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IL MALCONTENTO TRA I LAVORATORI DELLE MINIERE.
Dei piccoli proprietarî non occorre tener parola. La loro condizione, che peggiora dappertutto, non è diversa in Sicilia di quella che è altrove; essi che hanno minore resistenza da opporre alle cause di depressione economica, sentono che muoiono, che gradatamente vengono gettati tra le file del proletariato. Perciò giustamente cominciano ad essere accessibili alla propaganda socialista, che tra loro riuscirebbe più efficace se il concetto della lotta di classe - facilmente frainteso - non li spaventasse, perchè temono che in un momento decisivo i proletarî, non saprebbero fare distinzioni sottili tra grandi e piccoli proprietarî e li voterebbero tutti alla morte18.
Nè occorre intrattenersi del proletariato urbano, poco dissimile per le condizioni economiche da quello del resto d'Italia; inferiore al medesimo nella istruzione, nella coltura, nella compartecipazione alla vita pubblica. I Fasci dei lavoratori delle città, - eccettuato quello di Catania - perciò offrono una minore solidità ed attività di quelli delle campagne, e poco fanno parlare di loro. Così Palermo rimane tranquilla, mentre alle sue porte, a Partinico, a Monreale, a Girardinello è forte l'agitazione; si arresta, si ferisce, si ammazza. Con che non s'intende disconoscere che in questa attitudine non abbia seriamente contribuito la influenza moderatrice che i capi del partito socialista esercitano sulle masse, consci come sono dei danni che verrebbero da un movimento inconsulto: azione altamente moderatrice e non mai abbastanza lodata - sebbene dal Governo del tutto disconosciuta - esercitata pure dal dott. Barbato a Piana dei Greci e dal Verro nelle contrade di Corleone: paesi che senza di questa azione moderatrice avrebbero potuto dare un forte e pericoloso contingente agli ultimi sanguinosi tumulti.
Tristissima è la sorte delle cinquantamila famiglie, che vivono direttamente del lavoro nelle miniere di zolfo. I reporters che hanno visitato l'isola in generale si sono dati alle commoventi descrizioni dei così detti carusi, cioè dei giovani dagli 8 ai 20 anni, che sulle loro spalle traggono fuori dalle viscere della terra il minerale da cui si estrae lo zolfo; e lo trasportano attorno ai calcheroni, nei quali viene fuso e ridotto in pani; descrizioni, che fanno rassomigliare una zolfara ad una bolgia dantesca coi suoi disgraziati abitatori e che di poco si scostano dal vero.
I carusi hanno formato oggetto di vive discussioni a varie riprese in Italia.
La stampa del continente se ne occupò con interessamento dopo la pubblicazione del libro di Sonnino sui Contadini in Sicilia, il quale ne trattò nell'appendice. Quando si cominciò a parlare di legislazione sociale tornarono di moda; e finalmente nel settembre scorso ci fu di nuovo una esplosione di sdegno per le sofferenze di questi lavoratori delle miniere dopo la descrizione fattane dal Rossi della Tribuna.
Se sono molte le inesattezze scritte e divulgate sulla durezza del lavoro dei minatori di zolfo, sono assai minori quelle sui carusi.
Tra tutte le descrizioni sul lavoro aspro, durissimo, cui sono condannati i carusi, rimane, a mio giudizio, più esatta, per quanto elegante e sentimentale, quella datane da Gustavo Chiesi nella Sicilia Illustrata. Non mi arrischio di rifarla o di ripeterla perchè a me manca quella vivacità dello stile ch'è necessaria per farne un bozzetto, che per quanto impressionante rimane sempre verista. Mi limito, perciò, ad occuparmi di quella parte delle loro condizioni, che si presta ad essere trattata con l'aridità che mi è abituale.
Comincio dalla durata del lavoro. Raramente la giornata di lavoro dei carusi sorpassa le otto ore. come raramente rimane al disotto, mentre quasi mai il picconiere lavora per otto ore, e la sua settimana di lavoro è di quaranta ore19.
Quindi sotto questo punto di vista la legge delle otto ore nelle miniere della Sicilia non avrebbe sensibile applicazione e non darebbe gli sperati utili risultati.
I carusi, come i picconieri, lavorano a cottimo e ricevono una parte maggiore o minore dell'importo della cassa di zolfo, secondo la maggiore o minore distanza dal cantiere della lavorazione al piano d'impostamento presso il calcherone, e secondo pure la lunghezza e ripidità della scala. Da queste due condizioni, infatti, dipende il numero dei viaggi, che può fare il caruso e la quantità di minerale, che può essere trasportata fuori in una giornata.
Il salario varia in questo momento dai 40 centesimi alla lira al giorno secondo l'età; ma si avverta, che oggi non che al salario dello sweating system sono ridotti al doloroso sciopero forzato.
L'usura pesa sui carusi, come pesa sui picconieri, e non è esatto che questi ultimi riversino sui primi la parte che a loro spetta; almeno questo è un caso del tutto eccezionale e che si verifica quando il picconiere è agiato, ha un piccolo capitaluccio e fa lui stesso le anticipazioni in generi al caruso. Ma in questo caso, per essere giusti, si deve riconoscere che il picconiere non esercita l'usura in proporzioni superiori a quelle, cui si dovrebbe sottostare ricorrendo alla bottega del padrone-coltivatore.
Si sono esagerate di molto le crudeltà del picconiere contro il caruso, che si è voluto dipingere come se fosse assolutamente lo schiavo del primo e su cui avrebbe una specie di diritto20 di vita e di morte. I rapporti tra picconieri e carusi sono improntati generalmente a quel carattere di durezza, che prevale nelle classi inferiori, specialmente della Sicilia.
Il contadino si crede nel diritto di bastonare la propria moglie e i propri figli; e lo stesso diritto crede di avere il picconiere verso il caruso. Non sono rari i casi, poi, in cui il primo mostra una eccezionale dolcezza verso il secondo; e lo liscia, lo carezza, gli regala qualche sigaro e lo porta a bere un bicchiere di vino nei giorni festivi e di domenica. E ciò fa più per convenienza, che per bontà di animo; lo fa per quell'anticipo che gli ha dato e che è stato erroneamente interpretato21 e dal Sonnino e dal Rossi e da molti altri, che ne hanno scritto.
Quando un caruso s'impegna a lavorare con un picconiere riceve da questo una somma, che varia dalle 50 alle 150 lire, secondo l'età e la ricerca che c'è di carusi. Questa somma si chiama anticipo morto, che non sempre si sconta gradatamente col lavoro quotidiano, ma si restituisce quando il caruso vuole andare a lavorare con un altro picconiere22 o vuole cambiare mestiere.
Le famiglie di contadini e anche di operai dei centri urbani hanno una grande risorsa nello anticipo, che intascano per uno o due figli, che mandano a lavorare nelle miniere; ma si sbaglia grossolanamente quando si crede che questo anticipo, che spesso nè il caruso, nè la sua famiglia sono in condizione di restituire, costituisca un legame economico rassomigliante alla servitù. Il vero è che il caruso, se è nullatenente e poco onesto, o se tale è la sua famiglia, un bel giorno lascia con un palmo di naso il picconiere, e va a lavorare con un altro picconiere, intascando un altro anticipo: operazione, che ripete talvolta con parecchi che lascia sul lastrico. Al picconiere non resta che esperimentare l'azione civile, senza utile alcuno; ma qualche volta, esasperato dalla perdita, che per lui è un vero disastro, lo cerca, lo insegue, e se lo trova, lo bastona terribilmente. Non poche volte sorse fiera contesa con brave coltellate tra l'antico picconiere derubato e il nuovo con cui è andato a lavorare il caruso senza restituire al primo l'anticipo; poichè le consuetudini e le leggi dell'omertà esigono che un picconiere, assoldando un caruso, s'incarichi esso stesso di saldare il creditore precedente, cui si sostituisce in tutto e per tutto. Chi vien meno a tali consuetudini e leggi della mafia, si espone alle vendette del danneggiato; e in realtà è meritevole di punizione perchè se esso non ruba, tiene il sacco.
Ma i picconieri intelligenti, se trovano carusi buoni e laboriosi, li trattano bene e li carezzano, e io conosco lavoratori che da anni stanno in relazioni intime e affettuose, come ne conoscono tutti coloro che hanno coltivato miniere di zolfo.
Picconieri e carusi, e tutti i lavoratori delle miniere come quelli della terra in generale in Sicilia soffrono molto per le abitazioni, che sono anguste e luride o mancano del tutto.
A questo la legge deve e può23 provvedere; come dovrebbe provvedere alla istruzione di tanti ragazzi. Proposi nella penultima discussione del bilancio della pubblica istruzione, l'impianto di scuole elementari nelle miniere di zolfo e ricordai che la Spagna ci ha preceduti. Ma l'on. Martini mi rispose che l'idea era buona... però mancavano i quattrini per attuarla, - quattrini che poi si trovarono per il famoso ispettorato!
E qui mi piace, a titolo d'onore, far menzione della scuola elementare serale che il signor Trewhella a sue spese ha impiantato nella grande miniera di Grottacalda. L'esempio potrebbe essere imitato da altri coltivatori di grandi miniere e servirebbe di aspro rimprovero allo Stato.
Infine mi tocca a far menzione di una grave quistione: quella della degenerazione nel lavoro duro e precoce dei carusi.
Altra volta scrissi che dai resoconti del generale Torre non si poteva assodare se il lavoro delle miniere deformasse i carusi. Non se ne può giudicare dalle esenzioni in blocco dal servizio militare per difetto di statura, perchè la statura è uno dei dati antropometrici più strettamente24 connesso alla razza. Varî circondarî del continente offrono un contingente di riformati uguale o superiore a quello dei circondarî minerarî della Sicilia, senza che abbiano miniere. A priori, però, si può ammettere che il lavoro delle miniere noccia molto alla salute e allo sviluppo fisico dei carusi; e ciò con indagini dirette ha cercato dimostrare l'egregio dottor Giordano da Lercara. Questi, su 539 carusi ne trovò 170 difettosi. Il Mosso nel suo libro sulla Fatica dice che dal 1881 al 1884 nella provincia di Caltanissetta, sopra 3672 lavoranti delle zolfare che si presentarono allo esame di leva, soltanto 253 furono dichiarati abili, cioè appena il 6,87 %! L'errore e l'esagerazione in questi dati sono evidenti; e di ciò convinto volli fare ulteriori ricerche comparative tra contadini e zolfatari. Le intrapresi su queste due sole classi di lavoratori, perchè non si può ammettere che le conseguenze del lavoro duro e precoce nell'una classe vengano compensate dalla migliore nutrizione e dalla25 più igienica abitazione. La comparazione era necessaria, poichè, presi in blocco, i risultati della leva non dimostrano affatto che nelle zone zolfifere vi sia una particolare degenerazione prodotta dallo speciale lavoro delle miniere, come si può rilevare da questo quadro dei riformati dalla leva del 1870 in alcune provincie d'Italia:
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12,67 % |
36,62 % |
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Si può dire che Girgenti e Caltanissetta danno la immensa maggioranza dei coscritti carusi: pure la degenerazione è minore che in altre provincie nelle quali non vi sono miniere.
Questo risultato indusse anche me in errore pel passato; ma mi sono corretto dinanzi alla eloquenza di queste altre cifre relative al circondario di Piazza Armerina, che si presta benissimo allo studio appartenendo la grande maggioranza dei suoi lavoratori alla classe dei contadini e degli zolfatari.
Infatti la classe dei contadini dette riformati nella leva
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del 1872: |
e del 1873: |
14.45 % |
14.41 % |
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e per altre imperfezioni fisiche |
mentre nelle stesse leve e per gli stessi motivi nella classe dei zolfatari si ebbero rispettivamente nel 1872: 32,72 e 7,72% e nel 1873: 38, 28 e 6,25% di riformati. Sicchè per gli altri difetti fisici la proporzione dei riformati è quasi uguale tra contadini e zolfatari; tra gli ultimi è invece più che doppia per difetto di statura. Qui è evidente l'azione esercitata dal trasporto sulle spalle di un peso che varia dai 30 agli 80 chilogrammi, sempre superiore alle forze del caruso, che a quel lavoro viene sottoposto in tenera età, sin dagli anni 8 e talvolta - ma ora assai più raramente - sin dai 6 anni. Questo stato di cose se perdurasse ridurrebbe le due Provincie di Caltanissetta e di Girgenti ad un vero semenzaio di nani e di gobbi. Ho richiamato l'attenzione del ministro e agricoltura e commercio su di ciò e ne ho avuto formale promessa, che nella discussione del nuovo disegno di legge sul lavoro dei fanciulli accetterà qualche emendamento sul lavoro dei carusi nelle zolfare di Sicilia.
Sarebbe un rimedio efficace la generalizzazione degli apparecchi meccanici per la estrazione dello zolfo? In molte miniere questa applicazione delle macchine è assolutamente impossibile e lo riconosce la stessa illustre Jessie White Mario, che pur tanto s'interessa alla sorte dei miseri fanciulli delle zolfare (Le miniere di zolfo in Sicilia. Roma 1894); dove è avvenuta spesso sono peggiorati i salari dei lavoratori. Ciò che prova sempre più come coll'attuale organizzazione capitalistica i progressi della scienza, che diminuirebbero le sofferenze fisiche dei lavoratori non si possono applicare per ragioni economiche. Si sa: la macchina è la nemica del lavoratore, dato il regime economico attuale, - perchè dovunque avviene l'impianto meccanico aumenta la produzione e diminuisce il salario, conseguenza fatale della sostituzione dell'uomo di ferro all'uomo di carne.
L'applicazione rigorosa della legge sul lavoro dei fanciulli può e deve riuscire utile dal punto di vista igienico ed antropologico; ma è giocoforza riconoscere che le limitazioni imposte dalla legge incontrano opposizioni gravi nelle stesse famiglie dei lavoratori. E a parere mio, lo Stato fa bene intervenendo per impedire che degeneri e si abbrutisca la razza umana: ma intervenendo ha il dovere di assicurare se non altro un minimum di alimentazione a quei carusi, ai quali impedisce di guadagnarsi il pane col proprio lavoro; deve assicurarlo a loro almeno, se non alle famiglie, altrimenti per quanto le sue intenzioni siano filantropiche, umane, esse verranno giudicate sempre crudeli.
Ma oltre le sofferenze fisiche dei carusi c'è da considerare la condizione economica dei picconieri divenuta oramai intollerabile. Essi nella maggior parte delle contrade zolfifere vivono col vero salario della fame, relativamente a quello goduto una volta; poichè pel duro lavoro, ordinariamente a cottimo, di sei ad otto ore per cinque giorni della settimana, essi ricevono ora un salario che oscilla, secondo i luoghi, da L. 1 a L. 2 mentre pel passato guadagnavano da L. 3 a L. 6 al giorno.
Questo salario deve considerarsi insufficiente non solo nel senso assoluto: ma perchè è il corrispettivo d'un mestiere, che espone continuamente a pericolo di vita per lo sviluppo di gas irrespirabili, per incendî, per franamenti, ecc. Se il lavoro dei picconieri delle miniere di zolfo è pericoloso, non è, però, tanto duro per quanto lo si dice, e non è poi affatto lungo, come dissi.
Non è affatto esagerato, invece, quanto si è scritto - ed io da molti anni prima nella stampa e poi nella Camera ho denunziato il male - sull'usura enorme, dal 25 al 100 per cento, che assottiglia il salario nominale dei lavoratori delle miniere di zolfo; usura esercitata col truck-system, colla somministrazione dei generi nelle così dette botteghe delle miniere; alle quali botteghe sono costretti a ricorrere perchè la paga in danaro viene ritardata di molto.
Disgraziatamente, date le attuali condizioni dell'industria zolfifera, quelli che possono sperare meno sono i lavoratori delle miniere di zolfo. La loro agitazione potrebbe riuscire proficua soltanto nel caso in cui essi ottenessero che scomparisse il coltivatore della miniera e rimanessero di fronte al proprietario, che oggi prende dal 20 al 30% del prodotto lordo senza nemmeno darsi la pena di pagare la imposta fondiaria, che per condizione espressa nell'atto di fitto rimane a carico dei coltivatori! Quest'ultimi dal ribasso continuo dei prezzi dello zolfo, che si deplora da circa quindici anni, con piccole oscillazioni al rialzo, sono ridotti in condizioni tristissime. Molti sono falliti e coloro che resistono considerano lo sciopero come un alleviamento, perchè li dispensa dall'obbligo di dare lavoro. E se lo sciopero dei zolfatari potesse prolungarsi per alcuni mesi, come durò in Inghilterra quello dei minatori, sarebbe per qualche tempo efficacissimo rimedio, perchè colla diminuzione della produzione sicuramente rialzerebbero i prezzi dello zolfo, non essendo da temere la concorrenza estera. Uno sciopero siffatto intanto è impossibile, poichè la massa dei zolfatari si trova nella miseria, non è organizzata, non ha fondi e non può resistere neppure per una settimana.
Dato questo stato di cose si comprende che i Fasci hanno dovuto attecchire nelle zone zolfifere: (provincie di Girgenti e di Caltanissetta in massima parte ed in una assai minore in quelle di Catania e di Palermo, ma non sono i meglio organizzati e i più compatti. Però anche dove Fasci non sono esistiti il malcontento serpeggia minaccioso ed esplode per ogni minimo pretesto in forma selvaggia, anarchica, come avvenne a Valguarnera. E questa esplosione in un luogo dove l'azione dei cosidetti sobillatori non può invocarsi a spiegarla, dovrebbe rendere meglio avvisati coloro cui sfugge la genesi esatta dei fenomeni sociali.
A Grotte,a Racalmuto, a Favara, a Riesi ecc. - paesi zolfiferi per eccellenza, - dov'erano Fasci discretamente organizzati non si ebbe a deplorare il menomo disordine; ma la crisi che attraversa la industria zolfifera sta mettendo a durissima prova la pazienza dei coraggiosissimi lavoratori delle miniere. Guai se essi, spintivi dalla disperazione, vorranno imitare i contadini! Meglio disciplinati, più compatti, più arditi, più coscienti dei propri diritti e della propria forza che non siano le classi rurali, essi potrebbero rinnovare gli orrori delle guerre servili... E la ragione starebbe dalla loro parte, poichè governo e classi dirigenti di fronte alle loro miserie mostrano tanta cinica indifferenza da giustificare qualunque eccesso! Perchè si comprenda tutta la gravità dal pericolo, che denunzio, farò un breve schizzo del carattere morale e intellettuale degli operai addetti alla coltivazione delle miniere.
Picconieri, carusi, calcheronai, ecc. sono quasi tutti analfabeti; la mafia recluta tra loro i più coraggiosi campioni e sin dalla più tenera età essi ostentano la più scrupolosa osservanza delle leggi, che costituiscono il codice dell'omertà. Data la loro vita e la loro condizione intellettuale si spiega l'altissimo contingente che i zolfatai danno ai reati di sangue od a quelli contro il buon costume.
La responsabilità maggiore di questi loro difetti ricade sull'ambiente, sul governo e sulle classi dirigenti, che mai pensarono ad elevarli, ad educarli; ma quegli operai hanno pregi reali e non pochi, che preferisco riferire colle parole di un chiarissimo scienziato, l'ing. R. Travaglia, che li conosce appieno e che non è affatto sentimentale o socialista.
«Dedito ad una vita di sacrificio e di fatica, - scrive l'antico Direttore della scuola mineraria di Caltanissetta - isolato per intere settimane dal mondo, separato per più giorni dalla sua famiglia, l'operajo delle miniere in Sicilia vuole ad ogni costo i suoi giorni di riposo e le sue feste; talora in queste è troppo spendereccio e cerca di compensare le durezze della vita di operajo, nella settimana, con un certo benessere e coi piaceri, che più ama nei giorni ch'è al paese.... Noncurante dei pericoli, ai quali è continuamente esposta la sua vita, conta poco questa per sè e per gli altri, anche quando è fuori della miniera, e malauguratamente spesso si lascia trascinare dagli impeti dell'animo a sacrificarla. Ma è per sua natura generoso, mai vile; affronta a viso alto dieci avversarî, non soverchia col numero i deboli. Trattato bene si affeziona a chi lo rispetta, a chi lo stima, ed è capace di ogni atto di coraggio; trattato con sprezzo e con durezza, si ribella e si vendica. Riconosce la superiorità di chi vale più di lui, e pur coi suoi difetti, che l'istruzione mitiga, è un operaio26 di cui si può fare quello che si vuole. sapendolo trattare. Chi ne dice male, non lo conosce.» (I giacimenti di zolfo in Sicilia. Padova 1889).
Ed io che li conosco da vicino, e che in mezzo a loro e in continuo contatto con loro ho vissuto per oltre dieci anni, mi associo pienamente al giudizio che dà il Travaglia sulle buone qualità dei lavoratori delle miniere di zolfo della Sicilia.