Cesare Cantù
Margherita Pusterla

BERNARDINO CORIO, L'Istoria di Milano.

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BERNARDINO CORIO, L'Istoria di Milano.

 

Nel medesimo anno (1340), ancora nell'agosto, Francesco da Pusterla, il quale in Milano sopra ogni altro cittadino di ricchezze abbondava, avendo ridotto a sua divozione Galeazzo et Bernabò supradetti, insieme con Pinella et Martino fratelli de' Liprandi; Borollo da Castelletto, et un Bertoldo d'Amico, conspirarono contra di Luchino Prencipe di Milano, da gli antecessori del quale erano fatti grandi, tanto di ricchezza, quanto di riputatione, et nome. Cominciarono adunque a trattare della morte del Prencipe, onde Giuliano, fratello di Francesco, impetrando aiuto ad Alpinolo Casale, li manifestò il tutto, per esser lui suo caro amico. Costui di subito al fratello Ramengo riuelò il trattato, la qual cosa intendendo Francesco sopradetto, non essendogli Ramengo beniuolo, pensò che la cosa saria palesata al Prencipe, il perchè di subito insieme col fratello, et due figliuoli già di età perfetta, fuggì da Milano, et secretamente andò in Auignone, et Ramengo senza metterli tempo, hauuta la certezza del fratello, fece intendere a Luchino Visconte quanto contra di lui s'era ordinato. Onde Pinalla, Martino, Borollo et Beltramolo gli fece imprigionare, et posti al tormento manifestarono la cosa. Fatto dunque che hebbero il processo di tanto maleficio, gli furono confiscati tutti i suoi beni, et posti nelle carceri furono fatti gli ambi fratelli morir di fame. L'Amico, à più uituperoso fine fu reseruato. Le famiglie sue restarono in somma pouertà. Malgherita, mogliera di Francesco, germana di Luchino per esser lei sorella di Ottorino Visconte, et figliuola di Vberto, quale fu fratello di Matteo Magno, essendo stata la inuentrice di tanta scelleraggine, fu crudelmente incarcerata, et Francesco dall'altro canto per le continue insidie, in Auignone quasi non era sicuro. Et così finalmente un Milanese con simulazione fuggì da Milano et andò in Auignone; il perchè da Luchino fu messo nel bando, et lui dell'altro canto faceva venire a Francesco lettere contrafatte da parte di Mastino della Scala, che volesse andare a Verona, concio fosse che da lui sarebbe honorato con onesto stipendio. Credette Francesco alle false lettere, il perchè partendosi giunse a porto Pisano, dove la potenza di Luchino era oltra modo estimata, per difendere lui i Pisani dai Lucchesi. Quivi mandò adunque Buonincontro di San Miniato Toscano, et suo Condottiero, il quale come Francesco, ed i figliuoli furono giunti, li fece prigioni, et fra pochi giorni essendo condotti a Milano, nella pubblica piazza del Broletto furono decapitati; per impositione del Prencipe, Beltramolo sopradetto, palesamente fu il manegoldo. E dopo per essere molto odiato da Luchino, cantra del quale ancora nei tempi passati altri mancamenti hauea commesso, fu strasinato a coda di due Asini fino alle forche, fuora della città, dove senza dimandar perdono de i suoi peccati, con una catena al collo per insino dai corvi fu devorato, restò impiccato con perpetue esecrazioni d'ogni viandante.

 

 


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