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VI.
La crisi zolfifera, che produce miserie e sofferenze inaudite, travaglia le due provincie di Caltanissetta e di Girgenti ed alcune zone di quelle di Catania e di Palermo, la crisi agraria invece colpisce tutta l'isola, e siccome non c'è un solo dei suoi prodotti - dal vino ai sommacchi, dai cereali alle mandorle all'olio, ai pistacchi ecc. - che non abbia subito da qualche anno un forte ribasso, si può dire ch'essa non risparmia un sol palmo di terreno, nè un solo individuo che lo calpesti. In una regione dedita con grandissima prevalenza, se non esclusivamente all'agricoltura e alla pastorizia si può immaginare agevolmente quali tristi conseguenze arrechi una tale crisi.
Però tra i lavoratori addetti all'agricoltura non è uguale dappertutto il malessere, perchè normalmente diverse sono le loro condizioni.
Infatti sono svariatissime le condizioni dei lavoratori della terra in Sicilia: variano da provincia a provincia; da circondario a circondario, da comune a comune. Errano, quindi, coloro che generalizzano con leggerezza dai casi singoli; ed errerebbe chiunque credesse che quel campione di pane inviatomi da Campofelice (provincia di Palermo), e di cui si occupò la Tribuna, sia mangiato dappertutto. Miserie, e grandi, non mancano tra i contadini, ma in generale essi mangiano del buon pane di frumento, che potrebbe essere invidiato dai lavoratori della Calabria e di alcune contrade del Veneto e della Lombardia.
La varietà delle condizioni non sfuggì al Sonnino, che la descrisse nel suo libro, ancora eccellente, sui Contadini della Sicilia e venne constatata pure dall'on. Damiani nel volume della Inchiesta agraria consacrato all'isola.
C'è una zona litorale, che da Marsala per Palermo, Termini, Milazzo, Messina scende a Catania e da Catania gira attorno all'Etna, e poi forma alcune oasi nell'interno dell'isola e delle provincie di Caltanissetta, di Girgenti e di Siracusa, in cui prevale l'agricoltura intensiva, la piccola proprietà, la mezzadria; nel resto domina la grande proprietà, la coltura estensiva a cereali e la pastorizia.
Nella prima zona, che disgraziatamente è la meno estesa, quale che sia la forma di contratto agrario in uso, le classi rurali stanno molto meglio, o meno peggio che nella seconda; ma per apprezzare al giusto questa varietà di condizioni bisogna dire partitamente dei lavoratori che vivono nelle diverse zone e sotto27 le diverse forme di coltura e di contratto.
La coltura a mezzadria è diffusa principalmente nella provincia di Messina e siccome si dividono anche i prodotti degli uliveti e dei vigneti, i lavoratori vi godono di una certa agiatezza. In questa zona contemporaneamente al minore sviluppo dei Fasci si osserva minore analfabetismo e minore delinquenza. La coesistenza di questi fenomeni sociali non somministra indizî preziosi sulla genesi loro e sui possibili ed efficaci rimedî per alleviare certi mali?
Ha ragione il Salvioli, quando osserva che la mezzadria non presenta la soluzione definitiva del problema sociale (Rivista popolare, 1° Dicembre 1893). Ma non deve negarsi che essa sia un temperamento opportuno per migliorare la sorte dei lavoratori della terra; e lo prova ciò che si osserva nella provincia di Messina, a Castrogiovanni e altrove in Sicilia, oltre l'esperimento benefico che se n'è fatto in Toscana e in altri punti del continente.
Del resto bisogna distinguere tra mezzadria e mezzadria. Talvolta questa è parziale, non si estende alla coltura delle vigne e degli uliveti; e si comprende che il contadino in questo caso ha minori risorse, quantunque sia per lui un grande vantaggio avere contigua alla terra da lui coltivata a cereali ed a mezzadria, delle vigne, che coltiva a fattura cioè a forfait e dove per lo meno trova, lavoro quando non ne ha per conto proprio nella coltivazione dei cereali.
La mezzadria limitata alla coltivazione di cereali ch'è la più comune nell'isola, anche dove non è resa iniqua da numerosi e angarici prelevamenti, può riuscire irrisoria e dare solo un magrissimo compenso alle fatiche di un anno del contadino, se la terra produce poco perchè esaurita o di cattiva qualità.
Dissi che la mezzadria è iniqua dove esistono prelevamenti a vantaggio del proprietario o dei suoi rappresentanti. Vero è che i prodotti si dividono a metà tra proprietario e coltivatore; ma la divisione si pratica dopo che dalla massa si è prelevata la semente; e poi la così detta strazzatura, il tumolo per la lampada, il tumolo pel campiere e talora anche il tumolo per la madonna, per San Francesco di Paola o per qualche altro patrono del luogo.
Questi prelevamenti non sono dappertutto uguali per la quantità e per il numero; ma dove c'è la mezzadria è quasi dapertutto esistente l'usura sulla semente e sui soccorsi anticipati dal proprietario durante l'anno. In qualche punto il proprietario dà il frumento per la semente e pei soccorsi col tumolo da 13 litri e se lo fa restituire con uno da 17; in altri punti dà la semente bagnata colla soluzione di solfato di rame (per evitare certe malattie del grano) e se la fa restituire asciutta; sulla semente e sul soccorso, infine, i più onesti prendono per lo meno un interesse del 20% a ragione d'anno28!
Si può immaginare quello che resta al povero mezzadro all'epoca del raccolto, specialmente dove padroni inumani non lasciano più a loro il così detto solame - cioè - il po' di grano commisto a paglia e a terra che nella trebbiatura rimane sull'aia - e negano loro la facoltà di spigolare! E di questa mezzadria, infine, scrive l'Alongi: «Che cosa sia questo contratto si sa oramai fino alla nausea; il nome di mezzadria, se non è una crudele ironia, è certo una insigne menzogna, un nome legale per far passare di contrabbando le più flagranti violazioni delle leggi morali e giuridiche (loc. cit. p. 9)».
La mezzadria talvolta si riduce a terzeria, forma di contratto agrario, nella quale il proprietario prende due terzi del prodotto ed il contadino uno. Ma in questo caso il proprietario dà la terra preparata a maggese coi suoi bovi, e sulla quale non ha esatto nulla per un anno.
La mezzadria in tutte le sue forme, prevale dove c'è la piccola ed anche la media proprietà; ed allora può anche alternarsi o coesistere col contratto a terratico, il quale varia pure da contrada a contrada e che nei paesi da me conosciuti non corrisponde a quello descritto dall'egregio Prof. Salvioli nel citato articolo della Rivista popolare. Il terratico, da me conosciuto e che so prevalere in molti luoghi, è un puro e semplice fitto pagato in prodotti, anzichè in danaro contante. Secondo la qualità delle terre il coltivatore dà al proprietario o al gabellotto da tre a sei ettolitri di frumento all'anno per ogni ettaro29 di terra. Il terratico è forma di contratto preferito da molti contadini perchè assicura loro una certa indipendenza, pagata però molto cara negli anni di cattivo raccolto.
Meritano una particolare menzione i lavoratori della terra che stabiliscono coi proprietari l'inquilinaggio per le vigne, forma particolare di colonia parziaria, che dura dai 15 ai 29 anni. Il contadino in questo caso pianta la vite e la coltiva e ne divide il prodotto, in varia misura, col proprietario della terra. Trascorso il termine del contratto la vigna rimane intera proprietà del secondo. I contadini, che prendevano la terra ad inquilinaggio ebbero un periodo di prosperità, ch'è stata distrutta dalla filossera nella provincia di Siracusa e minaccia di distruggerla in quella di Catania. Nella zona Etnea della seconda, molti contadini si può dire che vedono distrutte le loro speranze prima di avere avuto un qualsiasi prodotto dal lavoro e dal capitaluccio impiegato. Per loro è una vera rovina.
I lavoratori della terra che vivono sotto il regime della mezzadria e del terratico, e nelle contrade a piccola e media proprietà, si possono considerare come fortunati rispetto a quelli che lavorano a giornata, e nelle regioni disgraziate del latifondo di cui dirò in appresso.
Orbene, quella frazione - che rappresenterebbe in Sicilia una specie di aristocrazia delle classi rurali, - secondo i calcoli stabiliti da un agronomo competentissimo, il Prof. Caruso (Industria dei cereali in Sicilia), nel 1870, tempo in cui non c'era traccia nell'isola di alcuna agitazione socialista e vi si godeva di una relativa prosperità - non poteva passarsela allegra se si tiene conto del lavoro proprio e degli interessi dovuti al piccolo capitale impiegato nella mezzadria, nel terratico ecc. Il bilancio del mezzadro, del terratichiere ecc. - calcolando che il grano sia stato venduto a L. 51 per salma30, con una produzione di 11 volte la semente - si chiudeva con un deficit.
Questi calcoli rifatti, dopo oltre venti anni, da Rao per Canicattì, dal Dr. Barbato per Piana di Greci, da Verro per Corleone, concordano perfettamente con quelli del Caruso; e la circostanza, con senso di opportunità, la rileva oggi il Cavalieri, ch'è un avversario del socialismo.
Comunque, mezzadri, piccoli fittajuoli, che prendono a terratico o in altre forme di fitto un pezzo di terra dai tre ai quindici ettari, e che sinora vivevano in condizione relativamente buona, si risentono del contraccolpo della crisi generale e sono i più risoluti a non soccombere senza fare sentire la loro voce ed all'occorrenza senza ricorrere alla doppietta o al vecchio fucile della guardia nazionale, che conservano gelosamente.
Quando visitai l'ameno villaggio di Milocca, rimasi colpito dalla pulitezza e dall'aspetto lieto delle case a due piani - rarissime tra i nostri contadini - e dai numerosi muli, che cavalcavano i contadini venutimi incontro.
Seppi che bestie e case appartenevano a loro: dunque, chiesi, voi altri non state tanto male al paragone degli altri lavoratori del resto della Sicilia!
È vero, mi risposero; ma pur troppo ciò che ora possediamo non è nostro che in apparenza. La casa è gravata d'ipoteca e i debitucci diversi non possono essere soddisfatti neppure colla vendita del mulo!
M'informai ed ebbi a constatare che quei gagliardi lavoratori non mentivano.
Essi al ricordo del benessere antico non si sapevano acconciare alla31 miseria presente e invocavano provvedimenti e modificazioni dei vigenti contratti agrari. Questa circostanza mi confermò sempre più in una idea, che ho sostenuto altrove e cioè: che la miseria vera prostra e non prepara le necessarie reazioni, mentre il passaggio rapido dal benessere alla miseria è il più efficace elemento in prò delle insurrezioni. Questa osservazione si può applicare ai casi di Partinico, di Monreale e di altri paesi della provincia di Trapani.