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V.a CONFERENZA 1. Suoni musicali. – 2. Legge dei rapporti semplici. – 3. Unisono, interferenze. – 4 Battimenti. –5. Loro spiegazione. – 6. Suoni di combinazione. – 7: Ottava e altri suoni armonici. – 8. Accordi consonanti e loro limite. – 9. Quinta, quarta, sesta e terza maggiore, terza e sesta minore. – 10. Il settimo armonico. |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
1. Suoni musicali. – 2. Legge dei rapporti semplici. – 3. Unisono, interferenze. – 4 Battimenti. –5. Loro spiegazione. – 6. Suoni di combinazione. – 7: Ottava e altri suoni armonici. – 8. Accordi consonanti e loro limite. – 9. Quinta, quarta, sesta e terza maggiore, terza e sesta minore. – 10. Il settimo armonico.
1. Nella precedente conferenza abbiamo trovato, che non tutti i suoni, che esistono nella natura, sono suoni musicali propriamente detti. Affinchè un suono acquisti carattere musicale, bisogna che esso soddisfi alla condizione essenziale, di essere aggradevole all'orecchio. Egli è perciò, che si devono scartare tutti quei suoni, che sono prodotti con istrumenti imperfetti, qualunque sia d'altronde la loro altezza. Si devono poi scartare tutti quelli, che sono o troppo alti o troppo bassi, perchè spiacevoli o insignificanti.
Rimangono così i suoni compresi presso a poco fra 27 e 4000 vibrazioni, che formano un intervallo di poco più che sette ottave, entro i quali limiti s'aggira la musica di tutti i paesi e di tutti i popoli.
Ma sarebbe un grave errore il credere, che entro i limiti qui accennati tutti i suoni possano essere adoperati ad arbitrio o a caso. L'esperienza insegna, che ognuno di questi suoni può essere scelto, per eseguire o per incominciare un pezzo musicale. Ma una volta scelto tale suono, tutti gli altri che devono seguirlo o accompagnarlo sono limitati, e si muovono in una cerchia molto ristretta. Questo non accade soltanto per la nostra musica moderna, ma vale bensì per la musica di tutti i tempi. Non vi è nessun esempio conosciuto di un sistema musicale, per quanto barbaro sia, in cui la scelta dei suoni fosse lasciata all'arbitrio del compositore o dell'esecutore.
La storia della musica invece ci insegna, che si è cercato sempre di scegliere, fra l'enorme numero dei suoni possibili, un numero infinitamente più ristretto, con certe regole estetiche, in cui l'istinto musicale andava talvolta accompagnato da speculazioni scientifiche più o meno valevoli, con prevalenza or di queste su quello, or di quello su queste.
Esamineremo in seguito i diversi concetti, che istintivamente o razionalmente hanno servito di guida ai varii popoli nello sviluppo storico della musica. Per ora mi voglio soltanto limitare a dire, che per la nostra musica moderna l'arte ha precorsa di gran lunga la scienza, e che questa è venuta soltanto negli ultimi tempi a dare una spiegazione completa e razionale di ciò, che quella con finissimo sentimento estetico aveva operato.
2. Noi possiamo stabilire come uno dei principii fondamentali della nostra musica, che l'orecchio non sopporta suoni, siano essi simultanei o succedanei, che a questa condizione: che cioè i numeri delle loro vibrazioni stiano fra di loro in rapporti semplici, vale a dire, in rapporti espressi con cifre semplici.
Vedremo in una successiva conferenza, tutta la portata di questo semplice principio, e come, grazie ai grandi lavori di Helmoholtz, questo abbia acquistato negli ultimi anni, non ostante la grande sua semplicità, un significato ancora più semplice e più largo. Per ora voglio limitarmi ai farvi conoscere le conseguenze più importanti di questo principio.
Non è senza una certa esitazione, che tratterò con voi tale questione. Dovrò condurvi attraverso una serie di cifre e con un ragionamento tutto fondato su cifre. È una via alquanto ardua e spinosa, che vi propongo di percorrere. Ma spero che vi troverete nel caso del viaggiatore, che animosamente sale le ripide e scoscese falde di una montagna, per godere alla fine di un grandioso e vasto panorama. Così spero anch'io di dimostrarvi, che in cima di questi ragionamenti si apre un'orizzonte estesissimo, nel quale trovasi la sintesi di una delle grandi creazioni della fantasia, creazione che costituisce per sè una brillantissima pagina nella storia della coltura umana.
3. Il rapporto più semplice, che possiamo immaginare per due suoni, è quello in cui tutti e due sono rappresentati da ugual numero di vibrazioni. Noi diciamo allora, che essi sono all'unisono. Se si fanno suonare successivamente, essi non formano che un suono solo più prolungato; se suonano simultaneamente, essi non dànno che un suono d'intensità doppia. Accade talvolta che due suoni uguali, invece di sommarsi a vicenda, si affievoliscano nei loro effetti. Casi di questo genere si chiamano interferenze. Essi avvengono talvolta, quando le vibrazioni dell'uno e dell'altro suono si fanno in contrattempo, vale a dire, quando il corpo vibrante del primo suono fa un movimento in una data direzione, mentre l'altro fa precisamente il movimento contrario. Si comprende che movimenti vibratorii in tal modo contrarii, sovrapponendosi nell'aria in cui si propagano, debbano distruggersi nei loro effetti; perchè una particella dell'aria, che dovrebbe muoversi nell'istesso tempo e colla stessa forza in due direzioni contrarie, non potendo seguire nè l'una nè l'altra direzione, rimane ferma.
L'apparecchio [fig. 24] ci permette di produrre interferenze a volontà. Esso si compone di una lamina vibrante, in cui si forma una figura di Chladni colle concamerazioni vibranti A, B, A', B'. Le vibrazioni in due concamerazioni vicine, p. e. in A' e B' sono contrarie, ossia in contrattempo, per cui quando le particelle in A' si abbassano, s'innalzano quelle in B' e viceversa; esse sono uguali in due opposte come in A e A'. DCE è una canna biforcata, la quale per se dà il medesimo suono della lamina, ed è chiusa in alto da una membrana di carta, destinata ad indicare le vibrazioni nella canna.
Ciò posto, faccio vibrare la lamina; l'arena m'indica subito il modo come vibra. Pongo, ma senza toccar la lamina, le braccia della canna D e E sopra due punti, come A e A', che hanno movimento uguale. L'arena della membrana saltella e si dispone in modo regolare; ciò significa che l'aria nelle canne vibra, perchè le vibrazioni di A e A' si sommano nei loro effetti. Pongo ora le braccia sopra due punti A', B' a movimento opposto; l'effetto è nullo, l'arena non saltella più.
Da tutto ciò possiamo dunque concludere, che quando due movimenti vibratorii uguali e simultanei si sovrappongono, essi si sommano; che all'incontro essi si distruggono nei loro effetti, quando sono uguali e contrarii.
4. Interessante è la questione di sapere cosa accada, quando si producono simultaneamente due suoni, i quali sono press'a poco, ma non interamente uguali, e non hanno quindi perfettamente il medesimo numero di vibrazioni. Succede allora un fenomeno nuovo, conosciuto col nome di battimenti.
Voglio innanzi tutto mostrarvi, cosa siano questi battimenti. Prendo due canne d'organo molto grandi, uguali fra di loro, e che mi dànno due suoni gravi, robusti e perfettamente uguali. Le colloco sul mantice e metto in azione prima l'una, poi l'altra. I suoni sono realmente uguali. Facendo suonare le due canne nell'istesso tempo, ottengo di nuovo il medesimo suono con un'intensità doppia e null'altro.
Ma le canne sono fatte in modo, che io posso facilmente alzare un poco il suono dell'una o dell'altra. A tale scopo si trova in una delle pareti in alto della canna una apertura, chiusa da una tavoletta mobile. Abbassando più o meno la tavoletta, apro più o meno l'apertura della canna, ed ottengo con ciò un'effetto paragonabile a quello, che si ha accorciando la canna. Il suono si alza leggiermente e col mezzo della tavoletta mobile posso regolare il suono a volontà.
Ciò posto, alzo leggiermente il suono in una delle due canne. La differenza fra il suono dell'una e dell'altra è così piccola, che anche un'orecchio esercitato non la potrebbe facilmente discernere per suoni così bassi. Ma se faccio risuonare le due canne insieme, si ha un suono d'intensità oscillante, ora forte, ora debole, e sentiamo dei sussulti o degli urti molto marcati. Questi urti sono appunto i battimenti. Voi avrete rimarcato, che in questo caso i battimenti erano molto lenti. Ve ne era forse uno al secondo. Questo proviene da ciò, che i suoni delle due canne sono pochissimo diversi fra di loro. Se invece li rendo più diversi, alzando di più il suono della prima canna, i battimenti diventano più frequenti. Posso fare in modo da averne 2, 3, 4, 5, 10 al secondo. In quest'ultimo caso riesce difficile il contarli. Ma si odono distintamente, e pare che ciò accada pure quando sono in numero di 20 e anche di 25 al secondo. Più in là l'orecchio non può più distinguerli.
Battimenti di questo genere sono molto frequenti. Negli istrumenti a suoni fissi e robusti, come per esempio nell'organo, si odono spesso. Essi sono un segno sicuro, che l'istrumento non è accordato bene, ed offrono un mezzo molto semplice e molto esatto, per portare all'unisono due suoni poco diversi fra di loro. Basta a ciò accordare, fino a tanto che cessino i battimenti.
Nel suono delle campane il fenomeno dei battimenti è frequentissimo. Difatti, non è possibile fondere una grande campana in modo, che essa presenti in tutti i punti una perfetta omogeneità ed una densità ed elasticità sempre uguale. La campana si divide quindi facilmente in due parti non perfettamente uguali, le quali vibrano un po' diversamente e generano così i battimenti.
5. Si può facilmente rendersi ragione del come si producono i battimenti. Supponiamo due suoni, che facciano esattamente il medesimo numero di vibrazioni. Salvo qualche caso speciale d'interferenza, che qui non vogliamo contemplare, le vibrazioni dei due corpi si sovrappongono nei loro effetti, e producono un suono di un'intensità doppia Ma se i due suoni non sono perfettamente della stessa altezza, il fenomeno è più complicato. Supponiamo per esempio, che il primo suono faccia cento, il secondo cento e una vibrazione al secondo.
Se li facciamo suonare insieme, le prime vibrazioni saranno quasi uguali nell'uno e nell'altro, si sommeranno nei loro effetti e produrranno un suono più forte. Ma alla cinquantesima vibrazione del primo corrispondono cinquanta e mezza vibrazione del secondo. Ora, siccome in una vibrazione si ha sempre una metà, in cui il corpo vibrante si muove in una data direzione, e l'altra metà, in cui esso si muove in direzione contraria, ne segue che per la cinquantesima vibrazione del primo e per la corrispondente cinquantesima e mezza vibrazione del secondo suono i movimenti saranno contrari, e si avrà quindi un suono sensibilmente nullo od almeno notevolmente affievolito. Alla centesima vibrazione del primo corrisponde la centounesima vibrazione del secondo e quindi gli effetti si dovranno di nuovo sommare, e così di seguito. Si vede dunque, che per ogni differenza di una vibrazione si dovrà avere un rinforzo e un'affievolimento del suono, vale a dire un battimento al secondo. Se abbiamo quindi due suoni, i quali differiscano di 2, 3, 4, 5, 10 vibrazioni al secondo, noi dovremo avere 2, 3, 4, 5, 10 battimenti al secondo; e il numero dei battimenti, molto facile a osservarsi, ci dà una misura precisa della differenza nel numero delle vibrazioni dei due suoni. Questo è un mezzo pratico molto sicuro per determinazioni di tal genere, perchè esso ci rende indipendenti, per così dire, dal nostro orecchio o perchè almeno non richiede un orecchio molto fine.
Il fenomeno dei battimenti avviene non solamente, quando due suoni sono quasi all'unisono, ma bensì anche quando questi suoni stanno, riguardo al numero delle vibrazioni, non esattamente ma quasi, in un'altro rapporto semplice. Supponiamo per esempio, che il numero delle loro vibrazioni stia come 1 : 2. Se il rapporto è esatto, non si hanno battimenti; se invece il rapporto non è esatto, si hanno subito battimenti. Per persuadervene, prendo due canne che dànno il suono fondamentale e l'ottava, e che posso leggiermente alterare a volontà. Esse sono ora accordate bene; se le faccio suonare insieme, non mi dànno battimenti e l'accordo è aggradevole: quasi una nota sola, più chiara e più piena. Ma per poco che si alteri uno dei due suoni, voi sentite comparir subito battimenti spiacevoli, che guastano l'accordo. È cosa facile, con un ragionamento analogo al precedente, di rendersi ragione di tal fenomeno. Mi limiterò quindi a concludere, che i battimenti sono il mezzo più semplice e più sicuro per costatare, che due suoni non sono accordati fra di loro in modo, che le loro vibrazioni siano rappresentate da rapporti semplici. Ora siccome i rapporti semplici sono una condizione necessaria per avere degli accordi aggradevoli all'orecchio, ne segue che la presenza dei battimenti è una prova sicura, che gli strumenti non sono bene accordati.
6. In stretta relazione col fenomeno dei battimenti, e come conseguenza necessaria della combinazione di due suoni, stanno quei suoni, la cui scoperta, fatta nella metà del secolo passato, viene generalmente attribuita al celebre violinista Tartini, ed ai quali si suole dare il nome di suoni di combinazione, od anche di suoni di differenza. La teoria di questi suoni non è facile a darsi. Finora si diceva, che quando i battimenti diventano frequentissimi, in modo da esservi più di 16 al secondo, essi generano per conto loro un suono molto grave, che è precisamente il suono di combinazione. Supponiamo difatti, che si abbiano due suoni, uno dei quali faccia cento, l'altro centoventicinque vibrazioni al secondo. Essi devono dare 25 battimenti, i quali generano un suono di 25 vibrazioni. Si hanno così tre suoni, cioè i due suoni primitivi di 100 e di 125, ed il suono di combinazione di 25 vibrazioni.
Ma questa spiegazione, per guanto appaja semplice, e per quanto corrisponda al risultato finale, dà luogo ad alcune serie obbiezioni, sulle quali mi sarebbe impossibile insistere più oltre. La vera teoria dei suoni di combinazione non può essere data, che col mezzo del calcolo. Mi voglio quindi limitare a dirvi, che i suoni di combinazione sono veri suoni di differenza, in questo senso, che il numero delle loro vibrazioni corrisponde realmente alla differenza delle vibrazioni dei due suoni combinati insieme. Così, nell'esempio quì sopra citato, quando si combinano insieme due suoni, uno di 100, l'altro di 125 vibrazioni, si ottiene un suono di combinazione, il quale corrisponde realmente a 25 vibrazioni al secondo.
Voglio con un'esperienza farvi conoscere questi suoni di combinazione. Prendo due canne d'organo una delle quali fa 200, l'altra 250 vibrazioni. Esse mi dànno un accordo, che è rappresentato dal rapporto 5/4 e che, come vedremo in seguito, si chiama nella musica pratica il rapporto della terza maggiore. Ma quando suonano insieme, oltre a questi due suoni, si sente molto nettamente un suono basso, il quale corrisponde a 50 vibrazioni al secondo, numero che è la quarta parte di 200, ossia la metà della metà. Noi vedremo più tardi, che la metà significa l'ottava bassa di un suono, e quindi la metà della metà la seconda ottava bassa del medesimo suono. Ne segue, che il suono di combinazione qui formato deve essere la seconda ottava bassa del suono di 200 vibrazioni, il che, con qualche attenzione, si trova essere conforme al vero.
I suoni di combinazione avvengono sempre, ogni qual volta noi combiniamo insieme due suoni diversi; ed abbiamo ora una regola molto semplice per determinarli: il numero delle vibrazioni del suono di combinazione è sempre uguale alla differenza nel numero delle vibrazioni dei suoni combinati. Ora, siccome nella teoria del suono importa assai più di conoscere i rapporti fra i diversi suoni, anzicchè il numero assoluto delle loro vibrazioni, si esprimono i diversi suoni con cifre semplici; in tal caso anche il suono di combinazione sarà espresso con cifre semplici.
Così nell'esempio sopra citato si potrà dire, che abbiamo combinato insieme i suoni 4 e 5, perchè il rapporto è lo stesso, come se si dicesse 200 e 250. Il suono di combinazione è allora rappresentato dalla differenza 1.
I suoni di combinazione hanno una grande importanza per la teoria della musica, come mi propongo di dimostrarvi ancora in questa conferenza. Siccome essi sono talvolta molto forti, bisogna tenerne conto, come pure dei loro rapporti cogli altri suoni. Se dunque noi combiniamo insieme parecchi suoni, non basta ricercare se questi dànno per sè un'accordo aggradevole. Bisogna esaminare ancora i suoni di combinazione, e vedere come si comportino questi in rapporto ai suoni combinati.
Voglio aggiungere a ciò, che i suoni di combinazione sono veri suoni che esistono realmente. Ne segue, che essi possono combinarsi fra di loro, e produrre nuovi suoni di combinazione, i quali si chiamano suoni di combinazione di second'ordine. Si hanno così anche i suoni di combinazione di terzo, di quarto ordine ecc. Ma siccome questi sono molto deboli, in modo che anche un'orecchio esercitatissimo non riesce più a distinguerli, non vale la pena di tenerne conto nella massima parte dei casi.
7. Dopo l'unisono il rapporto più semplice, che possiamo immaginare, è quello di 1 : 2. Questo è il rapporto cossidetto dell'ottava. Noi chiamiamo ottava del suono fondamentale quel suono, il quale fa un numero di vibrazioni doppio del primo. Raddoppiare il numero delle vibrazioni significa portare un suono alla sua ottava e viceversa. Così pure ridurre il numero delle vibrazioni a metà significa scendere all'ottava bassa. L'ottava dell'ottava è rappresentata da un numero quadruplo, la terza ottava da un numero otto volte maggiore di vibrazioni; la seconda, la terza ecc. ottava bassa sono espresse da ¼, da 1/8 ecc. delle vibrazioni del suono fondamentale.
L'accordo dell'ottava col suono fondamentale è molto consonante. Quando i due suoni sono perfettamente accordati, il che si riconosce dalla mancanza assoluta di battimenti, l'orecchio non distingue due suoni. Si sente, per così dire, un suono solo, aperto e chiaro, col timbro alquanto modificato. I Greci, che non adoperavano nella loro musica l'armonia propriamente detta, ammettevano tuttavia il canto in ottava; il che si comprende facilmente, quando si consideri che la voce delle donne e dei ragazzi è di un'ottava più alta di quella degli uomini adulti; per cui un coro, cantato da tutti insieme, doveva risultare necessariamente come accompagnato in ottava. Il suono di combinazione prodotto dalla concomitanza dei suoni 1 e 2 è di nuovo 1, il che significa, che nell'accordo del suono fondamentale e dell'ottava il suono di combinazione va a rinforzare il suono fondamentale.
Altri rapporti semplici sono forniti dal suono fondamentale 1, unito ad uno dei suoni della serie armonica 2, 3, 4, 5, ecc. Il suono 2 rappresenta, come abbiamo visto, l'ottava; il suono 3 è la duodicesima o come si può anche dire, la quinta dell'ottava, per ragioni che vedremo in seguito; il suono 4 è l'ottava dell'ottava ecc.
Tutti questi suoni formano col suono fondamentale accordi aggradevoli. Il loro solo difetto, musicalmente parlando, sta in ciò che essi sono molto distanti dal suono fondamentale. Tuttavia tali accordi sono bensì vuoti, ma non spiacevoli, e si adoperano spesso sul violino e sugli altri istrumenti ad arco. Il carattere fondamentale di questi accordi sta in ciò, che i suoni di combinazione, che ne risultano, appartengono anch'essi alle serie armonica. Così per esempio, il suono di combinazione fra 1 e 3 è 2; quello fra 1 e 4 è 3, e così di seguito; e i suoni di combinazione d'ordine superiore vengono in ultima analisi a rinforzare il suono fondamentale.
8. Ma la musica sarebbe estremamente povera, ove volesse limitarsi a questi pochi suoni, d'altronde i più naturali. Certi istrumenti d'ottone non dispongono realmente d'altri suoni, come per esempio le trombe primitive senza chiavi. Le melodie suonate da simili istrumenti sono assai ristrette e monotone. La musica pratica ha dovuto quindi andare più in là e cercare, se non vi siano rapporti, se anche più complicati dei primi pur sempre abbastanza semplici, da poter essere accettati. Ora egli è naturale e segue dal principio, che ho posto a capo di questa conferenza, che quanto più i rapporti si complicano, tanto meno perfetti riescono gli accordi. L'introduzione di accordi più e più complicati si è fatta quindi lentamente e successivamente nella musica. Dobbiamo considerare questo come un progresso, nel senso di vedere con ciò aumentate le risorse musicali; ma è un progresso fatto a spese della purezza primitiva.
Vogliamo partire quindi da questo principio e vedere quanto sia stato fin'ora operato, e fin dove si possa ragionevolmente andare. Ma queste sole parole bastano, per servire di appoggio all'opinione di quelli, i quali sostengono che la musica non è il portato di principii estetici assoluti, ma che è bensì la conseguenza di un'educazione musicale successiva, educazione le di cui prime mosse dipendono evidentemente dalle aspirazioni estetiche di ciascun popolo, e dallo stato della sua coltura. Difatti la storia c'insegna, che tutte le ardite innovazioni musicali ebbero a soffrire grandissimi contrasti; ed è comodo, ma non conforme a verità, il voler spiegare tali resistenze unicamente con rancori o con invidie personali. La vera ragione sta in ciò, che non vi esiste un'espressione matematica per definire con criterio sicuro, quando un rapporto sia o cessi di essere semplice; ed è ugualmente difficile lo stabilire quando un suono cessi di essere aggradevole. Vi è soltanto il più o il meno semplice, il più o il meno complicato, il più o il meno aggradevole, e dipende dall'abitudine dell'orecchio l'ammettere fin dove esso voglia seguire l'ardito novatore. In verità, certi accordi, che oggidì ci paiono perfettamente ammissibili, non erano considerati tali nei secoli passati e specialmente nei primordii della musica.
9. Il salto dal suono fondamentale 1 alla sua ottava 2 è molto grande e deve indurci ad esaminare, se in questo intervallo non si possano intercalare altri suoni. Lo studio della serie armonica ci offre in ciò un buon precedente. Difatti, noi abbiamo visto che i rapporti 1 : 2, 1 : 3, 1 : 4, etc. sono consonanti. Si può quindi chiedersi se i rapporti che ne risultano, quando prendiamo per punto di partenza un altro suono della serie armonica, cioè 2 : 3, 2 : 4, 3 : 4, non siano pure consonanti. Il che significa in altri termini, se i suoni della serie armonica siano consonanti non solamente col suono fondamentale, ma anche fra di loro.
Noi possiamo porre questa questione anche in un modo diverso. Dato che l'intervallo fra 1 e 2 possa o debba colmarsi con altri suoni, si domanda quali siano questi suoni, che presentino i rapporti più semplici possibili? È evidente, che tali suoni si dovranno esprimere colle cifre
ossia coi rapporti
3/2, 4/3 5/3 5/4 7/4 ecc.
Il suono più semplice è qui 3/2, il quale corrisponde al rapporto 2 : 3. Esso significa, che il nuovo suono fa tre vibrazioni nell'istesso tempo, in cui il suono fondamentale ne fa due, e rappresenta pure l'accordo del secondo e del terzo armonico. Questo rapporto fu riconosciuto come consonante fin dagli antichi Greci, i quali anzi ne fecero con esagerazione scientifica il punto di partenza della loro musica e della formazione della scala musicale.
È il così detto accordo della quinta. Prendiamo l'accordo 2 : 3; il suo suono di combinazione è 1, vale a dire, l'ottava bassa del suono fondamentale, visto che quest'ultimo è uguale a 2. Questo suono di combinazione contribuisce notevolmente a migliorare l'accordo della quinta.
Un'altro rapporto semplice è quello di 4/3, che, si può, scrivere anche 3 : 4. Anche questo rapporto era conosciuto e ammesso dagli antichi Greci. Esso è in certo qual modo la conseguenza della quinta e può derivarsi da questa. Difatti supponiamo, che il suono fondamentale sia 1, la sua quinta bassa è evidentemente 2/3 e l'ottava di questa si ottiene raddoppiandone il valore: si ha quindi 4/3. Questo rapporto si chiama in musica la quarta, per cui la quarta viene ad essere l'ottava della quinta bassa del suono fondamentale. Nella serie armonica essa rappresenta l'accordo del terzo e del quarto armonico. Scrivendo il rapporto 3 : 4, si vede che il suono di combinazione è 1, il quale non corrisponde a nessuna ottava bassa del suono fondamentale, ma è invece la seconda ottava bassa del suono 4, vale a dire della quarta stessa.
L'accordo del suono fondamentale colla quarta presenta dunque questo carattere alquanto strano, che il suono di combinazione, che ne risulta, non rinforza il suono fondamentale, ma bensì la quarta, e dà a questa un'importanza in certo qual modo prevalente sul suono fondamentale.
Un altro rapporto abbastanza semplice è quello espresso da 5/3. Esso corrisponde alla sesta maggiore in musica. Questo rapporto era sconosciuto ai Greci. Esso è in verità anche più complicato dei precedenti, ed ha richiesto molto tempo, prima di essere adottato. Difatti esso presenta questo carattere fin qui nuovo, che il suono di combinazione non rinforza nè l'uno nè l'altro dei due suoni, ma è invece un suono nuovo. Scrivendo il rapporto 3 : 5, si ha per suono di combinazione 2, il quale è la quinta bassa del suono fondamentale 3.
Un'altro rapporto importante è quello fornito dal quarto e quinto armonico ed espresso da 5/4, ossia da 4 : 5; esso si chiama la terza maggiore. Scritto nel secondo modo, esso ci dà per suono di combinazione 1, vale a dire, la seconda ottava bassa del suono fondamentale 4. È un rapporto molto importante, sconosciuto dagli antichi Greci ed introdotto nella musica moderna nel quindicesimo e sedicesimo secolo. I Greci avevano invece di quello l'accordo poco diverso, ma apertamente dissonante 81/64, formato dal suono fondamentale 1 per quattro quinte successive
1, 3/2, 3/2 × 3/2 = 9/4, 3/2 × 3/2 × 3/2 = 27/8
3/2 × 3/2 × 3/2 × 3/2 = 81/16
Questo suono, abbassato di due ottave, onde ravvicinarlo al suono 1 e mantenerlo nella stessa ottava, diventa 81/64, che è appunto la terza greca, chiamata anche pitagorica, dal nome del suo inventore.
Si può dire senza esagerazione, che l'aver sostituita a questa la terza consonante ed armonica 5/4, costituisce il progresso più notevole e più decisivo della nostra scala in confronto colla greca. La terza 5/4 rientra nella categoria degli accordi consonanti anche per la considerazione, che il suono di combinazione essendo la seconda ottava bassa, rinforza il suono fondamentale.
Un'altro accordo, che fu introdotto nella musica, è quello della terza minore. Esso è espresso dal rapporto 6/5 o anche da 5 : 6. Non fu adottato che nel diciasettesimo secolo con molte riserve, assieme all'accordo di sesta, dal quale può essere derivato facilmente. Difatti esso non è che l'ottava della sesta rovesciata. Ancora nella metà del secolo passato, perfino nelle composizioni di Mozart, questo accordo fu considerato come imperfetto, e lo si evitava possibilmente come accordo finale di un pezzo. Il suono di combinazione è molto basso e non rinforza nè l'uno, nè l'altro suono dell'accordo. Scrivendo quest'ultimo 5 : 6, il suono di combinazione è 1, ed è, per rapporto al suono 6 dell'accordo, la seconda ottava bassa della sua quinta. Tale suono è molto basso e non stuona coi suoni 5 e 6. Ma nelle combinazioni ulteriori, alle quali l'accordo di terza minore va soggetto, il suono di combinazione, come vedremo in seguito, diventa apertamente dissonante.
Un ultimo accordo, che oggidì consideriamo ancora come consonante, quantunque imperfettamente, è quello della sesta minore 8/5 od anche 5 : 8. Fu con quello della terza minore l'ultimo ad essere adottato. Il suono di combinazione è 3, vale a dire la sesta maggiore bassa del suono fondamentale 5, suono nuovo che per se non stuona, ma lo fa invece negli accordi più completi, a cui la sesta minore dà luogo.
10. Con questo accordo della sesta minore noi ci troviamo già evidentemente sul limite dei suoni dissonanti. Si può tuttavia chiedersi, se non fosse possibile di spingersi ancora più in là, per arricchire la musica di altri accordi passabilmente consonanti. È questa una questione di alta estetica musicale, questione che è stata agitata negli ultimi tempi, e che meriterebbe anche per parte nostra uno studio più approfondito. Tuttavia non posso risolvermi ad abordare tale delicatissima materia. Per trattarla convenientemente dovrei entrare in una serie di minutissimi dettagli, e considerare gli accordi anche nei loro rapporti con tre o quattro suoni diversi. Tale studio ci porterebbe molto al di là dei limiti, che qui mi sono proposto di mantenere. Voglio soltanto osservare che, per allargare il campo musicale in questo senso, converrebbe ricorrere al settimo armonico e, considerare i rapporti 7/4, 7/5, 7/6, 8/7, ecc. nei quali questo settimo armonico ha un'importanza decisiva. Alcuni di questi rapporti, come 7/4, 7/6, 8/7, sono per noi francamente dissonanti. I loro suoni di combinazione lo sono pure, o sono molto distanti e quindi insignificanti, e non credo che le generazioni future vogliano abituarsi a giudicarli diversamente. Lo stesso non può dirsi a priori dell'accordo 7/5, ma è un fenomeno abbastanza strano di vedere, come il settimo armonico sia interamente bandito dalla musica anche come suono dissonante, non ostante che si adoperino a tale titolo rapporti molto più complicati di quello e quindi molto più dissonanti, come p. e. 9/8, 10/9, ecc., dei quali vi parlerò in seguito. Per l'orecchio abituato alla nostra musica, tal qual è, il settimo armonico può comparire come suono spiacevole, ma un'esame spregiudicato, secondo il parere di alcuni, parere al quale io mi associo pienamente, ci dimostra che esso è più strano che spiacevole; che in certi casi speciali esso può fornire accordi dissonanti e accordi di passaggio molto buoni, e che la stranezza viene piuttosto dal nostro difetto d'abitudine, anzichè dalla sua propria natura.
Tuttavia non ci deve sorprendere, che questo suono sia così stato messo al bando dalla musica pratica. La ragione sta, scientificamente parlando, nel numero 7, il quale non è più abbastanza piccolo per un'accordo consonante, ed essendo grande ha il torto di essere un numero primo. Siccome negli accordi anche dissonanti importa moltissimo di non andare troppo in là colle cifre, numeri più grandi del 7, ma divisibili per 2, per 3, per 4, o per 5, si trovano in grande vantaggio numerico su di lui[3]. Ed è questa la ragione vera e principale, per la quale non se ne fà alcun uso nella musica.
Non vorrei certamente spingermi troppo innanzi, e indovinare ciò che sarà nell'avvenire; voglio però osservare, che l'introduzione sistematica del settimo armonico nella musica produrrebbe per questa una rivoluzione profondissima e quasi incalcolabile; rivoluzione che non mi parrebbe giustificata, imperocchè al grandioso nostro sistema musicale si verrebbe a sostituire un'altro forse pure grandioso, ma certamente non migliore e probabilmente peggiore, e in ogni caso più artificiale. Questo non esclude però la possibilità, che al settimo armonico venga forse assegnata una parte secondaria nel sistema musicale.
Per certi accordi, per esempio, di settima diminuita, accordi dissonanti, esso si presta bene e potrebbe anche sostituir talvolta con vantaggio quelli finora usati.
Checchè ne sia di ciò, è certo che per noi il settimo armonico rappresenta una grande linea di separazione tra gli accordi consonanti ed i dissonanti. Al di sotto di lui sta la consonanza, al di sopra la dissonanza, e fra queste vi esiste una grandissima lacuna. Abbiamo così i seguenti accordi nell'intervallo di una ottava:
perfettamente consonanti. . . . . . . . . 3/2, 4/3
consonanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5/3, 5/4
imperfettamente consonanti. . . . . . . 6/5, 8/5
lacuna formata dal settimo armonico . . . . .
dissonanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9/8, 10/9 ecc.
Termino questo ragionamento col rappresentarvi in scrittura musicale gli accordi sopra esaminati, coi suoni di combinazione di primo ordine, che ne risultano. Gli accordi si trovano nella riga superiore in chiave di violino, i suoni di combinazione sulla riga inferiore in chiave di basso.
Questo modo di rappresentare servirà a chiarir meglio le cose sopra esposte.