Pietro Blaserna
La teoria del suono nei suoi rapporti colla musica

VI.a CONFERENZA 1. Doppia sirena di Helmholtz. – 2. Legge dei rapporti semplici applicata a tre e più suoni. – 3. Accordo perfetto maggiore e minore, loro carattere. – 4. Rovesciamento degli accordi.

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VI.a CONFERENZA

1. Doppia sirena di Helmholtz. – 2. Legge dei rapporti semplici applicata a tre e più suoni. – 3. Accordo perfetto maggiore e minore, loro carattere. – 4. Rovesciamento degli accordi.

l. Le leggi svolte nella precedente conferenza si possono dimostrare col mezzo d'una sirena costruita da Helmholtz, che porta il nome di sirena doppia [fig. 25 pag. seg.]. Essa è composta di due sirene complete a0 e a1 poste l'una sull'altra, in modo che i dischi giranti dell'una e dell'altra siano rivolti dallo stesso lato. Questi sono attaccati al medesimo albero k e girano quindi insieme colla stessa velocità. Fra mezzo ad essi trovasi il solito contatore in k [non rappresentato nella figura] destinato a misurare il numero dei giri, ove occorrano misurazioni assolute. Ciascun disco porta quattro cerchi concentrici di fori, secondo un'idea già attuata da Dove; e col mezzo di quattro bottoni i si possono mettere in azione o l'uno o l'altro, od anche tutti i cerchi di fori simultaneamente. Si hanno così in fondo otto suoni disponibili, che si possono produrre a volontà. Una forte corrente d'aria, che si può far entrare nell'una e nell'altra sirena in g0, o in g1 provoca, come nella sirena semplice, la rotazione dei dischi e la formazione dei suoni.

Nel disco superiore i cerchi portano successivamente 9, 12, 15, 16, nel disco inferiore 8, 10, 12, 18 fori. Si hanno così molte combinazioni possibili di suoni, le vibrazioni dei quali stanno in rapporto semplice fra di loro.


I dischi giranti sono poi coperti colle scatole cilindriche h0 h0 e h1 h1, che servono a rinforzare ed a rendere più netti i suoni prodotti.

Per lo studio dei battimenti vi è la possibilità, di alterare leggiermente questi rapporti. Difatti, la scatola della sirena superiore può essere girata indipendentemente dal movimento rotatorio dei dischi. S'ottiene ciò col mezzo di una manivella d, la quale fa girare la ruota dentata e, che ingrana in quella della sirena superiore ed è regolata in modo, che per ogni tre giri si abbia un movimento intero di rotazione della sirena medesima. Sotto alla manivella trovasi un cerchio graduato diviso, in sedici parti, per cui ogni divisione a 1/48 di un giro completo della sirena. Ora, quando si fa girare la sirena, essa segue i fori del disco girante, oppure si muove contro ad essi secondo il senso della rotazione.

L'effetto nel primo caso è di abbassare alquanto il suono, nel secondo d'innalzarlo. La ragiono sta in ciò, che il suono dipende dal numero degli sbuffi d'aria, che avvengono ogni qualvolta i fori del disco girante si sovrappongono ai fori della sirena; questi sbuffi saranno quindi in numero maggiore o minore, secondo che alla sirena si farà fare un movimento in senso sfavorevole o favorevole. Col mezzo di questa doppia sirena si possono fare delle esperienze svariatissime. Voglio riprodurvi le più importanti, e quelle che qui più ci interessano. Metto in azione i dodici fori della sirena superiore e dell'inferiore. Ottengo così due suoni identici. Essi si sommano nei loro effetti e mi dànno quindi un suono rinforzato, quando le due sirene sono poste in modo, che gli sbuffi dell'una e dell'altra si facciano in giusto tempo.

All'incontro, essi si affievoliscono a vicenda, quando le due sirene sono poste in modo, che gli sbuffi dell'una e dell'altra si facciano in contrattempo. Se giro lentamente e regolarmente la manivella d, i suoni ora si rinforzano, ora si affievoliscono; ottengo così i battimenti, i quali sono in numero tale da corrispondere alla differenza nel numero delle vibrazioni delle due sirene.

Mantengo in azione i dodici fori dell'uno e dell'altro disco. Carico più il mantice, la sirena gira più presto; i due suoni si alzano, ma rimangono sempre all'unisono, il che mi dimostra che l'unisono è indipendente dal numero assoluto delle vibrazioni.

Metto ora in azione i fori 8 e 16; ottengo un suono e la sua ottava, visto che le vibrazioni stanno come 1 : 2. Voi sentite che l'ottava è perfetta, e che rimane tale, anche quando carico il mantice e aumento a volontà la velocità di rotazione dei dischi. I due suoni mutano, ma il loro rapporto rimane lo stesso. Qualunque sia il suono fondamentale, l'ottava fa dunque sempre un numero doppio di vibrazioni. Se voglio ottenere dei battimenti, non ho che a girare la sirena superiore. Il fenomeno che accade è facile a prevedersi ed a spiegarsi.

Il rapporto della quinta può prodursi in modi diversi, combinando i numeri 8 e 12, 10 e 15 o infine 12 e 18, giacchè si ha in tutti tre i casi il rapporto di 2 : 3. Il rapporto della quarta si ottiene coi fori 9 e 12, 12 e 16. Quello della terza maggiore con 8 e 10, 12 e 15, perchè si ha sempre il rapporto di 4 : 5.

La sesta maggiore e minore si ha colle combinazioni 9 e 15, 10 e 16.

Finalmente il rapporto della terza minore si ha coi fori 10 e 12, 15 e 18.

Vi sono ancora molte altre combinazioni possibili, ma credo che questi esempi bastino a dimostrarvi il mio assunto. Gli accordi, che si ottengono in tal modo, sono matematicamente esatti, e quindi da preferirsi a quelli ottenuti con altri istrumenti. Si vede chiaramente, che il numero assoluto delle vibrazioni non ha nessuna influenza sugli accordi, purchè i rapporti rimangano sempre gli stessi; il che accade precisamente in questo istrumento, in cui i rapporti sono fissati dal numero dei fori, e il numero assoluto delle vibrazioni dipende inoltre dalla velocità, variabile a volontà, dei dischi giranti. Il suono fondamentale può quindi essere un suono qualunque. Ma una volta sceltone uno a tale ufficio, il numero delle vibrazioni di tutti gli altri suoni è vincolato dai rapporti sopra indicati.

Anche i suoni di combinazione possono essere studiati con questo istrumento. Si arriva così alle leggi, che ho avuto occasione di svolgervi nella precedente conferenza, per cui il suono di combinazione deve definirsi come vero suono di differenza.

2. Passo ora a trattare con voi una questione, la quale è intimamente collegata con quella fin ora studiata. Noi abbiamo fin qui combinato insieme due suoni, ed abbiamo così cercato, in quali condizioni essi ci davano un accordo consonante. Ma la questione può essere generalizzata. Si può chiedersi, se 3, 4 o più suoni possano combinarsi in modo, da produrre un accordo consonante. In tale caso vale la seguente regola, la quale non è nient'altro, che la generalizzazione di quella svolta e illustrata nella conferenza precedente: affinchè un accordo, prodotto da tre o più suoni, sia consonante, bisogna che i diversi suoni, che lo compongono, stiano riguardo al numero delle loro vibrazioni in un rapporto semplice non solamente col suono fondamentale, ma bensì anche fra di loro.

Questa regola dimostra che, per produrre un accordo consonante, non basta prendere i rapporti più semplici di ottava, di quinta, di quarta ecc.; ma bisogna inoltre tener presente, che i diversi suoni, che li compongono, siano in rapporti semplici fra di loro. Così, per esempio, un accordo formato dal suono fondamentale, dalla quarta, quinta ed ottava è apertamente dissonante, nonostante che questi suoni siano rappresentati dai rapporti più semplici esistenti:

1, 4/3, 3/2, 2

La ragione sta in ciò, che il rapporto fra la quarta e la quinta è troppo complicato ed è quindi dissonante. Difatti tale rapporto è espresso da 9/8, il quale rapporto non è più compreso fra quelli degli accordi consonanti.

3. In questo riguardo si ottiene un accordo molto migliore, sostituendo alla quarta la terza maggiore, nonostante che questa sia meno semplice di quella. Si hanno così i suoni

1, 5/4, 3/2, 2

dei quali i rapporti sono

5/4, 6/5, 4/3,

rapporti che sono tutti consonanti. L'accordo qui sopra è il più consonante, che esista in musica, ed esso si chiama perciò l'accordo perfetto; gli si aggiunge ancora la parola maggiore, perchè in esso vi entra la terza maggiore, e per distinguerlo così dall'accordo perfetto minore, il quale differisce dal primo soltanto in ciò, che al luogo della terza maggiore vi è sostituita la terza minore.

L'accordo perfetto maggiore, come già lo dice il suo nome, è l'accordo più consonante che passiamo immaginare. Nella sua forma più semplice esso è composto del suono fondamentale, terza maggiore e quinta, e generalmente si usa aggiungergli ancora l'ottava. Il rapporto dei suoni fra di loro è di una terza maggiore, di una terza minore e di una quarta. I suoni di combinazione, che vi si formano, possono facilmente determinarsi. Difatti, se lo scriviamo colle cifre

1, 5/4, 3/2, 2,

si vede che i suoni di combinazione, confrontando ciascun suono con tutti gli altri, sono i seguenti:

¼, ½, ¾, 1.

Il primo rappresenta la seconda ottava bassa del suono fondamentale; il secondo l'ottava bassa del medesimo suono; il terzo l'ottava bassa della quinta, l'ultimo infine il suono fondamentale medesimo. Per cui i suoni di combinazione rinforzano suoni già esistenti, e di preferenza il suono fondamentale; il che contribuisce potentemente a dare all'accordo un carattere fermo, franco e riposato.

L'accordo perfetto minore è in questo riguardo inferiore al primo, quantunque la sua struttura ne sia poco diversa. Difatti, se lo scriviamo nel modo seguente:

1, 6/5, 3/2, 2,

vediamo che i rapporti fra i suoni successivi sono

6/5, 5/4, 4/3,

i quali non differiscono da quelli dell'accordo maggiore, che per l'ordine in cui si seguono. L'accordo perfetto maggiore è composto degli intervalli di terza maggiore, di terza minore e di quarta; mentre l'accordo minore è composto di quelli di terza minore, di terza maggiore e di quarta. La differenza sarebbe in molto piccola e non basterebbe a spiegare la grande, fondamentale differenza, che passa fra questi due accordi.

Ma una spiegazione ben più concludente si ritrova nei suoni di combinazione. Per l'accordo perfetto minore essi sono:

1/5, 3/10, 1/2, 4/5, 1.

Il primo rappresenta la terza maggiore bassa della seconda ottava bassa del suono fondamentale, ed è per l'accordo un suono nuovo, che stuona colla quinta; il secondo è la seconda ottava bassa della terza minore; il terzo è l'ottava bassa del suono fondamentale; il quarto è la terza maggiore bassa del suono fondamentale, vale a dire, la seconda ottava alta del primo suono di combinazione, la quale viene così a rinforzare ancora la disarmonia esistente dell'accordo; l'ultima infine rinforza il suono fondamentale.

Mentre dunque nell'accordo perfetto maggiore tutti i suoni di combinazione rinforzano l'armonia esistente, nell'accordo minore parecchi di essi la turbano. Se questi suoni fossero molto forti, essi basterebbero a rendere l'accordo dissonante. Così, come sono, essi gli imprimono un carattere inquieto e indeciso.

Questi due accordi perfetti, il maggiore ed il minore, formano la chiave di volta del nostro sistema musicale. Essi s'incontrano spesso nelle composizioni, e qualunque siasi pezzo musicale deve chiudersi con l'uno o con l'altro.

Essi sono veramente gli accordi fondamentali ed imprimono alla composizione il proprio carattere. I pezzi fondati sull'accordo perfetto maggiore hanno carattere allegro, brioso, franco, aperto e si adattano quindi bene a situazioni d'animo di tal natura. Quelli all'incontro, che hanno per base l'accordo perfetto minore, sono tristi e malinconici, o per esprimersi più esattamente, sono inquieti e indecisi, e si adattano quindi a situazioni d'animo, in cui l'inquietudine e l'indecisione hanno la parte principale. Come vedete, teoria e pratica sono perfettamente d'accordo nel definire questi due accordi fondamentali. Voglio aggiungere, che anche la storia della musica vi si trova pure d'accordo. Mentre l'accordo perfetto maggiore è stato accettato fin dai primordj della musica armonica propriamente detta, l'accordo perfetto minore è stato considerato per molto tempo piuttosto come un accordo leggiermente dissonante e di passaggio, anzicchè come accordo fondamentale. Fino ai tempi di Sebastiano Bach, cioè fino alla metà del secolo passato, si esitava a chiudere un pezzo musicale coll'accordo minore, anche quando il carattere del pezzo musicale lo richiedeva. Mozart stesso lo adopera a tale titolo assai di rado e proprio, quando non può farne a meno; ed anche in tale caso egli ommette volontieri la terza minore, la quale non gli suona abbastanza bene. Si direbbe proprio, che le nature musicali più finamente dotate abbiano quasi presentito ciò, che la teoria doveva poi spiegare in modo semplice e concludente.

Per maggiore schiarimento di ciò, che ho detto riguardo ai suoni di combinazione dei due accordi perfetti, qui sotto questi suoni scritti coi segni musicali. Nella prima riga trovansi i due accordi, nella seconda i suoni di combinazione di primo ordine, che essi generano.

Mi limito a questi ultimi, perchè quelli d'ordine superiore si sentono soltanto in via eccezionale e non hanno grande importanza pratica.

4. L'accordo perfetto può però adoperarsi anche in modi diversi. Chiamasi rovesciare un'accordo il trasportare uno o parecchi dei suoi suoni all'ottava alta o all'ottava bassa. L'accordo acquista allora un carattere alquanto diverso di prima, e specialmente i suoni di combinazione si modificano notevolmente. È questo un'argomento, che non posso qui che accennare, giacchè uno

 

ACCORDO PERFETTO


studio più approfondito mi porterebbe molto al di dei limiti che mi sono qui tracciati. Tuttavia voglio ricordare, che la musica è in questo riguardo estremamente ricca, e che gli accordi rovesciati hanno costituito la risorsa principale di Palestrina e dei compositori della sua scuola e del suo tempo. Accordi, che in una data posizione hanno suoni di combinazione consonanti, possono trasformarsi col rovesciamento in altri con suoni di combinazione più o meno dissonanti. Questo accade specialmente per l'accordo perfetto minore, nel quale la dissonanza leggiermente esistente, può rinforzarsi notevolmente col mezzo del rovesciamento, e può trasformarsi in dissonanza molto più marcata. Palestrina, il quale è stato una delle nature musicali più finamente dotate, fa moltissimo uso di questo processo musicale, ed è ammirabile a vedersi, come senza essere guidato dalla teoria, ma soltanto dal finissimo suo orecchio, egli abbia potuto sentire e apprezzare differenze così lievi. Nella sua musica egli fa pochissimo uso delle dissonanze vere, ma molto invece di quelle dissonanze secondarie, che si producono nei suoni di combinazione col mezzo del rovesciamento degli accordi. Il che giustifica il detto di un grande pensatore tedesco, il quale chiama la musica del Palestrina «musica di angioli, dolenti forse delle cose terrestri, ma che non perciò si turbano nella loro celeste serenità

A guisa d'esempio qui alcuni accordi rovesciati, coi loro suoni di combinazione, per il caso più semplice di tre suoni. Gli altri casi sono troppo complicati per trovar qui luogo.

 


Oltre agli accordi perfetti, maggiore e minore, vi sono ancora altri accordi semplici. Citerò fra questi l'accordo formato dal suono fondamentale, dalla quarta, sesta e ottava, e quello del suono fondamentale colla terza, sesta e ottava, i quali hanno carattere alquanto diverso tra di loro, e specialmente quando si pongano a confronto coll'accordo perfetto maggiore o minore. Questi accordi possono essere studiati colle stesse regole da noi impiegate per gli accordi perfetti. Si arriva facilmente alla conclusione, che essi non sono altro, che questi ultimi rovesciati in modo conveniente, come si vede anche dall'esempio musicale della pagina precedente.


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