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II.
FORZE DEL SOCIALISMO
Sarebbe grave errore disconoscere la importanza del movimento socialista siciliano, che s'imperniava nella organizzazione dei Fasci dei lavoratori; giova, però, ridurlo alle sue giuste proporzioni.
Ciò è necessario in vista delle notizie numerose pubblicate dai giornali italiani e stranieri, ora esagerate, ora addirittura false.
Una statistica esatta del numero dei Fasci, che corrisponda alla realtà, è difficile, perchè molti ne sorgevano ogni giorno e non pochi ne scomparivano senza che se ne avesse notizia. Chi dice che erano 300 e chi li riduceva a 120; il Comitato centrale dei Fasci al 1° novembre li portava a 163, oltre 35 in formazione. Reputo, poi, esageratissima la cifra dei soci, che da tutti si ripete ammontasse a 300,000 e più; la esagerazione la desumo da ciò ch'è a mia personale conoscenza: molti Fasci erano puramente nominali, come quello di Caltanissetta; di alcuni altri il numero dei soci era stato per lo meno quintuplicato. Appena si aprivano le iscrizioni i soci accorrevano numerosi; ma poco dopo le file si diradavano, sia perchè i soci non amavano pagare il piccolo contributo mensile o settimanale, sia perchè si scoraggiavano presto, non ottenendo miglioramenti immediati.
I Fasci erano più numerosi e più disciplinati nelle Provincie di Palermo, di Catania e di Trapani; molti ne sorsero nel novembre e dicembre scorsi nella provincia di Siracusa mercè l'opera indefessa dell'avvocato De Stefano Paternò, ma sulla loro consistenza non si potè portare un giudizio perchè erano di data assai recente; meno numerosi erano in quelle di Girgenti e di Caltanissetta; scarsissimi, infine, in quella di Messina.
In generale si mostrarono meglio organizzati e più compatti, più disciplinati e più ardenti i Fasci dei centri agricoli, specialmente nella provincia di Palermo, dov'era singolarissima la partecipazione simpatica e ardita delle donne, che richiamò l'attenzione del Lombroso, del Morselli, mia e di tutta la stampa italiana, che giustamente ha consacrato al fatto parole di alta ammirazione non iscompagnata da un certo senso di meraviglia, perchè le condizioni intellettuali e sociali, il genere di vita e la educazione delle donne siciliane avrebbero dovuto allontanarle dal moto attuale2. Invece inferiori si mostrarono i Fasci delle città, non ostante che fossero stati preparati dai congressi, dai giornali e dalla propaganda socialista da molti anni.
Superiore a tutti in modo assoluto, pel numero dei soci iscritti e attivi, per la organizzazione e per la coscienza dei fini da raggiungere, era il Fascio di Catania, che formava uno strano contrasto con quelli della provincia, che erano fiacchi e incoscienti.
A Catania, mercè l'instancabile propaganda dell'on. De Felice Giuffrida, sorse quattro anni or sono il primo sodalizio. Ivi il terreno era preparato dalla vita non inonorata, che vi ebbero parecchie società operaie, che dal 1860 in poi avevano organizzato scuole, mutuo soccorso, assistenza medica e anche prestiti sull'onore; ed alcune di esse, come quella dei Figli dell'Etna, dei Figli del lavoro, della Pace ecc., sussistono ancora, sebbene facessero capo al Fascio e con questo procedessero ed agissero di conserva.
La visita dei mille soci del Fascio di Catania alla esposizione di Palermo determinò la organizzazione di analoga associazione nella città delle iniziative, d'onde, aiutata dall'Isola e dal Giornale di Sicilia e dall'attivissima azione di un generoso gruppo di giovani, il movimento si propagò in tutta la Sicilia; sicchè, se a Catania spetta il merito della iniziativa, il centro di diffusione divenne Palermo, per quel maggiore ascendente esercitato sempre dall'antica capitale sull'isola tutta.
È da notarsi che non pochi degli organizzatori dei Fasci appartenevano alla classe borghese; alcuni sono agiatissimi, come il Ballerini; pochi ricchissimi vengono dall'alta aristocrazia, come il marchese di Montemaggiore e il principe di Cutò3. L'organizzazione era abbastanza semplice e logica. Dove i soci erano numerosi, vennero divisi secondo le arti e i mestieri e ciascun gruppo aveva la sua speciale bandiera; vi erano anche delle squadre coi rispettivi capi per quartieri4.
Ogni Fascio aveva il suo rosso gonfalone con qualche altro particolare emblema; e quel benedetto rosso che scioccamente dà ai nervi delle autorità politiche, ha dato luogo a pericolose colluttazioni, ad arresti e processi. Ogni socio, nelle feste, portava una coccarda rossa, ed i capi una fascia pure rossa: bisognava vedere con quanta fierezza la indossavano i contadini e gli operai nelle solenni occasioni.
Non pochi Fasci avevano la fanfara, composta quasi sempre di reduci dall'esercito, che vi avevano portato il sentimento della disciplina, unito ad entusiasmo e attività notevoli. La fanfara, talvolta discreta, serviva a richiamare l'attenzione delle donne, destava l'invidia di molti e pur troppo somministrò occasione a numerose contravvenzioni alla legge reazionaria di pubblica sicurezza, le quali costrinsero i poveri soci o a pagare o a scontare le non piccole multe col carcere. Ajutarono moltissimo la propaganda le passeggiate da un paese all'altro, abilmente organizzate, che sviluppavano elevati sentimenti di solidarietà e davano ai lavoratori coscienza della propria forza.
Nelle sedi dei Fasci sulle pareti vi erano grandi striscie di carta con motti significativi di Marx, di Lassalle, di Bovio, di Hugo, di L. Blanc ecc. Non di rado vi si trovavano i ritratti di Marx, di Mazzini, di Garibaldi, del Re e della Regina. Il Rossi della Tribuna, ed io stesso, in alcuni luoghi non trovammo sul tavolo che un Cristo col suo lumicino, che costituiva tutto l'ornamento del luogo; e confesso che tanta semplicità impose a Rossi ed a me, e di più doveva imporre a contadini ed operai, tra i quali è ancora vivo il sentimento religioso e che si esaltano maggiormente quando si parla loro in nome del Nazzareno.
I socî pagavano un tenuissimo contributo mensile e settimanale, che variava da luogo a luogo, ma che non oltrepassava una lira al mese. Le casse, come si può immaginare, non erano provviste e non avrebbero potuto far fronte alle spese ordinarie di amministrazione e molto meno a quelle straordinarie incontrate nell'aspra lotta col governo e colle classi dirigenti - se i più ricchi del partito non avessero fatto sacrifizî considerevoli. Soccorsi, ma in tenue misura, vennero dai socialisti del continente, della Germania, dell'Austria ed anche della Rumenia. Le scarse somme venute dall'estero, passarono per le mani del Prof. Labriola, che con vivo rammarico altra volta mi fece osservare che tra gli oblatori brillavano per la loro assenza i socialisti francesi. In qualche paese agricolo si fecero sufficienti provviste di frumento per opera di Presidenti e di soci preveggenti; ciò che consentì loro la resistenza, vittoriosa spesso, negli scioperi. Così a Corleone.
Alcuni Fasci praticavano il mutuo soccorso; altri avrebbero voluto fondare casse di resistenza, ma i mezzi erano del tutto inadeguati ai fini; si accennò qua e là, a cooperative di consumo, che fecero cattiva prova a Catania, dove cercarono sostituirvi dei prezzi di favore con particolari venditori di oggetti di consumo; scioperi inconsulti furono tentati ed una cooperativa di produzione ebbe vita per poco tempo in Palermo e finì miseramente. Erano pochissime le cooperative di lavoro, in conformità della legge dell'11 Luglio 1889, che avrebbero potuto dare eccellenti risultati. Ma non c'è da meravigliarsene perchè erano malviste dalle amministrazioni locali, che preferiscono tuttavia confidare i lavori agli appaltatori prediletti, dando luogo a sospetti, non sempre infondati, d'illecite partecipazioni ai lucri per parte degli amministratori.
A Catania, mercè il tenue versamento di centesimi 15 per settimana, si praticava l'assicurazione collettiva, mercè la quale alle famiglie dei socî che morivano venivano date L. 400. Sino allo scioglimento del sodalizio la cassa fece fronte ai suoi impegni; ma avrebbe potuto continuare per lo avvenire, se non avessero fatto meglio i calcoli e non avessero tenuto conto esatto delle tavole di mortalità?
Non poche ed inconsulte furono le spese per le inaugurazioni dei gonfaloni; e non poche volte ho assistito a banchetti relativamente luculliani, che ho biasimato con tutte le mie forze.
Lo spagnolismo in Sicilia s'impone anche tra i lavoratori!
Molti dei Fasci erano ascritti al Partito italiano dei Lavoratori e s'inspiravano alla intolleranza e al fanatismo della chiesa di Milano; alcuni, per così dire, erano indipendenti specialmente se erano sorti per ragioni locali. Vera direzione centrale non c'era per quanto il Fascio di Palermo aspirasse a tale onore e facesse di tutto per meritarlo. La Lotta di Classe di Milano penetrava in qualche luogo e vi esercitava la sua azione; in molti altri, il giornale prediletto era La Giustizia sociale, che seguiva il metodo della prima, di Palermo; L'Unione di Catania, Il Mare di Trapani erano giornali settimanali diffusi nelle rispettive provincie e redatti con criterî più conformi alle condizioni locali.
Per la propaganda, più che sui giornali - essendo grandissimo in Sicilia il numero degli analfabeti - si contava sulle conferenze, sulle amichevoli conversazioni, sulle feste da ballo alle quali partecipavano le famiglie dei socî, e che riuscivano splendide - anche dal lato economico - in Catania, e sul teatrino socialista di Palermo, istituzione che se avesse trovato scrittori ed interpreti adatti avrebbe potuto dare buoni frutti5.
La seconda, per quanto ispirata alle idee repubblicane e socialiste penetrava maggiormente tra la borghesia più onesta e più intelligente. Invece credo che negli animi delle popolazioni ho fatto più breccia colla campagna elettorale del 1890 combattuta in quattro collegi. Dei giornali quello che ha maggiormente contribuito a creare la coscienza socialista nella cerchia della provincia di Catania fu ed è l'Unione del De Felice; vengono dopo la Nuova Età di Palermo e di Marsala e l'Esule di Trapani.