problemi che non mancano d'interesse. È noto il celebre orecchio di Dionisio, una specie di foro scavato nella roccia presso Siracusa, ove il più lieve strepito si trasforma in un rumore assordante. La grande cupola della chiesa di San Paolo a Londra è costruita in modo, che due persone, le quali si trovino in punti opposti della galleria interna, posta sul tamburo della cupola, possono parlare fra di loro a bassissima voce. Il suono si trasmette dall'una all'altra per riflessioni successive lungo la curva della cupola. Simili fenomeni si trovano frequentemente sotto i grandi archi di ponti, viadotti ecc., e vi fu un'epoca, in cui problemi di tal fatta erano molto ricercati, e spesso risoluti dagli architetti. Egli è così, che nei vecchi palazzi s'incontrano spesso delle camere parlanti, condotti di comunicazione, ecc.

Un modo elegante di dimostrare la riflessione del suono consiste nell'uso di due specchi parabolici MN, M'N' [fig. 16] posti l'uno di faccia all'altro, in modo che i loro centri siano compresi nella retta AA'. Collocando un corpo sonoro, in un punto speciale F', detto il foco, le onde sonore vanno a urtare lo specchio, sono rimandate per riflessione verso il secondo specchio e da questo concentrate nel proprio foco F'.

 

Il raggio FC viene cioè riflesso nella direzione CC', e con una seconda riflessione in C'F'. Qualunque altro raggio va a riflettersi nell'istesso modo, e tutti si concentrano in F'. Un orecchio collocato in questo punto sente quindi distintamente un lieve rumore formato in F, col mezzo degli specchi e della doppia riflessione che ne consegue, mentre senza gli specchi non potrebbe percepire altro che il raggio FF', troppo debole in per produrre una sensazione abbastanza forte.

Un altro caso di riflessioni molteplici si riscontra nel famoso Battistero di Pisa, edifizio sormontato da una specie di cupola stretta e di forma speciale. Collocandosi sotto la cupola nell'interno del Battistero, e cantando una nota, il suono si prolunga per un tempo molto lungo, per cui cantando successivamente tre o quattro note in cadenza, si ode per effetto della riflessione un'accordo bellissimo, che par di organo, e che si prolunga notevolmente.

7. Fra tutti i casi di riflessione il più conosciuto è quello che si chiama eco. Affinchè l'eco si formi, bisogna che a una certa distanza dall'osservatore si trovi una grande parete verticale, o almeno qualche cosa, come per esempio una roccia, che rassomigli grossolanamente ad una parete. Un suono mandato dall'osservatore verso la parete gli ritorna per riflessione, e se la distanza percorsa dal suono è abbastanza grande, il suono riflesso sarà nettamente staccato dal suono emesso. La velocità del suono essendo alla nostra temperatura ordinaria di circa 340 metri al secondo, la decima parte è di 34 metri. Ora l'esperienza insegna che si pronunziano in un secondo in media cinque sillabe, per cui il tempo necessario per pronunziare una sillaba è di 1/5 di secondo. In questo tempo, il suono percorre due volte 34 metri ossia 68 metri.

Ne segue che, se la parete riflettente si trovi ad una distanza di 34 metri dall'osservatore, una sillaba pronunziata impiegherà un decimo di secondo per trasmettersi fino alla parete, ed un altro decimo per ritornare all'osservatore, in tutto dunque un quinto di secondo. L'eco arriverà quindi all'orecchio dell'osservatore, quando la sillaba è stata già pronunziata, e quindi separata e distinta. In tale caso l'eco si chiama monosillaba; essa si chiama bisillaba, quando due sillabe possono arrivare distintamente all'osservatore. Questo avviene quando la parete si trovi ad una distanza doppia, vale a dire alla distanza di almeno 68 metri. Ad una distanza tripla l'eco potrà essere trisillaba e così di seguito.

L'eco può anche essere molteplice, quando il suono si riflette fra due pareti parallele, poste a sufficiente distanza l'una dall'altra. Il caso più interessante di questo genere è certamente quello della Simonetta presso Milano, una villa con due fabbricati laterali. Un colpo di pistola vi si riproduce fino a 32 volte.

Esempi di echi si trovano un po' dappertutto. La loro spiegazione è sempre facile; mi pare quindi inutile di insistervi più a lungo.


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