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III.
IL PROGRAMMA - I RISULTATI - LE ACCUSE.
Quale fosse il programma ufficiale dei Fasci dei lavoratori è facile conoscerlo, poichè venne riassunto in un opuscolo di propaganda di Garibaldi Bosco. (I fasci dei lavoratori; il loro programma ed i loro fini. Palermo 1893.) - Questo programma è quello del partito socialista dei lavoratori italiani; è il programma della scuola marxista. Non si vuole divisione delle terre, ma socializzazione di tutti i mezzi di produzione; si vuole e si combatte per l'abolizione del salariato, e come mezzo si adotta la lotta di classe, cioè degli sfruttati contro gli sfruttatori; della lotta di classe si servono per fare in modo che le classi odierne possano sparire, distruggendo tutte le ineguaglianze artificiali, artificialmente create.» (p. 11).
Questa parte per così dire radicale del programma non è detto chiaramente ed esplicitamente che sarà realizzata in un avvenire non prossimo, come riconosce lo stesso Bebel. Ma si argomenta che i capi non dovevano ritenere di pronta attuazione la socializzazione dei mezzi di produzione, da quello che dicevano su di essa in altra parte del programma, - che consideravano come d'immediata attuazione e adatta alle condizioni dell'ambiente - e cioè: cooperative di consumo, cooperative di lavoro, conquista dei municipî, delle provincie ed anche del parlamento.
Queste modeste aspirazioni, che sono propugnate da tanti che non sono socialisti e pel cui conseguimento (se non vi facesse ostacolo la intolleranza di alcuni capi), si potrebbe trarre profitto dall'impiego di tante altre forze, rappresentano molto meno di quello che c'era nel programma minimo del cosidetto partito possibilista francese, ch'ebbe ad interprete autorevole e stimato il Malon.
Non avevano messo nel programma neppure le cooperative di produzione, perchè disgraziatamente nemmeno quelle di consumo e di lavoro hanno potuto attecchire in Sicilia, dove indarno si cercherebbe una associazione di semplice mutuo soccorso, che possa gareggiare con la più meschina Trade-Union inglese del vecchio stampo.
Se alcuni dei capi conoscevano le teorie di Marx - e alcuni le avevano studiate con amore e le spiegavano con molta chiarezza, come il Montalto, il Barbato, il De Luca, il Petrina, ecc.: - la immensa maggioranza dei soci dei Fasci, per non dire la totalità, non riusciva a formarsene la più lontana idea. Così avveniva che mentre i giornali ed i capi del partito parlavano di collettivismo, tra i socî e specialmente tra i contadini più arditi e più radicali si aspirava alla divisione delle terre, alla quotizzazione. Per loro una buona legge agraria sarebbe l'ideale; molti altri si sarebbero contentati della riforma dei patti colonici. La elevazione dei magri salarî per gli uni, la mezzadria ad oneste condizioni - come c'è in Toscana e nell'alta Lombardia, e di cui non mancano buoni e numerosi esempî nella stessa Sicilia - per gli altri, sarebbero bastate a soddisfarli ed a quietarli per un pezzo.
Il sig. Enea Cavalieri giustamente osservò che in fondo, «astraendo dal loro infeudamento al socialismo, i Fasci, come nuclei operai, dovevano qualificarsi Società di resistenza, Trade-Unions insomma: principio di resistenza, che ha alte giustificazioni.»
Nessuno aveva, dunque, motivo di allarmarsi e di protestare se praticamente, in sostanza, i contadini e gli operai di Sicilia si organizzavano come in Inghilterra e facevano domande d'immediata realizzazione che vennero trovate ragionevoli da illustri professori di diritto, che le difesero in seno della Regia Commissione che discusse i Contratti agrarî.
Per la parte più radicale, ma di remota realizzazione, poi è bene notare che l'on. Marchese di San Giuliano, ex sottosegretario di Stato nel Ministero Giolitti - e pour cause mi limito tra i liberali e i conservatori a citare il solo rappresentante di Catania - nel suo libro: Le condizioni presenti della Sicilia (p. 135) considera come superstiziosa la venerazione di cui viene circondata la proprietà privata, che considera - al modo di Lassalle - quale una categoria storica modificabile col tempo nella legislazione. A che dunque far la voce grossa contro i socialisti, che dicono la stessa cosa?
In quanto allo spirito e ai moventi reali che spinsero alla costituzione dello insieme dei Fasci, perchè i fatti posteriori mi dettero ragione, credo opportuno ripetere ciò che scrissi altra volta.
«Anzitutto, - osservai in sul finire del luglio 1893 - a spiegare certi fenomeni non degni di ammirazione, è d'uopo rilevare che certi Fasci sono sorti come arma di combattimento contro locali Società operaie infeudate ad uomini ed a partiti diversi. L'ideale socialista in questi casi non è servito che come marca di fabbrica, che doveva coprire la merce di contrabando. Così alla prima occasione tali Fasci si sono visti rinnegare i principî, che dovrebbero inspirarli e in nome del socialismo combattere anche i socialisti.»
«Più di frequente i soci, che accorsero numerosi, furono trascinati nelle nuove associazioni dall'innegabile contagio psichico, che tanto più attivamente agisce quanto meno colte sono le masse sulle quali dispiega la sua azione; ma ognuno crede che in questi casi, scomparso il fascino del momento ed anche la parvenza teatrale, rimangono poco utili, se non addirittura dannosi, al sodalizio, dove portano un pericoloso contingente di svogliatezza e di malumore.»
«Nel maggior numero, infine, degli operai, che si sono iscritti nei Fasci dei lavoratori della Sicilia e che del resto ne costituiscono l'elemento migliore prevalse quel socialismo sentimentale, ch'è fatto di forte malcontento - ben giustificato - dello stato presente, e di vaga aspirazione verso un più lieto avvenire, tanto più seducente quanto più inghirlandato colle magiche promesse contenute nelle parole giustizia ed eguaglianza. Manca, però in questo maggior numero la coscienza vera di ciò che si vuole, dei mezzi congrui per conseguirlo ed anche il concetto adeguato della forza, che si ha nelle proprie mani - giudicata talora grandissima e tal altra minima - e manca in generale questa coscienza perchè manca la coltura intellettuale anche la più elementare». (Rivista popolare 1. agosto 1893). Tutto questo era innegabile dinanzi allo spettacolo di Fasci sorti e presieduti da liberali ortodossi, come quello di Militello, o dei contro-fasci, come quello di Monreale.
Questo giudizio onesto di un socialista onesto, che credeva giovare alla causa prediletta col culto della verità, senza orpelli e senza illusioni, non piacque a coloro che in Italia hanno preso nelle mani il monopolio del socialismo intransigente, come non piacque ciò che dissi con altrettanta franchezza nella Grande Revue, e venni considerato come un nemico dei Fasci e designato al disprezzo come un socialistoide. A mio conforto ed a mia giustificazione venne dopo una corrispondenza da Reggio Emilia - all'epoca del congresso socialista - nel Peuple di Bruxelles, e che certamente è dovuta al Vandervelde - uno dei capi più autorevoli del socialismo belga - nella quale è detto: «In Sicilia il movimento socialista data da ieri. Si è sviluppato con una rapidità che fa pensare alla formazione delle leghe operaie belghe, dopo gli avvenimenti di marzo 1866. Sinora i contadini siciliani erano rimasti completamente al di fuori di tutte le preoccupazioni socialiste. Bruscamente in meno di un anno, tutto questo proletariato si è organizzato; ma il va sans dire che questi nuovi aderenti non sono arrivati alla piena ed intera coscienza dell'ideale socialista. La maggior parte accettano il nuovo vangelo, come quei pagani che si facevano battezzare, ma che continuavano a portare delle ghirlande di fiori sugli altari di Freja. In qualche società i membri sono obbligati di assistere, da una parte alle riunioni socialiste, dall'altra alle feste annuali della Madonna. Ci si cita un gruppo - Il circolo della regina Margherita - che accetta ad una volta il principio della lotta di classe e il patronato del re d'Italia.
Questo giudizio era forse più aspro del mio; ma non era meno vero; e più severo sarebbe stato se fosse venuto all'indomani di certi luttuosi fatti determinati da domande giuste offuscate da altre assai reazionarie (Giardinelli ecc.).
È bene osservare però, che se per i lavoratori della Sicilia il programma marxista era incomprensibile, un passo notevole nel senso socialista in Sicilia si fece in questi ultimi tempi colla modificazione profonda nella coscienza degli stessi lavoratori, nel considerare la loro posizione di fronte alle altre classi e nel reclamare il loro diritto. Pel passato le classi dirigenti avvalendosi dei mezzi più poderosi di dominio - morale, religione, politica - adoperati nel modo descritto dal Loria, erano riuscite a mantenere in una specie di servitù di fatto i lavoratori che si credevano nel dovere di soffrire ed ubbidire. In altri tempi, costrettivi dalle sofferenze fisiche, poterono ribellarsi, ma essi raramente invocavano e facevano valere i propri diritti e credevano che il poco che potevano chiedere e sperare lo dovevano attendere dalla carità e dalla generosità altrui. Ora invece sanno e dicono che quel poco che chiedono è loro dovuto ed hanno diritto di esigerlo.
A Partanna nei tumulti si grida: Vogliamo lavoro e non elemosine! A Piana dei Greci, quando Plebano, Farina e Comandini visitaronla i contadini, benchè affamati e nella più squallida miseria6, respingevano l'elemosina credendosi avviliti, degradati accettandola.
Questi fatti provano la formazione della coscienza socialista nelle masse siciliane, e non è poco. Questa coscienza non si potrà più distruggerla e darà i suoi frutti.
Coloro che stavano alla direzione del movimento opportunamente avevano pensato ad eliminare molte stridenti contraddizioni; avevano messo in mora parecchi Fasci, che vi si abbandonavano ed alcuni anche ne avevano eliminato dal seno del partito; (Lercara, Delia, ecc. ecc.); ma i fatti rimangono sempre come un indizio dello spirito che c'è nelle masse e della loro maturità maggiore o minore per accogliere i dettati del rigido socialismo marxista.
Intanto è bene avvertire che nel programma minimo i Fasci avevano già ottenuto notevoli risultati. In taluni punti i salarî si erano elevati alquanto; altrove erano stati accettati dai proprietarii, - per timore di peggio o per ridestato senso di umanità - i patti colonici votati dal Congresso di Corleone. Il Cavalieri alludendo a questi successi sul terreno economico, nota che le modificazioni nei contratti agrarî, indarno raccomandate da tanti anni da Villari, da Rubieri, da Sonnino ecc., le ottennero i Fasci colla violenza e colla minaccia e perciò in fondo loda l'opera del Congresso di Corleone7.
Credo che egli sia stato inesattamente informato sui mezzi adoperati dai Fasci di contadini per ottenere più eque condizioni dai proprietarî delle terre, a meno che egli non consideri come una violenza lo sciopero; ma se pur egli fosse nel vero, si potrebbero biasimare coloro che da secoli sono stati vilipesi ed abbandonati e che colle buone non erano mai riusciti a migliorare la propria tristissima condizione?
La vittoria, infine, aveva coronato non poche lotte elettorali amministrative. A Piana dei Greci, a Corleone, a Prizzi, a Partinico, ad Alcamo, a San Giuseppe Jato, a Sancipirrello, ecc. ecc. contadini ed operai, candidati dei Fasci, erano andati a far parte dei Consigli Comunali.
Si avrebbe torto, però, ritenendo che questi ed altri successi elettorali fossero dovuti esclusivamente alle forze socialiste: gli operai da un pezzo senza vero programma di partito prevalsero in molti comuni: alcuni li ebbero in mano completamente - Caltagirone, Agira, Biancavilla, ecc. - Altrove, ad esempio a Catania, a Messina gli eletti socialisti e con grande numero di voti, sono l'espressione di molte cause concomitanti e specialmente del malcontento suscitato dalle precedenti amministrazioni; negli eletti giovani onesti, intelligenti e coraggiosi si è visto un freno ed un controllo utile. In qualche punto i clericali e quella congerie di partiti locali senza programma alcuno hanno adescato i lavoratori, hanno messo all'asta il loro appoggio, accordando posti nei Consigli comunali a chi dava loro un maggior numero di voti e accordandoli spesso a coloro che meno li meritavano!
I successi reali i cui risultati economici sono stati visibili ed immediati, si sono visti con particolarità nelle zone agricole; si spiega perciò come e perchè i contadini fossero i più ardenti nella lotta e si può prevedere che i loro Fasci si riorganizzeranno presto e meglio degli altri non appena sarà passata la bufera attuale e prevarranno se saranno accortamente diretti; direzione accorta che c'era a Piana dei Greci per merito del D.r Barbato ed a Corleone per opera di Bernardino Verro. È facile prevedere ciò che avverrà in queste zone dal risultato delle elezioni amministrative in Piana dei Greci, dove pochi giorni prima della iniqua sentenza del 30 maggio, il D.r Barbato e i suoi compagni del Fascio, non ostante lo stato di assedio e le cancellazioni arbitrarie ed odiose dalle liste elettorali fatte dal Regio Commissario straordinario, - vennero eletti consiglieri comunali alla quasi unanimità.