Napoleone Colajanni
Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause

XVII. LE RESPONSABILITÀ

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XVII.

 

LE RESPONSABILITÀ

 

a)

 

IL CLERO

 

Esposti gli avvenimenti siciliani dell'anno 1893 e del principio del 1894 si devono esporre le responsabilità degli attori: del clero - cui si volle attribuire un'azione, che non ha esercitato e che è stata diversa da quella, che gli venne attribuita - del popolo, e del governo principalmente.

Comincio dal clero.

Sin da quando l'attenzione pubblica sul continente si fermò sulle cose di Sicilia, prima ancora che si arrivasse al periodo acuto dei mesi di dicembre 1893 e gennaio 1894, da una certa stampa con soverchia insistenza s'insinuò che il clero soffiava nel fuoco. L'insinuazione era abile, perchè mirava a discreditare il movimento ed a renderlo inviso alla maggioranza liberale del popolo italiano, che beve grosso e si lascia facilmente ingannare da un patriottismo quarantottesco, ogni volta che gli si parla del nemico che si annida nel Vaticano. Giovava ricorrervi, perchè era riuscita pei moti del 1866 ed era servita come comoda arma alla polizia, poco dopo, nell'imbastire i grotteschi processi politici ricordati dall'on. Tajani nel famoso discorso pronunziato nella Camera dei deputati nella tornata dell'11 giugno 1875; ma era iniqua, calunniosa, poichè era del tutto falso che il clero si fosse immischiato nei moti di Sicilia; e quando su di essi disse la sua parola, fu tale, che ad esso fa torto sicuramente, però lo rivela ligio alla causa dell'ordine - dell'ordine, dico, quale lo intendono il governo e le classi dirigenti.

L'accusa contro il clero di Sicilia è siffattamente destituita di fondamento, che non varrebbe la pena di occuparsene se non l'avesse fatta sua una donna illustre, - la vedova di Alberto Mario - che ama sinceramente l'Italia e l'isola nostra in ispecie e se non vi avesse accennato lo stesso Presidente del Consiglio, che ripetendo un favorito ritornello - sempre apportatore di applausi in Parlamento e fuori - il 28 febbraio, dopo aver fatto l'apologia della borghesia, le rimproverò solo di avere abbandonato le plebi alle sette ed ai preti.

Meglio avvisato, perchè non dominato da alcun preconcetto, il sig. Adolfo Rossi nelle sue corrispondenze alla Tribuna, nel mese di ottobre 1893 aveva notato che il clericalismo non ci aveva che vedere nel movimento dei e che anzi in molti di questi c'era una spiccata tendenza anticlericale.

Padre Lorenzo, - il frate eremita che la fa da cappellano nella Chiesa della Madonna del Balzo di Bisacquino, - soprannominato il Socialista, costituisce una rara eccezione e del linguaggio da lui tenuto al valoroso reporter del giornale di Roma si argomenta già da qual parte stiano i superiori. - «Eh! se non fosse per i superiori, diceva fra' Lorenzo, io andrei a predicare il socialismo così, con la mia tonaca». Egli rispetto al movimento sociale avrebbe fatto ciò che Ugo Bassi e Pantaleo fecero pel moto politico.

Dopo, altri giornalisti venati in Sicilia riconobbero la insussistenza dell'accusa e più esplicitamente ancora l'on. Comandini, nella Camera dei Deputati, osservò che «parlando in Sicilia con prelati degnissimi e colti, con sacerdoti professori, con sacerdoti di culto greco e con sacerdoti di culto latino, io ho domandato quale poteva essere stata la parte presa dal clero nelle agitazioni siciliane, e mi sono sentito rispondere che il clero aveva trovato nella classe dei lavoratori le più profonde diffidenze, perchè questi erano convinti che essi stessero dalla parte dei proprietarî e dei borghesi.» (Tornata del 2 marzo 1894). E queste dichiarazioni collimano perfettamente colla deposizione del Cabiati, - maggiore dei Bersaglieri - nel processo De Felice (Udienza del 21 marzo).

Il clero meritò le diffidenze dei lavoratori!

Vennero i processi dinanzi ai Tribunali di guerra e dileguaronsi i più lontani sospetti. Prete D'Urso fu arrestato per quarantottesco capriccio del senatore Sensales; e dell'arresto ho motivo di pensare che non fu contento lo stesso on. Crispi. Fu assolto da ogni accusa. Non pertanto lo stesso on. Presidente del Consiglio, cui giovava nella discussione sui casi di Sicilia evocare lo spettro del clericalismo per aggravare la mano sugli arrestati e impressionare meglio la Camera in proprio favore e farsi considerare come il difensore dell'idea italica, asserì che i capi del movimento socialista (alludeva al De Felice) si erano messi in relazione coi clericali del continente. Ma neppure sul continente dove nel Benzi si era andato a scovare un complice, si potè colpire un clericale o un prete e in tanta libidine di arresti e di processi non si arrestò e non si processò quell'avv. D'Agata, da Catania, che - secondo la polizia - era servito da pericoloso intermediario tra il De Felice e i clericali del continente! Nei processi, adunque, non si trovò e non rimase traccia dell'azione dei preti e del clericalismo nei moti di Sicilia. Quando la polizia accenna a sospetti su qualche prete, come sul Di Lorenzo di Gibellina, in essi vede uomini senza il menomo colore politico ed impegolati sino alle ciglia nelle ire e nelle contese dei partiti locali. E se qualche prete viene innanzi i tribunali militari, come l'Evola di Balestrate nel processo De Felice, depone contro i Fasci.

Con questa ultima e decisiva constatazione si potrebbe por termine ad ogni discorso sull'azione e sulla responsabilità del clero. Il clero, però, manifestò apertamente il proprio pensiero sui casi di Sicilia e giova in questa occasione e in questo punto, esaminarlo per una doppia ragione. Una è particolare: per vedere ciò che esso dice sulle condizioni dei lavoratori dell'isola e sulle cause che l'indussero a tumultuare; l'altra è generale: per conoscere quali sono le sue vedute sul socialismo e se esso segue l'indirizzo, che altri sacerdoti cattolici e protestanti hanno preso in altri paesi di Europa e di America.

Tra le manifestazioni pubbliche del basso clero siciliano non ho conoscenza, che di una sola, dell'opuscolo di un modesto prete di Contessa Entellina, già citato, il Genovese (La quistione agraria in Sicilia). Nel suo breve scritto c'è equità e c'è conoscenza esatta delle condizioni economiche delle varie classi dell'isola; ma non c'è pretensione alcuna, non assurge a considerazioni di ordine generale, si lascia trascinare ad inveire contro i vinti.

Lodo sinceramente, e constato che il sacerdote Genovese è una eccezione. Ben diversa è l'attitudine dell'episcopato siciliano e di quei prelati, che delle cose di Sicilia si sono occupati, non escluso Monsignor Isidoro Carini, l'illustre bibliotecario della Vaticana, il cui scritto per altro (La quistione sociale in Sicilia. Roma 1894) è pregevole per tanti motivi ed è inspirato da sincero amore per l'isola natía.

Anzitutto cosa dicono i Vescovi nelle pastorali rivolte ai loro fedeli sulle condizioni dei lavoratori e sulle cause che determinarono gli ultimi tumulti? Cosa ne pensa Monsignor Carini, il cui giudizio ha tanta importanza perchè è quello di un siciliano di cuore e di mente e che occupa un posto così elevato nelle regioni del Vaticano?

Comincio da Monsignor Guttadauro, vescovo di Caltanisetta, che parlò il primo e per la prima volta in ottobre 1893. Si può dire che meglio degli altri e conformemente ai suoi eccellenti precedenti parafrasò la celebre enciclica di Leone XIII, De conditione opificum, applicandola agli avvenimenti dell'isola. Nella sua prima pastorale constata che le «ragioni del malumore esistono e non si possono dissimulare. Il ricco per lo più abusa della necessità del povero, che viene costretto a vivere di fatica, di stento, di disinganno... Consiglia i reverendi parroci, naturali protettori dei poveri, a reclamare presso i proprietari ed i gabelloti, che si ristabilisca la giustizia e l'equità nei contratti, che si cessi dall'usura manifesta o palliata... che si ristabilisca l'equa proporzione tra il lavoro del contadino ed il capitale apprestato dai gabelloti, sicchè il raccolto risulti diviso giustamente...; che si mettano di accordo proprietarî e gabelloti e con equa transazione contentino le non ingiuste pretese dei lavoratori per impedire il desolante spettacolo della continua emigrazione dei poveri contadini, che vanno a cercar pane nelle lontane Americhe, ove raro è che trovino quel che desiderano... I reverendi parroci e predicatori ricordino in ogni occasione ai padroni e capitalisti l'insegnamento della Chiesa, che grida altamente, per bocca del sommo Pontefice, esser loro dovere: non tenere gli operai in conto di schiavi; rispettare in essi la dignità dell'umana persona, del carattere cristiano; non imporre lavori sproporzionati alle forze o mal confacenti con l'età o col sesso. Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede, determinarla secondo giustizia, e non trafficare sul bisogno dei poveri infelici

Monsignor Blandini, vescovo di Noto, e Monsignor Gerbino, vescovo di Caltagirone, su per giù fanno le stesse confessioni sulla miseria dei lavoratori, sulla ingordigia e sull'usura dei ricchi, dei proprietarî, dei gabellotti. Del secondo è notevole questa frase: «Fra la ricchezza e la povertà dipendente da tutto e da tutti quale libertà vi può essere? Non è forse accettare o morir di fame

I rapporti tra proprietario e proletario sulla base della libertà della economia ortodossa non potrebbero essere meglio espressi; i socialisti diversamente li formulano.

Monsignor Carini più esplicito riconosce che la Sicilia oggi è il paese che presenta maggiori riscontri coll'Irlanda; che nella divisione dei prodotti gabellotti e proprietarî fanno la parte del leone; che la miseria è grande; che la crisi non è transitoria e che infine ai miseri si è tolto il cielo e non si è data loro la terra, sicchè non c'è da maravigliarsi se la miseria leva il suo immenso vessillo nero e se ciò che dianzi era la sofferenza oggi diventa la disperazione.

Se nella diagnosi episcopale c'è unità e giustezza di vedute, non manca la concordia, almeno tra alcuni, nel predicare la rassegnazione, perchè alla fin fine i poveri ci sono stati e ci saranno sempre: semper pauperibus habetis vobiscum, esclama monsignor Gerbino con San Matteo.

E monsignor Blandini non sa capacitarsi perchè le miserie che ci sono state sempre, solo ora debbano riuscire a pericolosi ed imbarazzanti esplosioni. Qui monsignore, sebbene persona assai colta, solo per comodità di polemica - perchè la sua pastorale non è che polemica, anche nel titolo: Il socialismo - ha potuto dimenticare la storia che gl'insegna il contrario e che gli dice altresì, che la protesta odierna assume forme diverse per la coscienza dei diritti e della forza, che viene dalla istruzione e pel maggiore desiderio di eguaglianza economica, che venne acuita dalla uguaglianza politica ed un poco anche dalla religiosa. Che male c'è che gli uomini siano uguali in terra se dovranno esserlo in cielo, dove anzi i primi saranno gli ultimi e viceversa?

I vescovi siciliani, che consigliano la rassegnazione, si capisce che nella cura dei mali si debbano in prevalenza affidare al misticismo e debbano vedere la salvezza nel trionfo della religione e per essa nella restaurazione del potere temporale del papa. Monsignore Blandini - sia detto a suo onore - non manca però di avvertire, che certi sistemi curativi sono troppo pericolosi:

«Chi si affida nel ferro di ferro perirà80, egli osserva saviamente; e l'esagerato militarismo dell'odierna Europa, quando meno vi si pensi e si tema, potrà accelerare la conflagrazione all'estero, la guerra civile all'interno. Che vale rimettere in moto la ghigliottina e mozzare qualche testa

Monsignor Guarino, arcivescovo di Messina, non ha pubblicato alcuna pastorale, perchè la ritenne inefficace ma secondo un rapporto spedito al Vaticano ne ha diramate una ai preti suoi dipendenti, nella quale raccomanda rimedî pratici e la via di fatto per mezzo del mutuo soccorso organizzato delle congregazioni religiose della sua arcidiocesi. (R. De Cesare: Il vaticano e le presenti condizioni d'Italia. Nuova Antologia. Marzo 1894). Lo lascio nella dolce illusione di credere che sia stato il mutuo soccorso organizzato da lui a mantenere la calma nelle sua arci-diocesi - e non le diverse e note condizioni economiche della provincia di Messina - e constato la lodevole tendenza non mistica, ma terrena, nella cura dei mali.

Monsignor Carini rende il necessario omaggio alle tendenze reazionarie riproducendo un brano del discorso tenuto dal Sommo Pontefice nella Basilica vaticana il 28 gennaio 1894 e il cui succo sta nel consiglio di rifare il cammino a ritroso; però in lui lo spirito moderno e il sentimento di umanità prendono il sopravvento nei particolari e suggerisce rimedî terrestri quali potrebbero esser dati da un accorto politico: non affidarsi alla libertà - libertà funesta e che spesso è solo la libertà nel più forte di opprimere il più debole - nel regolare i rapporti tra contadini, proprietarî e gabellotti; abolire il Truck-system, frenare l'usura, anzi estirparla dalle radici, risuscitare i monti frumentari; distribuire il credito con discernimento; combattere la funesta piaga dell'assenteismo; indurre i proprietarî a migliore coltura delle terre; dare istruzione più pratica e che non produca spostati; estendere all'agricoltura la giuria dei probi-viri; intraprendere una certa quantità di opere pubbliche per conto dello Stato per dare lavoro immediatamente agli operai disoccupati; temperare le asprezze dei tributi; correggere le amministrazioni comunali; regolare il lavoro e i salarî delle miniere, ecc., ecc. Questo è tutto un programma, che potrebbe sottoscrivere qualunque socialista di Stato. Si dirà, dunque, che l'episcopato siciliano segue, sebbene timidamente, quel socialismo cattolico, che ha tanti illustri ed eminenti cultori fuori d'Italia?

Così forse potrebbe essere se il clero italiano in generale e quello siciliano in ispecie non fosse di una deficienza deplorevole in fatto di studî economici; deficienza tale, che fa considerare lo sciopero da monsignor Gerbino come un monopolio ingiusto del lavoro contro il capitale - dopo aver parlato della libertà come sappiamo - che fa inculcare ai miseri il risparmio. È tale la deficienza in simili discipline, e la mancanza di conoscenza del movimento contemporaneo, che lo stesso Monsignor Carini, mente tanto superiore a quella degli altri suoi colleghi, se da un lato afferma che le società di resistenza inglesi o americane non hanno mai preso alcun colore politico o socialista - e l'affermazione è dimostrata inesatta dalla storia dei Cavalieri del lavoro in America e del nuovo unionismo in Inghilterra - dall'altro vorrebbe attuare tutta la serie delle riforme suenunciate pur non attentando menomamente all'antica rigidità del diritto quiritario.

Se questi soli fossero gli errori dell'episcopato, sarebbero attribuibili esclusivamente al grado della loro coltura economica e non lo intaccherebbero dal lato morale. Esso, però, contraddicendo alle sue premesse mise la sua influenza - danneggiando se stesso più che giovando agli altri - a disposizione delle classi dirigenti e del governo, ripetendo in Sicilia l'attitudine serbata dal Papato in Irlanda, in Polonia, dovunque i doveri della religione cristiana gl'imponevano di dichiararsi pel popolo, pei deboli, pegli oppressi, contro i forti, contro gli oppressori, contro il governo. E perciò i vescovi di Sicilia scagliano unanimemente fulmini e invettive, talora volgari, contro il socialismo e i socialisti, contro i Fasci e i loro soci; attribuendo loro anche le colpe non commesse; ed è doloroso che ciò abbiano fatto quando gli accusati, anzi i calunniati, non avevano la possibilità della difesa, perchè a migliaia essi erano stati mandati in prigione e a domicilio coatto, e alla stampa era stato messo un ferreo bavaglio, mentre gli accusatori erano protetti dal regime eccezionale dello Stato di assedio.

Questo contegno, sebbene temperatamente, assunse anche Monsignor Guttadauro - e me ne duole per l'uomo veramente rispettabile - che nella seconda pastorale del 7 febbraio parla di plebi fatalmente illuse da istigatori malvagi, di ree dottrine ecc., ed assume proporzioni di sconveniente diatriba, che potrebbe essere sottoscritta da Yves Guyot, nel Vescovo di Noto. Monsignor Blandini, confonde nientemeno socialismo e massoneria, e chiamando la seconda esercito di Satana, malvagia e ria setta, la quale ha scelto a suo grande architetto il diavolo, a gerofante il giudeo scende giù giù sino a voler rinchiudere caritatevolmente - l'aggettivo è suo - nel manicomio i socialisti; a definire stoltizia l'aspirazione a democratici ordinamenti e ad una più equa ripartizione dei beni della terra, in un momento in cui si corre il pericolo di vedere divenire homo homini lupus e ad indignarsi - poco cristianamente - contro l'abnegazione e l'altruismo dei nihilisti russi e dei comunisti francesi perchè non appartengono mica alla classe dei diseredati. E dire che la temperanza del giudizio e del linguaggio era più che in altri da attendersi in monsignor Blandini che stoicamente aveva esclamato: è da sciocco lamentare la tristizia dei tempi, quando, al dire di Sant'Agostino, tempora nos sumus!

L'arcivescovo di Palermo, monsignor Celesia non volle esser da meno dei suoi inferiori e sferzò anche lui i mestatori anarchici o socialisti - che per lui sono tutta una cosa! - e se la prese anche colla soppressa Giustizia sociale.

Di che il generale Morra di Lavriano e della Montà gli si mostrò riconoscente, e appena pubblicata la pastorale si recò al palazzo arcivescovile a ringraziarne l'autore mentre l'on. Crispi probabilmente incoraggiava qualche onoranza a Giordano Bruno.

È strano che i vescovi siciliani - interpreti e seguaci di quelli del continente - abbiano tenuto un linguaggio ed una attitudine cotanto diversa da quella tenuta da illustri cattolici e da eminenti prelati stranieri - da monsignor Ketteler al canonico Maufang, dall'abate Hitzig al prete Mac Glynn, dal De Curtius e Lamoignon, a tutti gli scrittori, laici o ecclesiastici, dell'Association catholique81.

Di questa diversità è bene addurre alcune testimonianze scegliendole tra le più recenti. Così il Mac Glynn curato cattolico di New-York e seguace di Henry George, nel 1887 all'invito del suo vescovo di moderare la propaganda rivoluzionaria rispose: «ho sempre insegnato e insegnerò sempre nei miei discorsi e nei miei scritti, sino a quando vivrò, che la terra è di diritto la proprietà comune del popolo e che il diritto di proprietà individuale sul suolo è opposto alla giustizia naturale quantunque sanzionato da leggi civili e religiose. Vorrei subito, se lo potessi, far modificare le leggi del mondo intero in modo da confiscare la proprietà individuale senza alcuna indennità82 per i sedicenti proprietarî

Il cardinale Manning morì esclamando: «l'attuale società è selvaggia83 ed anti-cristiana e soltanto un socialismo cristiano può redimerla e salvarla

Monsignor John84 S. Vaughan, arcivescovo di Westminster, perciò successore del Cardinale Manning, in un articolo (The social difficulty) pubblicato nella Dublin Review85 (Febbrajo 1894) non esita a dichiararsi socialista convinto; monsignor Keane, Vescovo di Richmond riconosce che «avviene un rivolgimento radicale sia nel metodo dei governi degli uomini, sia nelle relazioni della vita. Queste mutazioni possono riassumersi in una parola: è l'era della democrazia, della sovranità dei poteri popolari, della preponderanza del quarto stato. Non è qui il luogo d'esaminare la ragione filosofica di questa rivoluzione; ci basta di stabilire e di accertare un fatto, che non si può mettere in discussione e di esprimere la convinzione, che questo fatto non è opera del caso, del demonio, ma si compie per disegno della divina provvidenza

E monsignor Carini, da cui riporto le citate parole del Keane, esprime la stessa fede nello avvenire democratico di Europa e del mondo.

Oh! dite, Monsignor Blandini: manderete caritatevolmente al manicomio tanti altri vostri superiori o fratelli in Cristo, che vedono un'opera della divina provvidenza in ciò che voi considerate come l'opera di Satana?

si dica che sono in errore i socialisti cattolici; perchè la dottrina socialista - senza che con ciò s'intenda darle nuovo vigore - è conforme alla dottrina di Cristo (che minacciava il terribile: Vae divitibus!), a tutti gl'insegnamenti dei primi e più eminenti padri della Chiesa. Il socialismo integra il cristianesimo, per un certo verso, in quanto che cerca dargli la sanzione terrestre. Possono, adunque, i prelati che lo combattono rendere dei servizî al governo e alle classi dirigenti, non parlare nel nome del loro Dio!

E di questa rinnegata loro missione come italiani possiamo essere contenti, perchè se il clero cattolico di fronte al socialismo assumesse un contegno diverso, data la situazione politica e le pretese di restaurazione del potere temporale, esso costituirebbe un pericolo per la patria nostra!

 

 

 





80  Nell'originale "perirá"



81  Chi avesse vaghezza di conoscere il movimento del socialismo cattolico ricorra al bel libro che vi ha consacrato F. S. Nitti.



82  Nell'originale "indennitá". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



83  Nell'originale "vaselggia". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



84  Nell'originale "Iohn". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



85  Nell'originale "Rewiew". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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